Il bastone di Asclepio
a cura di Sergio De Benedictis [sergio.debene(at)gmail(dot)com]
Una vergogna... di malattia

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Molto di più in passato, ma forse ancor oggi, chi contraeva questa malattia aveva estremo imbarazzo se non vergogna nel dichiararsi affetto ed estrema ritrosia a recarsi presso una struttura sanitaria al fine di curarla.
Stiamo parlando della sifilide, conosciuta anche con il nome di etimologia greca lue, che possiamo tradurre con il termine “sciolgo”. Si pensa che insieme a tante altre cose, sia stata importata dal Nuovo Mondo alla fine del XV secolo, forse proprio dagli equipaggi delle caravelle di Cristoforo Colombo.

Ma si brancolò nel buio come spesso è successo in quei secoli per arrivare a capire cause e cure di molte malattie. L’esplosione della batteriologia diede impulso alle ricerche e fu infine il biologo tedesco F. Schaudinn (1871-1906) insieme al dermatologo Erich Hoffmann (1868-1959) a scoprire l’agente eziologico della sifilide nei tessuti di un soggetto malato dove alloggiava uno strano microrganismo avvolto su stesso a mo’ di cavatappi che fu per questo battezzato Treponema.



Dopo pochi mesi A. von Wassermann (1866-1925) mise a punto una reazione seriologica atta a rilevare precocemente la presenza della malattia : appunto la reazione wassermann, che restò per molto, sino all’avvento delle più moderne metodiche di laboratorio, l’unico mezzo certo di diagnosi.

 

 

Allo scopritore dei gruppi sanguigni e del fattore Rh, l’austriaco Karl Ernest Landsteiner (1868-1943), Nobel in Medicina nel 1930, dobbiamo invece l’osservazione, rivelatasi poi in seguito decisiva per la cura, che il nostro Treponema non ama molto il calore e che non resiste al di sopra dei 39°. La cosa però passò inosservata perché a quel tempo per la cura ci si era focalizzati sul Salvarsan 606, farmaco ad uso chemioterapico.



Ma più tardi lo stesso meccanismo fu studiato e applicato dallo psichiatra viennese J. Wagner von Jauregg (1857-1940) che ebbe l’idea di combattere le malattie mentali inducendo artificialmente nel paziente la febbre, nel suo caso febbre malarica.