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LE BATTAGLIE DEL GRANO

Lorenzo Oliveri

La tragica situazione ucraina con innumerevoli conseguenze anche a livello economico ha portato alcuni quotidiani a definire "La Battaglia del Grano" il blocco delle esportazioni di grano da quel Paese, che potrebbe avere conseguenze catastrofiche a livello mondiale, considerato che da sempre l'Ucraina è definita "il granaio d'Europa". Infatti per sbloccare questa assurda situazione nei giorni scorsi si è mosso il capo del governo italiano, Draghi.

Leggendo i giornali mi è venuta in mente un'altra "battaglia del grano", "combattuta" quasi un secolo fa da Mussolini per raggiungere l'autosufficienza nella produzione di questo cereale. Durante il Ventennio le iniziative del Regime trovavano quasi sempre ampio riscontro in campo filatelico-postale, visto che la posta era considerato uno dei migliori veicoli propagandistici.

Uno dei principi posti alla base della politica economica fascista fu l'autarchia: realizzare l'autosufficienza della nazione, eliminando tutte le importazioni. Più facile a dirsi che a farsi: se il sottosuolo di uno Stato è povero e se i suoi terreni sono inadatti, o comunque insufficienti, per alcune produzioni agricole (per esempio grano o cotone), rimane praticamente impossibile non ricorrere al mercato internazionale. Inoltre se un Paese si rifiuta di importare, gli rimarrà poi difficile riuscire ad esportare i prodotti di cui ha eccedenza: la politica del libero scambio può comportare notevoli vantaggi per tutti, e non solo da un punto di vista economico. Quando, a seguito delle nostre "imprese coloniali", la Società delle Nazioni ci impose alcune sanzioni (allora, come oggi, spesso aggirabili), la politica autarchica si fece ancora più stringente. Scomparvero alcuni prodotti sostituiti da altri equivalenti (a detta del Governo...): al posto del arrivò il karkadé, il caffè si trasformò in... orzo o cicoria tostati, il pane bianco, nonostante la tanto strombazzata vittoria nella "Battaglia del Grano", diventò... nero, anzi, secondo la dizione governativa, "abburattato".

Franck, industria nazionale dei succedanei del caffé.


Occorre comunque riconoscere, prima di tutto, che in sè l'autarchia poteva avere aspetti molto positivi, quali la lotta agli sprechi o il recupero di terreni abbandonati. Grazie ad essa, inoltre, vennero avviate, o incrementate, alcune produzioni alternative; un esempio riguarda lo zucchero: per secoli era stato ricavato esclusivamente dalla canna, ma già a inizio 1800, al tempo di altre sanzioni (il "blocco navale napoleonico"), era stata trovata un'alternativa nella barbabietola, che in questo frangente registrò un enorme aumento della produzione. Anche nel campo delle fibre tessili, mancando il cotone, si studiarono fibre artificiali, i cui derivati ancora oggi sono presenti nella nostra vita quotidiana.

Fibre tessili artificiali autarchiche: la "TRASPARENTE SAFTA", prodotta a Piacenza.


Però, anche in questo caso, si giunse ad eccessi che, per perseguire un'ideale "politico", provocarono enormi danni economici. Per anni fu indetta con altisonanti e capillari campagne pubblicitarie la "Battaglia del Grano", che avrebbe dovuto portare all'autosufficienza alimentare, almeno per il pane; essa in realtà fu raggiunta tra mille difficoltà, anche se venne ovunque celebrata la relativa "Vittoria del Grano": alla fine si trattò di una "Vittoria di Pirro", perché comportò la perdita di colture molto più redditizie, quali olio e vino (in buona parte destinate all'esportazione), sostituite dalla monocultura di questo cereale. Per esempio, a Norcia, si rischiò l'insurrezione popolare quando si propose di sostituire le famose lenticchie di Castelluccio con la coltivazione del grano. Mio padre mi raccontava quando, qualche anno dopo, molti ridacchiavano (non proprio in pubblico!) vedendo le aiuole di Piazza della Vittoria a Genova "coltivate" a grano, chiedendosi, eufemisticamente, come e quanto ne potesse essere raccolto in quei piccoli spazi che un tempo ospitavano fiori... Flora aveva lasciato il posto a Cerere...

Il Ramo Editoriale degli Agricoltori ha nel proprio stemma il fascio sormontato da spighe di grano, che simboleggiano la "Battaglia del Grano".


Nel frattempo, grazie agli esorbitanti dazi imposti al grano straniero, che sul mercato internazionale costava circa la metà di quello prodotto in Italia, fu costretta al fallimento la più grande ditta importatrice di cereali: la Fratelli Pozzani & C.


Tra i meriti della "battaglia del grano" vi fu la creazione e l'introduzione di nuove varietà colturali più produttive e maggiormente resistenti alle malattie (tanto per essere in linea con l'atmosfera generale, chiamate, per esempio, "Edda", "Roma" o "Littorio"), ma la forte resa per ettaro si ottenne principalmente grazie a una estesa meccanizzazione del lavoro agricolo (dalla quale derivò l'inizio dell'esodo dalle campagne) e un impiego altissimo di concimi chimici (soprattutto fosfati e nitrati), nocivi per la salute dei consumatori e degli stessi agricoltori e che, accumulandosi nei terreni, li hanno resi fortemente inquinati per decenni.


Proprio per la meccanizzazione dell'agricoltura legata alla Battaglia del Grano LA MOTOMECCANICA mise in commercio le TRATTRICI PAVESI BALILLA.


Per promuovere la "Battaglia del Grano", iniziata nel 1925, furono utilizzati tutti mezzi pubblicitari disponibili: manifesti, cartoline, e, in campo filatelico-postale, francobolli, erinnofili e, soprattutto, targhette delle obliteratrici postali.

Lorenzo Oliveri
30-05-2022



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