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il francobollo della Folgore del 2012

di Aldo BALDI (L'Occhio di Arechi n. 50 - ASFN)


Nel 2012 è stato emesso dalle Poste un francobollo da 1,40 euro (perché non da 0,60?) per ricordare i caduti della Folgore. Sopra vi è scritto Q33: Quota 33.
Quota 33 è un cucuzzolo indicato sulle carte militari inglesi con un nome arabo che significa "Colle dello sceicco Fadl padre di Sharshir", ma i tedeschi, di autorità, la chiamarono Hecker Hohe dal nome del maggiore tedesco che la occupò con una colonna mista di genieri e di marinai italiani del San Marco.
Gli italiani la chiamarono Quota 33, dalla nomenclatura altimetrica. Vi si intravedono ancora oggi rovine, forse della tomba del santo sceicco, e una cisterna romana che vi raccoglieva le acque piovane. L’altura distava a nord solo 1.200 metri dal Mediterraneo, mentre 60 km a sud si stagliavano i dossi delimitanti la depressione di El Qattara.
Su questa quota si era acquartierato il 52° raggruppamento di artiglieria da 152/73 al comando del maggiore Renzo Rastrelli ed essa fu attaccata dagli australiani che la conquistarono il 10 luglio 1942 nella prima battaglia di El Alamein. Si tentò di rioccuparla, anche con l'aiuto dei tedeschi, ma fu perduta per sempre dopo un'aspra battaglia.
Finita la guerra, il tenente colonnello Paolo Caccia Dominioni accettò nel 1949 di tornare dove aveva già combattuto nella seconda battaglia di El Alamein per riunire i nostri caduti dispersi nelle sabbie del deserto.
Sino allora 45 prigionieri italiani volontari avevano, su iniziativa degli inglesi, recuperati 5.000 caduti italiani e tedeschi creando un cimitero di guerra sotto la quota 33 di El Alamein su una spianata di 40.000 metri quadrati completata con drenaggi di acqua piovana, recinta con filo spinato: tre prigionieri morirono uccisi dalle mine. Questi uomini non vanno dimenticati perché avevano lavorato 29 mesi fino all'Agosto 1945 tumulando le salme, mettendo le croci e identificandole laddove era possibile.
Paolo Caccia Dominioni, conte di Sillavengo, nome col quale spesso era chiamato giunse al cimitero di quota 33 e scrisse una relazione nella quale dichiarava che occorreva salvare le tombe dalle acque e costruire sulla cima un’opera appropriata dove portare tutte le salme degli italiani sparse in 14 cimiteri diversi tra Suez e la frontiera libica, stabilendo anche una custodia del sacrario.
Alla data del 10 Febbraio Sillavengo fa un rapporto sulla sua attività:
1) costruzione di una serie di edifici di raccordo tra il cimitero e la litoranea, un piccolo museo, una base tedesca, "una corte di onore" realizzata ad arcate, in una delle quali è stato costruito un basamento di pietra a forma di carro armato italiano M13 sul quale applica la torretta del carro RE3700, che da solo si era lanciato contro il nemico e del quale aveva ritrovato la carcassa;
2) riordino del cimitero di quota 33 e suo ampliamento con due ossari provvisori, necessari dopo aver compiuto viaggi per 220.000 chilometri;
3) ricupero di salme italiane, tedesche, alleate, ignote, per un totale di 1.226, dai campi di battaglia e di 3.281 dai cimiteri secondari.
Nel 1954 vi fu una grossa novità: il cimitero di Quota 33 venne dismesso e sostituto da un grande sacrario la cui costruzione fu affidata allo stesso Caccia Dominioni che all’epoca svolgeva l’attività di ingegnere al Cairo.
Nel 1955 fu ultimato l'ampliamento della base di Quota 33 ed completato il cimitero degli ascari libici, con una piccola moschea.
Il progetto definitivo del sacrario prevedeva una torre esagonale di 30 metri sulla Quota 29 sviluppata orizzontalmente nei due sacrari est ed ovest e nella galleria degli ignoti. Sillavengo aveva realizzato il suo sogno di immortalare quella immensa tragedia e ricordare il sacrificio di tanti giovani immolatisi con eroica semplicità.
Voglio concludere queste nota con la preghiera composta da Sillavengo e incisa sulle pareti del Sacrario.
Per i caduti del deserto, del cielo, del mare Quota 33 di El Alamein:
Benedici, Signore, nel canto del Deserto e dell'Onda gli italiani riuniti sopra la Quota lontana. Essi conobbero prima del supremo mortale spasimo tormento insonne di attesa, sete, sozzura, fatica. Seppero vicende disperate di battaglie, e talora, indifesi al facile insulto straniero, squallore di libertà perduta. Poiché condotti non da vanità e bramosia di ventura, ma da obbedienza alla Patria, benedicili, Signore. Con tutti i caduti d'Africa e del mondo, fratelli, soldati di ogni bandiera, purificati nell'ultima fiammata.

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