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Alfredo Alberto Saltiel, l’ebreo salvato |
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Enrico Bettazzi | |
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Olga Molho e Moisè Saltiel, i genitori di Alfredo Alberto. Deportati ad Auschwitz, non sopravvissero. I Saltiel erano una famiglia ebrea di commercianti originari di Salonicco. Residenti in Italia dal 1919, si erano trasferiti a Milano. A seguito dell’entrata in guerra dell’Italia, vi erano state ulteriori restrizioni, dopo le leggi raziali del 1938, verso gli ebrei stranieri con passaporto estero, e per loro vi erano precise disposizioni per l’internamento in campi di concentramento. Non avendo strutture adeguate per gli oltre seimila ebrei stranieri, una parte degli internati fu sottoposto ad internamento “libero”, cioè con domicilio coatto presso strutture private e controlli quotidiani presso le autorità di polizia. Così i maschi di casa Saltiel, cittadini greci, furono prima rinchiusi presso il carcere di S. Vittore a Milano (5/11/40) e poi destinati ad internamento in provincia di Pistoia; il nucleo familiare fu diviso. Moisè, il padre di Alfredo, fu mandato a Larciano; Alfredo fu mandato a Bagno a Ripoli presso la Villa “La Selva”, mentre Olga Molho, la madre di Alfredo, rimase libera a Milano. Dopo reiterate richieste di Moisè, gli uomini di casa furono riuniti a Larciano solo nell’aprile del 1941. Poi il 2 aprile 1942 padre e figlio vennero trasferiti ad Agliana. Cartolina spedita tramite ufficio postale di Firenze in data 14/7/43, in franchigia (Circ.Min. 98860), apposizione del segno T di tassazione. Spedita ad Alfredo Saltiel, internato civile di guerra ad Agliana, da G.V. Nacamulli, allora internato a Greve in Chianti (FI). (Coll. autore) “Firenze 14.7.43 XXI Ai primi di settembre del ‘43 Olga lasciò volontariamente Milano e si riunì al resto della famiglia. Con l’armistizio dell’8/9/43 avrebbero potuto allontanarsi, ma il maresciallo dei carabinieri consigliò loro di disperdersi nella campagna circostante, non prima di avergli lasciato il recapito contro promessa che mai lo avrebbe rivelato ad altri. Nel frattempo Sem Grassi aveva fatto nascondere Alfredo presso un suo amico contadino a Le Querci, nella campagna intorno Agliana. Era iniziata la latitanza di Alberto Alfredo, mentre i genitori erano rimasti alla pensione dei Grassi. Nel dicembre 1943, il nuovo comandante di stazione dei carabinieri ad Agliana confiscò i beni dei Saltiel e il 24 gennaio 1944, radunati gli ebrei presenti in loco (6 persone), li consegnò ai tedeschi per la deportazione: finirono ad Auschwitz e nessuno si salvò. I genitori transitarono dal Campo di Fossoli, vicino Carpi: il padre Moisè cercò scrivendo il 13 febbraio 1944 alla Croce Rossa di farsi dare un qualche sostegno, essendo stati privati di tutto; non ci fu il tempo... il 22/2/44 furono caricati in treno per la destinazione finale: probabilmente per la loro età furono subito condotti alle camere a gas (Moisè fu ucciso all’arrivo il 26/2, forse anche Olga ma non vi è certezza). Riportiamo il testo dell’appello di Moisè: Cartolina prestampata del Campo di Concentramento di Fossoli, Carpi (prov. Di Modena) postalizzata tramite ufficio postale di Fossoli in data 16/2/44. Presenti il timbro circolare del campo e vari lineari di censura. (immagine tratta dal sito dell’Archivio Arolsen) Alfredo era nel frattempo a casa della famiglia Gori di Montale. Racconta Ada Gori: “Per qualche tempo, finché non arrivò il freddo, Alfredo rimase nascosto in una capanna di proprietà della famiglia Grassi. Poi verso novembre fu necessario trovargli un’altra sistemazione e fu chiesto a mio padre Pietro, noto come antifascista, di ospitarlo in casa propria. Lui acconsentì, ma era necessario mantenere il più assoluto segreto sulla sua identità, perché se ci avessero scoperti ci avrebbero fucilati tutti quanti. Così ai vicini di casa fu presentato come un parente di Torino sfollato da noi”. Foto di Alfredo Saltiel a Montale. (Immagine tratta dal libro di A. Bresci riportato in bibliografia). Alfredo rimase presso la famiglia Gori per quasi tre anni. Sempre Ada racconta: “Una sera vennero a casa nostra alcuni soldati tedeschi per fare una specie di censimento degli abitanti, visto che oltre a noi c’erano anche alcuni sfollati. Quando li sentì arrivare Alfredo cercò di nascondersi, salendo sul tetto, ma la casa era stata circondata e i soldati, vedendolao scappare, lo presero e lo portarono alla villa Sozzifanti, per accertarne l’identità. Mi ricordo che quel pomeriggio ci fu un bombardamento e la fattoria venne danneggiata: lui avrebbe avuto modo di scappare ma non lo fece, rimase lì con i tedeschi, per paura che facessero delle rappresaglie contro di noi. Si testimoniò che era un nipote di Torino e grazie anche ai documenti falsi non riuscirono a scoprire che era ebreo. Insieme a molti altri giovani venne però caricato su un camion e portato via, a lavorare per l’esercito tedesco”. Tornò da Modena dopo aver lavorato sulla Linea Gotica, ancora una volta a casa Gori, ma con l’avvicinarsi del fronte nella primavera del 1944 si trasferì a Firenze dal fratello di Sem Grassi, che lo nascose in casa fino all’arrivo degli Alleati nell’agosto. Liberati i territori pedemontani pistoiesi, tornò ancora una volta dalla sua famiglia “adottiva” a Montale. Vi rimase fino a dopo la liberazione di Milano. Alfredo Alberto si sposò con Flora Recanati, anche lei originaria di Salonicco, arrestata a Milano e deportata ad Auschwitz, ma sopravvissuta. Dal 1985 Alfredo riposa con la moglie nel cimitero ebraico di Milano; purtroppo nel 2006 le loro tombe sono state oggetto di atti vandalici (quaranta lapidi distrutte vd. “La Repubblica”, cronaca di Milano, 17/5/2006). Enrico Bettazzi
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA A. LOTTINI, Vite sospese. Memorie e storie della Shoah nel Pistoiese, Pistoia, 2021 A. BRESCI, Montemurlo fra storia e memoria. L’occupazione tedesca, la resistenza, la liberazione, Firenze, 1995 G.BINI, Famiglia Gori- “Giusti tra le nazioni” in https://www.noidiqua.it/Montale/famiglia-gori-giusti-nazioni/ |