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ma quanto vale ?

di Giorgio Landmans

 

Ma quanto vale ?

Da diverso tempo ho smesso di scrivere per i filatelici e le mie parole me le sono riservate a diverso esclusivo mio uso personale.
Pochi mesi or sono avevo iniziato, per l’ amico Monticini una serie di articoli che chiamai “ asterisco “ e dando a questi dei numeri progressivi, tramite i quali avevo intenzione di far conoscere agli stessi collezionisti la storia dimenticata della sviluppo della passione per i francobolli e le varie derivazioni che ne condizionarono le primitive leggi-base. Desideravo alla fine far comprendere al collezionista la sua grande fortuna d’essere un appassionato del settore al di fuori della parte speculativa. Però da un esame del numero dei lettori che stavano seguendo le mie parole e che supponevo, sbagliandomi, lettori ritrovati dopo i passati miei articoli del mercoledì su “Il giornale” di Montanelli. Al riscontro che ben pochi erano ne interessati. Sarò pronto a riprenderlo solo se ne sarò veramente sollecitato, mi sono detto.

Ma ora i collezionisti paiono tutti solo dediti al “Ma quanto vale? ” E poi, a bassa voce, internamente “Quanto ci posso guadagnare?”
All’ esame di questa situazione qualcosa mi balla nel gozzo e riprendo la penna. Così butto giù questo titolo che possa turbare l’inclita e la folta.

Sì, ma quanto vale?

La filatelia è diventata, grazie a commercianti e pseudo-commercianti una sorta di meccanismo esclusivamente commerciale, una specie di succursale di una Borsa di valori ed il “quanto vale” serpeggia sempre più nelle oscure menti di ogni attuale appassionato.
Per rendere allegri tali graziosi esponenti, mi punge vaghezza di dire anch’ io il mio personale punto di vista in merito.
In commercio, in qualsiasi attività commerciale, il prezzo di un oggetto, di un qualsiasi bene, viene stabilito da venditore in base al suo costo apponendovi sopra la percentuale ritenuta opportuna. Nel caso di prodotti da produzione industriale tale meccanica è alquanto differente.
Sì, ma questo è quanto chiede il venditore,ma è veramente il suo valore?
La legge di mercato suona così:
Un oggetto proposto in libera offerta potrà spuntare quel prezzo che un certo amatore sarà disposto a pagare. Se gli altri possibili interessati non desiderano o che comunque non sono propensi a offrire una cifra maggiore, IL VALORE DI QUELL’ OGGETTO IN QUEL MOMENTO HA SPUNTATO QUELLA CIFRA. Non è detto perciò mai essere questo un prezzo reale. La richiesta e l’ offerta. L’ equilibrio del momento.
Per ciò che riguarda il campo filatelico, supponiamo che 100 persone desiderino un certo bene-francobollo che chiameremo il n. 1 di Stupinia di cui si suppone esista un solo esemplare. Questo francobollo, questo benedetto n. 1 di Stupinia, salirà inevitabilmente di prezzo – dite voi - visto il desiderio di possesso di ben 100 appassionati. Ma se i cento desiderosi non sono in grado o tentennano di sborsare qualche cifra, qualche soldino in più? Giro al lettore l’ ardua sentenza anche se so che voi non tarderete a obiettarmi: «Ci sarà pure qualche commerciante a volersene impadronire ... per poi rivenderlo con enormi profitti ....»
Chi si muove commercialmente in qualsivoglia settore ricerca per lo più di rifornirsi di oggetti di molteplice richiesta, di quelle cose cioè che più comunemente vengono ricercate, quelle che saranno più facilmente rivendibili. Il negoziante dietro ogni richiesta dei suoi clienti registra nella sua mente quello che gli si chiede, ma ... anche se solo in un angolino, vi annota di fianco la supposta o la conosciuta disponibilità finanziaria del richiedente. Il resto resta una massa di chiacchiere da vicolo.
Potrebbe darsi che qualche rivenditore decida di acquistare quel numero uno di Stupinia, ma di certo lo farà solo se lo potrà ottenere a prezzo veramente vile. Poi ne svilupperà una più o meno gravosa pubblicità, ben difficilmente solo a passavoce. Ne illustrerà la rarità con esplosioni di “inevitabile fortunato investimento futuro ‘è ben più raro di ....’ è giù paragoni.
In alcuni oggetti, tra cui anche i francobolli, esistono delle sorte di miti, più o meno popolari. Ti è mai capitato di raccontare, a qualcuno che non lo è, che tu sei un filatelico? Ti sarai sentito chiedere inevitabilmente: «Ce l’ hai il GRONCHI ROSA ?». Non se partecipi a balletti rosa, ma se possiedi quel nobile GRONCHI ROSA, quel supposto incoronato regale la cui effettiva rarità è stata molto abilmente manipolata da agili mani commerciali dietro anche l’ausilio, più o meno sollecitato, di vari giornali “detti benpensanti” che in realtà sono a sfondo para-scandalistico. Da qui ne nasce la conseguenza che in ogni collezionista filatelico quel Gronchi rosa diventa lo stimolo-base del primo ideale acquisto. Quel beneamato francobollo di conseguenza continuerà ad accrescersene il suo ipotetico psicologico valore. E poi non ha importanza se quel francobollo si porta dentro qualche macchietta sin dalla sua incerta nascita....

