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1866. La liberazione di Mantova dagli Austriaci e la visita di Vittorio Emanuele in città.

di Lorenzo Carra

Nel 1866 la Terza Guerra per l'Indipendenza Italiana, malgrado il suo esito militarmente sfavorevole (battaglie di Custoza e Lissa), portò alla liberazione del Veneto, del Friuli e di Mantova.
Nel mese di luglio 1866, dopo la sconfitta subita dai Prussiani a Sadowa, gli Austriaci si ritirarono per difendere Vienna, la capitale dell'Impero, e ('Esercito Italiano poté cosi occupare quasi tutto il Veneto. Solo Palma, Venezia e le fortezze del "Quadrilatero" (Verona, Legnago, Peschiera e Mantova) rimasero austriache e dovettero aspettare che fosse firmato il trattato di Pace di Vienna, nel mese di ottobre 1866, per diventare italiane.


Da Mantova 5 ottobre 1866 per "Roveredo" nel Trentino, una busta affrancata
con un 2 soldi "aquiletta", dentellatura stretta, del Lombardo Veneto. Ultimo giorni d'uso dei francobolli austriaci.
Il sottile foglietto ripiegato (come si può notare in trasparenza) è il listino da prezzi dei cereali della piazza di Mantova del giorno precedente


MANTOVA

II 19 giugno 1866, con la dichiarazione di guerra ormai nell'aria (sarà consegnata il giorno successivo proprio in sue mani), il tenente maresciallo Sztankovics, comandante la Fortezza di Mantova, ordinò la chiusura notturna delle porte della città con gravi restrizioni al transito di uomini e merci.
In seguito le disposizioni vennero meglio determinate, come si può rilevare da un manifesto del 22 giugno, dove vi sono curiose precisazioni per gli abitanti di Cittadella, delle cascine e del campo trincerato, per le lavandaie e le vivandiere! Venne poi fissato al 24 giugno il termine ultimo per i civili per abbandonare la fortezza e diffidato il "Torreggiano Comunale" a "non più sonare le campane, ma soltanto di battere le ore e di dare eventualmente i soliti segnali di un caso d'incendio".
Questo clima di stato d'assedio (l'Esercito Italiano, anche se non minacciò mai direttamente la città, era tutto schierato ai confini occidentali della provincia ed aveva già occupato i territori dell'Oltre Po) continuò, tra alterne vicende, anche nei mesi seguenti.
Curioso l'avviso apparso il 9 settembre a Mantova dopo che si erano diffuse le notizie della promessa cessione del Veneto dall'Austria alla Francia (24 agosto) e dell'inizio a Venezia (31 agosto) degli incontri tra i commissari austriaci e francesi per stabilire le modalità del passaggio. Ben conoscendo la vis comica dei miei concittadini Mantovani posso immaginare che gli "oggetti allusivi agli avvenimenti politici in aspettativa" a cui si fa riferimento nell'ordinanza non fossero soltanto bandiere, gagliardetti o coccarde tricolori!

IL TRATTATO DI PACE

La firma del trattato di pace, avvenuta a Vienna il 3 ottobre 1866, venne comunicata al Barone Sztanikovics dal suo Comando Superiore d'Armata ed alla Rappresentanza Municipale direttamente dal Presidente dei Consiglio dei Ministri italiano Bettino Ricasoli.
La notizia tanto attesa suscitò immenso entusiasmo nella popolazione, ma da Firenze, allora capitale del Regno d'Italia, si cercò di raffreddare gli animi più accesi con un telegramma che, giustamente, invitava ad evitare disordini.
Il 9 ottobre 1866 i poteri vennero provvisoriamente assunti dalla Congregazione Municipale. che li mantenne fino al 21 ottobre quando giunse in città il Commissario Enrico Guicciardi, nominato il 13 ottobre col Regio Decreto numero 3280.
Uno dei primi atti della Congregazione Municipale fu la costituzione di una "Milizia cittadina armata" con "il compito di vegliare sulla sicurezza" e... "salvaguardia nella nuova era di libertà".
Frattanto, già il 7 ottobre, erano arrivate a Mantova le prime truppe italiane.
Rimase però ancora in città la nutrita guarnigione austriaca del Barone Sztankovics, che partì solo il 10 ottobre, dopo il passaggio ufficiale delle consegne tra il locale Commissario austriaco ed uno francese.
Neanche allora però tutte le truppe austriache lasciarono la città: tanti erano i materiali militari di ogni tipo depositati nella fortezza che una commissione militare dovette rimanere a Mantova fino alla fine del 1866 per determinarne l'equo valore di cessione all’esercito Italiano.

 

L'INGRESSO DELL'ESERCITO ITALIANO A MANTOVA

L'ingresso ufficiale delle truppe italiane, al comando del Luogotenente Generale Paolo Franzini, avvenne il giorno 11 nel pomeriggio:

“Il Municipio di Mantova oggi va incontro fino in Cittadella alle Regie Truppe Italiane, che circa alle ore quattro e mezzo faranno il loro ingresso...”

