Cronache Dentellate

I folder "sovrastampati" Milanofil e Veronafil, l'opinione di Di Stasi

di Danilo Bogoni

L’appetito vien mangiando, dice un proverbio che Filatelia di Poste Italiane sembra aver fatto proprio.

Dopo il costoso folder soprastampato “Milanofil 22.3.2019” venduto a 120 euro (con offerte nel web che arrivano e oltrepassano i mille euro), è venuto il bis con il folder “Veronafil 24.5.2019” ceduto in questo caso a 220 euro. Ottocento gli esemplari del primo, 1.200 quelli del secondo. In tutti e i due casi si tratta di soprastampe private, come ognuno di noi potrebbe fare, anche se i collezionisti quando sentono parlare di Poste Italiane sono portati – sbagliando – a ritenere di trovarsi di fronte all’Ente emittente, che è invece il Ministero dello Sviluppo economico.

Folder 2019032… Fogli e foglietti riciclati con soprastampa privata di Poste Italiane “Milanofil 22.03.2019”, per ora sui bordi perdendo in tal modo la loro natura di carte valori postali.

Di cosa si tratti è presto detto. A sorpresa a “Milanofil” l’Azienda di Matteo Del Fante ha apposto, sulle rimanenze di tre vecchie emissioni (l’Alto valore da 10.000 lire del 1983, in fogli da 20 per complessive 200.000 lire; il foglietto del 2012 per il 150°Anniversario dell’unificazione del sistema monetario ed il foglietto del 28 novembre 2018 per il centenario dell’Aula di Montecitorio, la scritta “Milanofil 22.3.2019”, seguito dal numero dell’esemplare e da quello della tiratura (800 esemplari), come vien fatto per le stampe d’arte.

Folder 201905271 Dopo “Milanofil”, “Veronafil 24.05.2019” con tiratura più elevata (1.200 esemplari) e prezzo pure (220 lire).

La scritta “Veronafil 24.05.2019”, come si è detto, è stata a sua volta stampigliata su 1.200 esemplari del foglio da 20 esemplari dell’Alto valore da 20.000 lire del 5.1.1987, per complessive 400.000 delle vecchie lire; sul foglietto “Italia ’98” del 21.3.1997 e sul foglietto “Invito al collezionismo” del 23.10.1999, i due ultimi marchiati “Poste Italiane” anche se ormai trasformate in società per azioni del tutto sganciata dall’autorità emittente).

Sulla duplice iniziativa attuata da Poste Italiane Angelo Di Stasi, consigliere filatelico del Ministro dello Sviluppo economico, si mostra comprensivo e, in alcuni passaggi, quasi scanzonato. Quantomeno in apparenza. “Si può certamente discutere sulla correttezza etica dell'iniziativa - dice - tuttavia da un punto di vista formale, se i fogli di francobolli sono stati regolarmente acquistati da Poste a valore nominale e rivenduti nel folder gravati di Iva (circostanza, quest'ultima, verificabile esaminando una qualsiasi ricevuta fiscale integrata, emessa dal terminale degli uffici postali a fronte dell'acquisto di un qualsiasi folder, nella quale i francobolli non devono essere considerati esenti Iva), non parrebbero sussistere ostacoli normativi alla loro sovrastampa a fini privati, ancorché commerciali. Sta ai collezionisti capire che non trattasi di sovrastampa ‘ufficiale’ dell'Autorità emittente, bensì di una semplice, anche se discutibile, iniziativa di una azienda privata”. Insomma, Poste Italiane, essendo una azienda privata, al pari di “altri soggetti economici”, può operare “anche nel settore del commercio filatelico”.

L’articolo 215 del Regolamento di esecuzione dei libri I e II del codice postale e delle telecomunicazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1982, numero 655, fa tuttavia espresso divieto a venditori e rivenditori “di carte valori postali di venderle o rivenderle a prezzi diversi da quelli nominali o in uno stato diverso da quello in cui sono state fornite dall’Amministrazione”.

