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UNA ROSSA, UN LIBRO E UNA STORIA DOPPIAMENTE TRISTE

Per il 25 aprile, anniversario della Liberazione
di Lorenzo OLIVERI

A volte la vita dei filatelici presenta singolari coincidenze: voglio raccontare una di queste in occasione della Festa della Liberazione.

Nella mia collezione di storia postale dei territori dell'ex Regno di Sardegna, oltre ai bolli usati dagli uffici postali, ho sempre raccolto anche le affrancature meccaniche rosse utilizzate dai privati al posto dei francobolli, ritenendole, a tutti gli effetti, elementi che contribuiscono a far conoscere la storia postale (e non solo quella!) di una località.

Per la città di Alessandria tempo fa trovai ed acquistai l'impronta della Vitale & Sacerdote (che all'epoca risultava sconosciuta nel catalogo di Albano Parini).


Misi la busta in collezione e, appurato che la ditta prima della guerra operava nel campo dei tessuti e dell'abbigliamento, non indagai oltre.
Avevo già in collezione un frammento con l'impronta della SAVES, ma allora non collegai le due affrancature.

Recentemente sono venuto in possesso del libro "La ragazza nella foto. Un amore partigiano". Leggendolo, ho scoperto un legame terribile tra quella impronta e un fatto accaduto durante la lotta partigiana: la tragedia del "Ponte di Perletto", di cui avevo già letto e sentito parlare durante i dieci anni in cui ho lavorato nell'Acquese.

Il libro racconta la storia dell'amore, finito tragicamente, tra la contadina Maria "la Mora" e il partigiano "Manno" (Ermanno Vitale, medaglia d'argento della Resistenza). Ma chi era Ermanno Vitale?

Quando il 17 settembre 1938 vengono promulgate le leggi razziali contro gli Ebrei, la ditta Vitale & Sacerdote, per evitare di perdere i negozi e i beni immobili, in un primo tempo prova ad eliminare i nominativi dall'intestazione della società (seconda impronta rossa, acronimo SAVES); poi, aggravatasi la situazione, fonda una nuova ditta, la SATEA (che secondo una “battuta” che circola ad Alessandria significherebbe Siamo Ancora Tutti Ebrei Alessandrini) e tutte le proprietà vengono formalmente intestate ai più fidati collaboratori (italiani) della società. Al momento non mi risulta l'esistenza di impronte di affrancatura col nuovo nominativo.

Dopo l'8 settembre, con l'occupazione tedesca, la situazione precipita ulteriormente e la famiglia cerca rifugio nelle campagne al confine tra Langhe e Monferrato. I giovani Adelmo ed Ermanno Vitale, che in quanto Ebrei non erano stati accettati nell'esercito italiano, si danno alla macchia ed entrano nelle prime formazioni partigiane che operano nella zona collinare alle spalle di Acqui Terme.

Qui avviene, casualmente, l'incontro tra Maria "la Mora" ed Ermanno "Manno": è amore a prima vista. Gli incontri si fanno difficili, la situazione di continuo pericolo produce anche qualche incomprensione. Maria si unisce a sua volta alla lotta partigiana facendo la staffetta, mentre Manno fa parte, insieme al fratello Adelmo, della formazione "Mauri".

Purtroppo tutto finisce al Ponte di Perletto, località non lontana da Cortemilia e, soprattutto, da Vesime, dove è stato realizzato un aeroporto partigiano, che va difeso a tutti i costi. Qui il 12 febbraio 1945, in un agguato teso dagli "Arditi della Divisione S. Marco" (quelli che si vantano di "non fare prigionieri"), cade, insieme al suo gruppo, Ermanno Vitale, massacrato brutalmente e sfigurato a colpi di pietra per impedirne il riconoscimento; qui si conclude la storia di un amore partigiano che Maria Berchio, nonostante il matrimonio dopo la guerra col maestro Sommariva, continuerà a custodire fino al termine dei suoi giorni.

Riporto un breve brano del libro:

«Lei conosce Ermanno Vitale?». È un nome famoso, in quelle campagne, quello del partigiano Ermanno, l’ebreo alessandrino che a ogni azione rischia più degli altri. Ma che paura non ne ha mai avuta.
«Non lo conosco. Io mi chiamo Agata Maria Berchio, abito a Cartosio, ero qui perché...».
Il capitano fa un gesto che taglia l’aria: «Strano, non è lei la ragazza in questa foto? Gliel’abbiamo trovata nel portafoglio», dice e con due dita tiene una fotografia: adesso Maria si sente addosso uno sguardo tagliente. È il suo stesso volto sorridente che la guarda in mezzo al fogliame, il ricordo di una giornata spensierata. È la fotografia che lei ha dato a Manno, quella da cui lui ha giurato che non si separerà mai.

Ma ora deve negare, sperare: «Io non sono quella ragazza lì, io non la conosco, io con questi partigiani non ho niente da fare...».
Il capitano fa un cenno all’attendente, che posa sulla scrivania un paio di scarponi infangati: «Questi li aveva addosso Ermanno Vitale quando lo abbiamo ammazzato. Ed era ancora caldo quando glieli abbiamo tolti».
Maria si sente svenire. No, Manno no. Non è possibile. Non è possibile...
»

Conclusa la guerra, la famiglia Vitale, che per la liberazione dell'Italia ha offerto i suoi due figli (solo Adelmo di salverà), subisce un secondo vergognoso affronto: tutti coloro ai quali erano state fittiziamente intestate le proprietà dei Vitale si rifiutano di restituirle ai legittimi proprietari, avvalendosi degli atti ufficiali di cessione, e alla famiglia ebrea, che dopo secoli abbandona Alessandria, non resta che trasferirsi a Torino e ripartire da zero.

Luigina Bogliolo Vitale, la madre di Ermanno, conserverà in una teca una delle pietre insanguinate con cui venne massacrato il figlio, mentre Maria Berchio lascerà in eredità alla figlia Nerella Sommariva la scatola con le lettere e le fotografie del suo amore per Manno.

Per commentare queste vicende mi sembra che si attagli perfettamente il titolo di un libro di Angelo Del Boca: ITALIANI BRAVA GENTE.

Per chi desidera approfondire questa interessante e coinvolgente storia, segnalo gli estremi del libro: Donatella Alfonso e Nerella Sommariva - LA RAGAZZA NELLA FOTO - UN AMORE PARTIGIANO - ed. ALL AROUND - 13,00 euro.


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