MEMORIE
di Antonio Rufini

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Memorie di un anziano collezionista di storia postale (LI parte):

50 ANNI DELL’U.R.A.R. DI TORINO, SUOI BOLLI OVALI ED ALTRO

Antonio Rufini

Decenni or sono avevo in locazione l’Ufficio in Via Prisciano; non c’erano apparecchi televisivi e forse non esisteva neanche il cavo dell’antenna del precedente occupante che, di certo, era sul tetto dell’edificio; avevo però sopra la macchina da scrivere un ripiano con una vecchia radio per A.M. ed F.M., ma anche con la “bocca” per la riproduzione di musicassette STEREO8 andate “fuori uso” una quindicina di anni prima, forse meno, cassette delle quali ne conservai più di un centinaio (1).
Dato che presso di me erano le sedi di varie Società, con possibili visite ed ispezioni, anche da parte della Guardia di Finanza, volli mettermi in stato di “difesa”(2) e decisi di abbonarmi alle “radioaudizioni” rendendo più che legale il possesso del mio visibilissimo apparecchio radio.

All’epoca (1992) era vigente (lo è ancora) l’art. 1 del R.D.L. 246/1938 che prevedeva che chiunque detenesse uno o più apparecchi, anche portatili, atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni (quindi anche le cosiddette “radio a galena”) fosse obbligato al pagamento del canone di abbonamento; i lettori de IL POSTALISTA che abbiano più d’una sessantina d’anni ricorderanno sicuramente che si era obbligati a pagare il canone radio anche per le autoradio, assieme alla (allora) Tassa di Circolazione. Solo dopo il 1954 con l’introduzione del Canone di abbonamento alla TV, il canone TV era comprensivo anche del canore “radio” ma chi apparecchio TV non possedeva ed ascoltava esclusivamente la radio (all’epoca con apparecchi a “valvole”) era tenuto al pagamento del canone annuale “radio”.

Io all’epoca compilai un bollettino di c/c postale in distribuzione negli Uffici Postali e inviai a Torino la relativa piccola tassa (pochissime migliaia di Lire) e l’Ufficio del Registro preposto, cioè l’Ufficio del Registro Abbonamenti Radio e Televisione di Torino (U.R.A.R.-TV), competente per tutto il territorio nazionale, mi inviò, coi suoi “tempi”, lunghi (ma sufficienti per il pagamento dell’anno successivo), il libretto già prestampato coi bollettini di c/c per saldare l’abbonamento degli anni a seguire.
Il canone annuale “autoradio” è stato abolito a norma dell’art. 17 comma VIII della legge 27/12/1997 n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica). Dal 1998, quindi, niente più canone annuale “autoradio”, ma il canone radio è rimasto inalterato e non è stato nemmeno abolito col Decreto “Taglialeggi” di Calderoli anno 2010 e nemmeno con la Legge di Stabilità 2016; il predetto canone, nel bene o nel male a seconda di come lo si interpreti oggi, ha imperversato e imperversa come un morbo incurabile sui portafogli di molti contribuenti da 85 anni (3); per l’anno 2023 è di € 28,79!
Ho conservato la copertina del libretto inviatomi allora da Torino; la mostro più avanti.

E’ un normalissimo invio postale dei tempi, inviato da un Ufficio Finanziario Statale in franchigia assoluta. Per ottenere l’esenzione dalla tassa postale occorreva che l’Ufficio mittente mettesse sul recto dell’invio il Bollo Ovale di franchigia (un’ellisse con all’interno il nome/Ufficio a stampa e il sigillo repubblicano), da imprimersi con inchiostro nero grasso a mezzo del relativo timbro, oggetto di bronzo e con manico in legno dato dalle Poste in dotazione all’Ufficio fiscale.
Questo invio il Bollo Ovale di franchigia ad inchiostro nero grasso non ce lo ha “impresso” manualmente, ma è stampato tipograficamente; dovrebbe essere stato un caso, un Ufficio unico in Italia.
Ingenuamente, mi chiesi se la cosa fosse normale e così sono andato a ricontrollare tutti i vari libretti di abbonamento (alla televisione) che avevo a disposizione, che fossero cioè ancora in casa o in Ufficio e qualcosa l’ho capita: l’U.R.A.R.-TV di Torino spediva decine di migliaia di libretti di abbonamento, forse milioni, e bollare a mano ogni invio sarebbe stato un lavoraccio, una pazzia, mettendo “al lavoro” specifico molti impiegati (sempre ammesso che l’Amministrazione postale volesse fornire all’Ufficio torinese più di un timbro col Bollo Ovale, forse una decina, cosa assolutamente “fuori norma”……).

