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Toscana 1851 - 1861:
i francobolli raccontano la Storia
A.S.Po.T
testo di Lorenzo GREMIGNI
immagini dalla collezione di Massimo BERNOCCHI


La riforma postale: una vera rivoluzione

All'indomani del '48 la Toscana rappresentava una realtà politica e sociale assai meno quieta e sonnolenta rispetto al periodo precedente; la pur breve esperienza rivoluzionaria e la repressione che ne era seguita avevano profondamente inciso sul clima del piccolo stato toscano. Il Granduca, dopo la coraggiosa e per certi versi sconcertante dichiarazione di guerra all'Austria nel marzo del 1848 - che aveva portato la Toscana a partecipare alla Prima guerra d'Indipendenza a fianco del Piemonte di Carlo Alberto - si era visto costretto alla fuga dai suoi territori nel febbraio del 1849, ai quali poté fare ritorno soltanto il 22 maggio 1850, preceduto e protetto da una cospicua guarnigione austriaca destinata a rimanere in Toscana sino al 1855 a spese delle casse granducali ed a tutela dell'ordine costituito. Questo radicale capovolgimento di prospettiva nei rapporti tra Granduca e governo austriaco (dapprima nemico in guerra, quindi tutore in pace), provocò un'irrecuperabile frattura nella fiducia riposta dai sudditi toscani nel loro sovrano, poco rispettosamente soprannominato Canapone per il colore biondastro dei capelli, fi no ad allora mite e benevolo, ed ispirò al poeta Giuseppe Giusti i graffianti versi del sonetto Tedeschi e Granduca.
In realtà, a prescindere dall'atteggiamento del sovrano, il quale peraltro fu per molti versi un principe illuminato, la Toscana non poteva certo rappresentare un'eccezione all'egemonia austriaca presente a livello politico e militare su pressoché tutto il territorio italiano. Il Granduca era infatti cugino dell'Imperatore d'Austria, e pertanto gli Asburgo, sovrani di una delle massime potenze europee, influivano significativamente sulla politica del piccolo ducato lorenese.
Quest'influenza fu determinante anche ai fini dell'introduzione del francobollo, avvenuta in Toscana il 1° aprile 1851. La Toscana aveva infatti aderito il 5 dicembre 1850 alla Lega postale Austro-Italica di cui pure facevano parte i ducati di Modena e Parma, anch'essi legati da vincoli politici e dinastici con la casa d'Austria, e poi lo Stato Pontificio. In base agli accordi gli stati aderenti avrebbero dovuto, tra l'altro, applicare una tassa unica internazionale in ragione del peso della corrispondenza e non della distanza del tragitto, riconoscere valore alle affrancature provenienti dai paesi della Lega ed introdurre appunto quella grande novità chiamata francobollo.
Nella progredita Austria, crocevia di floridi commerci, si era sentita prima ancora che nei ducati italiani l'esigenza di riformare ed ammodernare la gestione complessiva del flusso di posta all'interno e fuori dal territorio, che poteva contare ormai su strade sicure e veloci ferrovie: lo stato moderno veniva chiamato a gestire la posta come un servizio pubblico di vitale importanza per la speditezza degli affari e l'efficiente organizzazione amministrativa, in breve per la vitalità economica ed il controllo politico del paese. Il modo antico di organizzazione postale era basato sulla varietà e complessità delle tariffe, sul loro costo elevato, sul pagamento del servizio da parte del destinatario e sull'assenza di privativa postale (ovvero di un monopolio dello stato nell'espletamento dei servizi postali). Da ciò derivava, per di più, la difficoltà di concludere accordi tra Stati in materia postale, con pregiudizio delle relazioni economiche a livello internazionale; e per i governi ambiziosi di stare al passo coi tempi questo stato di cose doveva diventare quanto prima soltanto un ricordo.

1 quattrino nero su grigio azzurro: striscia di tre con annullo a sbarre.

 

Circolare a stampa da Pisa per città con 1 quattrino nero su azzurro utilizzato nel mese di emissione.

 

1 soldo giallo oro su
azzurro con annullo
PD.

 

 


 

 

 

 

2 soldi scarlatto su azzurro.
Esemplare con bordo di foglio
a destra ed annullo di Prato
(agosto 1851).
 

 

Lettera da Firenze per Napoli dell'11 ottobre 1852 (ultimi giorni d'uso del 2 soldi)
 affrancata con coppia verticale del 2 soldi più 1 soldo (tariffa da 3 crazie per il regno di Napoli)
 e tassata in arrivo per 5 grana.