Io parlo così perché sono della “vecchia scuola” quella alla cui base stava il piacere di trovare ore serene quando, seduti al tavolino e sotto una luce più o meno rallegrante di una lampada il collezionista esaminava i suoi beni. Attenti a denudare quel piccolo pezzetto di carta in una ricerca scrupolosa di ogni caratteristica, di ogni minimo difetto o di improvvise scoperte di una possibile varietà. La memoria si attivava e alla ricerca ed al controllo dell’ aspetto, delle caratteristiche, del tipo di stampa adottato, della carta usata, della gommatura, della presenza o meno di una certa filigrana, della correttezza della siepe della dentellatura ...

Tu potresti.
Al giovane potresti far notare che quel paese ha emesso quel francobollo perché .... e poi potresti fare a lui ripercorrere antiche strade, anche passate nozioni scolastiche quelle stesse che facilmente vengono dimenticate una volta finiti gli esami ... gli potresti illustrare ... ma soprattutto potresti destare in lui quell’ardita bestia che giace spesso supina in lui: LA CURIOSITA’ che è la signora madre di tutte le conoscenze.

Già ma è un altro mondo.

Oggi la sempre più inesorabile pubblicità d’ ogni genere sta creando serie di illusioni con alleate parole pregne di oscuro amaro sapore di verità.
C’ è anche chi ti dice che questo è bello e che tu devi crederci, ti dice che questo ti farà bene e che tu devi crederci ma soprattutto comprare. Poi, ad un certo momento ti dirà che sei stressato - mai facendoti notare che essi stessi ti avevano spinto a possedere quei sempre nuovi ed onerosi inutili desideri – ed ora facendoti digerire ora quali tue istanza primarie gli oggetti magici che qui ti vengono ora proposti. Prendi quindi questa pillola miracolosa e ....

Nessuno ti ricorda – o collezionista - del silenzio che ti stava attorno e che ti accompagnava quando eri al tavolino e ti mettevi a “giocare” con i tuoi francobolli. Durante questo tuo gioco con i francobolli il corso dei tuoi assilli aveva una pausa e neanche tu te ne accorgevi ma riuscivi a dormire sonni tranquilli.
Le rogne quotidiane scomparivano dalla tua mente. Una raccolta di francobolli fatta con attenzione non lascia scampo. Così tu l’ indomani riprendevi in mano quel problema che ieri tanto ti assillava e riesaminandolo al mattino a mente fresca ne trovavi facile e semplice soluzione.

Ma quanto vale quel mio francobollo? Qual’ è il vero concreto prezzo che ne potrò spuntare? Quanto vale veramente? Butta via questo assillo e goditi finalmente le tue serate. In fondo ricordati che vai al cinema e non ti passa per la testa di raccogliere i biglietti d’ ingresso per recuperare fra vent’ anni i soldi spesi. E se vuoi puoi dire che è un’altra cosa.

Non ho finito

Come si può propagandare il piacere di collezionare francobolli? Ma come succede che qualcuno diventa oggi collezionista lasciando perdere le molte nuove lusinghe?
Nell’ uomo, sin dal momento della nascita, per sopravvivere e quindi per poi potersi ben inserire nella società in cui vive ha bisogno assoluto di saper e voler copiare ciò che gli sta attorno. La capacità di scimmiottare diventa un imperativo esietnziale. Così succede purtroppo talvolta che un giovane prenda a modello una persona od uno schema di qualche inadattato ed allora succedono guai, purtroppo talvolta anche troppo gravi.
Insomma nel nostro umano costrutto esiste una istanza che ci spinge al copiare ciò che vediamo fare da altri. Una sorta di prezzo da pagare per la supposta ottimale esistenza.
La passione per il francobollo non è l’ amore per quel pezzetto di carta, ma è quel qualcosa che ci incita al gioco con il francobollo. In luogo del francobollo potrebbero stare collezioni di farfalle (poveracce ci andrebbero sempre più di mezzo), raccolte di diverse foglie d’ albero, o di minerali o di mille altre cose ancora. Il modesto spazio occupato dal francobollo ed il possibile facile acquisizione gli danno una mano in questa scelta. Lo stimolo primo e reale è il gioco attuabile tramite quell’ oggetto. La base del modesto costo di un comune francobollo ne permette l’ accumulo anche di una certa quantità che sarà poi selezionabile a seconda di futuri gusti personali. Le immagini che vi sono riprodotte lasciano correre la fantasia, la maga che non è murata dentro certi schemi che taluno ti vorrebbe far credere.
Però, visto che l’ uomo è animale (scusate se io lo credo) con certi interiori stimoli che poi noi chiamiamo istinti, è portato a copiare ciò che vorrà scegliere, per allargare la cerchia degli appassionati non sono di certo attive certe sentenze sputate da chi dice di sapere e da molti che dice che così si ha da fare. Basta francobolli usati. Basta francobolli nuovi con al retro la colpa della passata linguella. E, recentemente, basta con le stampe fuori centro. I cataloghi affermano, I cataloghi sono la base. E se domani .... tutto sarà da rifare.
Ora i filatelici dicono che c’ è poco da fare: il mondo continua ed ora i cambiamenti avvengono ben più velocemente del passato. I francobolli scompaiono per il loro stesso primitivo uso. Esistono nuovi stimoli per le nuove generazioni che vengono distratte (o attratte direi io). Impulsi comandabili a distanza. E subisci l’onda di ciò che gli hanno programmato addosso e te la fanno subire. Tu non sei nulla, il gioco comanda. Allora il gioco che puoi tu stesso comandare diventa cosa dal triste viso, bisogna vedere immediatamente il risultato. Su questa base ha sempre più successo di un gioco che ti costringe ad una lenta costruzione dell’ insieme come quella di una raccolta di francobolli. Ma, è importante, il gioco non ti condiziona, sei tu che comandi ed il gioco si deve adattare.