Così sugli invii dell’U.R.A.R-TV di Torino, alla vasta pletora di abbonati, il “Bollo Ovale” di franchigia veniva semplicemente “stampato”, forse in origine direttamente dall’I.P.S., poi dalle tipografie private commissionate del lavoro; io ritenni che le corrispondenze con l’”ovale a stampa” fossero comunque delle normali corrispondenze transitate negli Uffici Postali ed ho iniziato a controllare, con il poco che ho reperito, se l’”ovale” fosse sempre uguale, con dimensioni e stampa sempre nel medesimo colore.
Ne è venuto fuori un bel mazzetto di copertine di libretti o buste da lettera, tutte leggermente diverse e le mostro una dopo l’altra indicando varianti e tipi:








Per quanto riguarda gli abbonamenti “radio” qualcosa che possiedo mi è rimasta inspiegabile; qui appresso mostro il recto di un’ingiunzione di pagamento, inviata ad un mio cliente dall’Ufficio del Registro Bollo e Radio (nella intestazione c’era anche “Assicurazioni”) di Roma, inviato col proprio Bollo Ovale ad inchiostro nero grasso (questo regolamentare, non stampato come quelli che ho mostrato dell’U.R.A.R. di Torino) e con tassa a carico del destinatario.

Però, dato che non ho più il foglio interno con la “liquidazione” della somma da versare, non so proprio di quale tassa potesse essersi trattato (autoradio con la relativa tassa non pagata assieme alla Tassa di Circolazione dell’epoca, radio nel laboratorio del contribuente <aperto al pubblico>, oppure altro); si trattava di un falegname classe 1930 quindi escluderei che potesse trattarsi di tassa per un “baracchino”, per un trasmettitore ad onde corte o banda cittadina CB, “giocattolo” di moltissimi bambini adulti che andava tanto di moda un pochino di tempo fa (oggi praticamente condannato quasi a morte dalla nuovissima tecnologia elettronica: PC, Internet e cellulari tutti collegati da satelliti artificiali); “giocattolo” costoso relegato attualmente ad un manipolo di “veri” ed esperti appassionati delle onde corte o della banda cittadina, lo “zoccolo duro” di coloro che irradiano nell’etere; quasi tutti codesti “radianti” per passione o per emulazione, comunque la stragrande maggioranza di coloro che usavano il “baracchino”, erano degli “abusivi” senza la relativa “patente” (esame di Stato con tanto di prova di trasmissione in alfabeto Morse) e senza l’autorizzazione da “radiante” rilasciata dal Ministero delle Poste e, ma solo per alcuni, con sigla identificativa internazionale. Di tanto in tanto qualcuno veniva “sgamato” e sanzionato: mi dissero che il Ministero delle Poste (o la Polizia Postale) aveva dei furgoni appositi, dotati di antenne direzionali, in grado di scovare gli “abusivi”, ma il tutto, qui in Roma, fatto all’italiana, senza troppo accanimento, senza sudare (come succedeva con gli “evasori” del canone autoradio: veniva “beccato” qualcuno, ma solo qualcuno e a campione), tanto che il mercato dei “baracchini”, sia del nuovo che dell’usato, era fiorente. Da quanto capii io, che sono un ex Ufficiale di Artiglieria dell’Esercito Italiano (Tenente a due stelle) perfino le Forze Armate erano parzialmente disinteressate ai “baracchini”: non era certo con quei mezzucci che potevano essere forniti al “nemico” di allora importanti segreti militari da tutelare con rigore, ammesso che segreti militari così importanti da essere tutelati ci fossero per davvero.

