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I bolli manuali italiani di Repubblica

di Alcide SORTINO

Nel primo dopoguerra i timbri datari erano pressoché tutti del tipo a lunette o a lunette barrate (o a sbarre o rigate che dir si voglia). Il tipo a lunette barrate fu abbandonato alla fine degli anni quaranta e, salvo errori o dimenticanze, non sembra sia esistito un apposito provvedimento pubblicato sul Bollettino Ufficiale, ma più probabilmente si trattò di una circolare interna, forse inviata anche ai fornitori abituali.
La dimostrazione di questa scelta la si deduce anche consultando il recente completissimo volume “Poststempel von Südtirol”. Nel 1947, in seguito all’accordo De Gasperi-Gruber che ripristinava il bilinguismo, furono introdotti nuovi timbri bilingui negli uffici dell’allora provincia di Bolzano e tutti erano a lunette barrate. Quando poi nel 1950 furono trasferiti alla provincia di Bolzano numerosi comuni germanofoni inclusi in quella di Trento (come Ora o Salorno, per citare i più noti), i nuovi timbri bilingui forniti agli uffici interessati erano a lunette semplici.

 

Ovviamente la regola non fu sempre rispettata: ad esempio, in seguito alla riforma del 1952, le “Agenzie” furono chiamate “Recapiti”, ma il nuovo timbro della ex agenzia Genova Ansaldo era con le sbarre.
Le sbarre ricomparvero addirittura negli anni ’60 con il nuovo ufficio presso il Ministero del lavoro.

 

Ma proprio dal 1950 i timbri di nuova fornitura (eccetto quelli della ditta Güller che avevano una struttura particolare) diventano a doppio cerchio, senza lunette, con l’indicazione dell’ufficio nella parte superiore in senso orario e quella della provincia, scritta per esteso, in senso antiorario nella parte inferiore.

Nel 1961, finalmente viene emessa una apposita normativa (B.U. n° 16 – 2° suppl.) che introduce due novità, ovvero la parola “poste” prima del nome dell’ufficio e l’indicazione della provincia mediante la sigla automobilistica, racchiusa da parentesi.

Nel 1963 nuova novità (anche in questo caso senza la pubblicazione di apposita normativa). Il doppio cerchio viene abbandonato, a favore del cerchio semplice. Ma di tanto in tanto apparivano timbri a lunette, specie quando pressati dall’apertura di nuovi uffici, gli economati provinciali si rivolgevano a incisori locali e non ai soliti fornitori para-ufficiali (Conalbi, Michelassi, Gamberini).

Si giunge all’introduzione del CAP nel 1967, novità che imponeva l’indicazione del numero di avviamento nei timbri e si coglie così l’occasione per unificare finalmente i datari, dopo quasi un secolo di tentativi mal riusciti. L’apposita normativa fu pubblicata nel 1969 (B.U. n° 11 – 1° suppl.) e prevedeva varie novità, ovvero la soppressione della parola “poste”, sostituita dal corno postale posizionato al centro della parte inferiore, la legenda disposta tutta in senso orario e composta da numero di cap (eccetto per le località con codificazione zonale), denominazione dell’ufficio, sigla provinciale tra parentesi (eccetto per i capoluoghi) e, separato con un trattino, l’indice alfanumerico che distingueva il singolo timbro. Altra importante innovazione fu la soppressine di tutte le indicazioni accessorie (raccomandate, espressi, direttore, scambisti, ecc.), dato che ogni timbro, e quindi l’utilizzatore, era inequivocabilmente identificato (almeno in teoria) dall’indicazione alfanumerica. A parte le numerose trasgressioni successive, fin dall’inizio venne a mancare la completa omogeneità a causa di due dimenticanze della normativa che non indicava se per l’alfanumerazione andava adottato l’alfabeto a 21 o a 26 lettere e non precisava se l’alfanumerazione fosse unica a parità di dicitura, o se dovesse essere separata per timbri con o senza l’indicazione dell’ora. Di conseguenza ogni Dirpostel si comportò a modo suo e i datari contraddistinti dalla K o dalla X c’erano solo in alcune zone, mentre in altre bolli apparentemente identici (ma solo con la differenza dell’indicazione oraria), avevano la stessa lettera distintiva.

Ma la costituzione dell’Ente Poste, porta a nuovi cambiamenti: nel 1995 la disgraziata “circolare Consolazione”, emessa dal settore grafico del nuovo ente, porta la rivoluzione, distruggendo quella unitarietà dei timbri che quasi trent’anni di cap avevano permesso di raggiungere. Per motivi di immagine fu introdotto il logo Ricci (la busta alata), ma la composizione dei timbri venne rivoluzionata. Fortunatamente gli economati (ora chiamati “Area P.A.L”), per limitare la spesa e per la fumosità della circolare, limitarono al massimo la sostituzione dei datari, affidandosi spesso ad incisori locali, il che contribuì ad incrementare le differenze grafiche, sia nelle diciture e in particolare nel logo, disegnato a 5, 6 o 7 righe e posizionato a volte anche in basso.

Alla fine del 1997, l’istituzione del servizio prioritario impose che ogni ufficio avesse in dotazione un bollo con l’indicazione dell’ora. Forse pressati dall’urgenza, la fornitura fu estesa a tutti gli uffici, compresi quelli che di tali bolli ne avevano anche più di uno. La fornitura venne appaltata alla ditta Biancone e ciò servì a ridare unità grafica ai timbri e soprattutto a riprendere le regole di composizione del 1969, anche se alcune filiali, continuarono ad inserire lo stato amministrativo dell’ufficio, triste retaggio della circolare Consolazione.


Infine arriviamo alla trasformazione in Poste Italiane SpA: una delle prime conseguenze fu il pensionamento del logo dell’Ente poste. A ciò si aggiunse il problema che moltissimi dei timbri esistenti non avevano la cifra zero nella penultima rotella, onde era impossibile comporre gli anni del primo decennio del 2000. Pertanto fu fatta una nuova fornitura generale, anch’essa appaltata alla Biancone, con l’inserimento della dicitura “Poste Italiane” L’unità di stile fu nuovamente raggiunta, ma non quella delle diciture. Molte filiali hanno perseverato in indicazioni tipo “agenzia di base”, tra l’altro desueta perché le agenzie sono tornate a chiamarsi uffici, alcune inseriscono codici zonali e la lettera distintiva sembra spesso dimenticata.

Voglio infine ricordare che la “storia” dei timbri normali è stata oggetto di una lunga e dettagliata trattazione ad opera di Mario Pozzati, pubblicata a puntate nel 2005-2006 su L’Annullo (n° 153, 154, 155, 157), il notiziario dell’ANCAI.

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