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  P.G. 82: prigionieri alleati nel pistoiese
Enrico Bettazzi

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Timbro di reparto del Campo di Concentramento per prigionieri di guerra n. 82

Nonostante la guerra procedesse con esiti sempre meno positivi, le iniziali campagne di guerra e soprattutto quella in Africa Settentrionale, ci avevano permesso la cattura di diverse migliaia di prigionieri alleati, principalmente Britannici. Il numero complessivo dei prigionieri di guerra se messo a paragone con quelli da noi lasciati in mano agli Alleati era sicuramente una ben misera aliquota. Si stima che dall’inizio della guerra all’8 settembre 1943 restassero in nostre mani 143.150 militari nemici. Dopo una prima reclusione nei territori vicini ai campi di battaglia, i prigionieri venivano smistati in appositi campi disseminati lungo tutta la penisola. Tra aperture e chiusure, spostamenti dovuti al progredire negativo della guerra, si ebbero oltre un centinaio di campi, numerati in maniera progressiva con la siglia P.G.

Molti furono stabiliti nella zona centrale della penisola ed alcuni anche in Toscana; tra questi il P.G. 82 di Laterina.
Questo , come ben descritto da Roberto Monticini in queste pagine (vedasi link in bibliografia), ebbe una lunga e varia storia, ma nel periodo che ci interessa ebbe prevalentemente prigionieri di guerra britannici, secondo alcuni fino a circa 8mila, anche se elenchi ufficiali parlano di cifra poco oltre i duemila.
Un campo di concentramento strutturato, un serbatoio di manodopera preziosa per quei tempi.
La Convenzione di Ginevra prevedeva infatti che i soldati (non ufficiali né sottufficiali) potessero venire sfruttati come manovalanza da ditte che ne facessero richiesta.

Questo dava luogo a distaccamenti di lavoro, talvolta anche abbastanza lontani dal campo madre; tali sottocampi venivano designati col numero arabo principale del campo seguito da un numero romano progressivo identificativo. Non erano veri e propri campi, talvolta i prigionieri, sorvegliati da aliquote di carabinieri, milizia o battaglioni territoriali, trovavano alloggio presso strutture private adattate alla custodia. Molto spesso si trattava di lavori agricoli per periodi limitati, ma talvolta i prigionieri prestarono l’opera anche presso fabbriche manifatturiere.

Il campo di Laterina ebbe, seguendo i numeri dati, più di quindici distaccamenti di lavoro.
Ben tre di questi ebbero a che fare col territorio pistoiese: il PG82/16 a Vergine dei Mei (Masiano) dove i prigionieri lavoravano presso un vivaio di piante di Martino Bianchi; il PG82/17 presso il Fornacione (fornace per laterizi) sulla direttrice per Lucca, appena fuori la città di Pistoia; il PG82/18 presso la Villa Il Barone di Montemurlo, nel pratese, ma con i prigionieri a lavorare in campagna anche sopra Santomato e che venivano ospitati nel vicino convento di S. Quirico.
Del PG82/18 le fonti britanniche indicano un totale di 51 prigionieri presenti alla data dell’armistizio; cifra congrua in quanto ogni distaccamento di lavoro non aveva più di cinquanta presenze anche negli altri sottocampi censiti.

Immagini tratte dal libro di Annalisa Bresci ciata in bibliografia.

Si ritiene, in accordo con Roger Absalom, che anche i due distaccamenti sul territorio pistoiese avessero una uguale aliquota di prigionieri occupati al lavoro.

Immagine tratta dal libro su Santomato, riportato in bibliografia. La foto fu fatta nei paraggi di S. Quirico.


I prigionieri di guerra erano tutelati dalla Convenzione ginevrina; poterono usufruire di corrispondenza e pacchi della Croce Rossa. Postalmente i distaccamenti dipendendevano comunque dal campo principale di Laterina, ove la posta veniva consegnata e ripartita per poi distribuirla verso i distaccamenti. Talvolta il militare prigioniero, utilizzando le franchigie predisposte per i P.G., indicava anche il sottocampo, ma non abbiamo evidenze di tal genere per la zona pistoiese.

