gli articoli di filatelia

 

 

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Piccola storia della filatelia in Italia

di Giorgio LANDMANS

Con l’invenzione e l’applicazione su di una lettera del piccolo rettangolino rappresentante la tariffa trasporto corrispondenza viene segnalato il pagamento avvenuto in partenza dl quella lettera o di quel plico postale.
Prima dell’avvento di tale invenzione le corrispondenze erano normalmente pagate al ricevimento (ad esclusione naturalmente di quelle in franchigia e di quelle pagate alla partenza con l'applicazione di bolli particolari che attestavano il pagamento del "porto"). Avveniva così sovente che molti scritti fossero respinti e l’esecutore del servizio, con quel che segue...
L’invenzione fu di un inglese (Rowland Hill), e questo avvenne proprio perché i molti dei suoi sudditi che erano sparsi in vari lontani Paesi all’ideale conquista del mondo erano coloro che maggiormente erano in grado ed erano interessati allo scrivere ai propri parenti.
Non dico che la Corona traballasse per eventuali mancati pagamenti di tali porti, però il gran capo delle poste imperiali... si ispirò a un precedente pseudo-esperimento avvenuto in altro paese e... inventò il francobollo. Dapprima furono stampati francobolli in fogli privi di dentellatura, poi, gratta gratta nacque l’invenzione della dentellatura (sospetto che l’idea sia stata venuta a qualcuno dopo aver visto una massaia che faceva i tortelli).
Dopo qualche anno, non molti a dirla verità, sul quotidiano inglese dell’ epoca, apparvero annunci di ricerca ed acquisto di francobolli.
Nasce la curiosità e molti sempre più molti erano coloro che vollero accumulare questo novello bene. Così nasce la filatelia, con annessa la particolare nuova definizione con la quale si desiderava definire in una parola il piacere di raccogliere e sistemare, con un certo logico criterio, i valori acquisiti. Dei quali ancora non si possono definire l’esistenza. Così iniziano i primi studi, definiti poi in qualche pubblicazione.
Nei primi tempi la ricerca (e l’accettazione) è solo per francobolli usati... e per carità non valori allo stato di nuovi!
Poi i primi scambi e i primi commerci. Ma trovare un valore di quel certo Paese diventa sempre più difficile e anche quell’altro Paese ... così nasce chi mette mano al portafoglio.
Le prime valutazioni: nascono anche i primi scambi. E poi le prime vendite.
Tutto resta principalmente ancora nell’ambito dell’Impero inglese. Qualche sporadico personaggio è anche in altri Paesi: un tipo attento a quel che succede nel Paese dove sono nate le prime industrie, dove circolano i primi treni ...
La fame di denaro, e il denaro significa anche potere. Non ne è esente lo Stato. Così Stati e Staterelli dell’epoca organizzano reparti, speciali Ministeri, insomma inglobano i servizi postali. E naturalmente l’esempio inglese dell’uso di pagamento anticipato incita gli altri Stati a rendere pubblico e suo dipendente il servizio postale, che prima era per lo più in mani private, specie dei mercanti viaggiatori.
Nuovi francobolli in quasi tutto il mondo (e nuovi introiti nelle casse dello Stato).

Nel frattempo dall’Inghilterra partono richieste di privati di quei nuovi francobolli che altri Stati stanno emettendo scopiazzando la felice idea dalle poste inglesi. Tutti gli Stati si danno da fare, anche quelli dove gli stessi abitanti in gran numero neanche sanno scrivere. Alle lettere private si aggiungono anche le missive private e ufficiali dei dipendenti statali.
Si inventano così i francobolli di Servizio da usare dai dipendenti dello Stato che ottengono così franchigia del pagamento, sono approntati valori speciali per il recapito di giornali. Non mancano valori che segnalano le carenze di affrancatura, i segnatasse. Tante varietà di valori da applicare su particolarità di invio o di ricevimento.

