MEMORIE
di Antonio Rufini

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Memorie di un anziano collezionista di storia postale (LXXI parte):

“…..a m’arcord…..del Modello 26 delle Poste”

Antonio Rufini

§ 1) - Ho scritto tra virgolette e in lingua “romagnola” il titolo di questo scritto; spero di essere andato bene, in specie con l’uso dell’apostrofo.(1) A m’arcord si traduce in italiano “io mi ricordo”.
Ho 80 anni: sì, posso proprio ricordare……

Durante il Regno d’Italia e poi in periodo repubblicano allorquando ad un Ufficio Postale giungesse, per la consegna, una Raccomandata(2) (o un Pacco) ed in sede di recapito a cura del Portalettere il destinatario non fosse stato trovato al suo domicilio, ad esso, cioè nella di lui cassetta delle lettere, veniva lasciato un “Avviso di Giacenza” con invito a ritirare l’oggetto postale entro un certo termine, lungo ma in maniera essenziale; se dopo il primo “Avviso” il destinatario non fosse comparso in Ufficio per ritirare la spedizione ivi giacente, poteva essere anche lasciato, sempre dal portalettere, un secondo Avviso; poi l’invio giacente veniva restituito al mittente.

Quell’”Avviso di Giacenza” è stato sempre chiamato dalle Poste “Mod. 26”, in genere stampato su cartoncino color ocra (ma non sempre) ed in periodo repubblicano (post 1970) di formato cm. 13 x 10,5.
Non è facile reperire Mod. 26 perchè l’Avviso, di solito, veniva ritirato e cestinato dall’U.P. all’atto della presentazione con successiva consegna al destinatario del plico o del pacco, a meno che il Mod. 26 restasse a vita in mano del destinatario per non aver provveduto al ritiro.
Io ne ho raccolti, di Mod. 26, solo dell’ultimo cinquantennio; i miei e quelli di miei familiari o clienti ce li ho perché il “ritiro” dall’U.P. è stato curato mediante presentazione di fotocopia del Mod. 26, esibendo il documento di identità (del destinatario) e in caso di delega perfino la fotocopia del documento del destinatario medesimo, procedura normalmente ammessa e quasi ben illustrata a tergo del Mod. 26.
Non era prescritto il Bollo Tondo sui Mod. 26 ed il motivo è semplice, elementare: l’Avviso veniva messo dal Postino nella cassetta delle lettere del destinatario ma prima compilato, manoscritto, lì sul posto proprio quando non riuscisse ad effettuare la consegna ed i Postini, si sa tutti,(3) non giravano mica col bollo tondo datario metallico (“guller”) e col tampone inchiostrante nella borsona di cuoio! Qualche “2° Avviso” ha avuto, sporadicamente, il suo bel B.T.C., perché compilato in Ufficio e affidato al Portalettere per la consegna a mani o il secondo imbucamento; evento, questo, anch’esso comune.

Per quanto mi riguarda negli Uffici romani gli addetti alla distribuzione hanno sempre (o quasi) apposto dei loro timbri esplicativi di gomma sugli Avvisi e con le avvertenze del caso per i destinatari; ma non c’è stata uniformità nella composizione dei timbri, forse anche per mancate istruzioni precise e tassative in merito, e forse gli Uffici Distribuzione dovevano provvedere in autonomia ai lori timbretti.
Se il destinatario dell’invio accedesse in Ufficio dopo un piccolo tempo massimo di giacenza dell’oggetto (e senza tassazione, cioè fermo in Posta gratis per i primi 3 giorni) la Tassa di Giacenza dal quarto giorno in poi veniva posta sul plico o sul pacco, quindi i Mod. 26, quantomeno negli ultimi decenni, non espongono mai francobolli o Segnatasse; però ho visto scansioni di vecchi Mod. 26 con incollati valori diversi per tasse varie: assegno, imposte e diritti doganali, consegna a domicilio di Stampe raccomandate voluminose e tassa di giacenza, I.G.E., imposta di bollo etc.: sono vecchi oggetti postali “rari”, buoni commercialmente ma costosi per gli appassionati collezionisti: in somma se li permettono e li hanno in mano i Franco Filanci e pochi altri superesperti del settore.