Anzitutto occorre premettere – precisa il Consigliere filatelico del ministero dello Sviluppo economico - che lo scenario economico e sociale di riferimento, prima ancora che quello normativo, è radicalmente cambiato nel corso degli ultimi decenni, subendo dei veri e propri stravolgimenti.
La norma, nel 1982 così come nel 2019, è quindi perentoria: gli uffici postali (ossia i ‘venditori’) ed i tabaccai (ossia i ‘rivenditori’) non possono vendere i francobolli a prezzi diversi dal valore facciale né alterati (quindi, ad esempio, sovrastampati o perforati, poco importa se la sovrastampa o la perforazione sia sul francobollo o sui bordi del foglio, giacché questi ultimi sono comunque parte integrante dell’allestimento produttivo della carta-valore).

Detto ciò, occorre comunque considerare che mentre nel 1982 gli uffici postali erano parte integrante dell’Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni, a sua volta facente parte del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, ossia l’autorità emittente delle carte-valori postali, oggi essi sono una articolazione di una società di diritto privato, peraltro ad azionariato misto, che vende i francobolli in virtù di una apposita concessione da parte dello Stato e che, comunque, persegue obiettivi economici ben precisi, puntando al massimo profitto.

Se la vecchia amministrazione PT si limitava a vendere i francobolli nuovi, o al più bollati sciolti o su busta a richiesta dell’utenza, oggi la società per azioni Poste Italiane ha deciso di offrire alla propria clientela, al pari di altre ditte private, prodotti filatelici di varia natura, per la cui realizzazione deve necessariamente utilizzare francobolli. Per far ciò, esattamente come qualsiasi altro soggetto privato, deve necessariamente acquistare i francobolli a valore facciale intero. Poiché i francobolli che Poste riceve dal MEF sono di proprietà dello Stato sino alla vendita, Poste non può utilizzarli a piacimento attingendoli dalle forniture MEF, ma deve regolarmente acquistarli da sé stessa, effettuando opportune imputazioni di ciclo passivo sul proprio bilancio, calcolando per intero il valore facciale dei singoli francobolli acquistati. Una volta effettuata tale operazione, Poste, così come potrebbe fare Lei, io o qualsiasi altro privato, è libera di utilizzare a piacimento i francobolli acquistati, quindi anche di regalarli, distruggerli, timbrarli o magari sovrastamparli.

È ovvio che nel caso in cui tali francobolli venissero rivenduti al pubblico (magari in un folder) essi non potrebbero più essere considerati carte-valori postali, bensì semplici oggetti da collezione, e come tali gravati di Iva. È esattamente ciò che accade quando commercianti filatelici realizzano in proprio folder e cartoline. Poste, legittimamente, si comporta come un qualsiasi operatore commerciale privato, ed al pari di un qualsiasi altro operatore commerciale privato non ha necessità di chiedere autorizzazioni al MiSE per sovrastampare i francobolli che ha regolarmente acquistato.
Ciò, naturalmente, a condizione che abbia preventivamente avuto luogo un acquisto dei francobolli con le procedure contabili che il MiSE ha indicato nelle Linee guida e, soprattutto, che al momento della vendita al pubblico tali francobolli risultino regolarmente gravati di Iva. Diversamente, il Ministero ha già chiarito che si potrebbe configurare un abuso di posizione dominante, oltre a più gravi violazioni di natura tributaria relative alla mancata applicazione dell’imposta sul valore aggiunto. D’altro canto, per verificare ciò è sufficiente acquistare un folder (o anche una cartolina obliterata o una tessera filatelica) e richiedere allo sportello che effettua la vendita una ricevuta fiscale integrata. La stessa dovrà necessariamente indicare anche per i francobolli la regolare applicazione dell’Iva, diversamente da quanto avviene per le carte-valori postali destinati al servizio postale universale, che come noto sono esenti da imposta sul valore aggiunto
”.

L’autorevole opinione di Angelo Di Stasi, secondo il quale i francobolli soprastampati e commercializzati come oggetti da collezione gravati di Iva perdono fiscalmente la loro natura di carte valori postali, e che di conseguenza Poste Italiane non possono più vendere al puro valore facciale, andrebbe probabilmente ufficializzato con un apposito provvedimento chiarificatore.

Angelo di Stasi, a Milanofil (secondo da destra) con Maria Bianca Farina, presidente di Poste Italiane; Domenico Tudini, presidente Ipzs; Fabio Gregori, responsabile di Filatelia di Poste Italiane e Angelo Merenda, bozzettista.