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Le bollatrici dal 2° dopoguerra ai giorni nostri

di Alcide SORTINO

La situazione del parco bollatrici nei primi anni del secondo dopoguerra è sostanzialmente immutata rispetto alla prima metà degli anni trenta, quando fu completata la fornitura agli uffici movimento di gran parte dei capoluoghi, nonché ad alcune importanti località turistiche, di macchine I.P.S. (International Postal Supply) modello Flier.

Queste bollatrici di costruzione americana furono introdotte a partire dagli anni dieci dei novecento ed inizialmente (una decina) usate solo nelle grandi città. Fino all'avvento delle BNG nei primi anni settanta, erano le bollatrici per antonomasia, specie negli uffici con forte traffico. Si trattava di macchine a piantana che a partire dagli anni cinquanta furono costruite su licenza dalla O.M.T. (Officine Meccaniche di Taranto). Da allora la loro fornitura continuò per quasi un ventennio, sia per dotarne gli uffici importanti, specie di località turistiche (allora oberati dalle cartoline), sprovvisti di bollatrice, sia per rinforzare la dotazione dei grandi uffici, nonché per surrogare le bollatrici da tavolo, quando le esigenze della lavorazione della corrispondenza, richiedevano una macchina a piantana, che offre il vantaggio di poter essere utilizzata da più operatori che si alternano.

Riccione, ad esempio, era una delle importanti località turistiche che già negli anni trenta avevano avuto in dotazione una Flier. Le due cartoline mostrano la continuità dell'uso della bollatrice, prima e dopo la guerra. Nell'impronta del 1950, al posto del blocchetto con le linee ondulate è inserita una targhetta pubblicitaria.



Una piccola parte delle Flier montava un blocchetto a linee rettilinee, forse realizzate da qualche incisore locale non attrezzato ad incidere linee curve su una superficie (quella della targhetta) a sua volta curva. Questi blocchetti sono poi scomparsi con i primi anni cinquanta, si presume per la maggior usura provocata ai feltri inchiostranti rotanti, che venivano consumati solo in corrispondenza delle linee diritte.



Furono distribuite in tutto oltre 300 macchine che, essendo quasi indistruttibili, funzionarono per molti decenni, cambiando svariate corone e bandiere, e furono spesso trasferite tra vari uffici. Agli inizi degli anni cinquanta, ci fu in quasi tutte le Flier l'inversione di posizione del blocco datario, che da sinistra passò a destra, in modo che le targhette pubblicitarie (allora appaltate a una ditta privata) non cadessero sull'affrancatura e risultassero così perfettamente leggibili.



Anteguerra, oltre alle Flier, erano in servizio anche delle bollatrici con impronta "senza fine", quasi sicuramente prodotte dalla norvegese Krag. Si trattava di poco più di una decina di macchine in funzione in genere presso uffici ferrovia, ma qualcuna anche in località turistiche. L'unica di cui è noto l'uso nel dopoguerra è quella di Udine, le cui impronte erano però illeggibili, data l'usura del blocco timbrante. Probabilmente radiate per la difficoltà di reperire i pezzi di ricambio.

A metà degli anni cinquanta, lo sviluppo delle attività economiche e i nuovi stili di vita portarono ad un aumento del traffico postale ed in particolare gli uffici delle località turistiche risultarono oberati da incredibili quantità di cartoline illustrate. Sorse quindi la necessità di estendere la bollatura meccanica: per gli uffici con maggior traffico vennero scelte macchine elettriche, mentre per gli altri si optò per il funzionamento manuale. Fabbricate sempre dalla OMT di Taranto, entrarono quindi gradatamente in servizio i modelli OMT/E e OMT/S, macchine da tavolo elettriche, simili nella concezione alle Flier, ma di potenzialità ridotta e conseguente minor costo. Il modello manuale fu la OMT/M, anch'essa da tavolo, ma azionata mediante manovella. Le impronte di queste bollatrici erano identiche a quelle delle Flier, dato che montavano blocchetti e corone di uguali dimensioni. Inizialmente il modello "M" si distingueva per le 5 linee ondulate, anziché le tradizionali 7, ma poi, data l'intercambiabilità, i due blocchetti furono usati indifferentemente, venendo così a mancare un sicuro criterio di distinzione tra i vari modelli.