Nell’ultimo cinquantennio repubblicano il “tipo” dei Mod. 26 è cambiato pochissimo; lo stampatore è stato quasi sempre l’I.P.S. (poi I.P.Z.S.) e sui modelli è cambiato solo l’anno di produzione ma fino ad una certa data, fino a poco dopo l’inizio del XXI° Secolo; poi anche il tipo di impostazione del Modello ha subìto modificazioni, fino alla quasi “messa fuori uso”.
Inizio col mostrare fronte/retro di un primo Mod. 26 con poche scritte, per far meglio comprendere ai lettori ciò che in esso era stampato tipograficamente e poi manoscritto; per risparmiare spazio avrei potuto allegare le scansioni in verticale, col lato minore parallelo al lato minore del foglio, riuscendo così a presentare 4 scansioni nel foglio formato A/4 ma rendendo difficile la lettura; ho preferito l’allegazione dei Mod. 26 con lato maggiore verso il basso, quindi 2 scansioni a foglio + didascalie.

Non sono riuscito a scoprire se anche i Fattorini dei Telegrammi (motorizzati con mezzi a due ruote e deputati nei grandi centri per la consegna delle Raccomandate ESPRESSO) fossero dotati di Mod. 26 per avvertire i destinatari della mancata consegna. Se si, come fare a scoprirlo oggi compulsando gli Avvisi lasciati ai destinatari? Su detti Avvisi non ho mai visto se vi comparisse scritto che l’Ufficio del deposito dell’Espresso raccomandato fosse un Ufficio del Telegrafo! Avrebbe però potuto accadere.
I miei Mod. 26 (un po’ “tantini”) li mostro in due paragrafi e di essi espongo in generale i soli “recto” (ove compaiono in genere l’anno di stampa, di edizione e lo stampatore con i timbri in gomma dei singoli Uffici) ed i lati “verso” li allego solo se proprio necessario. Buona visione:












Non so nulla sui modelli 26 circolati nel resto d’Italia; ci saranno Comuni nel quali di Mod. 26 ci sarà stato un uso massivo; penso immediatamente a Milano, città nella quale Raccomandate, Assicurate, Contrassegno e Pacchi inesitati, coi loro successivi Mod. 26 avranno circolato e sul tipo di “alluvione”. E basta dare un’occhiata superficiale ai quantitativi di Mod. 26 stampati dal Poligrafico dello Stato (sul fronte in basso) per averne un’idea: milioni e milioni di blocchetti da 25 Modelli; pesavano, ciascun Mod. 26 solamente 3-5 grammi l’uno: comunque tonnellate di cartoncino!
Ho qui allegato una buona casistica di Mod. 26 post 1973, purtroppo circolati solo in Roma; vorrei augurarmi che qualche altro lettore de IL POSTALISTA possa implementare ciò che io raccolsi e che qui sto mostrando; ci saranno tante particolarità, cose curiose, anomalie e bizzarrie da mostrare; ne sono certo.
Sui Mod. 26 e sul nostro IL POSTALISTA ne trattò, benissimo come sua abitudine e mostrando cose quanto mai eccezionali e bellissime, Marino Bignami il 5/7/2011;(5) invito i lettori ad andare a leggere ovvero a rileggere il suo bellissimo articolo, dato che non è una “cosetta leggera” solo con tante immagini come il mio presente scritto.
Dato che Marino Bignami si fermò ad un Mod. 26 degli anni ’60, io qui, nella mia pochezza, ho implementato i medesimi modelli con ciò che è in mie mani, ma dei decenni susseguenti agli anni ‘60.
E faccio una domanda a tutti i lettori: qualche Mod. 26 è mai stato usato in sostituzione, di emergenza, dei Modelli 23-I nei periodi in cui, di questi ultimi, ce ne fu una penuria terribile? Ho visto scansioni nelle quali il Mod. 23-I fu composto artigianalmente su rettangolo di carta (o cartoncino) color bianco o anche un pezzaccio di foglio strappato da un vecchio registro (in somma: il relativo Ufficio Postale doveva essere proprio alla “disperazione”). La caccia è aperta.

