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SAn Bernardino
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Santa Pazienza




Bernardino degli Albizzeschi nacque l'8 settembre del 1380 a Massa Marittima, dove il padre Albertollo reggeva il governatorato della Repubblica di Siena, e nella città maremmana trascorse i primissimi anni della vita. Rimasto orfano all'età di sei anni, fece ritorno a Siena dove il resto della famiglia, ed in particolare la zia Bartolomea, terziaria domenicana, si prese cura di lui. Fu dunque avviato, come si conveniva ad un rampollo della nobiltà senese, agli studi di grammatica e retorica, per poi seguire i corsi di giurisprudenza all'Università di Siena.

A diciotto anni iniziò a frequentare la Confraternita dei Disciplinati di Santa Maria della Scala, una compagnia di giovani flagellanti, che si riuniva nei sotterranei dell'ospedale e che, quando nel 1400 in città scoppiò un'epidemia di peste, si prestò attivamente ad aiutare i medici nelle opere di soccorso e cura. Bernardino, già dottore in filosofia e diritto, fu a sua volta contagiato e con lui anche la zia Bartolomea.

Fu durante la malattia che maturò in lui la volontà di entrare in un ordine religioso, cosa che mise in atto nel 1402, entrando come novizio nell'Ordine Francescano in un piccolo convento alle pendici del monte Amiata, dove prese i voti nel 1403, per poi essere ordinato sacerdote l'anno successivo e tornare infine a Siena in qualità di predicatore nel 1405.

In contrasto con la rilassatezza di costumi dei frati Conventuali, ma lontano dagli eccessi dei cosiddetti Spirituali, Bernardino scelse di seguire la regola dell'Osservanza, andando a vivere nel piccolo convento della Capriola, posto su un'altura di fronte a Siena, dove per oltre un decennio si dedicò allo studio dei grandi dottori e teologi.

In questo periodo, dedicato tra le altre cose anche all'ampliamento della sede conventuale, realizzato grazie all'appoggio dell'ospedale di Santa Maria della Scala, nacque e si consolidò la sua fama di predicatore. Una fama destinata a raggiungere miriadi di fedeli in centinaia di piazze: le chiese non bastavano infatti a contenere le folle che sempre più numerose volevano ascoltare i sermoni di Bernardino quando questi, nominato nel 1417 vicario della Provincia Toscana, si trasferì a Fiesole, per poi dare inizio ad una lunga serie di viaggi di predicazione in tutta Italia.

Il segreto del suo successo stava innanzitutto nella sua grande erudizione, ma anche nel saper adattare i suoi discorsi alle situazioni contingenti delle città in cui predicava e nell'adottare registri comunicativi capaci di raggiungere i colti come gli ignoranti. E se per lui il "dire chiaro e breve" non fu mai disgiunto dal "dire bello", grande attenzione pose anche ad aspetti più tecnici, al punto di studiare perfino l'andamento dei venti prima di erigere il palco da dove avrebbe parlato, in modo di raggiungere chiaramente il maggior numero di persone.

Ma il tratto più moderno e sicuramente rivoluzionario della sua strategia comunicativa, quello per il quale è oggi stato eletto a patrono dei pubblicitari, fu senz'altro la scelta di un simbolo (oggi lo chiameremmo logo) di efficacia fulminante: il famoso trigramma IHS. Che esisteva prima di lui, e che taluni fanno risalire all'uso di indicare Gesù Cristo servendosi delle prime due e dell'ultima lettera del suo nome in greco, ma che Bernardino arricchì di una serie impressionante di significati.

Dal valore stesso da dare alle lettere (Iesus Hominum Salvator) al simbolo della croce aggiunto alla stanghetta verticale della H, dalla litania associata a ognuno dei dodici (come gli apostoli) raggi del sole posto intorno al trigramma al motto di san Paolo posto a cornice del tutto: "Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, sia degli esseri celesti, che dei terrestri e degli inferi".

Semplice e suggestivo, il trigramma bernardiniano ebbe un gran successo, diffondendosi in tutta Europa tanto che Giovanna d'Arco lo ricamò sul suo stendardo e più tardi i Gesuiti lo adottarono come stemma, ma gli valse anche accuse di idolatria e, addirittura, di eresia.

Alla sua attività di predicatore Bernardino non rinunciò mai, nonostante gli incarichi sempre più importanti in seno all'Ordine (che tra l'altro contribuì a rinnovare profondamente) e le reiterate offerte di un vescovado, anche nella sua città.

Nel 1444, nonostante la salute malferma, intraprese un viaggio verso Napoli, prevedendo una sosta a L'Aquila, su invito del vescovo, per tentare di riconciliare due fazioni che in città si affrontavano apertamente. In questa città morì il 20 maggio, e leggenda vuole che la sua bara continuasse a gocciolare sangue fino a quando le due fazioni non si furono riappacificate.

Solo sei anni dopo Niccolò V lo proclamò santo.

IL FRANCOBOLLO



Emesso dal Principato di Monaco
il 13 maggio 1975

Yvert 1005
Dentellato 13
IL SANTINO