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I segreti della Cappella Sistina
di Angelo SIRO (da Filatelia Religiosa Flash)

(seconda parte - torna alla prima parte >>>)

Nel cuore degli affreschi

Le storie centrali sono le più celebri, quelle che vengono riprodotte in continuazione e sono state oggetto di una bellissima serie di quattro dittici nel 2000.

La creazione del mondo

Nel primo pannello Dio con il volto accigliato e in una posizione contorta (come probabilmente era Michelangelo quanto dipingeva sul soffitto), separa il cielo con le mani. Il corpo del Creatore richiama la statua di Laocoonte.

La creazione degli Astri e delle Piante

Nel secondo pannello, la prima parte separa la luce (il sole) dalle tenebre (la luna), nella seconda parte c’è la creazione delle piante ed è evidente lo “sfogo” del pittore con un insulto ben chiaro al papa. Per la prima e unica volta nella storia della pittura, Dio è stato rappresentato voltato nella direzione opposta all’osservatore, mostrando “la parte posteriore” orientata proprio verso l’area cerimoniale del papa.


La creazione dell’uomo

È certamente il dipinto più famoso della “Sistina”. Questo affresco ha suscitato nei secoli numerosi interrogativi: chi è la giovane donna sotto il braccio sinistro di Dio?, e il bambino sotto la sua mano?, perché Dio ha bisogno di diversi angioletti intorno?, e cos’è lo strano mantello a forma di aquilone… Molte sono le interpretazioni… tra le altre un noto chirurgo ebreo sostiene che è riprodotto il concetto della Cabala che Dio creò Adamo con Chochmà, la parte destra del cervello (dove alloggia la sapienza) e quel strano “tendaggio” rappresenta proprio il cervello di cui certamente Michelangelo era a conoscenza avendo provveduto a diverse vivisezioni di cadaveri.

La creazione di Eva

Anche questo pannello rispecchia la conoscenza ebraica: Eva non era uscita da una costola di Adamo ma dal fianco perché gli stesse vicina nella vita come compagna di pari dignità.


Il Peccato Originale

Anche questo è un dittico con molti particolari “sovversivi” e diversi dall’interpretazione cristiana: già la posizione di Adamo ed Eva (vicino ai genitali) dà una visione “vietata” dal comune senso del pudore!

Secondo il Talmud, il frutto proibito non è stato preso da Eva e dato ad Adamo ma tutti e due lo prendono dal “maligno”. Il frutto non è una mela ma, come chiaramente dipinto, un fico. Il Midrash descrive il “serpente” munito di braccia e di gambe, come rappresentato da Michelangelo e l’angelo virtuoso che li scaccia da Paradiso è il “gemello identico ma contrapposto” al maligno. Sia i gesti che le posizioni sono speculari.
La Chiesa cattolica, fino alla fine del XIX Secolo, aveva proibito la diffusione dell’immagine di questo pannello!


Il diluvio universale

Anche in questo caso per capire il dipinto bisogna rivolgerci al Talmud. L’arca di Noè non è un barcone come l’iconografia cristiana l’ha sempre descritta. Nella letteratura ebraica l’arca era un contenitore (una sinagoga?) che rimaneva in superficie perché sostenuta dall’Alito di Dio.

Nella grande scena l’unico animale che vi appare è la testa di un asino (alla sinistra) che si confonde con i colori vivaci rosso e giallo (i colori di Roma).

Dal lato opposto, dietro la tenda provvisoria che dovrà sparire sommersa dall’acqua vi sono due figure che hanno vesti rosso e giallo!, (come lo sfondo dove appare l’asino…) destinate ad annegare per i loro peccati in quanto si salveranno solo gli esseri viventi che sono a bordo dell’arca.

Il messaggio di Michelangelo era chiaro: la chiesa dell’epoca che tendeva a disconoscere il valore dell’Antico Testamento riconoscendo validità solo al Nuovo era una Chiesa che dimenticava le proprie radici della Torah e le scritture ebraiche, avrebbe finito fatalmente per smarrirsi.

 

Il Giudizio Universale

Clemente VII, Giulio de Medici (1478-1534) “fratello” di studi di Michelangelo, diventato papa nel 1523 (due anni dopo la morte del cugino papa Leone X, Giovanni de Medici), lo volle richiamare a Roma per affidargli, all’età di 59 anni, il rifacimento della parete d’altare della Cappella Sistina. La parete era già ricoperta da preziosi capolavori: l’ascensione al cielo della Vergine (a cui era dedicata la cappella) con il papa Giulio II inginocchiato, del Perugino e due pannelli dei cicli di Gesù e di Mosè del Botticelli. Il Papa, conoscendo bene Michelangelo, gli impose di dipingere un Giudizio Universale ma ben presto morì.

Gli successe Paolo III Alessandro Farnese, (fatto cardinale a 17 anni perché fratello di Giulia, l’amante del papa Borgia) due figli riconosciuti, tre nipoti fatti cardinali, di cui uno diventato poi papa Paolo IV nel 1555, che lasciò proseguire nell’affresco del Giudizio Universale, anzi nominò Michelangelo “architetto di San Pietro”.



Paolo III è il primo da destra nel francobollo del 1935 del Vaticano. Vi figurano anche Giulio II, Gregorio IX e
Leone X


Paolo III e due nipoti


Michelangelo sottopone a Paolo IV il suo progetto per la costruzione di San Pietro


Per prima cosa Michelangelo, non solo dovette distruggere gli affreschi, ma fece chiudere le finestre e modificare la parete d’altare per darle l’immagine delle Tavole della Legge. Per più di sette anni dipinse l’affresco dall’alto in basso, quasi sempre da solo. Michelangelo rimaneva lo stesso ribelle e quindi nel suo “Giudizio”, il più grande affresco mai realizzato da un solo pittore, sono presenti numerose “provocazioni”.