Il francobollo costituisce la chiave di questa rivoluzione copernicana nel modo di gestire la comunicazione epistolare. La sua adozione da parte dei governi di metà Ottocento presupponeva il capovolgimento della primitiva concezione di posta, e la condivisione di alcuni principi che oggi ci appaiono scontati, ma che all'epoca erano del tutto nuovi: posta come servizio esclusivamente pubblico; fissazione di una tariffa contenuta ed uniforme, variabile in funzione del peso o dei fogli della lettera; pagamento obbligatorio della tassa da parte del mittente e non più del destinatario mediante l'applicazione del francobollo, il cui nome stava appunto ad indicare che la lettera con esso affrancata risultava "franca da bollo", ovvero priva di quel particolare contrassegno che veniva apposto sopra le lettere per quantificare la tassa a carico del destinatario.
Sebbene la prima riforma postale moderna fosse stata varata nell'Inghilterra della regina Vittoria già col 6 maggio 1840 mediante l'emissione del famoso penny black, ed avesse avuto entusiastico seguito da parte altri stati europei tra cui Francia, Belgio e Austria, gli stati preunitari italiani non provvidero troppo tempestivamente a mettere mano alla introduzione del francobollo, intimoriti principalmente dalle possibili conseguenze negative sull'erario per la riduzione della tassa sulle lettere, dalla imprevedibilità del costo della riforma e dal timore della possibile contraffazione delle nuove carte-valori.
Il Regno Lombardo-Veneto fu il primo ad emettere francobolli, che in uno stesso giorno, il 1° giugno 1850, venivano introdotti su tutto il territorio del vasto impero austriaco; identico il giorno di emissione ed identico il soggetto, l'aquila bicipite asburgica, stemma imperiale, mentre variava soltanto la moneta, espressa in centesimi per il Lombardo-Veneto ed in kreuzer o carantani per l'Austria. Il Regno di Sardegna, sotto lo scettro del giovane Vittorio Emanuele II di Savoia, provvide il 1° gennaio 1851 ad emettere la prima serie di tre francobolli recanti il profilo del sovrano in un elegante ovale che ne esaltava l'immagine austera, da monarca assoluto, a dispetto del fatto che si trattava dell'unico re costituzionale della Penisola. Sulla scorta dell'esempio austriaco optarono invece per il simbolo della casata regnante (l'aquila estense ed il giglio borbonico) i ducati di Modena e Parma, entrambi affacciatisi alla filatelia il 1° giugno 1852, nonché lo Stato della Chiesa (1° gennaio 1852), che nei propri francobolli impresse i simboli della dignità pontificia: il Triregno con le Sacre Chiavi incrociate. Ultimo il Regno di Napoli, suddiviso nei territori di terraferma e della Sicilia, con separate gestioni postali, che mise mano con notevole ritardo all'adozione della riforma postale; soltanto il 1° gennaio 1858 videro la luce i francobolli napoletani, tutti di color rosa per il timore di allusioni patriottiche attraverso pittoresche affrancature "tricolori", e il 1° gennaio 1859 quelli siciliani, raffiguranti in una raffinatissima incisione, opera del grande Juvara, il volto di Ferdinando II, e destinati ad essere apprezzati dai collezionisti come i francobolli tra i più belli del mondo.



