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		 Dieci relatori di 
        differente estrazione hanno sottoposto dieci temi legati fra loro da un 
        solo filo conduttore: “Posta e tecnologia”. Si è svolto sabato 
        all’Archivio di stato di Prato il quarto colloquio firmato 
        dall’Istituto. Intanto, già si lavora sulle prossime iniziative... 
         
         
        Prato (26 febbraio 2007) – Tanti argomenti densi, ognuno 
        “toccato” in appena quindici minuti. Dieci, tra studiosi ed 
        appassionati, gli esperti che si sono alternati al tavolo dei relatori 
        sabato 24 febbraio per il quarto Colloquio di storia postale, voluto 
        dall’Istituto di studi storici postali. Patrocinato da Comune e 
        Provincia, è stato ospitato all’Archivio di stato cittadino e si è 
        concentrato su “Posta e tecnologia”. 
        “Un incontro che ha permesso -spiega a bocce ferme il direttore dell’Issp,
        Andrea Giuntini- di avvicinare due mondi, quello scientifico e 
        quello collezionistico. Mondi che spesso procedono in parallelo, con 
        strumenti, fonti e metodologie diverse. Hanno però in comune 
        l’argomento: la posta e come si è sviluppata nel tempo. Questa volta 
        abbiamo voluto porre l’accento sugli aspetti tecnologici tra Ottocento e 
        Novecento”. 
        Archiviato l’incontro, l’Istituto –attivo ormai da un quarto di secolo- 
        guarda avanti. A marzo sarà a Parigi per i dieci anni del Comité de l’histoire 
        de la poste. Nello stesso mese verrà illustrato a Roma il progetto 
        portato avanti con l’Anas e dedicato alle strade della posta. Altre 
        iniziative si presentano per giugno a San Marino (la Repubblica 
        celebrerà i quattro secoli del postiglione) e poi in ottobre a Prato con 
        il quinto seminario “Scrittura e comunicazione”. Senza naturalmente 
        dimenticare le attività ordinarie, come la rivista ed il costante 
        sviluppo del patrimonio librario a disposizione pubblica. “L’Istituto 
        –ha detto l’assessore alla cultura del Comune di Prato, Andrea 
        Mazzoni- è una delle strutture che corroborano l’attività culturale 
        di Prato, ne tiene alto il nome in questo settore specifico, offrendo 
        centinaia di migliaia di documenti, 12mila libri, 1.200 testate 
        periodiche, un sito oggi più accattivante, attività editoriale, mostre. 
        Insomma, ha un’attività vivace”. 
         