 

NOTE:

1) – Scrivere in un dialetto di una lingua “romanza” non è semplice e per quanto riguarda il “romagnolo” è complicatissimo. Negli anni ’90 feci per 5 volte con la famiglia le vacanze a Rimini e Riccione: a Rimini chiesi al mio albergatore, l’indimenticabile Giovanni Eusebi, romagnolo “vero” (penso che fosse di Coriano di Rimini) come si scrivesse il titolo del film di Federico Fellini “AMARCORD” e lui che prima di aver realizzato l’albergo “Mirella” aveva forse fatto in loco il venditore porta a porta di bombole di gas GPL, mi rispose che non lo sapeva affatto e lo ignoravano anche la moglie e la suocera (quasi novantenne, ma ancora attiva <aiutava in cucina e preparava la “frutta cotta” per i clienti> chiamata da tutti semplicemente “...nonna...” e che solo in romagnolo sapeva esprimersi). Il Giovanni mi disse che certe cose poteva forse averle studiate, quand’era all’Università di Bologna nei primi del secolo, il celebre loro conterraneo Giovanni Pascoli, l’autore di “……Sempre mi torna al cuore il mio paese cui regnarono Guidi e Malatesta, cui tenne pure il Passator Cortese re della strada e re della foresta. Sempre un villaggio, sempre una campagna mi ride al cuore o piange, Severinio, il paese ove andando ci accompagna l’azzurra vision di San Marino……” ma che in loco nessuno si occupava più della conservazione scritta del dialetto che veniva parlato da tutti familiarmente e alla buona, e perfino così insegnato ad una piccola bambina di colore, la “Milva”. Però so che molti attuali cultori di ROMAGNOLO, dialetto che è stato riscoperto ed oggi valorizzato e conservato, fanno riferimento al Poeta dialettale Raffaello Baldini che ha composto i suoi versi scrivendo le particelle staccate e senza apostrofo. Io sono uscito da un vecchio Liceo Classico (mi iscrissi al IV° Ginnasio nel 1958, così vi ho rivelato indirettamente il perché abbia mandato a memoria lo stralcio della poesia del Pascoli: il Liceo Classico d’altri tempi!) ho preferito l’ortografia all’italiana con l’apostrofo e con la particella atona fusa con la parola tonica, quindi non “amarcord” e nemmeno “a ma rcord”. Coloro che siano più addentro di me nel ROMAGNOLO mi scrivano pure se ho sbagliato, dato che sono un appassionato e un curioso, non un vero glottologo! Non voglio mica finire nel ridicolo come il personaggio Giovannini, l’inconcludente glottologo (interpretato dall’attore Paolo Hendel) nell’indimenticabile Film <molto femminista e coi maschi, tutti, ridotti a “brandelli” “Speriamo che sia femmina” (Mario Monicelli, 1986); da vedere, o da rivedere.

2) – rammento che la Raccomandazione era la “base” per la richiesta di tutti gli altri servizi che era possibile ottenere dalla Posta: Assicurata, Assegno, Posta Aerea, Espresso, Avviso di Ricevimento; Fermo in Posta ed idem per il Pacco Postale.

