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Parenzo 12 giugno 1916
di Sergio Mendikovic
(L'Occhio di Arechi n. 53 dell'ASFN)
Ripercorrere la storia con le date è stato sempre un esercizio affascinante. Ovviamente tutte le azioni sociali nel loro complesso sono e fanno storia, ma i testi ci riportano solo i grandi eventi lasciando nell’oblio quelli considerati minori.
Dicevano che è affascinante trovare oggetti postali con date che possano essere correlate ad eventi. Mentre in un luogo l’addetto postale apponeva il timbro annullatore con data 12.06.1916, come da figura, in un altro luogo nasceva l’evento storico.
Ai fatti che andiamo a rappresentare, che vengono denominati come storia minore, io, da parentino o porečan, come dir si voglia, sono legato. Durante la prima guerra mondiale dopo un bombardamento austriaco effettuato con gli idrovolanti su Venezia e dintorni, un idroplano venne colpito dalla contraerea italiana. Nonostante le difficoltà raggiunse la città istriana di Parenzo. Non potendo trovare il carburante necessario, l’idroplano venne rimorchiato verso il porto militare della cittadina istriana. Dopo tale evento il comando austroungarico decise di erigere un hangar per offrire riparo alle unità impegnate nelle azioni. Parenzo divenne così strategicamente importante, tanto che si installarono delle batterie di cannoni da 75 mm sull’isola di San Nicolò, un posto di radiotelegrafisti e un potentissimo riflettore.
Verso la fine del Maggio 1916 i raid aerei austroungarici nell’alto Adriatico furono intensificati. Squadriglie composte da 6 a 16 idroplani attaccarono Venezia, Mestre, Portogruaro e Grado. Da informative, che poi si rivelarono errate, si pensò che tali squadriglie avessero la base in terra istriana, a Parenzo, sull’isolotto di San Nicolò. Era necessario individuare e distruggere tale base mediante un bombardamento navale. L’Ammiraglio Thaon di Revel ordinò che un Gruppo Navale salpasse da Venezia disponendo nello stesso tempo che nostri idrovolanti di base a Venezia ed a Grado, fossero pronti a respingere la possibile reazione austriaca. All’incursione, vista la sua conoscenza dei luoghi, venne aggregato il tenente di vascello di complemento Nazario Sauro.
Il comando dell’operazione fu affidato al capitano di vascello Pignatti Morano. La squadriglia navale era composta dal cacciatorpediniere ZEFFIRO al comando di Costanzo Ciano con a bordo Nazario Sauro, dal FUCILIERE comandato da Angelo Bianchini Levi, dall’ALPINO comandato da Guido Barbaro e dalle Torpediniere “23 OS”, Comandante Enrico de Bellagarde, e la “37 PN”, Comandante Emilio Stretti.
Gli esploratori ROSSAROL e PEPE con i cacciatorpediniere MISSORI e NULLO furono designati per le operazioni di sostegno, stanziati al largo ma pronti ad intervenire.
Il piano tattico prevedeva che le due Torpediniere dovevano trovarsi nelle acque di Parenzo entro le 3,30 del 12 giugno con il compito di localizzare la base degli idrovolanti e le piste di decollo, i tre Caccia, alla stessa ora, dovevano trovarsi a 15 miglia a nord di Parenzo, pronti ad intervenire per cooperare al bombardamento appena individuati gli obiettivi; la squadra di sostegno doveva, invece, pattugliare a 25 miglia al largo.
Poco prima della mezzanotte tra l’11 ed il 12 la flotta salpò ed all’alba furono in vista dell’isolotto di San Nicolò. L’esito fu negativo. Il Comandante Pignatti ordinò di entrare nel porticciolo per individuare gli obiettivi. Lo ZEFFIRO con rapida manovra ispezionò il porto ma non trovò nulla. Sul molo erano presenti solo tre guardie austriache che seguirono la manovra delle nostre unità non immaginando che fossero navi delle Regia Marina italiana. Il Comandante Pignatti, dietro suggerimento di Nazario Sauro, decise di catturare le sentinelle per estorcere, con modi spicci e risoluti, informazioni su dove si trovava la base aerea. Venne fatto un solo prigioniero che alla fine indicò la esatta ubicazione della base aerea. Si trovava in zona di San Lorenzo ben celata da una fitta pineta. Rapidamente, visto che due guardie erano fuggite ed avrebbero dato l’allarme, venne deciso di procedere al cannoneggiamento: l’ALPINO e il FUCILIERE indirizzarono il loro tiro sulle batterie mentre lo ZEFFIRO batteva gli obiettivi nella pineta.
Il duello di artiglieria durò una trentina di minuti, quando in lontananza fu avvistato del fumo. Le unità italiane andarono perciò a ricongiungersi al Gruppo di Sostegno per prepararsi allo scontro navale, che non avvenne. Ma sulla rotta di ritorno la squadra navale italiana venne duramente attaccata dagli idrovolanti austriaci alzatisi da Pola. Quattro furono i morti, tre feriti gravi ed undici lievi, vittime in gran parte delle schegge ed del mitragliamento da parte degli idrovolanti. Le incursioni su Parenzo furono ripetute in quanto gli austriaci ricostruirono prontamente quanto era stato distrutto dal bombardamento navale. Le stesse unità che parteciparono alla prima azione, tornarono a colpire Parenzo il 9, il 10 e l’11 luglio mentre un’altra missione, in cooperazione con l’aviazione di marina fu compiuta il successivo 16 e 17 luglio. Al comando di una squadriglia era posto Gabriele D’Annunzio. Quegli attacchi misero a dura prova anche la popolazione di Parenzo, priva di rifugi anche naturali, tranne uno angusto in zona Tre Ville ma destinato alla guarnigione dell’idroporto.
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