§1) “ACCETTAZIONE DI RACCOMANDATE A MEZZO DI MACCHINA AFFRANCATRICE – ADEMPIMENTI RELATIVI ALL’ACCETTAZIONE: ………La Macchina CITIS ha una feritoia nella quale va introdotto l’apposito Mod. 22-O/(ricalco) sul quale vengono impressi dalla Macchina i dati distintivi della Raccomandata compreso l’importo dovuto; l’impronta dell’affrancatura viene impressa sul piego (raccomandato) posto sul “piatto poggia lettera”; per i pieghi voluminosi sui quali non è possibile imprimere direttamente l’impronta della Macchina Citis deve essere utilizzato l’apposito modulo “TAPE” gommato Mod. 22-O MECC.” da incollarsi sul piego e con bollo datario di congiunzione; per l’impronta può essere usato inchiostro rosso, nero o blu purchè l’impronta risulti nitida e l’inchiostro non faccia incrostazioni. Il Mod. 22-O/(ricalco) deve essere compilato preventivamente dal mittente con le indicazioni previste dal testo stampato relative a mittente e destinatario e consegnato all’Ufficiale Postale addetto allo sportello unitamente alla Raccomandata da spedire. Il Mod. 22-O/(ricalco) è formato da due parti: a) la prima parte “Atti Ufficio” a fine turno di accettazione viene inserita nell’apposita Busta a soffietto Mod. 22-O con gli eventuali Mod. 13 <verbali di errata affrancatura> e conservata negli Atti dell’Ufficio; b) la copia a ricalco “Ricevuta” viene restituita (consegnata) al mittente………”
(Circolare DCSP/1/3/17698/165/82, Boll.Uff. 18/1983 Parte IIa; Telecircolare 421/308 prot. DCSP/1/111/0011435/177/80 del 10/2/1981).
Ho riportato in carattere corsivo, succintamente e tra virgolette, le storiche disposizioni regolamentari per l’accettazione di Raccomandate con Macchina Affrancatrice (in breve: M.A.) tipo CITIS (che stampava impronte generalmente rosse per Raccomandate; in breve: A.M.R.) nonchè per la consegna ai mittenti della “ricevuta” dell’accettazione, cioè della spedizione.
Preciso che sto trattando e riferendo di oggetti postali realizzati con macchine affrancatrici oggi desuete da quasi 25 anni, di regolamenti e fatti verificatisi oltre mezzo secolo fa e dei relativi Moduli cartacei usati (i cosiddetti “stampati”).
Solo per i giovani collezionisti, quelli nati dall’anno 2000 in poi (oggi di anni 25), chiaramente non per i vecchi collezionisti dal “pelo bianco”, mostro quali fossero state le ricevute manuali delle Raccomandate (ante introduzione delle M.A. da Ufficio della elvetica Hasler) e le divido in 2 parti, quelle del periodo Regno e le altre del periodo Repubblica; si trattò, molto grosso modo, di foglietti da cm. 11 x 4 strappati o ritagliati con forbici da blocchettari di produzione varia, completati manualmente (mittente-destinatario- destinazione) con penna con pennino metallico umettato, intinto nel calamaio con inchiostro, più il bollo tondo datario; sui Mod. 22 del periodo Regno era solitamente stampato sul retro l’avvertimento di non inserire valori nelle raccomandate perché le Poste non ne rispondevano. Eccoveli:








Ignoro come codesti piccoli rettangoli (cm. 10,5 x 5,5) inseriti nella “feritoia” delle M.A. Citis potessero, dopo la stampa, venir sfilati agevolmente verso l’alto, dato che in larghezza lo spazio v’era (feritoia da cm. 11 nella quale infilare il vecchio Mod. 22/o largo cm. 10,5); ma era un’operazione agevole? Cioè: anche se il vecchio Mod. 22/o entrava nella feritoia poteva dopo la stampa essere rimosso facilmente? Non lo rammento più! Però tant’è i fatti andarono così come raccontati e vedere le scansioni sopra per credere; ignoro anche se gli Uffici conservassero “traccia” di codeste ricevutine (che forse non avevano “copia” ed in unico originale venivano consegnate ai mittenti), a meno che, senza gli originali Atti Ufficio, seguitasse ad usarsi il “vecchio sistema” adottato per l’accettazione di Raccomandate con le vecchie” M.A. Hasler o Francotyp Taxograph (ma questa è un’altra “storia” da raccontarsi a parte).
