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  Profughi veneti nella 15/18: dal bellunese a Bagni di Montecatini
Enrico Bettazzi

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Durante la Grande Guerra, la rotta di Caporetto costrinse al profugato quasi 500mila persone delle province di Udine, Belluno, Treviso, Venezia e Vicenza. In parte sgomberate, altre fuggite dai territori invasi all’approssimarsi del nemico. Nella concitazione dell’evento, non tutti se ne andarono dalle proprie case; nuclei familiari furono divisi nell’improvvisa fuga. Si deve rammentare che circa centomila soldati di quei posti non avevano più notizie riguardo la sorte dei propri familiari. Il censimento dei profughi fu fatto solo circa un anno dopo, nell’ottobre del 1918.

Furono quindi mesi intensi per le strutture predisposte al governo in esilio di tali comunità, coi Commissari Prefettizi dei paesi esuli “ospitati” presso strutture nelle città di accoglienza dei profughi.
I commissari prefettizi, figura sostitutiva di quella di sindaco in situazioni di emergenza, ricevettero quotidianamente istanze da parte dei soldati delle terre invase o dei profughi stessi che chiedevano di sapere qual destino fosse capitato a propri parenti, amici e conoscenti.

È questo il caso delle corrispondenze che qui analizziamo, provenienti da un lotto in vendita su di una nota piattaforma di aste online (Delcampe).

Esse vengono tutte indirizzate ad Antonio Collarini, Commissario Prefettizio di Farra d’Alpago, allora comune autonomo (ora confluito assieme ad altre località in quello di Alpago, in provincia di Belluno), ospitato a Montecatini Terme, in Via Cavour n. 8.

Da questa corrispondenza dei primi mesi subito dopo la rotta di Caporetto si evince una organizzazione di assistenza che cercava in tutti i modi, tramite anche diffusione di notizie diffuse grazie alla stampa di un Bollettino distribuito attraverso la rete di Ufficio Notizie, Comitati pro profughi ed ammistrazioni locali, di tranquillizzare i soldati al fronte, diversi dei quali proprio in quel periodo avevano disertato per stare vicini ai propri cari ( con conseguenti possibili pene reclusive carcerarie fino alla condanna all’ergastolo). Così come si dettero notizie per riunire le famiglie.
Per tutte le cartoline indirizzate al Commissario vediamo anche l’impegno personale del medesimo, che le protocolla e ne manoscrive l’esito.


In Toscana furono ospitati 3669 profughi bellunesi; in ogni paese della non ancora nata provincia di Pistoia vi erano nuclei di profughi più o meno ampi e varie amministrazioni comunali in esilio (come vedremo in prossimi articoli).
La diaspora delle genti venete si concluderà a guerra finita da un pezzo; i profughi torneranno nelle loro terre liberate solo nel 1919.

Enrico Bettazzi
8/5/2023

 

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

D. CESCHIN, Gli esuli di Caporetto. I profughi in Italia durante la Grande Guerra, Bari, 2006.

D. CESCHIN, Italiani rifugiati, in Dizionario storico della Prima guerra mondiale, a cura di N. LABANCA, Bari, 2014

https://www.avvenire.it/agora/pagine/disfatta-di-caporetto-1917-civili-in-fuga

https://it.wikipedia.org/wiki/Farra_d%27Alpago