Il giorno 12 il generale Franzini scrisse al Podestà della Città di Mantova su carta intestata:

“6° Corpo d’Armata
Comando della 20° Divisione attiva
Oggetto. – Posti di Guardia e arrivo truppa
... affinchè codesto Municipio possa provvedere all’alloggiamento della truppa che domani dovrà arrivare mi pregio prevenire che la S. V. Ill.ma che essa ascenderà a 6.000 uomini con circa 500 cavalli”


Se si tien conto che nel 1866 Mantova contava solo 30.150 abitanti, si può ben immaginare l’impatto dell’Arrivo di altri 6.000 soldati; ma le capaci caserme mantovane erano purtroppo abituate anche a peggio e non ebbero alcuna difficoltà ad accogliere le tanto agognate truppe italiane.
 

IL PLEBISCITO

Come detto, il Commissario Guicciardi arrivò a Mantova soltanto il 21 ottobre, a Plebiscito già iniziato, senza poter svolgere pertanto nessuna azione di propaganda per il suo buon esito.
Naturalmente i risultati furono ugualmente ottimi come attesta anche il telegramma che di seguito riporto:

“Presentato alla Stazione originaria di Mantova il 25/10 alle ore 16.10 Plebiscito distretto Ostiglia votanti 2.810 tutti pel SI

Da Mantova 16 ottobre 1866 a Moglia di Gonzaga una busta affrancata con un francobollo
da 20 su 15 centesimi con l'effigie di Vittorio Emanuele II°; primo giorno d'uso dei francobolli
italiani a Mantova.


Risultato complessivo votazione Plebiscito in Mantova e due distretti: sopra popolazione 82.321 abitanti: votanti 19.507, pel SI 19.494 nulli 13.
Oltre due mila donne nella città vollero portare loro voto, schede raccolte in urna separata.
Festeggiato plebiscito anche nei paesi con luminarie e bande, generale esultanza cui prese viva parte Clero.
Il Comm.o del Re Guicciardi"

 
Da notare la mancanza di NO, l'alta percentuale dei votanti (allora pochi erano gli ammessi al voto), il "voto" delle donne, l'accenno alla partecipazione del Clero.
Il Commissario Guicciardi, diversamente dai suoi colleghi, si rivelò commissario piuttosto "evanescente". Parlamentare, fece scarsa attività politica ed amministrativa e, dopo pochi giorni, ai primi di novembre, se ne andò e non fece più ritorno a Mantova. Il suo ufficio venne svolto dal consigliere Borroni, che continuò con zelo e dedizione a prestare la sua opera fino al gennaio 1867, anche dopo l'arrivo, in dicembre, del Prefetto.



 
VITTORIO EMANUELE II A MANTOVA

 
Altro avvenimento che movimentò in quel periodo la vita, non solo politica, Mantovana, fu la visita nella città da poco liberata del Re d'Italia Vittorio Emanuele. Per l'occasione si fecero preparativi grandiosi e si organizzarono adeguati festeggiamenti. Ed appunto per poter fare una festa anche allora serviva l'autorizzazione ed i promotori dovettero farne richiesta all'Autorità di Pubblica Sicurezza in carta da bollo.
La domanda per le feste in occasione della visita a Mantova del Re d'Italia fu presentata in data 20 ottobre 1866. Sul foglio fu applicata una marca austriaca da 15 kreuzer rosa ed una marca italiana da 0,07 fiorini azzurra creando una interessante mista fiscale Austria-Italia, che riflette tutta l'incertezza e la provvisorietà di quel periodo di transizione. Conosco anche un bel manifestino verde stampato a Mantova per propagandare "Due feste di ballo", di cui parte del ricavato si "destinerebbe a benefìcio dei prodi e necessitosi volontari garibaldini”.
Da esso si può intuire quale potesse essere la situazione sociale ed economica di allora e comprenderne anche certi risvolti politici e mondani.
L'esame dei documenti originali consente spesso di avere un contatto diretto e veritiero con la realtà del periodo alzando anche certi veli ed attraversando nebbie spesso volutamente calate. La nostra ricerca ed il nostro raziocinio non devono però indurci a semplici nostalgie od inutili rimpianti per certi tempi andati, ma ci possono anche insegnare ad accogliere ed analizzare con spirito più attento e critico le notizie che oggi. con mezzi molto più potenti di una lettera o di uno scritto, tanti "media" spesso cercano di inculcarci non sempre disinteressatamente.


Bibliografìa:

Lorenzo Carra. "1866 - La Liberazione del Veneto". Edizioni Vaccari srl, Vignola;
Vaccari: "Catalogo di francobolli e Stona Postale". Vaccari srl, Vignola.




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