Ma in più

alla lunga, se ben indirizzata, sarebbe ben più piacevole per te quel gioco da te stesso costruito.
Ma è alla base, al giovane, a mio avviso, che si dovrebbero creare gli stimoli necessari.
Utopia – dite voi e forse avete ragione, ma ...
Gli stimoli al giovine diventano per lui una base di vita. L’ uomo e la donna, oggi, sempre più alla ricerca dell’ avere, del possedere le mille cose che prima o poi getteranno annoiati, delegano il più presto possibile ad altri l’ educazione dei propri figli. I figli devono apprendere, sono le scimmiette che devono imparare. La maestra annoiata trasmette subito quel sapor di noia, il maestro che si ritiene molto mal pagato e mal compreso trasmette l’ impazienza che si porta addosso. E le scimmiette ne percepiscono le ansie, e saranno quelle stesse ansie che si porteranno addentro nelle loro vite.
Il padre, ed ancor meglio se con la madre, dedicassero una sola oretta al giorno al gioco del francobollo con il figlio ...
Vedi questo signore diceva ...
Vedi questa è una mucca, dove la mettiamo? L’ hai mai vista una mucca? Sai, ci dà il latte, quello che tu bevi al mattino ....
I francobolli con le loro immaginette ti lasciano spaziare ed il gioco diventa gioco a costruire o non gioco a subire!

Certo chi è addetto alla scelta delle immaginette è sempre meno persona attenta a questa finalità, c’è il tal politico a ricordare ... la festa comandata a celebrare ....
Visto per di più l’ inutilità galoppante dell’ uso del francobollo, ormai quasi totalmente sostituito da macchinette timbratrici a comando e anche dalla strisciante squalifica sia del francobollo usato che da quello linguellato e ora anche da quello mal centrato.... Allora giù forza, non perdiamo tempo: mille nuove emissioni a gabbare quei tapini filatelici esistenti.
I quali gabbini (non se ne abbia a male l’ amico Gabbini, non sto parlando di lui) ancora non hanno compreso che il loro MA QUANTO VALE? è già al momento stesso del loro acquisto al vicino sportello postale è immancabilmente riducibile subito del 50%.
E non sventola alcuna bandiera contro questo inutile ma altrui voluto scempio.

E ancora

Ricordo ancora che il collezionista d’ oggi tende, facendo i suoi acquisti, a voler sempre meno pagare gli oggetti da lui desiderati. Aste al ribasso, dico io. É naturale che ognuno cerchi di badare anche ai propri interessi finanziari. Ma chiedermi poi quanto vale quel qualcosa che viene così svilito, mi pare volersi autoannegare e dare ad altri la propria colpa....
In più mi accorgo che – specie tra i collezionisti di storia postale - esiste la corsa a scegliere un proprio personale esclusivo settore d’ interesse. Evviva, dico io, vuoi battere nuove strade, percorrere più o meno inesplorati sentieri. Giusto, fai bene, ti divertirai.
Però non chiedermi, né oggi e tanto meno domani, quanto vale quel qualcosa che hai tu così svilito, visto che ne sei divenuto l’ unico interessato e tu sei il solo cliente ....indovina che succederà quando e se un giorno vorrai vendere questi oggetti della tua passione ....
Quel giorno forse penserai a me che ora ti sto incitando a far partecipi anche altri alla tua passione in quell’argomento. Sarebbe stato meglio per te avere avuto una nutrita scolaresca. Allora quel giorno che ti verrà il desiderio di vendere, allora sì troverai desiderosi appassionati ed allora sarà giusto che quel giorno tu mi venga a chieda qual’ è il loro valore.
Il collezionista d’ oggi, distratto da cataloghi con illusorie ipotetiche quotazioni, annoiato dalla speranza insinuatagli da nasuti accostamenti al concetto di “bene rifugio” ora non propaganda più la sua passione. Il bene rifugio è stata un’ illusione e lui non vuol passare per colui che è stato l’ illuso.

Così il grande propagandista del gioco si dimentica del piacere da lui provato nel tempo a fare quel gioco. Ora sa solo trasmettere l’ ansia dell’ errore e non sa più giocare il suo gioco.

Giorgio Landmans

 

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