Va però ricordato che gli autoambulanti postali in servizio per l'Anno Santo o al seguito di manifestazioni sportive (Giro d'Italia, ecc.) erano dotati di bollatrici le cui impronte erano del tipo OMT/Flier. Quasi sicuramente si trattava di prototipi delle future OMT da tavolo prima descritte.

Su tutte le Flier e OMT che erano in attività nel 1968, fu montata, a partire dal 1 ° agosto, la nuova corona normalizzata, con il numero di cap ed il corno postale.

località con codificazione zonale
(senza indicazione cap)
località con numero di cap unico

Con gli anni ottanta le Flier e le OMT/Flier, anche se apprezzate dagli operatori, furono progressivamente ritirate, perché non rispettavano le norme antinfortunistiche a causa delle parti in movimento scoperte.

Tornando alla metà degli anni cinquanta, presumibilmente per cercare macchine con resa maggiore delle Flier, fu sperimentata una bollatrice Klüssendorf, di fabbricazione tedesca. Era del tipo con impronta senza fine, e fu in servizio brevemente a Roma e a lungo a Milano Ferrovia, con grande soddisfazione degli operatori, che la utilizzavano ancora all'inizio degli anni ottanta. Su questa bollatrice furono montate anche delle targhette pubblicitarie e fu il primo caso di targhette predisposte in più versioni, ovvero con misure differenti a seconda delle macchine che la utilizzavano, in questo caso Flier e Klüssendorf.





Sempre in quel periodo l'amministrazione postale, forse per sottrarsi al monopolio di fatto della OMT, si rivolse anche a una ditta francese, la SECAP, sperimentando una decina di bollatrici elettriche di media potenzialità, in previsione di sostituire quelle a funzionamento manuale, almeno negli uffici più trafficati.
La sperimentazione sfociò nei primi anni sessanta in una fornitura, tutto sommato ridotta, e le nuove bollatrici, di vari modelli, furono distribuite soprattutto ad uffici di località turistiche.
Le SECAP segnarono una novità nell'aspetto grafico dell'impronta, caratterizzata dalla accentuata ondulazione delle linee, dalla corona ad un cerchio, con asterischi a otto punte e la "H" per indicare l'ora. Come nitidezza delle timbrature non ebbero uguali.

SECAP HE: costituiva il grosso della fornitura (circa 115 esemplari) era una bollatrice da tavolo di media potenzialità. Poteva posizionare il güller da entrambi i lati, ma la maggior parte l'avevano a destra.



SECAP HM: simile alla precedente ma di maggior potenzialità ne furono ordinati pochi esemplari destinati a grossi uffici di movimento, come i "ferrovia" di Venezia e Bari. L'impronta è identica a quella della HE, salvo la maggior distanza tra corona e blocchetto delle ondulate.

SECAP GL (Grosses Iettres): era una bollatrice con impronta senza fine destinata alle corrispondenze voluminose, fino a 30 mm di spessore, dove le grandi buste venivano guidate dall'operatore in modo che la timbratura cadesse sull'affrancatura. Destinate ai grandi uffici di movimento, hanno avuto alterna fortuna: a Torino, Firenze e Roma sono state usate fino agli anni novanta, mentre le tre macchine di Milano non sono mai uscite dall'imballo originale e dopo anni destinate ad altri uffici.

SECAP DD: era una piccola macchina (con impronta analoga alla HE) per usi particolari o filatelici, in cui le lettere andavano inserite una per volta. Ne furono ordinate poche unità e usate soprattutto a Roma. Una fu in funzione all'Ufficio speciale Italia 76 di Milano.

Pressoché contemporaneamente alle SECAP, furono acquistate una cinquantina di Pitney Bowes DD. Si trattava di macchine a piantana la cui impronta era caratterizzata dal blocchetto con le ondulate diviso in tre pezzi, in modo da poter inserire scritte riguardanti il tipo di corrispondenza, secondo l'uso americano. Era una bollatrice di media potenzialità e anch'essa, salvo pochi uffici di movimento, fu distribuita a località turistiche. Benché macchine robustissime, furono radiate per le parti in movimento che non rispettavano le nuove norme anti infortuni.


Nel 1968 le corone normalizzate, con numero di cap e corno postale, furono ovviamente applicate anche alle SECAP e alle Pitney Bowes.