Vorrei augurarmi di non essere l’unico collezionista eccentrico ad aver scoperto, raccolto e collezionato codeste piccole cose, ma che parrebbero quasi “fuori dal confine” per la Storia Postale(4); i lettori pari a me che abbiano altri oggetti similari e che vorranno implementare questi ricordi dei vecchi Mod.22-o (mecc.) e 22-O/C attendano che il Direttore Monticini pubblichi i paragrafi 2 e 3 e poi potranno scrivermi (rufini44@libero.it); risponderò a tutti e, se il caso, implementerò i miei piccoli “scritti”.
Io non so proprio se sono l’unico ad aver studiato un pochino a fondo le ricevute di Raccomandate perché non ho letto, negli anni, letteratura filatelica specifica (o anche filatelica generalista) se non un solo bel periodico di Gaeta che però non è più edito.
Posso aggiungere che sulle Ricevute di spedizione di Raccomandate non ho trovato pubblicazioni che sconfinino oltre un semplice “flash”; perfino il Catalogo Unificato 1995-1996 (U.S.P.) curato da Filanci-Angellieri-Sirotti ne cita solo le valutazioni (due, ante e post 1880 a pag. 87), ma senza foto; nulla, poi, comparve a pag. 171 e segg. (dedicate alla raccomandazione) nel successivo U.S.P. (Terzo Volume 2011-2013 curato da Carobene).
Cosa posso affermare? Per l’editoria filatelica (quantomeno italiana perché non so nulla di cosa possa accadere all’estero) è come se proprio le RICEVUTE delle Raccomandate (che sono la base per ottenere gli altri servizi che è possibile richiedere) non facessero parte della Storia Postale; coloro che siano in disaccordo con me, lo pubblichino !
Quasi tutte le scansioni qui sopra le ho realizzate mettendo un foglio colorato dietro i singoli oggetti per permetterne una visione buona dei bordi dei diversi Modelli, con segni di fori d’archivio, strappi dal blocchettario, tagli e dentellature relative.
Termino nel timore di aver annoiato dato che lo studio dei Mod. 22 delle Poste non è fantasioso, vario e divertente come il manipolare buste affrancate multicolori o chiassose o con timbri inusuali o incredibili e provenienti o transitate da chissà dove; ma è stato uno studio complesso che prima o poi qualcuno avrebbe dovuto intraprendere. Come in una trappola per elefanti ben celata da un po’ di frasche fresche (cioè un bel grosso foro circolare nel terreno con tanto di pali di legno all’interno, appuntiti ed infissi in verticale), ho tanto l’impressione di esserci caduto dentro proprio io! Sarà solo un’impressione, una sensazione personale?