1° aprile 1851: anche in Toscana arrivano i francobolli

Da un punto di vista postale, la Toscana granducale poteva vantare una assai efficace gestione delle corrispondenze epistolari, la cui competenza era attribuita alla Soprintendenza Generale delle Poste, a sua volta dipendente dal Ministero delle Finanze. Il pubblico servizio non agiva però da solo, essendo presenti capillarmente sul territorio numerosi e diversificati gestori privati di corrispondenza (procacci, staffette, corrieri, diligenze etc.) che agivano principalmente quali collettori tra le arterie stradali più importanti ed i piccoli centri (ma non solo: basti pensare al notevole flusso di corrispondenza trasportato con le strade ferrate, allora di proprietà di enti privati). La compresenza di pubblico e privato nella gestione della posta in Toscana avrebbe rappresentato nel prosieguo uno spinoso problema, sciolto soltanto con la riforma postale del Regno d'Italia entrata in vigore il 1° gennaio 1863.
La riforma postale che la Toscana si era impegnata ad approntare avrebbe dovuto essere varata soltanto tre mesi dopo l'atto di adesione alla ricordata Lega Austro-Italica, precisamente il 6 marzo 1851; per ragioni organizzative fu però necessario chiedere una breve dilazione al 1° aprile, immediatamente accordata dal barone Hugel, funzionario austriaco inviato a Firenze per vegliare sulla realizzazione della riforma. Tempi brevissimi, tenuto conto della notevole mole di lavoro e della delicatezza dei compiti: scelta del soggetto e realizzazione del conio del francobollo; creazione di un nuovo Ufizio dei francobolli per la stampa, il controllo ed il conteggio degli esemplari, scrupolosissimamente regolato allo scopo di evitare sottrazioni anche minime di carta filigranata; formazione degli impiegati addetti; infine diffusione dei francobolli presso tutti gli uffici postali del Granducato.
Già il 21 dicembre 1850 il Ministro delle Finanze G. Baldasseroni poteva comunicare al Soprintendente delle Poste il soggetto prescelto da Leopoldo II da riprodurre sui francobolli: il Leone d'Etruria coronato o Marzocco, che sostiene con la zampa destra uno scudo gigliato. Se l'autorità granducale emittente non viene neppure indirettamente richiamata dalla semplice ed essenziale iconografi a del francobollo toscano, il significato del Marzocco - simbolo dell'indipendenza della Repubblica fiorentina – potrebbe sembrare persino un affronto al potere costituito; al contrario, rappresentò certamente una saggia decisione quella del Granduca di non offrire ai propri sudditi in tempi così difficili alcuno spunto di contestazione o di satira, che sarebbe stato difficilmente evitabile qualora si fosse scelto un soggetto diverso (ad esempio, lo stemma dei Lorena, idoneo a ricordarne le origini austriache).

1 crazia carminio violaceo su azzurro, coppia bordo di foglio a
sinistra con annullo di Bagno, 9 dicembre 1851
.
 

Circolare da Firenze a Cortona affrancata in tariffa da 1 crazia con esemplare carminio.

2 crazie azzurro vivo
su azzurro annullato a
Volterra.

 

4 crazie verde scuro su
azzurro annullato con le
sbarre sottili di Livorno.


Lettera da Seravezza del 17 agosto 1852 per Carrara (raggio limitrofo) affrancata con 2 crazie azzurro vivo su azzurro.
 

6 crazie indaco su azzurro.
 

 

 

 

9 crazie viola scurissimo
su azzurro annullato col
muto a cuore di Firenze.

 

Lettera da Firenze 14 maggio 1853 per Lugo affrancata con 6 crazie indaco su azzurro.

Anche le diciture "Francobollo postale toscano" erano improntate alla massima chiarezza e praticità, del tutto aliene da richiami politici; riprova ne è il fatto che non si sentì il bisogno di modificarle neppure quando, col 1° gennaio 1860, al Marzocco venne sostituito il più esplicito stemma dei Savoia, in un clima politico ormai del tutto mutato.
I conii vennero approntati da Giuseppe Niderost, capo incisore della zecca granducale.
I francobolli furono ottenuti utilizzando gli stessi stereotipi per tutti i tagli di valore mediante la sola sostituzione del tassello inferiore che portava incisa l'indicazione della moneta. Di tanti francobolli che furono emessi si conosce un solo errore tipografico: un esemplare del 4 crazie della seconda emissione col tassello del valore capovolto, che rappresenta probabilmente la più rara varietà di tutti gli antichi francobolli italiani. La distanza tra gli stereotipi era minima, di molto inferiore al millimetro, il che spiega la scarsità di margini che contraddistingue i francobolli di Toscana, assai diffi cili da reperirsi coi bordi intatti. Ogni foglio, fabbricato a San Marcello Pistoiese dalla cartiera Cini, conteneva 240 esemplari suddivisi in tre gruppi da 80 mediante un piccolo interspazio di circa 2 millimetri, ma non si conoscono fogli interi nuovi, mentre i blocchi a noi pervenuti sono assai rari e di ridotte dimensioni perché le rimanenze, comunque assai esigue al 31 dicembre 1859, furono probabilmente distrutte.

Il 60 crazie scarlatto su grigio azzurro annullato il 26 febbraio
1859 e recante l'interspazio in basso (ex coll. Caspary).

 

Lettera da Firenze 18 novembre 1852 per Parigi recante un esemplare del 9 crazie
viola scurissimo con bordo di foglio e linea della composizione in basso.
 