Cartolina in franchigia predisposta per la corrispondenza dei prigionieri di guerra in mano italiana. Esempio di indicazione di sottocampo nell’indirizzo del mittente: 106/III (campo di Vercelli, sottocampo n.3)
(collezione dell’autore).


Abbiamo invece l’evidenza di una corrispondenza spedita da un carabiniere di sorveglianza ad uno dei sottocampi pistoiesi. Infatti la cartolina in franchigia spedita ad una famiglia amica di Borgo a Buggiano, sempre in provincia di Pistoia, riporta il generico indirizzo del Campo di Concentramento n. 82 e della Posta Militare di riferimento (il concentramento postale di Bologna PM 3200), ma oltre al timbro di reparto del campo di prigionia, è presente quello circolare del comando della Tenenza dei RR.CC. di Pistoia.

 

Cartolina in franchigia, senza timbro datario postale, ma scritta il 7/8/42. Presenti il timbro circolare del Campo di Laterina e quello del Comando di Tenenza Carabinieri Reali di Pistoia.
(collezione dell’autore).

 

I contatti con la popolazione circostante furono amichevoli.
I contadini delle zone limitrofe trovarono il modo di intessere relazioni anche prima della fine dell’esperienza dei campi: i contadini portavano i loro prodotti (pane, vino, frutta, verdura) ricevendo in cambio sigarette, cioccolata e saponette arrivate coi pacchi della Croce Rossa.
Si iniziò a vedere così anche costumi e tradizioni diverse che ai nostri sembrarono cose strane: l’immancabile the delle cinque coi biscotti e la doccia quotidiana… Nel 1944, con l’arrivo del fronte sul territorio provinciale, queste cose ci sarebbero diventate usuali.

L’8 settembre 1943, quando l’apparato militare italiano si sfaldò, furono lasciati liberi dai loro controllori, anch’essi in fuga. Si sparpagliarono nei territori a loro familiari e furono ospitati, talvolta per mesi, dalle famiglie di coloni della zona, dando vita al fenomeno degli “Helpers”. Fenomeno poi riconosciuto dagli stessi Alleati con sussidio post-bellico e consegna di diploma di benemerenza; alcuni prigionieri andarono ad ingrossare le fila partigiane, soprattutto nel territori di Montale e del Montalbano.

Immagine tratta dal volume Pistoia fra guerra e pace, citata in bibliografia.


Un helper ebbe a dire: “Vedere questi disgraziati, abbandonati, soli, forse in pericolo, veniva spontaneo aiutarli…”
L’avvicinarsi del fronte in Toscana portò ad un naturale incrudimento delle cose: da lì non fu più solo solidarietà o pietà cristiana, ma una scelta che imponeva l’assunzione di un rischio mortale ed un impegno di lotta per la libertà di tutti.

Manifesto esposto a Pistoia, datato 28/2/44 a firma del Capo Provincia Balletti. Ordina la confisca dei beni ad una famiglia che aveva ospitato alcuni militari alleati ex prigionieri, l’espulsione del nucleo familiare dal territorio comunale. Il capo famiglia fu imprigionato e rischiò la fucilazione
(tratto dalla pubblicazione Domani il sereno… citata in bibliografia).

 

Enrico Bettazzi
20/09/2023

 

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

AA.VV., Pistoia fra guerra e pace, Pistoia, 2005

R. RISALITI, Antifascismo e Resistenza nel Pistoiese, Pistoia, 1976

R. ABSALOM, Contadini ed ex prigionieri alleati nel pistoiese 1943 -1945, in “Farestoria”, 1/1985

A. BRESCI, Montemurlo fra storia e memoria, Firenze, 1995

AA.VV., Domani il sereno: quarant’anni fa la liberazione di Pistoia, Pistoia,1985.

E. BETTAZZI- A. PASQUINI, I prigionieri di guerra in Italia nel secondo conflitto mondiale (prima parte), in “Posta militare e storia postale”, n.114 (febbraio 2010).

https://www.ilpostalista.it/arezzo/arezzo_0205.htm

https://powcamp82laterina.weebly.com/