Ma quindi coi Modelli 22-o (mecc.) e 22-O/C non finisce mica qui! Il presente è solo il primo paragrafo……
NOTE:
1) – Verso la fine degli anni ’60 del XX Secolo iniziò la “contestazione” prima studentesca poi generalizzata anche di tutti i lavoratori. Ad inizio degli anni ’70 e fin verso la metà degli anni ’80 un gran numero dei dipendenti delle Poste ed anche tutti gli altri dipendenti statali, a causa di una pessima politica (anche sindacale), si comportarono sul lavoro in modo inaccettabile; una parte di essi riteneva che le Poste esistessero esclusivamente per dare loro lo stipendio e non per fornire un “servizio” alla collettività; e poi assenteismo, scioperi anche “a palla” e a singhiozzo, scioperi bianchi e non-collaborazionismo portarono a disservizi notevoli in qualunque Ufficio o lavoro pubblico. Le Poste e l’I.P.S. (poi I.P.Z.S.) non ne furono immuni……
2) - Ignoro quale “confezione”, quale grandezza di carta usò l’I.P.S.; forse grandi rotoli in continuo, del tipo di quelli usati per la stampa rotocalcografica dei francobolli o forse foglioni singoli per la stampa tipografica multipla su grandi fogli (ISO/216 formato A0 o anche più grandi, da tagliarsi dopo la stampa). Solo un vero esperto di tecniche di stampa potrebbe darcene una spiegazione e mi viene subito da pensare al Perito Filatelico Franco Moscadelli di Prato. Aggiungasi che oltretutto la parte “ricalcante” potrebbe essere stata realizzata (lato carbonato) anche con Cera di Lignite (come per tutte le primitive “carte carbone”), che è un “estere” già viscido esso stesso.
3) - Tengo a precisare che i cartoni da imballaggio con all’interno la modulistica richiesta dalle Poste ad esse veniva consegnata dall’I.P.S. qui in Roma e da Roma doveva poi essere distribuita in tutta Italia impiegando i “vagoni postali” delle Ferrovie dello Stato; dalle stazioni ferroviarie, quindi, la nuova modulistica doveva essere, a cura delle Direzioni Provinciali, distribuita tramite i “furgoni” postali ai singoli Uffici dotati di nuova M.A. tipo Citis. Se ci furono problemi, anzi problemacci di distribuzione qui a Roma, non voglio nemmeno pensare a cosa potette accadere in certi altri posti tipo la città di Milano……Nei singoli U.P., i nuovi modelli vennero messi a disposizione della clientela, degli speditori di Raccomandate, i quali ne fecero “scempio”. Allo scempio partecipai anch’io, prelevando mazzettini di nuovi Mod. 22-O/C ogni qualvolta mi capitò ed in ogni U.P. nel quale transitai; tecnicamente non si trattò di “associazione”, ma di autentico “concorso” nel creare “casino” sì. I mittenti, poi, non erano in generale né abituati né strutturati, cioè forniti del “necessario” per la compilazione in Ufficio delle nuove ricevute da scriversi con penna a sfera, viziati com’erano nei decenni precedenti dai vecchi Mod. 22-o numerati e tagliati dal blocchettario e che venivano compilati (a mano) personalmente dall’impiegato addetto alle Raccomandate; se talun mittente commetteva anche un piccolissimo errore di compilazione (nella materiale scrittura) il Mod. 22-O/C errato veniva strappato e cestinato, anche più volte, a raffica. Altro piccolo scempio oggi da non sottovalutarsi. E va da sé che le forniture delle Direzioni Provinciali ai singoli U.P. non furono ottimali per soddisfare le necessità dei “mittenti”, alcuni dei quali pretesero di averne un buon rifornimento domestico a disposizione, da potersi compilare con calma e senza affanno prima dell’accesso all’U.P.. Io non fui immune da tale piccola mania (o fu una sorta di “nevrosi”?). Conclusione: non appena i nuovi Mod. 22-O/C comparivano nei singoli U.P., presto erano quasi esauriti tanto che gli impiegati delle Poste iniziarono a distribuirli con molta circospezione, praticamente col “contagocce” a meno che taluno non intendesse acquistarli, cosa che legalmente poteva pretendere, come da istruzioni ministeriali, a mazzetti di 50, pagandoli con Segnatasse o francobolli incollati sulla “fascetta” della confezione ed ivi obliterati. Negli anni ’60 e ’70 qui in Roma io c’ero, ho “partecipato” e posso riferirlo, posso raccontarlo.
 il 29 aprile |
Antonio Rufini
11-03-2025
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