Ecco appresso la copertina (foglio esterno) della predetta ingiunzione col suo bel bollo ovale:

Ma la stessa cosa deve essere successa al seguente altro contribuente, col medesimo Ufficio nell’anno 1992: è un’altra Raccomandata con tassa a carico dello stesso Ufficio Finanziario di Roma, sempre spedita in autoprestazione con etichetta rosa di servizio dal Blocchettario Mod. 22 e sempre accettata dall’U.P. di Roma 5 (sottostante gli uffici del mittente). Anche in questo caso la tassa a carico del destinatario venne assolta con A.M.T. (dell’Ufficio Principale di Roma Torpignattara), mal stampata e che quindi è inutile mostrare. Di quale tassa (o imposta) si trattò? Anche in codesto secondo caso non lo rammento più e anche la data di spedizione è incerta: precedente ma prossima al 17/9/1992, desumibile al verso dalla data dell’A.M.T. (macchina con matricola 249).

Per “scoprire” di quale imposta/tassa si trattò per entrambe le raccomandate con tassa a carico dei destinatari, se cioè per davvero trattavasi di “Radio” (nessuno dei due, mi pare, aveva problemi di “imposta di bollo”), dovrei accedere all’Agenzia Delle Entrate di Roma 5 (Via di Torre Spaccata 110) che dal 27 gennaio dell’anno 2000 ha assunto il contenzioso e tutto l’archivio dell’abolito Ufficio del Registro Bollo e Radio di Roma, ma andare a chiedere informazioni su contribuenti mancati ai vivi (entrambi) e su imposte/tasse di 30 anni fa non è semplice come leccare un ghiacciolo al limone…..; qualcosa riuscirei forse a tirarla fuori, complici, anzi col passe partout dei miei capelli bianchi, dell’età e della tessera da Avvocato; ma insomma ne varrebbe la pena?

Ho fatto una piccola ricerca di bolli ovali analoghi: in eBay non ho trovato nulla e in Delcampe, affogati in un mare di franchigia militare, ho scovato due soli oggetti che sono (forse) del medesimo Ufficio del Registro romano, o di analogo, e richiedevano un’integrazione per l’abbonamento “RADIO”; sono cartoline in formato di Cartolina Postale di Stato inviate in periodo “Regno” (per gli anni 1944 e 1945), ma oggi, anno 2022, non so proprio il perché delle richieste da parte di quell’Ufficio romano e non da Torino; forse la ripartizione dei “compiti di riscossione” dei due (o più uffici in Italia) era stata stabilita subito dopo l’anno 1938 e poi ribadita con la legge 10/11/1954 n. 1150 art. 4 comma primo numero 1), ma sulla validità di tale normativa negli anni ’90 non posso dare assicurazioni. Mostro le due cartoline:

In conclusione: l’U.R.A.R. di Torino, come detto, doveva essere stato dotato di Bollo Ovale come tutti gli Uffici Finanziari d’Italia, anche se molte delle sue spedizioni, per non dire la totalità, erano eseguite col Bollo Ovale realizzato a stampa, quanto meno dagli anni ’70 in poi (limite temporale della mia piccola verifica); detto Ufficio non usava, da quanto è in mie mani, il suo Bollo Ovale per l’attestazione di ricezione sugli Avvisi di Ricevimento degli invii che gli giungevano raccomandati (altri Uffici ne fecero tale uso improprio e lo mostrerò in una memorietta prossima ventura). Ne è la prova, del non uso dell’Ovale in ricezione, il Mod. 23-I del 29/12/1980 che mostro e del quale c’è da annotare la velocità con la quale la raccomandata cui era annesso fu recapitata: spedita il 29 dicembre da Roma Centro C.P. il successivo giorno 31 era a Torino Centro:

