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Gli intrecci di un erinnofilo

di Matteo CALESTINI

Gli erinnofili non nascono sugli alberi, né tra le ninfee degli stagni, né tanto meno dalle menti di qualche fanciulla delle favole come Cinderella, ma, facendo dispetto a qualche filatelista, hanno una genesi identica a quella dei francobolli, e spesso hanno alle spalle delle storie ancora più interessanti.

Abbiamo la possibilità di vedere, in questo specifico caso, e nonostante la mancanza di una letteratura filatelica adeguata sui chiudilettera, buona parte della “filiera” che ha dato vita a questo erinnofilo della Società Dante Alighieri e di assaporare tutti gli intrecci di luoghi, persone ed eventi, che gli sono legati.

L’erinnofilo, nella tiratura di serie, che, rispetto alla prova di archivio e al saggio, risulta generalmente meno nitida, venne emesso in 5 colori: verde, blu, rosso, marrone e seppia, era in fogli numerati di 25 esemplari, in ordine di 5x5.

 

La Società Dante Alighieri (primo intreccio):

La società nacque nel 1889, con lo scopo di "tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiana nel mondo, ravvivando i legami spirituali dei connazionali all'estero con la madre patria e alimentando tra gli stranieri l'amore e il culto per la civiltà italiana". Ad oggi è ancora esistente, ed è forse la più grande società di questo genere, con delegazioni in molti paesi. Rilascia anche certificati con valore legale riconosciuto, di conoscenza della lingua italiana (language proficiency).

La società in questione emise molti chiudilettera, dai primi del 1900 fino sicuramente ai tardi anni ’50 del XX secolo. Alcuni furono meramente pubblicitari, altri destinati alla raccolta fondi per opere o iniziative benefiche, come l’aiuto agli emigranti. Esistono inoltre diverse serie di francobolli italiani, Pro Società Dante Alighieri, come ad esempio la famosa serie di Posta aerea del 1932.

La raccolta fondi (secondo intreccio):

Nello specifico, la Società Dante Alighieri, venne autorizzata all’emissione di 250.000+250.000 obbligazioni al portatore, da L. 20 ciascuna, a carattere cinquantennale, per finanziare la Cassa Nazionale premi di Invalidità, e le Pensioni di vecchiaia (ora I.N.P.S.), e della Società stessa. Il titolo dava diritto a partecipare a estrazioni casuali, con vincita di un premio. Si trattava infatti di inusuali, per l’Italia, prestiti-premio, autorizzati con la legge 233 del 1902, emessi nel 1905 e scadenti nel 1954. All’estero sono conosciuti come Premium Bond o Lottery Bond. Nel 2015, venne portato sulla cronaca nazionale, la vicenda di una nonnina, che trovò in casa, l’originale proprio di una di queste obbligazioni presenti nell’erinnofilo, comprata 110 anni prima. Provò a portarla all’incasso, ma Bankitalia le rispose che erano prescritte da tempo. Del resto nel 1949, si era provveduto al rimborso anticipato delle quote, rispetto alla scadenza prefissata.

Una delle obbligazioni al portatore, emesse in due tranches nel 1905.

La tecnica di stampa (terzo intreccio):

Per la realizzazione di questo erinnofilo, stimato attorno al 1905/1906, (visto che appunto in quel periodo venne emessa la raccolta fondi citata), si volle usare il nuovo sistema per l’Italia, della calcografia.
Sarebbe meglio dire che la calcografia non era una novità assoluta per Italia, ma per la produzione di francobolli invece si, infatti l’Officina Carte Valori al tempo, non aveva i macchinari giusti.


Le tipografie (quarto intreccio):

La Società Dante Alighieri commissionò l’erinnofilo all’ “Officina Calcografica Italiana” (Ditta Calzone), forse sull’onda dell’uscita, di poco precedente, del francobollo raffigurante Vittorio Emanuele Terzo, realizzato da Francesco Paolo Michetti e inciso da Robert Savage.
L’Officina Calcografica Italiana, di proprietà della ditta Calzoni di Roma, usava macchinari Millingan importati dagli Stati Uniti, e affidò alla Bradbury Wilkinson & Co. (nel frattempo acquistata dalla American Bank Note Company, dalla quale a sua volta aveva appunto acquistato i macchinari) la creazione di questi erinnofili.
Questo passaggio, cioè che il lavoro per la realizzazione dell’erinnofilo fosse stato fatto in due luoghi diversi, si desume dal retro della “prova di archivio”, che riporta la dicitura, non molto chiara:

“BW archives imprimatur”, dove BW starebbe per Bradbury Wilkinson, e “imprimatur”, secondo tradizione filatelica inglese, starebbe per prova di archivio (record). Esiste in fine, un “saggio” su cartoncino, con la stessa tonalità di uno dei 5 colori poi scelti per la tiratura ufficiale. La B. W. & Co. di solito per i saggi, aveva la prassi di perforarli con la scritta “SPECIMEN”, ma in questo caso l’esemplare ne è privo. Potrebbe essere stato specificatamente destinato alla conservazione vicino alla prova di stampa. La prova ed il saggio, si seguito riprodotti, provengono dalle alienazioni delle rimanenze B.W. & Co., effettuate tramite aste filateliche, tra la fine degli anni ’80 e gli inizi ’90.

La prova di stampa su carta timbro posto al retro

Il saggio senza perforazione, con uno dei colori adottati,
su cartoncino

 

Gli artisti (quinto intreccio):

L’artista che creò il nostro soggetto è purtroppo sconosciuto, ma si suppone fosse italiano, per l’iconografia generale, e i caratteri tipografici tipici dell’epoca. Invece la prova con l‘ “imprimatur”, fino a tempi recenti, era conservato in Inghilterra, e questo fa invece supporre che l’incisore, ovvero quella persona che doveva creare il supporto per la stampa, fosse invece americano o inglese. Purtroppo, né sulla prova di stampa, né sulla prova a cartoncino, né tantomeno sulla serie poi diffusa, vi è traccia di cognomi o sigle riferibili agli autori (strano!). Unico potenziale indizio, utilizzato talvolta dai pittori per rivelarsi nelle proprie opere: una persona in primo piano, sulla destra, decentrata dalla scena, che guarda direttamente lo spettatore. Casualità o autoritratto dell’artista?

Gli erinnofili, per quanto generalmente meno considerati rispetto ai fratelli maggiori, cioè i francobolli, hanno però su questi un grande vantaggio: slegati dalla “seriosità” dei valori postali di stato, concedevano all’artista maggior mano libera, creando esempi di iconografia altamente simbolica e di grande impatto.

 


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