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Internati militari in Svizzera
di Marino BIGNAMI

Qualche volta curiosando fra le buste della collezione si trovano riferimenti della vita del passato che possono rivelare notizie sorprendenti. In un piccolo numero di lettere, oggetto della presente nota, si rivive l'aria dei tempi calamitosi vissuti durante il conflitto mondiale del 1940 1945, anche nella neutrale Confederazione. Le lettere in mio possesso sono relative ad un militare italiano che dopo l'otto settembre era riparato in Svizzera. Bisogna ricordare che nell'autunno del 1943 circa 20.000 militari italiani espatriarono clandestinamente in Svizzera e fino alla fine della guerra la Confederazione accolse in totale circa 45.000 rifugiati italiani.
La Svizzera dopo la sconfitta francese del 1940, era completamente circondata dalle forze dell'Asse e si considerò sotto assedio: instaurò una legge di guerra, richiamò alle armi 450.000 cittadini e introdusse il razionamento alimentare. L'accerchiamento venne rotto solamente nell'agosto del 1944 con l'arrivo delle truppe statunitensi che, sbarcate sulla Costa Azzurra erano arrivate alla frontiera occidentale Svizzera..
Le missive in mio possesso sono inviate in franchigia di tipo militare, sono un esempio delle corrispondenze circolate fra i vari rifugiati militari italiani perché la Svizzera, come firmataria della "Convenzione sui diritti e i doveri delle Potenze neutrali in caso di guerra" della Conferenza dell'Aia nel 1907, doveva trattare i militari belligeranti che entrassero nel paese, come fossero prigionieri di guerra, cioè accettarli, disarmarli e provvedere al loro sostentamento e farli comunicare in franchigia.
I rifugiati militari italiani furono internati in piccoli campi di lavoro situati nella Svizzera tedesca, generalmente in aree rurali. Per carenza di manodopera maschile richiamata alle armi, la Confederazione permise (prima erano vietati) l'istituzione di contratti di lavoro agli internati.
In questo piccolo numero di lettere si capisce che i commilitoni riparati in Svizzera, sparsi fra i vari campi per internati militari, si mantengono in contatto epistolare commentando l'andamento della guerra in patria e la loro situazione di internati.
Data la loro posizione di disertori era impossibile corrispondere con i loro parenti, nemmeno tramite la Croce Rossa, il canale ufficiale non poteva essere usato per non mettere in pericolo i loro cari.


In una di queste missive, che riproduco sopra, il militare riceve da un altro internato una lettera che sollecita un suo scritto da inviare alla madre che risiede a Milano (la notizia della residenza è ricavata da un'altra lettera inviata da un internato milanese che si ripromette di incontrarlo in città alla fine del conflitto). Si apprende così che esisteva un flusso di notizie, trasportate da privati svizzeri in modo clandestino, fra gli internati e i loro parenti oltrefrontiera, questo nonostante i tedeschi e i repubblichini avessero rioccupato il territorio dell'Ossola e chiusa la frontiera. La via ufficiale della posta con l'Italia passava solo da Monaco di Baviera!.
Dopo il 25 aprile in Italia la guerra era finita e molti internati rientrarono precipitosamente in Patria. Le autorità militari svizzere definirono questi partenti "internati evasi".
In una lettera circolare dell'autorità militare svizzera, datata 1 giugno 1945 inviata al militare internato (ricordo che la fine ufficiale del conflitto fu il 2 giugno), le autorità ricordano ai destinatari che hanno in corso un contratto di lavoro, che per avere le spettanze loro dovute, dovevano seguire un iter dettato dall'autorità, ed a tutti gli internati, che per il rientro e per passare il confine sarebbero stati muniti di tesserino di riconoscimento con fotografia.

Busta e circolare dell'esercito che gestiva gli internati inviata il 1° giugno 1945 che ricorda l'iter da seguire per il rimpatrio.

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