La posta dei prigionieri di guerra |
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I campi di concentramento dell II G.M. |
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Vinicio Sesso | ||||||||||||||
16 VII Piccola mia, Così inizia la lettera scritta il 16 luglio 1940 dal dottor Marco Halpern, internato nel campo di concentramento di Campagna Caserma San Bartolomeo ed inviata alla fidanzata Maria Boianovich, residente a Trieste.
La corrispondenza è inviata tramite espresso ed affrancata, in tariffa, per £ 1,75. Al fronte bollo di partenza Campagna 17/7/1940 e bollo di censura in arrivo della Commissione provinciale di censura Trieste. Al verso bollo ambulante Sapri-Napoli 18/7/1940, bollo ambulante Venezia-Trieste 19/7/1940, bollo Venezia Ferrovia 19/7/1949 ed infine bollo Trieste arr. Distrib. 19/7/1940.
La lettera è piena di attenzioni e di premure verso la fidanzata, ma anche di preoccupazione per la distanza e per il futuro. Traspare anche il senso di smarrimento per quanto avvenuto e l’angoscia per la lontananza. Si intuisce che trattasi di due giovani ragazzi. La lettera porta l’intestazione MARCO HALPERN Medico Chirurgo BOLOGNA Via Belle Arti, 17. La ricerca web sul sito www.paparella.it mi consente di trovare alcune informazioni sul giovane dottor Marco. Mordko (italianizzato in Marco) nasce a Lwow (Leopoli) ora Ucraina, ebreo di origine polacco, il 17 giugno 1914, primo figlio dell’assistente commerciale Efroim Fischel Halpern e Lea Beila Knossef. Frequenta le scuole polacche e consegue, nel 1932, presso il ginnasio “Re Casimiro” il diploma di maturità. Ha le idee ben chiare sul suo futuro. Vuol diventare medico e laurearsi presso una delle università più prestigiose all’epoca. L’Università degli Studi di Bologna, dove presenta apposita domanda al fine dell’ammissione ai corsi della Facoltà di Medicina e Chirurgia. Con l’ammissione ottiene la possibilità di richiedere il passaporto per trasferirsi in Italia. I familiari restano in Polonia. In Italia, oltre alle due lingue già conosciute, polacco e tedesco, impara anche l’italiano. Ottimo e preparato studente, il 5 novembre del 1938 si laurea in Medicina e Chirurgia con 90/110 con una tesi su “Tubercolosi e cirrosi epatica” relatore il Direttore dell’Istituto di Fisiologia Prof. Costantini. Iniziò ben presto la sua attività di medico come indicato nell’intestazione della lettera. A Bologna in Via Belle Arti, 17. La campagna di stampa antiebraica era già, da tempo, iniziata. Nel 1937 Mussolini aveva permesso la pubblicazione del libro “Gli ebrei in Italia” di Paolo Orano. La tesi di Orano è precisata in “Gli anni della vergogna 1938/1945 Il regime fascista, gli italiani e la persecuzione antiebraica” della Fondazione Museo della Shoah Gangemi editore e cioè che “gli ebrei devono perdere ogni loro specificità culturale ed identitaria, e devono scogliere le loro organizzazioni per confluire completamente in quelle fasciste….ma soprattutto gli ebrei italiani devono tagliare ogni rapporto con “l’internazionale ebraica” e ribadire la loro fedeltà al regime”. Giovanni Preziosi ristampa, poi, i “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” che dovrebbero rappresentare “il vero programma della razza ebraica per distruggere la società cristiana ed occidentale per dominare il mondo”. E il 17 novembre 1938 viene approvato il Regio Decreto-legge n° 1728 “Provvedimento per la difesa della razza italiana”. Con decreti e regolamenti successivi vengono introdotte norme che escludono gli ebrei dalle Forze armate e dalla maggior parte delle professioni quali il medico, il farmacista, il veterinario, l’ostetrica, l’avvocato etc, etc. Tutte leggi firmate dal Capo dello Stato, cioè dal re Vittorio Emanuele III, che non si oppone a questa vergogna. Ma il decreto trasformato in Regio Decreto Legge n° 1728 del 17 novembre 1938 “Provvedimenti per la difesa della razza” prevedeva anche all’articolo 23 la revoca delle concessioni della cittadinanza italiana nei confronti di ebrei stranieri posteriormente al 1 gennaio 1919. L’art. 24 stabiliva che gli stessi dovevano lasciare il Regno, la Libia e i possedimenti dell’Egeo entro il 12 marzo 1939. Pena l’arresto o ammenda ed espulsione. Detta normativa non si applicava nei confronti degli ultra 65 e di coloro che avevano contratto matrimonio con persone di cittadinanza italiana. La norma non era di facile applicabilità poiché anche altri paesi avevano posto limiti all’emigrazione e di conseguenza era complesso trovare un paese disposto ad accogliere gli ebrei. Vi erano anche delle remore di carattere economico. Le società di navigazione e quanti operavano nel turismo erano seriamente preoccupati per la perdita della clientela relativa ai profughi in un periodo nel quale a causa dello scoppio della guerra mondiale il movimento turistico aveva subito un netto calo. Per detti motivi si optò per la sospensione della scadenza. Agli ebrei stranieri, pertanto, venne concessa ancora la possibilità di venire in Italia con un visto turistico di tre mesi, prorogato a sei, per “turismo, per imbarcarsi, per studio e per affari”. Tale visto serviva per fuggire dai paesi sotto il giogo nazista. In tal modo, pero’, il numero dei profughi aumentò per cui il Ministero dell’interno il 19 agosto 1939 decretò l’annullamento dei visti. I porti italiani rivestirono ancora un ruolo fondamentale