l'arrotino






Sant'Eligio, protettore degli arrotini
a cura di Gianni V. Settimo

ovvero, come da un ricordo può nascere un tema: "l Mulita"

Era il tipico artigiano ambulante che esercitava il proprio mestiere tra cascine e villaggi, del Canavese e del Vercellese, spostandosi con un particolare biciclo-caretto che poteva trasformarsi, secondo le necessità del titolare, in mezzo di trasporto oppure in laboratorio.

Lo strano marchingegno, che serviva per affilare falcetti, forbici o i coltellini (di solito marcati Marietti), possedeva una gran ruota di legno, ricoperta da un cerchione di ferro, sicuramente recuperato da qualche vecchio carro, che, una volta giunto sul luogo ritenuto adatto per svolgere l'attività, era celermente ribaltato su se stesso per trasformarsi nell'indispensabile strumento di lavoro.

La ruota era agganciata ad un pedale, che aveva vari snodi, e quindi fissata con la cinghia di trasmissione del movimento alla mola. Su una parte sporgente del carretto, l'arrotino aveva predisposto una latta, zincata e rettangolare, un tempo contenente il bianco petrolio (quello raffinato, da lumi), piena d'acqua di pozzo che sgocciolava, sulla rotante mola, grazie ad un piccolo e rudimentale rubinetto ricavato da un pezzetto di legno tenero.

Chiaffredo, pigiando sui pedali, imprimeva alla ruota, con un particolare e continuo movimento, costantemente ben ritmato e, poi, con abili gesti delle mani passava l'oggetto da affilare sulla girante mola fino a quando - il suo occhio non sbagliava mai - il filo della lama non fosse netto e tagliente come quello di un rasoio.

Giungeva due volte l'anno (sempre in primavera ed in autunno), e segnalando la sua presenza soffiando una strana trombetta a forma di corno di posta. Portava uno strano cappello (che ricordava quello di Robin Hood) e noi ragazzi n'eravamo affascinati anche perché la sera, dopo aver "chiuso" quella che lui definiva bottega, era ospitato a passare la notte nella stalla della cascina ove aveva esercitato il suo mestiere.

Prima di spegnere il lume egli era solito narrarci interessanti racconti su lontani paesi che lui, forse, aveva solo immaginato e mai visitati. Taluni ritenevano che fosse il leggendario "Ebreo errante".

In filatelia le immagini d'arrotini sono scarse: Belgio (788), Monaco (1444), Francia (2427 e 2980), Portogallo (2321, distributori 18), San Marino (1829), Russia (5189).

Quest'ultimo riproduce un quadro, intitolato "L'affilator", dipinto nel 1635, dal pittore spagnolo Antonio Puga (1602-1648).

Il tema può essere sviluppato aggiungendo i francobolli con le riproduzioni degli oggetti che erano affilati da questo ormai scomparso artigiano. Ad esempio le forbicine delle ricamatrici, gli strani coltelli degli eschimesi, le famose lame di Toledo, immancabilmente citate nei romanzi di cappa e spada, le scintillanti scimitarre dei racconti sui pirati, il coltello del mitico Jim Bowie e, perché no, anche quello svizzero.