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  Domenico Raspini, lettera da Yol: campo di prigionia e sede della Repubblica fascista dell'Himalaya
di Giovanna MANCA

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RASPINI DOMENICO (31 ottobre 1915 - 11 aprile 2014)

Domenico Raspini davanti alla sua tenda, nella Marmarica nell'agosto 1940, accanto la sua Moto Guzzi
da I Raspini di Arezzo - Storia di una famiglia toscana 1865-1965 , 2013, Edizioni Polistampa, Firenze
per gentile concessione della famiglia Raspini

 

Chi è Domenico Raspini, familiarmente chiamato “Menchino”, prigioniero di guerra relegato nel campo di concentramento di Yol in India?

Raspini Domenico, Tenente del 5° Reggimento Bersaglieri, è un giovane aretino di buona famiglia e di ottimi studi destinato ad una brillante carriera.

Terminato il liceo classico, si iscrive alla facoltà di giurisprudenza, ma trascorsi i primi due anni di università partecipa al concorso per “Aspiranti allievi Ufficiali di Complemento”, risultandone ammesso il 21-11-1936.

Domenico Raspini quindi, simultaneamente, frequenta sia l’università che la scuola per Allievi Ufficiali, conquistandosi la nomina di Aspirante Ufficiale di Complemento e la relativa assegnazione al V Reggimento Bersaglieri. Nel 1939 consegue anche la laurea in Giurisprudenza, sostenendo, dopo appena qualche mese, l’esame del concorso per Giudice di Tribunale.

Il 10 giugno 1940 Mussolini dichiara guerra agli Alleati e Domenico Raspini, permeato dagli ideali del regime, come personalmente annota nei suoi “Ricordi di guerra” (I Raspini di Arezzo, -edizioni Polistampa-2013, pag.145) “… ora è venuta l’occasione di dare sfogo alla carica di gloria e di valore di cui tanto si è parlato.”, chiede di partire come VOLONTARIO, ottiene l’arruolamento e viene aggregato alla XXII Compagnia, che con la nave passeggeri Esperia ha come meta Bengasi.

Domenico Raspini è fermo nel credo degli ideali che ha abbracciato, partecipa convintamente all’operazione militare promossa dal regime con tale ardore che, quando gli viene annunciato che risulta essere vincitore del concorso per Giudice di Tribunale, con immissione immediata in qualità di Uditore al Tribunale, previo rientro in Italia, lo trattiene dall’accettazione … rimandandola a “… Dopo la Vittoria” (“Ricordi di guerra”, pag.147).

Le vicende militari mutano rapidamente e preannunciano l’imminente tragedia.

Il 20 gennaio 1941 gli Inglesi danno avvio all’operazione offensiva Compass che investirà anche Tobruk dove si trova Domenico Raspini con i suoi bersaglieri. Domenico Raspini nel duro ed impari scontro viene ferito e fatto prigioniero: di lui per lunghi mesi non si avranno notizie. La Croce Rossa nel tempo informerà la famiglia che il loro congiunto è ferito e prigioniero. Domenico Raspini, unitamente a tanti altri prigionieri, viene trasferito e destinato al campo di concentramento n.25 P.O.W. Yol in Kashemir e qui resterà fino alla liberazione.

Fronte e verso della lettera scritta il 29 novembre 1944 dal Campo di Prigionia britannico n.25 di Yol
dal Sotto Tenente Raspini Domenico
(collezione Roberto Monticini)

Domenico Raspini, seppur prigioniero non dimentica la sua amata famiglia e neanche di interessarsi allo svolgersi di vicende che si verificano in Arezzo, comprese le traversie che coinvolgono la banca locale come testimonia la lettera da lui inviata al Signor Arnaldo Verdelli al quale testualmente chiede: ”La Banca Mutua Popolare è sempre in piedi?

Domenico Raspini prigioniero, resta sempre e comunque fedele al credo fascista dichiarato con il suo giuramento quindi, seppur pienamente consapevole del nuovo e diverso capitolo aperto dalla Storia, non rinuncia ai suoi ideali e non vi abiura. Appreso il proclama che annunciava: ”Sua Maestà il Re ha accettato le dimissioni di S.E. Benito Mussolini. Il Re ha designato a capo del Governo il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio” diffuso nel campo dagli altoparlanti dopo la firma dell’Armistizio, quando gli viene richiesto di confermare il suo giuramento a Sua Maestà il Re non lo conferma restando ufficialmente fascista. Gli Inglesi lo collocano quindi fra i “collaboratori” riservandogli il relativo trattamento.

Non abbiamo testimonianza diretta, ma, prendendo atto del carattere di Domenico Raspini, possiamo ipotizzare che non abbia esitato ad aderire alla Repubblica Fascista dell’Himalaya fondata nel campo n.25 di Yol dai prigionieri, che non avevano accettato e riconosciuto la validità dell’Armistizio.

La vita per Domenico Raspini diventa insopportabile e l’idea di restare prigioniero in India fino a data da determinarsi lo angoscia, tanto che accetta il suggerimento che gli dà un suo amico medico, anch’egli aretino, di “costruirsi” una falsa ma credibile “pazzia” perché è l’unico modo per rientrare in Italia.

La contraffatta pazzia risulta talmente credibile da essere accettata e validata dalla Medical International Commission e quindi per Domenico Raspini si apre la via verso la libertà: il 20 dicembre 1945, a bordo della nave passeggeri Duca degli Abruzzi con direzione Napoli, rientra in Terra italiana e da Napoli può prendere il treno e rientrare finalmente a Frassineto (Arezzo) atteso ed abbracciato dall’intera famiglia in festa.