fino al 18 maggio 1940. Attraverso di essi continuò l’emigrazione dei profughi verso la Palestina, il Sudamerica e Shangai. Provenivano soprattutto dalla Polonia occupata dai nazisti. Con il 18 maggio 1940, in vista dell’imminente dichiarazione di guerra venne disposto il blocco del transito attraverso l’Italia. Dopo l’introduzione delle leggi razziali si acutizzarono in peggio le condizioni di vita dei profughi ebrei. Dal 12 marzo 1939 con il “divieto di lavoro” gli ebrei dovettero far fronte alle necessità quotidiane vendendo gli averi e gli oggetti di valore che avevano portato con sé nella fuga dall’oppressione. Con la dichiarazione di guerra la situazione precipitò. Vennero adottate misure finalizzate all’internamento dei cittadini delle nazioni nemiche con lo scopo di garantire la sicurezza interna e militare e per evitare che soggetti abili al servizio militare lasciassero l’Italia per arruolarsi in eserciti stranieri. Il 15 giugno venne disposto l’arresto degli ebrei maschi dai 18 ai 60 anni di eta’ di nazionalità tedesca, polacco, ceca nonché degli apolidi. Le donne ed i bambini, invece, dovettero abbandonare le loro abitazioni e furono internati in luoghi isolati sotto il controllo della polizia. Nel contempo si cominciò a provvedere all’allestimento dei campi di internamento. Anche al nostro dottore, freschissimo di laurea, vennero applicate le famigerate norme di nuova emanazione. Di sicuro gli venne impedito di esercitare la professione medica ma soprattutto fu destinatario del provvedimento di internamento presso il Campo di concentramento di Campagna che è una località in provincia di Salerno e dove venne aperto un campo per internati stranieri ed ebrei italiani. Venne aperto nel giugno del 1940 utilizzando le strutture dell’ex caserma San Bartolomeo e di un ex convitto. Già nel settembre vi erano 400 prigionieri. La scelta ricadde su Campagna in quanto è un piccolo paese all’interno dell’entroterra salernitano. Tra i monti Picentini. Sia la morfologia del territorio che la tipologia delle strutture prescelte situate ai due lati del paese attraversato da un’unica via offrivano garanzie sufficienti in tema di sicurezza. I primi trenta internati arrivarono il 16 giugno 1940 tutti definiti pericolosi. Campagna è legata alle nobili figure di Giovanni Palatucci e del Mons. Giuseppe Maria Palatucci, originari di Montella in provincia di Avellino, miei concittadini, che si prodigarono, il primo, salvando dalla sicura morte tanti ebrei ed, il secondo, adoperandosi per l’assistenza morale e materiale degli ebrei internati a Campagna, riuscendo a salvarne in numero considerevole dalla deportazione nei campi di sterminio nazisti.
Nel campo erano presenti l’impianto di illuminazione ed il riscaldamento a legna, C’era il corpo di guardia per la sorveglianza e gli alloggi per i militari. Per i prigionieri erano state allestite delle camerate arredate in modo minimale. Per ogni prigioniero una branda, un materasso, un cuscino, lenzuola e coperte, una sedia, due asciugamani, un appendiabito, una bacinella, una bottiglia ed un bicchiere. I sevizi igienici erano comuni ma presto risulteranno non sufficienti. Gli internati possono circolare per il paese ma senza oltrepassare le zone delimitate. Ma la regola è spesso aggirata con la compiacenza della popolazione e degli addetti alla vigilanza. A Campagna e’ stato allestito il Museo della Memoria e della Pace. Centro Studi “Giovanni Palatucci”. Sul pregevole sito www.museomemoria palatucci.it viene riportato che furono tante le attività che coinvolsero i confinati: un coro con relativa piccola orchestra, rappresentazioni teatrali e mostre di pittura, redazione di un giornale ciclostilato in lingua tedesca, partite di calcio, allestimento di una sinagoga, possibilità di consultare i libri del seminario, lezioni di lingue stranierei ai giovani di Campagna. Il dottor Marco Halpern come riportato sul sito www.annapizzuti.it, indispensabile per effettuare ricerca sugli internati ebrei in Italia grazie, anche, al ricchissimo database arriva a Campagna il 7 luglio 1940. Viene trasferito a Ferramonti il 3 settembre 1940 e successivamente il 26 settembre 1941 a Gioia del Colle (Bari). Questo, forse gli salverà la vita poiché coloro che vennero trasferiti nel centro-nord subirono altra sorte. Sul sito si ritrova l’informazione che dopo l’8 settembre Marco era a Perugia e precisamente il 19 ottobre 1943 e a Roma il 10 ottobre 1944. La sua Maria invia un biglietto postale al nostro dottore spedito a Gioia del Colle con bollo Bologna 28 febbraio 1941 che retrodata la sua presenza a Gioia del Colle rispetto a quanto indicato nel succitato sito.
Il campo venne aperto nel luglio 1940 e raccoglieva stranieri ed ebrei e successivamente antifascisti italiani e slavi. Venne chiuso agli inizi del 1941 per ragioni militari. Il campo venne allestito nell’ex pastificio Pagano. Resta il mistero di dove venne trasferito dopo la chiusura del campo il dottor Marco Halpner medico laureato presso l’Università degli Studi di Bologna. Venuto in Italia per studiare e per salvare vite umane. Anche lui si era fidato delle autorità italiane. Non ho trovato altre informazioni circa la sua sorte ma spero vivamente che possa essersi salvato e abbia ritrovato e abbracciato la sua “cicciottella” Maria. Fonti iconografiche: Vinicio Sesso Vinicio Sesso | ||||||||||||||