I collezionisti inglesi furono perciò i naturali precursori di questa passione, Alcuni personaggi, quasi per una non scritta regola vigente, ne fanno sorgere un commercio, così che l’indiretta pubblicità che ne deriva fa sorgere nuovi interessati e dal sempre più numeroso gruppo di interessati nascono altri professionisti e cioè i commercianti.
La passione per il francobollo allo stato di usato, così come era d’uso in quei primi tempi, trova sempre maggiori difficoltà di reperimento di valori stranieri: così qualche attento (!) venditore scrive direttamente ad alcune Direzioni postali di alcuni Paesi con la richiesta di francobolli da questi emessi, dietro un certo e sicuro pagamento anticipato. Non v’è dubbio che questi ricevessero risposte positive. I francobolli richiesti e pagati saranno spediti, ma ... saranno allo stato di nuovi, cioè senza aver applicato alcun timbro postale. La moda del momento dice che si devono raccogliere solo francobolli usati. La filatelia, in quei tempi non ancora scritta con l’iniziale minuscola, continua ad aborrire i francobolli allo stato di nuovi. Solo i valori timbrati sono quelli che possono essere esposti alla curiosità popolare.
Così nascono timbrature ... postume, annulli senza la grazia di Dio. Chi non possiede pseudo-timbri postali ne resta emarginato. Pensa e ripensa. A questo mondo tutti gli uomini sono sempre attenti ai consigli di coloro che ritengono essere i possessori di tutte le verità. Allora si sparge l’idea di un nuovo criterio di raccolta e così nella collezione iniziano ad essere inseriti in bella vista anche i valori allo stato di nuovi. Con le nuove mode si spargono le novelle e nascono nuovi criteri. Raccogli principalmente francobolli usati, ma quando non ti sarà facile ottenerli, raccogli pure anche francobolli nuovi. Magari togli loro le colle che nel tempo diverranno micidiali.
Più avanti nel tempo si dirà che i valori nuovi, nella peggiore delle ipotesi, avranno come base il loro costo-base iniziale, il cosiddetto facciale (anche se, io dico: e chi lo garantisce?). Oggi, titolo di esempio e informativo, i valori in corso legale in Italia e solo se in una certa quantità sono acquistati solo se con il 40-50% di riduzione sul facciale ...
La filatelia, usualmente diventa passione di chi non ha larghi spazi nella sua abitazione, I quadri, le statue, i grandi mobili, i lussuosi tappeti, le antiche monete sono oggetto di raccolta dei più ricchi.
Poi adagio adagio anche qualche ricco si appassiona ai francobolli. Nascono i primi studi, le prime pubblicazioni.

Qui in Italia esisteva qualcuno che possedeva un negozio nel quale vendeva biciclette. Un giorno, uno strano fortunato giorno, il personaggio di cui ora sto parlando, vede passare un carretto trascinato da uno stanco cavallo. Il carrettiere e una domanda «Dove si trova il macero o la cartiera da queste parti? »
«Che cosa c’è su quel carretto?»
«L’archivio del Conte ... e ... »
«Basta là» risponde il nostro amico. Quanto vuoi? Te lo compro io...»
Si dice sia successo alla fine degli anni ‘800 o al principio del ‘900 al sig., Alberto Bolaffi senior.

In un altro angolo d’Italia una Banca. Proprio la Banca di Stato la cui direzione è affidata a persona abile e certa che sa curare gli affari del Governo locale di Modena.
Ma il Piemonte avanza e la famiglia Diena deve abbandonare il Ducato e si rifugia in Roma.
L’antico Presidente o Proprietario della ex Banca – ora io non so – aveva un nipote, che fu dichiarato il degenerato dalla famiglia. Raccoglieva francobolli, specie se ancora su lettera. E pagava. Raccoglieva e pagava e studiava e scriveva le sue note. Voleva forse conoscere la successione dei fatti reali che avvenivano nell’Italia ancora divisa in 10 diversi Stati. Poi le sue attenzioni si soffermarono sui valori applicati su quelle buste. Poi i perché dei costi differenziati a seconda delle distanze, i perché ... Più avanti, un giorno degli inizi del 1900, già Italia unita, la persona, si recò a Bologna, andò in Comune e prese accordi. Sto studiando, disse e chiese. Accordo concluso: 1.000 lire (io a suo tempo ebbi occasione di vedere quella ricevuta) Lei potrà restare un mese nell’archivio comunale e sarà libero di prendere ciò che deciderà. Il personaggio sceglie, paga e porta a Roma quello che ha accantonato. Poi il destino lo coglie e la famiglia butta tutta quella paccottiglia raccolta in soffitta. Non si buttava via nulla in quell’epoca.