Avevo iniziato riproponendomi di raccontarvi del Bollo Ovale di franchigia dell’U.R.A.R.-TV di Torino ed ho perfino sconfinato con un Ufficio Finanziario di Roma; rientro nel “solco” tracciato e termino col raccontare ciò che so (poco) dell’U.R.A.R.-TV di Torino.
Sono arrivato a mostrarvi solo ciò che ho raccolto, relativo anche all’U.R.A.R.-TV di Torino; m’auguro di non essere stato noioso e spero che altri collezionisti più forniti di me (penso subito ai Soci dell’A.N.C.A.I. di Torino e vedasi alla nota 4 in calce), possano implementare ciò che qui ho mostrato, cose, Invii postali che, di diritto, fanno parte della Storia Postale italiana contemporanea.

Di certo, per decenni, dimensioni, colore ed uso del Bollo Ovale “stampato” di quell’Ufficio torinese hanno avuto varianti casuali, bizzarre, cambi di nomi e senza grande uniformità, ma si trattò di fatto comune a molti Uffici; le Poste Centrali di Torino, poi, non ho mai saputo che abbiano reclamato sul mancato uso da parte dell’U.R.A.R.-TV del bollo ovale originale da imprimere con inchiostro nero grasso sugli invii ma sostituito dalla stampa tipografica: sia gli Uffici Statali dotati di bollo ovale e sia l’Azienda Postale avevano il medesimo proprietario (cioè lo Stato italiano) e per essi valeva sempre il vecchio, spietato e spregevole detto “cane non morde cane”.

Con la privatizzazione dell’Azienda postale, il suo Bollo Ovale (di U.R.A.R.-TV Torino) dove sarà finito? La norma generale era che i bolli dismessi pervenissero al Museo Postale qui a Roma. Premesso che i Bolli Ovali di franchigia dati in uso ad Uffici ed Enti (4) erano realizzati in legno e bronzo e non potevano essere buttati via puramente e semplicemente, quale fine avranno fatto? Si trattava di alcune “tonnellate” di peso e il metallo poteva essere riciclato. Non sono riuscito a saperne nulla, nonostante io abbia chiesto e telefonato. Non sarà stato mica un Segreto di Stato?

Dopo la privatizzazione delle Poste, sui prestampati, quelli già col Bollo Ovale realizzato a stampa e da inviare agli abbonati, l’U.R.A.R.-TV Torino “oscurò” quel bollo in sede di stampa del nominativo e indirizzo del destinatario, oscuramento fatto proprio con il PC, con la stampante laser; forse l’oscuramento non serviva affatto: bastava la sola scritta relativa alla spedizione senza pagamento (da eseguirsi per autorizzazione della Direzione delle Poste di Torino); ne do un singolo esempio nel quale, comunque, il Bollo Ovale “oscurato” è ancora visibile in trasparenza:

Anche l’invio mostrato qui appresso è Storia Postale a tutti gli effetti. Certo l’intestazione fu errata se l’U.R.A.R.-TV di Torino era diventato “Agenzia delle Entrate”, ma chissà quante migliaia di bollettini già prestampati erano ancora a disposizione dell’Ufficio e mica potevano gettarsi via nei cassonetti della raccolta differenziata -Carta e Cartone-! Forse con la stampante doveva modificarsi anche il nome dell’Ufficio, però non è stato fatto oppure, ante anno 2000, non ce ne era bisogno perché le Agenzie delle Entrate non erano state ancora istituite, rectius non erano ancora funzionanti:

Chiaramente, esaurire le scorte di stampati predisposti col bollo ovale prestampato, sugli invii successivi non è comparso più alcunché ma il solo riferimento alla autorizzazione della Filiale di Torino per spedire senza pagamento di tassa; e poi, diventato l’U.R.A.R.-TV Torino “Agenzia delle Entrate Torino 1 – S.A.T., Corso Bolzano 30 00121 Torino” e successivamente con il pagamento dell’abbonamento TV direttamente sulla bolletta “luce”, cioè –energia elettrica- (Legge di Stabilità 2016), quante saranno state le spedizioni fatte, se non quelle per la contestazioni di abbonamenti ed esoneri dal canone?
Qualche altro lettore de IL POSTALISTA spero possa implementare gli oggetti che ho mostrato, per lo meno le copertine dei bollettini di c/c postale anteriori al 1970; io anche se avrei voluto non ho proprio potuto fare di più.
Però è il “bello” della Storia Postale: anche una cosa semplicissima quale il Bollo Ovale di uno dei tanti Uffici Finanziari d’Italia mi ha permesso di fare “storia”, di raccogliere e controllare varianti e piccole differenze, di studiare ciò che in un modestissimo lasso di tempo (50 anni) possa essere passato negli Uffici Postali d’Italia.
Non mi sono mai pentito e non mi pentirò mai di essere entrato nel fantastico mondo della Storia Postale !

NOTE:

1) Quella radio-giranastri STEREO8 portatile ma anche con alimentazione a rete ce la ho ancora e funzionante, nonostante il fatto che abbia una cinquantina d’anni; mia figlia dice che è “vintage” invece è molto più del doppio e non l’ho voluta cedere per 200 €, il triplo del prezzo d’acquisto del 1973, dato che mi ricorda i tempi della giovinezza, quando non avevo ancora compiuto i 30 anni.

2) In effetti, nei miei Uffici professionali e in vari decenni, ebbi un solo accesso ai fini fiscali, di due impiegati pubblici che si presentarono quali funzionari dell’Ufficio IVA di Roma (quindi in borghese, niente divise grigie) e che volevano controllare non ricordo cosa di una S.r.l. di un amico e della quale io non ero nulla, nemmeno tenutario delle scritture contabili e dei Libri obbligatori ma la cui sede era stata posta presso di me; io ero “a casa mia” e quelli pretesero che con documento d’identità provassi che io ero io, cosa inaudita, allora intimai loro che dimostrassero prima la loro identità, cioè che loro erano loro e ad orecchie basse furono costretti ad andare nell’automobile con cui erano venuti, a cercare le loro tessere d’Ufficio e la lettera/delega del loro Direttore che li autorizzava all’ispezione e che non fecero (verbale negativo).

3) In “certi” Paesi molto meno “fiscalisti” del nostro nei quali il “cittadino” era ed è considerato titolare di “diritti” veri e non solo di miserevoli interessi legittimi scarsamente protetti e malamente tutelati, la radio è sempre stata ritenuta un bene essenziale a disposizione dei cittadini e utile per tenerli a conoscenza di fatti, leggi, normative ed altro, come fosse una Gazzetta Ufficiale dello Stato o un giornale quotidiano, ma gratuiti, quindi niente pagamento di tassa alcuna per possedere la radio. Ne cito uno per tutti, gli U.S.A. che hanno un territorio occupante 4 fusi orari, anzi 6 se consideriamo anche l’Alaska: quando il costo di un ricevitore radio era proibitivo per la maggioranza della popolazione (anni ’20, forse anche i primi anni ’30, quelli della grande depressione economica), costo ammontante anche al doppio di uno stipendio mensile medio di lavoratore dipendente ed in certe regioni “agrarie” non c’era distribuzione generalizzata di energia elettrica necessaria per il funzionamento degli apparecchi “a valvole”, lo Stato inviava alla cittadinanza sperduta nelle lontane plaghe agricole le istruzioni <Costruzione di un Apparecchio Radio Fatto in Casa>, con tanto di disegni e suggerimenti, per la realizzazione “fai da te” cioè economica di una Radio a Galena, di minimo costo e funzionante senza energia elettrica, così che tutti potessero conoscere le notizie più importanti, la cultura, il prezzo di prodotti vari, le nuove leggi, ascoltare musica e, in somma, che tutti non vivessero quasi fuori del mondo e nell’ignoranza più totale. Nel nostro Paese una cosa del genere non venne mai neppure “ventilata”, quanto meno per certe Zone, purtroppo arretrate, del Mezzogiorno di allora, di anteguerra; la radio, anche quella a galena, era una cosa da “ricchi” quindi oggetto di tassazione spietata. Termino questa nota in calce con una annotazione tecnica: all’inizio degli anni ’60 l’elettronica moderna è arrivata anche per le radio a galena: la mia non ha più il cristallo di galena (solfuro di piombo, PbS) da “centrare” pazientemente ogni volta con una specie di spilla sottile da topografo con filettatura a vite, ma un diodo al germanio (forse un Philips OC80); io però continuo a chiamarla “radio a galena”; ed ho perfino perso il pezzetto di galena che forse mi aveva auto-costruito mio zio nei primi anni ‘50, fondendo un paio di cucchiai di fiori di zolfo con un paio di vecchi tasselli da muro “stop” di piombo dell’epoca, quando per codesti oggetti non era ancora arrivata, a sostituire il piombo, la moderna plastica (Nylon, PVC e ABS) del tempo di oggi.