Nel 1962 apparve una grossa novità: negli uffici ferrovia delle sette principali città furono installate le raddrizzatrici-bollatrici SEL (Standard Elektrik Lorenz), gigantesche macchine di fabbricazione tedesca, dove la corrispondenza veniva direttamente versata in una grande tramoggia e indi selezionata automaticamente ed avviata ad una doppia pista timbrante. Anche l'impronta era una novità, essendo graficamente uguale a quelle tedesche. Le macchine di Milano e Roma, lavoravano anche la posta degli uffici A. D., previo cambio della corona.



Negli anni settanta fu inserito nel datario l'effimero logo "PT e corno", simbolo abolito dal successivo ministro.

Con la realizzazione dei Centri di meccanizzazione postale, le SEL furono radiate man mano che entravano in servizio i nuovi impianti.

All'inizio degli anni settanta, entrò in uso la BNG, una bollatrice da tavolo prodotta dalla OMT, inizialmente in due versioni: la 12.000 LC/h (Lettere Cartoline/ora) e la 18.000 LC/h, versione potenziata mediante una coclea di alimentazione, destinata ai grandi uffici. Le 18.000 dimostrarono subito una scarsa affidabilità e vennero accantonate o ridotte al modello 12.000, eliminando la coclea. Rispetto alle precedenti bollatrici presentava il grande vantaggio che il datario veniva composto mediante rocchetti con i numeri incisi e non posizionando manualmente i vari elementi. E' stata prodotta per quasi un trentennio in qualche migliaio di esemplari, con successivi ammodernamenti. Il tipo iniziale si distingue per il disegno dei corno postale, composto con tratti curvilinei. E' rimasto invece pressoché inalterato nel tempo il blocchetto a cinque linee ondulate, composte da brevi tratti retti raccordati con curve.

Causa la progressiva radiazione per vetustà delle Flier e OMT/Flier, si ripresentò la necessità di macchine a piantana negli uffici movimento. Pertanto la GMT approntò la Flier S/A, ovvero una OMT/Flier modernizzata, ma con la parte timbrante uguale alla BNG, salvo il corno postale, a tratti rettilinei anziché curvi. Il nuovo corno fu poi adottato sulle BNG di nuova produzione o revisionate, per cui divenne impossibile distinguere dall'impronta i due tipi di macchina.

Poco dopo l'adozione della BNG le Poste richiesero alla OMT di approntare una bollatrice elettrica di modesta potenzialità da distribuire ad uffici di piccole località turistiche. Furono pertanto immesse nel 1972 73 circa 200 bollatrici BP, la cui impronta era simile a quella della BNG, ma con la corona di diametro maggiore (28 mm) e cifre del datario più piccole. La macchina, ispirata alla Secap DD, dimostrò subito i suoi limiti, soprattutto per la lentezza della bollatura, dato che gli oggetti venivano inseriti uno alla volta e per la rumorosità. Benché successivamente modificate, vennero a poco a poco abbandonate.
Da essa fu derivata la BP/F, destinata agli sportelli filatelici (imprimeva una doppia impronta dei bollo manuale), ma subito finita nei ferrivecchi.

Nel 1996, per la prima volta nella storia postale, furono adottate delle bollatrici Hasler (ditta svizzera che aveva però in precedenza fornito molte affrancatrici alle Poste). Si trattava della Hasler F 210/220, modello da tavolo di media potenzialità. La sua fornitura avvenne a cavallo dell'adozione del logo "busta alata", per cui la prima parte delle macchine aveva la corona con il corno e la restante con il logo. Il punto debole di queste bollatrici era appunto la corona, che si deteriorava rapidamente, dando impronte illeggibili e costringendo a ripetute sostituzioni. A causa di ciò alcune bollatrici hanno montato anche tre differenti güller.



Il fabbisogno di macchine su piantana era però sempre vivo. Nei 1983 furono acquistate numerose di Pitney Bowes 3920. Si trattava di una versione modernizzata dei modello DD. La differenza principale era il datario su una unica linea e composto mediante rocchetti con incisi i numeri e non mediante caratteri da inserire uno per uno manualmente. Di conseguenza la corona, inspiegabilmente a doppio cerchio, aveva un diametro molto più grande della precedente DD. Fu distribuita qua e là ad ogni tipo di uffici, nonché a quasi tutti i CCSB (Centro Contabile Servizi Bancari) per timbrare le comunicazioni ai correntisti postali.





