Il bastone di Asclepio
a cura di Sergio De Benedictis [sergio.debene(at)gmail(dot)com]
La malattia del genio

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La tubercolosi è, fra le malattie, quella che più di tutte ha la proprietà di eccitare le più elevate facoltà intellettive e di rivelare le più delicate note dell'animo. Per questa sua caratteristica ed anche per il numero veramente impressionante di uomini di genio e di alto ingegno che ne sono stati affetti, la tubercolosi può essere definita la “malattia del genio”.

L'uomo ha sempre sofferto di tubercolosi. Tracce di tubercolosi ossea (lesioni di Pott) si riscontrano in scheletri del neolitico e nelle mummie egizie. Anche se da testi dell'antica Cina si evince una conoscenza della malattia, dobbiamo giustamente riconoscere ad Ippocrate la paternità della tisiologia. Dobbiamo arrivare al XV quando Girolamo Fracastoro avanzò nuove ipotesi che attesero però altre tre secoli per essere confermate.

Fu alfine Renè Laennec (1781-1826) a descrivere i segni che permisero di prevedere le lesioni anatomiche; lo stesso non divide con nessun altro l'immenso merito di aver messo a punto la metodologia della auscultazione, inventando lo stetoscopio.

Ma i clinici si rifiutarono ancora di ammettere che la tubercolosi fosse una malattia infettiva e trasmissibile; finchè il 24 marzo 1882 Robert Koch (1843-1910) annuncia durante una conferenza alla Società di Fisiologia di Berlino che è riuscito ad individuare nelle diverse produzioni tubercolari “ un parassita visibile e tangibile “.

La sua scoperta getta le basi per la prevenzione mediante vaccino da parte di Calmette e Guerin. Al pari la scoperta fatta da Roentgen (1845-1923) dei raggi X viene subito applicata allo studio della tubercolosi polmonare, assumendo in seguito una posizione preminente nell'ambito della diagnosi tubercolare.

Nella ricerca di un trattamento i medici greci, quelli dell'India e dell'antica Cina si sono sempre preoccupati dell'igiene dei loro pazienti. Galeno li invia a Tabia, sulle pendici del Vesuvio, per respirare l'aria marina, riposare e bere latte di capra. In tempi moderni nascono i primi sanatori, come quello di Berghof a Davos descritto da Thomas Mann nella “Montagna Incantata”.


Alla tubercolosi ed alle campagne nazionali ed internazionali di raccolta fondi fu associato, a partire dalla Conferenza Internazionale sulla Tubercolosi di Berlino del 1902, il simbolo della doppia croce di Lorena.

Nel 1904 un impiegato postale danese, Einar Holboell, ebbe l'idea di emettere delle apposite etichette, da aggiungere alla normale affrancatura o da usarsi come chiudilettera. L'iniziativa ebbe un successo inaspettato e fu subito replicata in tutta Europa da parte delle altre Amministrazioni.

Gran Dio ! Morir sì giovane ! …

è il grido lacerante che prorompe dal petto consunto della povera Violetta, vittima di quel male che ne immortalò la romantica figura, facendola rivivere, in un alone di patetica sofferenza, nella letteratura con : “La signora delle camelie” di Dumas, nel teatro con : “La traviata” di Verdi, nel cinematografo con : “Margherita Gauthier” di Cuckor e nella recente libera interpretazione di “Moulin Rouge”.
Il sole è l'eterno sogno di questi “geni pallidi”, il miraggio verso cui si slanciano con un ardore sovrumano, protesi col corpo e con l'anima in una dedizione assoluta fatta di abbandono e di fiduciosa speranza. Ecco perchè Elisabetta Felix, universalmente nota con il nome d'arte di Rachel (1821-1858), aveva cercato nel sole della Riviera e nel tepore del dolce clima africano, un balsamo al suo male purtroppo gravissimo.