4) Quando potevano spedire in franchigia o in mezza franchigia i Comuni vennero dotati di Bollo Ovale. Rammento ai lettori che nel 1980 i Comuni italiani fossero più di 8.100. Poi c’erano gli Uffici Governativi ammessi alla franchigia (Ministeri e dipendenze, comprese scuole pubbliche di ogni ordine e grado), i Comandi di Polizia, Carabinieri, Guardie di Finanza, Corpo Forestale dello Stato, Corpo degli Agenti di Custodia (si chiamava così, all’epoca, la Polizia Penitenziaria), Vigili del Fuoco, Forze Armate, Grandi navi della Marina Militare, Capitaneria di Porto, Uffici Finanziari, Uffici Giudiziari, Provincie e via di seguito). Dovevano essere da 20.000 a 40.000 Enti dotati di Bollo Ovale! Le Poste ne fecero anche un elenco a stampa, praticamente un libro (Pubblicazione forse con titolo “Elenco degli Uffici Statali autorizzati a spedire le proprie corrispondenze ufficiali senza affrancatura purchè munite dell’apposito contrassegno” in <Secondo Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 1 del 1987 parte seconda>, Pubblicazione sulla quale non sono mai riuscito a mettere le mani, nemmeno intendendo pagarla e all’epoca <1987> costava solo £. 1.300). Mi scoraggiai a cercare di ottenere quella Pubblicazione, anche per il fatto che in collezione avevo poco più di 300 oggetti postali vari col Bollo Ovale (Regno, R.S.I. e Repubblica), una vera “miseria” in confronto a quanti ovali avevano circolato. Quando ai Comuni venne tolta la semifranchigia dovrebbe essere stato tolto loro il Bollo Ovale, ma non a tutti: nei piccoli Comuni nei quali non esisteva il Posto di Polizia di Stato ma il solo Posto di Carabinieri (la piccola “Stazione” al comando di un Maresciallo) o nemmeno i Carabinieri, il locale Sindaco era ancora e per legge, la “locale Autorità di Pubblica Sicurezza”, al quale inviare, per esempio, le comunicazioni di cessione di fabbricato (vendite o locazioni di appartamenti, legge post rapimento “Moro” del 1978) e quindi al Sindaco, quale locale autorità di P.S. venne lasciato in dotazione il Bollo Ovale per l’inoltro delle corrispondenze in franchigia spedite in tale “veste”, con tale “funzione”. Il tutto, s’intende, salvo miei errori od omissioni, dato che sono andato a memoria, “a braccio”, senza fare ricerche storiche sulla Gazzetta Ufficiale o sui Bollettini delle Poste. Se continuo a raccontare il poco che ricordo sulle vicende dei Bolli Ovali in questo povero Paese, sono certo di diventare noioso e vado “fuori tema” così mi arresto qui. Però mi chiedo il perché non ne faccia, sull’Annullo ma da pubblicare anche su IL POSTALISTA, un bel “trattato” specifico sui singoli usi il Presidente dell’A.N.C.A.I. di Torino, il Dr. Sortino il quale, sono certo e mi ci gioco gli occhiali, sull’argomento ne sa e possiede più oggetti postali non solo di me ma di tutti, da fare paura.

Antonio Rufini
11-11-2022

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