Unici tra tutti i francobolli degli Antichi Stati italiani, quelli di Toscana furono stampati su carta interamente filigranata, recante corone stilizzate separate da righe orizzontali e verticali. L'adozione della filigrana fu dettata dalla invero eccessiva preoccupazione delle Poste toscane per il pericolo di falsi. Tale timore, quasi un'ossessione, accompagnò le amministrazioni postali sin dai primordi del francobollo: si pensi alle lettere alfabetiche collocate nei due angoli inferiori del penny black allo scopo di scoraggiare i falsari (precauzione abbandonata nelle successive emissioni inglesi per la sua macchinosità ed inutilità), oppure all'iniziativa dell'incisore dei francobolli di Napoli, Giuseppe Masini, che inserì in dimensioni minuscole una lettera del proprio nome in ognuno dei cinque valori realizzati, come vero e proprio "segno segreto".
In realtà noi non conosciamo alcun francobollo falso per frodare la posta realizzato in Toscana, mentre esistono pochissime prove di stampa fuoriuscite non si sa come dai locali della Soprintendenza delle Poste ed utilizzate per frodare la posta; al contrario, in altri ducati si ebbero tentativi più o meno riusciti di falsificazione: Lombardo Veneto, Stato Pontificio e soprattutto Napoli, dove l'abnorme diffusione di esemplari falsi (alcuni più comuni degli originali!) lascia immaginare una interessata collusione di impiegati postali poco onesti coi responsabili della contraffazione. Né valse sempre a scoraggiare i malfattori la severità con cui venivano previste ed applicate le pene per chi avesse tentato di lucrare illegittimamente sulle nuove carte-valori: Gaetano Alberti, che aveva contraffatto a Verona due esemplari della prima emissione lombardo-veneta, venne scoperto nel 1853 e condannato dal governo austriaco a tre anni di reclusione.
Ma torniamo alla Toscana. Il 1° aprile videro la luce i primi cinque valori col Marzocco: 1 soldo giallo, 2 soldi scarlatto chiaro, 2 crazie azzurro, 4 crazie verde, 6 crazie indaco, ai quali ben presto si aggiunsero: il 1° luglio successivo l'1 crazia carminio e il 9 crazie viola bruno; il 1° settembre 1852 l'1 quattrino nero; il 1° novembre seguente il 60 crazie rosso scarlatto. Particolarmente rari il 2 soldi, presto messo fuori corso (il 20 ottobre 1852) in quanto gli altri valori sopperivano meglio alle esigenze di affrancatura, ed il 60 crazie, il cui elevato valore facciale consentiva di evitare un sovraccarico di francobolli di piccolo taglio per assolvere il porto di lettere assicurate o voluminose dirette all'estero (peraltro assai infrequenti, di qui la rarità). Più facilmente reperibili la crazia, il 4, il 6, il 9 crazie e specialmente il 2 crazie, che affrancava la tipologia di lettera più comune, quella di primo porto per l'interno della Toscana. Rare e ricercate le affrancature con più esemplari, e di particolare suggestione quelle recanti contemporaneamente valori in moneta diversa (quattrini, soldi e crazie).
Le prime tirature di questi francobolli si caratterizzano per la elevata qualità della carta, di buon spessore, e per il suo colore tipicamente azzurrino; in quelle successive la carta risulta invece più scadente e grigiastra a causa dell'alterazione del colore dell'acqua in cui i fogli venivano immersi prima della stampa. Le sfumature di colore tra le diverse tirature, alcune di straordinaria bellezza e lucentezza, rappresentano una delle seducenti caratteristiche dei francobolli toscani.
I Marzocchi vennero distribuiti a tutti gli uffici postali presenti sul territorio granducale, suddiviso in sei Direzioni postali: Arezzo, Firenze, Livorno, Lucca, Pisa, Siena. Agli impiegati postali venne raccomandato di annullare scrupolosamente i francobolli applicati sulle lettere coi timbri di cui erano già in possesso o dati loro in dotazione (ma anche con estemporanei tratti di penna), così da evitarne il riutilizzo fraudolento. Ed è grandissima la varietà degli annullamenti toscani, per le numerose fogge e tipologie di timbri annullatori ed accessori nonché per le colorazioni degli inchiostri utilizzati e per la possibile diversificazione dei percorsi seguiti dalle corrispondenze: un settore collezionistico di riconosciuto fascino ed ancora oggetto di studio da parte dei cultori di storia postale. Senza dimenticare che la presenza tra il 1850 e il 1855 di truppe austriache sul territorio toscano, come accennato, dette luogo a due tipologie di documenti postali particolarmente rari e significativi, ossia lettere affrancate con francobolli toscani annullati con timbri austriaci della posta militare "Feld-Post", e pieghi in partenza dalla Toscana regolarmente affrancati con francobolli austriaci in possesso dei militari acquartierati sul territorio granducale.

 


6
crazie indaco su azzurro annullato dalla posta
militare austriaca acquartierata in Toscana col
raro timbro FELD POST II.

 
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