Il Gabbiano. Con la fine degli anni settanta iniziarono ad essere realizzati i CMP (Centri meccanizzati primari) i cui impianti di lavorazione della corrispondenza avevano la parte bollante di tecnologia SEL. Le impronte avevano però una corona con nuova grafica, caratterizzata dal "gabbiano" stilizzato e dall'ennesimo logo PT.

Dieci anni dopo, nacquero i CPC (Centro postale operativo), inizialmente dislocati nei capoluoghi dove non c'era il CMP, ma poi progressivamente 'accorpati. Nei CPC con maggior movimento furono installati impianti simili a quelli dei CMP, di minore potenzialità, ma con analoga parte bollante.

Il logo FMR. Alla fine dei 1994 il neonato Ente Poste adottò il costosissimo logo ideato dallo studio Franco Maria Ricci, ovvero la "busta alata". Furono emanate fumose direttive per l'inserimento del nuovo emblema nei timbri postali, in sostituzione del corno di posta. Nelle bollatrici, ormai quasi esclusivamente BNG, l'inserimento avvenne con una certa uniformità grafica, sia in quelle esistenti che in quelle di nuova fornitura. Ci si accorse però che le linee troppo fitte del logo producevano a lungo andare una macchia deturpante, per cui successivamente si adottò una versione semplificata a 5 linee. Nella corona riapparve così la stella a cinque punte, soppiantata nel 1968 dal corno postale. L'operazione non riguardò gli impianti dei CMP, le cui bollature continuarono ad imprimere un desueto logo PT.



Il passaggio da Ente Poste a Poste Italiane SpA ha comportato la sparizione del logo FMR e l'inserimento nelle corone della nuova ragione sociale. Per potenziare i CPO e per i nuovi uffici di recapito, fu adottata la BNG/Z, ovvero una versione della solita BNG, modernizzata con una modesta elettronica, tale da migliorare l'avanzamento del materiale da bollare. Nella corona la novità della scritta "Poste Italiane".

Con il 2000 cominciarono ad entrare in servizio nei CMP gli impianti di ultima generazione e la parte bollante era dapprima di tecnologia giapponese NEC (riconoscibile dal datario corto) e poi Siemens (datario lungo). Di conseguenza le impronte hanno avuto un nuovo aspetto, anche per la sparizione del gabbiano e del vecchio logo PT.

Nell'autunno 2001 infine il canto del cigno: iniziarono ad entrare in servizio le ASCOM 213/230, acquistate in seguito ad una gara europea per la fornitura di 1932 bollatrici da tavolo, onde estendere ulteriormente la bollatura meccanica, anche alle succursali dove veniva presentata corrispondenza in blocco e in previsione di una ipotetica ripresa della timbratura in arrivo. Ufficialmente la gara fu appannaggio della Ascom Hasler, ma la bollatrice era in realtà la PT 300 della EMS, la ditta piemontese costruttrice delle affrancatrici da sportello per raccomandate. Dopo nemmeno due anni dalla loro fornitura fu però deciso di eliminare la bollatura negli uffici e di concentrarla nei CMP/CPO e pertanto le 1932 macchine vennero quasi completamente accantonate. Fecero però in tempo a montare qualche targhetta: nel disciplinare ci si era completamente dimenticati di esse e, a causa di due viti inamovibili, il loro formato era di altezza alquanto ridotta.



Targhette in più versioni. Negli anni settanta, a causa dei svariati tipi di bollatrici in servizio, erano frequenti le targhette approntate in più versioni, onde adattarsi alle varie macchine. Il record di 11 si toccò nel 1974 con la targhetta celebrativa dell'Anno Marconiano, prevista in 6 versioni (SEL, OMT, BNG, BP, SECAP, Pitney Bowes) e in 5 bilingui.

SEL
Flier/OMT
Flier/OMT bilingue
BNG
CG lingue
BP

Le targhette BP bilingui non vennero usate per il ritiro delle macchine

Pitney
Bowes
Pitney
Bowes
Bilingue
SECAP
SECAP
bilingue

 

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