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Dizionario postale e filatelico italiano
dal sito dell'Accademia Italiana di Filatelia e Storia Postale

Affrancatura meccanica. Impronta d’affrancatura impressa sulle corrispondenze, solitamente in rosso, con speciali macchine automatiche autorizzate e collaudate dalle Poste; può anche essere impressa su strisce di carta gommata da applicare ai plichi che non entrano nell’affrancatrice. È composta di tre elementi: il punzone di Stato recante l’indicazione del valore d’affrancatura, predisposto delle autorità postali e descritto come da appositi decreti come ogni carta-valore; il bollo datario con il nome della località; il numero distintivo della macchina o il nome dell’utente, il suo indirizzo ed eventuali altre diciture, anche pubblicitarie, e nei primi tempi pure il numero progressivo degli oggetti bollati, fino a un massimo di 9.999. L’Italia introdusse questo sistema d’affrancatura nel 1927, e la prima affrancatrice in uso regolare fu attivata il 26 giugno 1927 alle Esposizioni Riunite del Littoriale, a Bologna. Inizialmente il sistema non era ammesso per il pagamento di servizi accessori (posta aerea, espresso, posta pneumatica) né sulle ricevute di ritorno. Nel 1934 fu autorizzato, inizialmente solo per alcune Francotyp, l’inserimento delle diciture Stampati, Raccomandata, Assicurata, Espresso, Recapitata a mano. Dal 1932 fu approntata anche un’impronta doppia per i bollettini pacchi, ed era l’unica forma di affrancatura ammessa sui bollettini di spedizione senza valore stampati dagli stessi utenti. Fra il 1943 e il 1945 queste impronte “rosse” ebbero varie traversie a causa dei fasci che vi figuravano. Nel dopoguerra, insieme all’adozione di un nuovo tipo di punzone, per motivi di svalutazione fu prima spostata la virgola e inserito uno zero fisso finale dei centesimi, poi fu sostituita anche l’unica cifra decinale con un =, e infine eliminati del tutto i decimali: malgrado tali adeguamenti si rese talvolta necessario applicare varie impronte a una stessa corrispondenza per raggiungere gli importi superiori a 100 lire, e in seguito a 1.000. Dal luglio 1953 queste impronte furono anche utilizzate in azzurro o in nero per le tassazioni. Dal luglio 1967 per evitare confusioni tra macchine di marche o modelli diversi recanti il solo numero di matricola (che poteva essere lo stesso) le Poste hanno imposto di far comparire nell’impronta anche la sigla distintiva da quel momento attribuita a ogni modello: sigla e numero di matricola, posti su un’unica riga, devono figurare tra il punzone e il datario, oppure sotto il punzone, e se necessario anche in altro punto o verticalmente.
I marchi rappresentati in Italia sono stati: Francotyp (dal 1927), Universal (1927-32 e 1958-61), Hasler (dal 1927), Sima (dal 1927), Audion (dal 1940 con i modelli Postitalia, Micropost e Astro), Lirma (dal 1950), Pitney Bowes (dal 1952), Pegasus (1953-54), Postalia Teleposta (dal 1954), Steiner (dal 1955), Francopost (dal 1957), Univerpost (1957-1960), Satas (1964-65), Roneo Neopost (dal 1967) e Gamma (dal 1992).