In alto, sotto i due archi, gli angeli, che non hanno ali né aureole, sono dei giovani con corpi atletici e genitali umani che portano i simboli della Passione. A sinistra la croce, la corona, simboli femminili e a destra la colonna inclinata, simbolo maschile.

Sotto gli angeli ci sono le anime dei giusti in cerchio sopra il capo di Gesù.
Non si tratta di santi celebri, o papi o nobili importanti ma anime “giuste”, tra queste, proprio sopra il capo di Gesù un
angelo vestito di rosso indica due uomini che sono chiaramente ebrei! Uno con il cappello a due punte e l’altro con il copricapo giallo, ambedue segni distintivi d’infamia ordinati dalla chiesa.
Accanto un giovane nudo che ha tutte le sembianze del maestro Pico della Mirandola. Erano certamente immagini blasfeme… sino a poco fa il paradiso era solo per i “cristiani”, gli altri al massimo andavano nel limbo.

Dal lato opposto, tra i giusti appaiono moltissime donne (anche qui con corpi muscolosi e con nudità palesi). Nel periodo in cui i teologi discutevano se le donne avessero o meno un’anima anche questo messaggio era provocatorio.
A differenza di tutti i suoi contemporanei i “giusti” non avevano atteggiamenti pii, seri ma molto più espansivi: si abbracciano e si baciano contenti, anche tra maschi...

Al centro domina la figura del Cristo, in radicale rottura con le immagini tradizionali: un giovane muscoloso, sensuale e severo; immagine più vicina all’Apollo greco. La Sua Mamma sembra distrarre lo sguardo dalla punizione illustrata dall’altra parte dell’affresco.

Una curiosità emersa durante il restauro: a differenza delle altre immagini il volto della Madonna è stato dipinto con la tecnica del “pointillisme” (puntini colorati, tecnica inventata poi a Parigi a fine ‘800!).

Alcuni santi sono stati dipinti con i simboli del loro martirio: san Bartolomeo protettore degli stuccatori è riprodotto con la sua pelle in mano (era stato scuoiato) ma sulla pelle c’è l’autoritratto di Michelangelo. San Lorenzo, il santo bruciato sulla graticola (che però è ritratto con una scala – di Giacobbe – simbolo, secondo la Cabala, del legame tra cielo e terra, era il tesoriere della prima comunità cristiana di Roma che aveva detto ai pagani che la ricchezza della chiesa non era l’oro ma la fede della gente comune… e per questo subì il martirio.

Non è l’ubbidienza cieca alla chiesa o le offerte importanti al papato (costruzione chiese, proselitismo, guerre per conto del Papa ecc.) che procurano la salvezza. Michelangelo nel dipinto l’ha voluto dimostrare: a differenza di molti altri pittori che elogiavano i donatori lui ha voluto mettere in paradiso i giusti “comuni”, anche quelli che, aggrappati alla fede semplice (la preghiera del rosario) sono riusciti a salvarsi.

Al centro i sette angeli dell'apocalisse risvegliano i morti al suono delle lunghe trombe; a sinistra i risorti in ascesa verso il cielo recuperano i corpi (resurrezione della carne), a destra angeli e demoni fanno a gara per precipitare i dannati nell'inferno. Due angeli hanno in mano il libro delle vite.
Nella sezione in basso riservata ai dannati, ci sono numerosi “messaggi”. All’epoca la simonia era pratica comune nella chiesa e Michelangelo l’ha voluta bollare con l’immagine di un dannato a testa in giù, con due chiavi in mano e la borsa dell’oro appesa di colore giallo e rosso (tutti simboli evidenti del papato), violentemente percossa da un angelo.

Per ultimo ha dipinto, proprio in basso dietro l’altare, il “re Minosse” all’inferno, con le orecchie d’asino e il serpente che gli morde i testicoli… ma il volto era esattamente quello di Biagio da Cesena, il maestro di cerimonie e che si occupava del controllo per conto del papa, che già prima che finisse l’affresco, quest’ultimo aveva pubblicamente dichiarato che Michelangelo aveva riempito la cappella papale di “un orgia di oscenità pagane e eresie…”

Già fin dalla inaugurazione nel 1541, la città si divise in due: una parte la riconobbe come capolavoro e l’altra, pagana e oscena.

Per secoli il soffitto è stato ricoperto, più volte lo si è voluto sostituire, il papa Paolo IV ne aveva decretato la distruzione ma morì fortunatamente nel 1559 prima di poter dare seguito a quanto deciso. Nel 1564 (dopo la morte di Michelangelo) fu ordinato a Daniele da Volterra di censurare l’affresco ma, per rispetto al grande maestro, vi apportò solo modifiche marginali.

Il Papa Giovanni Paolo II, in occasione del restauro della Cappella, che è durato 20 anni, durante la Santa Messa celebrata nella cappella, ha annunciato la “pubblica riabilitazione” di Michelangelo: “…sembra che Michelangelo, a suo modo, si sia lasciato guidare dalle suggestive parole del Libro della Genesi che, a riguardo della creazione dell’uomo, maschio e femmina, rileva “Erano nudi ma non ne provavano vergogna”. La Cappella Sistina è proprio, se così si può dire, il santuario della teologia del corpo umano, che rende testimonianza alla bellezza dell’uomo creato da Dio come maschio e femmina…Davanti al Giudizio Universale rimaniamo abbagliati dallo splendore e dallo spavento…” (8 aprile 1994)