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Come le poste italiane non favoriscono lo studio della storia postale e del collezionismo filatelico in generale

di Angelo MARINO

Capita ancora di imbattersi in lettori di riviste filateliche non a torto indignati per l’orrendo scempio tuttora compiuto dalle poste italiane apponendo, per mano di improvvidi addetti, delle famigerate bande ottiche d’individuazione sull’affrancatura delle lettere raccomandate dall’estero, da tempo immemorabile da più parti variamente lamentato, come anche dal sottoscritto nel maggio del 2001 con circostanziato articolo pubblicato in prima pagina dall’estinta “Cronaca Filatelica”.

Se dopo tanti anni, non ostante i vari reclami presentati al riguardo, puntualmente seguite dalle liquide assicurazioni di ovviare al grave inconveniente nel frattempo più volte fornite dalle competenti autorità postali, nulla in effetti è cambiato, non credo proprio sia il caso di insistere con ulteriori inutili rimostranze: conviene piuttosto smettere, come da tempo il sottoscritto, di dedicarsi allo studio della storia postale. Specie, poi, a fronte dei tanti altri e più gravi inconvenienti conseguenti all’evidente totale disfacimento dei tradizionali servizi postali d’istituto (trasporto corrispondenza e pacchi), ormai superati e travolti subito dopo che le Poste Italiane, trasformate in S.p.A, si sono quasi esclusivamente dedicate, come veri e propri istituti bancari, alla collocazione dei molteplici prodotti finanziari di proprietà, oltre a tanti altri di più generale minuto consumo, contestualmente procedendo alla sconsiderata chiusura di non pochi uffici postali proficuamente operanti in piccoli centri di periferia.

Resta semmai da biasimare che non solo alcuni dei più appassionati cultori, che tuttavia non si peritano di definire la filatelia ed il collezionismo un fatto secondario, si ostinano a difendere il riprovevole operato di Poste Italiane S.p.A., ma anche la stampa e le riviste specializzate nel settore, con i tanti “soloni” esperti in cose di posta, non siano ancora doverosamente insorte a denunciarne con forza il loro attuale stato di deplorevole degrado, nel proprio interesse e, soprattutto, nell’interesse delle centinaia di migliaia di persone che, ormai più che stufe, sciamano a frotte a disertare il campo del collezionismo, della ricerca e dello studio filatelico.

Sarebbe l’ora, quindi, di chiamare una buona volta in causa, con lo stesso ministro competente,l’amministratore delegato di Poste Italiane S.p.A, il quale sicuramente non disdegnerà come sempre il cospicuo introito derivanti dai prodotti filatelici (per abusare dell’orribile termine dalle stesse Poste), maggior cura ed attenzione presti al settore filatelico provvedendo finalmente ad adottare le idonee misure atte ad eliminare definitivamente, fra i tanti, almeno i seguenti gravi inconvenienti che l’affliggono:

- mancata obliterazione in tutto il territorio nazionale di quasi la metà delle corrispondenza in partenza da parte delle macchine operatrici in dotazione dei vari centri meccanizzazione postale (C.P.M.) con la conseguente possibilità di riutilizzo delle migliaia di francobolli non annullati, da cui l’ovvio notevole danno economico aziendale, oltre a quello irreparabile, squisitamente filatelico, che ne deriva per i cultori di storia postale;

- mancata apposizione del timbro d’arrivo su tutta la corrispondenza ordinaria, e molto spesso anche su raccomandate e assicurate, all’interno e dall’estero, per le quali detto timbro è pur sempre obbligatoriamente richiesto dai vigenti Regolamenti postali. Pur consapevoli che il timbro d’arrivo sulla corrispondenza ordinaria non è più obbligatorio per convenzione internazionale (U.P.U.), con apposita disposizione regolamentare tale timbratura, da apporsi con timbro ordinario (Guller) e non filatelico, potrebbe essere consentita a qualsiasi collezionista che ne faccia semplice richiesta. Così come, sempre con apposita norma regolamentare, lo stesso timbro potrebbe essere apposto, sempre a richiesta, anche su francobolli nuovi non necessariamente usati per posta: tanto ad agevolare lo scambio di francobolli usati con collezionisti esteri che, ultima moda non solo estera, prediligono francobolli annullati con bollo tondo e senza traccia delle “onde” che l’attuale timbratura meccanica delle poste italiane inesorabilmente (e quasi sempre esclusivamente) lascia proprio sulla vignetta del francobollo.
Non si può per ultimo non osservare che attualmente, in base ad una recente normativa postale concernente ben altra materia (servizio data certa), erroneamente applicata nella fattispecie dagli uffici postali , solo seguendo la relativa laboriosa procedura è possibile finalmente ottenere il semplice annullo ordinario del singolo di un qualsiasi francobollo in corso.

- mancata obliterazione con l’ordinario annullo postale degli interi postali che, contrariamente anche a specifiche norme di legge che impongono l’obbligo di annullo di qualsiasi valore bollato posto in uso, e segnatamente il regolamento postale, ne lascia sistematicamente , cioè sempre, intonsa la relativa impronta: proprio come se esistesse, al contrario, una vera e propria norma che ne stabilisse il divieto.

- irregolare recapito della corrispondenza da parte dei postini che, per quanto oggi dotati di idonei mezzi di locomozione, non solo non suonano più “due volte” (finiti i tempi nemmeno tanto remoti della la posta distribuita mattina e pomeriggio!), ma spesso e volentieri non compaiono neppure nei giorni comandati: e pensare che anche per loro è ultimamente scattata la settimana corta!


Infine, si rende anche indispensabile l’imposizione del divieto assoluto, accompagnato da apposito sistema sanzionatorio che preveda per gli inadempienti adeguate pene pecuniarie e disciplinari:

a) di continuare ad apporre timbrature deturpanti, a volte addirittura vandaliche, sulle affrancature della corrispondenza da più parti innumerevoli volte denunciate da anni;

b) di applicare sulle affrancature raccomandate provenienti dai paesi esteri le cosiddette “bande magnetiche” d’individuazione con analoghe spregevoli modalità;

c) di annullare, in ossequio ad una riscoperta norma regolamentare a quanto pare tuttora incredibilmente in vigore, con un osceno “sbaffo a penna”, a cura ovviamente di un più che solerte impiegato postale, i tanti francobolli sfuggiti all’infernale e sballatissima bollatrice automatica in dotazione ai summenzionati centri di meccanizzazione postale (C.P.M).


Organismi questi ultimi, per concludere, che solo una mente particolarmente distratta e non dotata della necessaria competenza in materia di collezionismo postale (filatelia), alla quale evidentemente non stanno neppure minimamente a cuore i succitati fondamentali postali servizi d’istituto (trasporto e consegna corrispondenza e pacchi), avrebbe potuto ideare all’unico scopo di decretare l’ingloriosa fine, oltre che del collezionismo filatelico in generale, di un’ antica tradizione divenuta vera e propria cultura nazionale: la storia postale.

Siena, 5 maggio 2014

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