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IL TELEGRAFO
Il servizio telegrafico a Siena ai primi del '900: un pericolo pubblico? (pag.51)
Nihil novi sub sole. Anche nei primi anni del XX secolo il traffico veicolare preoccupava la pubblica amministrazione delle città per i pericoli che poteva causare alla incolumità dei pedoni, e non solo per via delle automobili, del resto ancora scarse, ma delle biciclette, che cominciavano a circolare abbastanza numerose per le vie dei centri urbani.

Nel nostro caso questo potenziale pericolo derivava addirittura da un servizio pubblico, quello svolto dalla Amministrazione delle Poste per il recapito dei telegrammi e degli espressi. E' quanto risulta da una lettera indirizzata il 26 Febbraio 1918 dalla Direzione Provinciale delle Poste di Siena al Sindaco della città (Arch.St.Com.Siena Cat.X Cl.14 Tit.4):

Ho dovuto constatare che i fattorini addetti al recapito dei telegrammi e degli espressi, si valgono di biciclette sprovviste di freni, di campanello e di lumi, nelle ore serali.
Spesso anche, e specialmente la sera spingono le macchine ad una velocità eccessiva che pone in pericolo i passanti e che può esser di grave danno all'Amministrazione per la responsabilità civile che ad essa incombe.
Ho dato ordini severissimi perché il personale dirigente il servizio telegrafico sorvegli rigorosamente gli agenti di cui trattasi, e rivolgo viva preghiera a V.S. Ill/ma perché a mezzo delle Guardie Municipali faccia contestare le contravvenzioni a tutti coloro che in qualche modo trasgredissero alle norme regolamentari sulla circolazione delle biciclette, dandomene notizia.
Con ossequio
Il Direttore Provinciale
Landi



Due telegrammi di fine 800 dell'Uffizio Telegrafico di Siena. Quello aperto comunica la morte di Francesco Hayez (1791-1882), uno dei più famosi pittori italiani dell'epoca.

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Poscritto di Beppe Pallini

Leggendo la lettera del Direttore della Posta, mi è tornata alla mente, per una bizzarra associazione d'idee, una poesiola che era nel mio libro di lettura delle elementari, con una illustrazione molto simile a questa che ho provato a riprodurre, e che il maestro ci aveva fatto imparare a memoria.
Memoria che spesso mi si manifesta tanto straordinariamente viva per le cose remote (in questo caso si tratta di settant'anni fa), quanto, ahimè, sempre più debole per quelle recenti.
Qualcuno dirà che col telegrafo c'entra poco o niente. E' vero, ma io ce la metto lo stesso, anche per allungare un pochino l'articolo; il titolo no, quello non me lo rammento, ma la poesia diceva così:
Un giorno il calabrone,
che andava in bicicletta,
pregò la luccioletta
di fargli da lampione.

Ma il vigile maiale,
che stava di fazione,
gli fe' contravvenzione
e scrisse sul verbale:

Per sue ragioni interne
la legge non ammette
su carri e biciclette
lucciole per lanterne.

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