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Introduzione ai difetti dei clichés dei francobolli di Toscana

di Lorenzo Veracini

 Molto è stato scritto sulla tecnica di stampa, i colori della carta, l'incisione, la riproduzione dei clichés dei francobolli di Toscana. Non altrettanto si può dire dei difetti ricorrenti riscontrabili su questi francobolli.
Ora che il Marzocco - quale emblema delle Poste Granducali - compie 150 anni è giunto il momento che questo argomento venga posto sotto la lente degli appassionati e sia sceverato come merita, se non altro per colmare - almeno in parte - il distacco che lo separa da emissioni coeve, come ad esempio la prima emissione dello Stato Pontificio, oggetto di approfondito esame da tempo, tanto che i difetti degli stereotipi di questa emissione sono riportati dai cataloghi specializzati. La maggior parte dei difetti riscontrabili nei francobolli di Toscana è dovuta alla non perfetta riproduzione dei 240 clichés occorrenti per stampare il foglio intero, che derivavano da un unico conio.
L'inconveniente è da attribuirsi al fatto che la fusione fu eseguita con la normale lega tipografica a base di piombo: metallo tanto poco fedele nella riproduzione dei particolari dell'incisione quanto poco resistente all'uso. A ciò si aggiunga la gran quantità di fogli che furono stampati in seguito alle pressanti richieste di valori, occorrenti per un servizio postale che si andava espandendo oltre ogni previsione. La mancanza di una regolare pulizia dei clichés e di sostituzione di quelli più deteriorati, fece il resto.
Da queste circostanze è intuibile la ragione per cui i difetti col tempo andarono via via amplificandosi.
La presenza di questa peculiarità non consente tuttavia un plattaggio, come per esempio è possibile per i francobolli di Sicilia, poiché i 240 clichés che formavano il foglio erano mobili; la composizione veniva in più occasioni disfatta e ricomposta, con la conseguenza che i singoli elementi risultavano frammischiati.
Molti difetti possono considerarsi a ragione vere e proprie varietà, poiché sono riscontrabili già nelle prove di stampa, la loro gamma è però talmente vasta, che non è agevole scegliere quali meritino una considerazione specifica e autonoma e quali debbano considerarsi mancanze minori od occasionali.
Una prima sommaria distinzione può essere fatta in base all'aspetto generale del francobollo dovuto all'usura ed alla sporcizia accumulata nel tempo.
Le immagini chiariscono meglio di tante descrizioni: nel 4 crazie qui illustrato (fig. 1) l'incisione è netta, i particolari sono ben visibili.
Questa crazia (fig. 2), nonostante l'appartenenza alle prime tirature, trattandosi di esemplare su carta azzurra (1851/1852), è invece un francobollo la cui stampa si presenta confusa e con difetti destinati a diventare sempre più numerosi ed evidenti con il ripetersi delle tirature.
Ne costituisce conferma questo esemplare da 2 crazie (fig. 3) appartenente alla seconda emissione: l'immagine è confusa e quasi indecifrabile. Carta e filagrana furono cambiate, ma i clichés rimasero gli stessi sempre più consumati, con la conseguenza che il Marzocco è talvolta difficilmente visibile.
All'estremo opposto si trovano difetti nei minimi particolari dei francobolli, riscontrabili in gran quantità e varietà: si tratta di lettere male impresse o sporche, cifre del valore non perfettamente delineate, ornati agli angoli con cerchietto a volte ben visibile, a volte mancante, con l'ornato stesso più o meno confuso.
Proprio per la loro frequenza ed infinita varietà, questi difetti non solo appaiono poco significativi, ma sono praticamente non classificabili.
Dal concetto di difetto in senso proprio andranno quindi esclusi, a nostro avviso, sia la prima categoria - identificata nell'aspetto generale in base all'usura ed alla sporcizia - sia la seconda relativa a difetti minimi e del tutto secondari. Rientrano invece nel criterio di difetto i francobolli che presentano peculiarità di stampa o rotture di clichés che soddisfino il triplice requisito di essere manifeste, ricorrenti e che differenzino in modo determinante l'immagine.

 

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