3) – rileggendo il mio scritto per “emendarne” eventuali errori d’ortografia e battitura mi sono accorto di aver usato, e che lascio così com’è, il “si passivante”, cosa che non mi è poi così frequente. Ce lo spiegò bene al Ginnasio la nostra insegnante di Lettere quando arrivammo al relativo capitolo del manuale di italiano dell’Aurigemma. Poco dopo, in TV (quella in b/n di allora) venne intervistato l’ottimo difensore dell’Inter di Milano che avrebbe dovuto affrontare la squadra di calcio Benfica che aveva nell’organico un attaccante di colore eccezionale e, alla domanda di cosa egli pensasse di Eusebio, Capitan Armando Picchi rispose “……Eusebio, si sa tutti, è un grandissimo giocatore…..”; così nel sentirlo mi venne in mente che solo un toscanaccio come Picchi (mancato poi ai vivi prematuramente) potesse insegnarmi per davvero come usare il si passivante. I libri aiutano ma solo l’ascoltare come s’esprimono i toscani può aiutarci sul serio nel parlare e scrivere, quando occorra, in maniera consona, evadendo dall’italiano attuale che è un mezzo inquinato dialettale perfino coi verbi tutti all’indicativo perché, ormai, il congiuntivo viene considerato una malattia dell’occhio e basta!

4) Negli stampati dell’Istituto Poligrafico dello Stato (poi Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, oggi S.p.A. con Socio unico il M.E.F.), quantomeno in periodo repubblicano, la sigla “S.” (poi “S.N.”) era ed è distintiva dello stabilimento e attuale sede di Via Salaria-Via Marciana Marina (Via Salaria Nuova); due foto qui appresso:

quella “P.V.”era distintiva della ex sede e stabilimento nel monumentale bellissimo fabbricato in stile Liberty (anno 1924, edificato come nuova sede della Corte dei Conti, poi destinato al Poligrafico ivi trasferito da Torino) realizzato in Piazza Verdi, Quartiere Pinciano-Parioli, da anni dismesso e riconsegnato alla C.D.P. Immobiliare, proprietaria, fabbricato vincolato dal M.I.B.A.C. ed oggi in restauro; due foto qui appresso:

e “G.C.” era distintiva del vecchio stabilimento di Via Gino Capponi-Via Carlo Sigonio-Via Giuseppe La Farina, Quartiere Appio-Latino, località “Alberone”, Roma (la Via Gino Capponi inizia proprio da piazza dell’Alberone, sulla Via Appia Nuova), affogato in un quartiere di palazzoni in cemento armato, quasi un “dormitorio”, venuto su spontaneamente tra il 1935 ed il 1960 a seguito dell’inurbamento di lavoratori provenienti da tutta Italia; opificio dismesso nel 1999 dal Poligrafico ed usato oggi dalla Zecca per ivi produrre monete metalliche; foto storica anni ’50-’60 in b/n dell’angolo stondato tra via Sigonio e Via La Farina e foto satellitare qui appresso; il quartiere lo conosco come le mie tasche perché la mia famiglia è stata ivi residente dal 1950 al 1984 ed il Liceo Classico che frequentai era a 100 metri da Piazza dell’Alberone:

Tutte e tre le grandi tipografie ed uffici erano e sono in Comune di Roma, il secondo (Piazza Verdi) non all’interno delle Mura Aureliane della città ma poco oltre verso Nord e gli altri due un pochino decentrati, uno ad Est ed uno a Sud, (ma tutti e tre all’interno dell’Autostrada G.R.A.).

5) – Ci sarebbe da chiedere a Marino Bignami dove trova, dove scova in giro ciò che ci mostra e ci ha mostrato; certo egli abita in Lombardia (ci sono: una Città metropolitana, 12 Provincie e 10 milioni di abitanti, 13 Tribunali e due Corti di Appello e sorvolo, perché è umiliante, scrivere quanti siano i Comuni) in cui c’è per forza il 100% di tutto, anche postalmente; il fatto è che certe cosette trovate dal Bignami non è che si possono reperire dietro l’angolo di casa, andando con un occhio turato da una mano e saltellando su una gamba sola…..Mah, solo il Bignami sa dove scovare i suoi oggettini di Storia Postale! E il Bignami pubblica su IL POSTALISTA dal 2006; all’epoca, non si acquistava ancora nel web, come oggi; le “offerte di vendita” di Storia Postale erano meno che modeste: e considerate pure che ebay è in Italia solo dal 2001…... Bel mistero la miniera segreta, nascosta di Bignami! Mah, (dubitativo) per la seconda volta!

a maggio

Antonio Rufini
28-08-2023

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