         
        Le relazioni in sintesi 
        Ad avviare gli interventi, organizzati in ordine cronologico secondo il 
        tema, è stato Armando Serra, che si è concentrato su “Il 
        progresso delle sospensioni delle carrozze di posta negli inventari 
        ippopostali della prima metà dell'Ottocento”. La ricerca d’archivio è 
        fondata sui registri romagnoli risalenti alla prima metà del XIX secolo, 
        riguardanti il passaggio della proprietà da un operatore all’altro. 
        Statisticamente, il 67% del patrimonio è rappresentato dai cavalli, il 
        21% dalle vetture ed il restante 17% da altri beni, come finimenti ed 
        attrezzi. 
        Secondo Marcello Manelli, che ha parlato de “La sicurezza 
        antifalsificazione nei francobolli italiani”, il francobollo è un 
        condensato di tecnica ed estetica e l’interesse per le tecniche 
        antifrode si è rivelato ampio, fin dall’inizio. “A fine Ottocento –ha 
        precisato- i nostri tecnici furono tanti bravi da annullare ogni 
        falsificazione”. Accanto alla filigrana, vi sono altri accorgimenti, 
        come la carta costolata (in uso nel Lombardo Veneto fin dal 1850) o i 
        fili di seta (nel Regno Unito dal 1867). Oggi la preoccupazione non è 
        più così evidente, anche se i casi di falsi non mancano.  
        Dalla posta alle telecomunicazioni con Simone Fari, che ha 
        preferito il tema “La standardizzazione tecnologica della telegrafia 
        dopo l'Unità d'Italia”. Con il 1889 telegrafi e poste, in tutta Europa, 
        sono andati di pari passo, ma occorreva trovare degli standard comuni. 
        Tipico è il caso dell’Italia, che nel 1861 si è trovata a riunificare 
        sette stati e otto reti telegrafiche. La selezione ha fatto in modo di 
        prediligere economicità e praticità di impiego, per cui a primeggiare, 
        rispetto ad altri sistemi, è stato il telegrafo di tipo Morse, con testo 
        scritto e congegni molto semplici da riparare. Scelta restata operativa 
        ufficialmente fino al 1993. 
        Nato per far avere i soldi ai soldati napoleonici schierati in tutta 
        Europa, il vaglia è stato poi adattato anche agli usi civili. Valter 
        Astolfi, nel suo intervento “L’introduzione del vaglia telegrafico 
        in Italia”, ha spiegato le procedure affinché il denaro fosse trasmesso, 
        con tutte le cautele, al beneficiario. Il vaglia telegrafico è stato 
        adottato dalla Svizzera nel 1864, l’anno successivo dall’Italia. Un 
        accenno, per il suo interesse sociale, è stato dato al capitolo dei 
        vaglia consolari, ideati per favorire le rimesse degli emigrati. 
        “Noi collezionisti –ha detto Mario Pozzati, intervenendo per «La 
        tecnologia negli uffici e nelle bollatrici»- ci concentriamo sull’orma, 
        ad esempio sul timbro. Ma spesso perdiamo di vista quanto c’è dietro, 
        nel caso specifico le operazioni di timbratura”. Tenendo presente che il 
        vero terrore delle poste, una volta, era l’impiego del francobollo già 
        usato. Partito dai primi progetti ottocenteschi di macchina timbratrice, 
        l’esperto ha effettuato una carrellata dell’esperienza, soprattutto 
        nazionale, in materia. 
        Mario Coglitore è un ricercatore, che sta studiando i fascicoli 
        del personale impegnato alle poste fino al 1950. Fascicoli definiti “una 
        miniera di informazioni”, dai quali trapelano vicende interessanti. Ad 
        esempio quella che ha motivato l’intervento “Impiegato e inventore: la 
        bollatrice di Michele Bertorello. Storia di una passione”. Bertorello, 
        classe 1875, ha lavorato in uffici a grande movimento ed è per questo 
        che è stato stimolato nel cercare di risolvere i problemi quotidiani. 
        Nel 1910 progetta una macchina a mano, o a motore, per timbrare 300 
        plichi all’ora, ma anche quando va in pensione (nel 1946) chiede, 
        invano, di ritornare in ufficio. Ancora a 72 anni suggerisce una 
        macchina per chiudere i dispacci. 
        Enrico Bertazzoli si è soffermato su un altro ambito, 
        sintetizzato con “Lo sviluppo dell’affrancatura meccanica”. Brevettata 
        dall’italiano Detalmo Savorgnan di Brazzà nel 1896, solo vent’anni dopo 
        si è realmente diffusa. In Italia è stata introdotta nel 1927 e già 
        l’anno successivo si contano 150 utenti, principalmente banche, 
        assicurazioni ed enti. Nonostante il periodo relativamente breve, la 
        produzione nazionale “è tra le più complesse al mondo”, con molto 
        operatori e molti modelli. Oggi si stimano in 60-70mila le macchine 
        esistenti, realizzate da quattro aziende. Nel 2004 si è registrato un 
        ulteriore passo, con il collegamento speruimentale in remoto. 
        “Gli uffici postali particolari” è il titolo della testimonianza portata 
        da Alcide Sortino. Ha parlato dei servizi sui treni, cioè degli 
        ambulanti, poi di quelli sulle navi, i natanti (in Italia l’esempio più 
        significativo è il Napoli-Palermo, che smistava a bordo il corriere). 
        Altre le vicende che hanno caratterizzato i recapiti -di iniziativa 
        privata- presso magazzini commerciali, enti, ministeri, grandi e medie 
        aziende. “Vanno e vengono”, a seconda della politica del personale 
        seguita al ministero. 
        Tre, secondo Giorgio Chianetta, che ha proposto “La 
        meccanizzazione dagli anni Cinquanta”, le fasi caratterizzanti lo 
        smistamento della corrispondenza: la prima è grossolana (ora si basa 
        sulle cifre iniziali del codice di avviamento), la secondo più raffinata 
        (si considera la via), la terza è la finale, quella meno meccanizzabile, 
        svolta dal portalettere. Di progetti per la suddivisione del corriere si 
        parla sin dal 1840 e Chianetta ha sintetizzato gli sforzi effettuati 
        presso i Paesi più significativi. Solo in Italia nel 2004 sono stati 
        trattati sette miliardi di oggetti: la tecnologia “deve aiutare e far 
        risparmiare i costi”, incidendo dunque sul numero dei posti di lavoro. 
        Occorre andare oltre le carte valori tradizionali, di fatto superate dai 
        tempi. Giovanni Riggi di Numana, con “I recenti sistemi che 
        sostituiscono il francobollo”, ha puntato il dito sulle varie procedure 
        che negli ultimi anni hanno stravolto l’ambiente. L’elettronica, almeno 
        in Italia, ha cominciato ad essere impiegata tra 1994 e 1995; nello 
        stesso tempo il ministero è stato ristrutturato, portando a Poste 
        italiane spa. È un percorso ancora in fase di sviluppo, tutto da 
        studiare: vi sono aziende che intervengono e che poi escono dal mercato, 
        procedimenti tecnici introdotti in via sperimentale e poi cancellati, 
        altri che invece funzionano e restano. Contemporaneamente, occorre fare 
        i conti con le norme e il marketing. 
  
		
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        stampa e comunicazione:  
        Fabio Bonacina, mail 
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