Nella nuova casa padronale di Roma è un figlio di un altro figlio del capostipite, che per sua natura è un curioso, e i curiosi diventano gli studiosi. Costui, ancora ragazzo Emilio sale sempre più spesso in quel solaio, riprende in mano gli abbozzi di studio lasciati dallo zio e scrive e studia e cerca e scrive, riempie alcuni famosi quadernetti, che nella mia mente immaginavo essere più di mille. Questi quadernetti diventeranno la base incontrovertibile dei giudizi che lui, Emilio Diena e i suoi discendenti emetteranno con gran successo internazionale.
La dinastia dei Diena è troppo nota in campo filatelico perché io ne parli. Certo si è che i Diena diventarono elementi essenziali per lo sviluppo della Filatelia in Italia.

Aggiungere che vissero in Italia in quell’epoca anche altri notevoli personaggi, privati o commercianti, che, con varie e diverse pubblicazioni, diedero anch’essi notevole lustro all’Italia in questa loro passione. Da quei tempi divenne imposta così, quasi automaticamente, quella “F” iniziale maiuscola al termine di Filatelia.

In Italia si sviluppò il relativo commercio, con i soliti alto-basso nel popolare interesse all’argomento. Diventa quasi automatico che il commercio relativo abbia certi sviluppi. C’è chi raccoglie francobolli allo stato di nuovi e c’è chi preferisce raccogliere valori allo stato di usati e chi studia gli annullamenti apposti sui francobolli. La tendenza alla scelta di valori in quei giorni in Italia è tendenzialmente dapprima sui francobolli annullati e poi seguire la moda inglese quella cioè di collezionare francobolli nuovi. Forse perché ne era commercialmente più facile il reperimento o forse perché nella mente incominciava ad albeggiare l’idea che il valore di costo iniziale: il facciale, fosse una valida base per il valore di un prezzo futuro interessante. Un francobollo annullato dovrebbe essere facile da ritrovare nel tempo, mentre un francobollo allo stato di nuovo ne garantirà almeno il concreto valore del costo iniziale. ‘E fu questo forse il silenzioso pensiero del nuovo collezionista. Inoltre i valori usati, se poco serviti al loro uso, potranno creare molteplici dubbi sull’autenticità degli annulli apposti. Specie se marcati su valori il cui alto facciale ne limita notevolmente l’occasione di corretto uso. Gli esperti e poi I periti del settore si daranno molto da fare in merito con alterne personali fortune. Per parare eventuali interpretazioni errate nasce la formuletta usata regolarmente dai periti (a mio parere ...). Si dice che è formuletta para colpi giudiziari (se mi sono sbagliato l’ho fatto in buona fede e forse ci sarebbe da dire qualcosa).

Sostanzialmente però l’Italia di quei giorni è un Paese in cui certe spese gravano sulla famiglia comune, comunque le emissioni si susseguono. Dagli anni ’30 vengono emesse serie che sovente contengono anche alti valori con sovrapprezzi per beneficenza (per chi???) che non servono a coprire i costi anche relativi a pesanti affrancature.
La verità è che negli Stati Uniti qualcuno paga la base delle emissioni italiane. Gli emigranti comprano e raccolgono i francobolli che ricordano loro il paese da cui provengono. E per di più, se pur dopo abbastanza breve periodo, le serie vengono poi anche dichiarate fuori corso.
Le Poste italiane, allora, avevano già in atto uno speciale sportello detto “Il Filatelico” in cui vi venivano cedute (vendute per chi non capisce) anche le giacenze di passate emissioni. Insomma esisteva una sorta di calmiere ufficiale. Se eri un privato potevi richiedere una serie + una quartina al mese al prezzo indicato sullo speciale libretto azzurro. Però, se eri un commerciante ed eri regolarmente iscritto, potevi ottenere sino a 50 valori o serie per tipo al mese (naturalmente fino ad esaurimento scorte). Le evasioni avvenivano senza un minimo di controllo della qualità per cui si potevano ricevere anche valori s-dentellati, semi-spezzati, semi-incollati e così via. Altro che buona centratura!
Non era possibile recriminare, restituire o ottenerne lo scambio. Mi scappa una frase “all’italiana insomma”... però mi accorgo che non sta bene dire così.
Nemmeno potevi chiedere gli stessi valori allo stato di usati.



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