Storia Postale
del Regno delle due Sicilie

 

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La deputazione di sanità di Trapani

di Giuseppe MARCHESE (Sicil-Post Magazine)
Fig. 1 - Lazzaretto di Trapani, posto su un isolotto ai margini del porto, in una cartolina del 1900. [1]

Nei secoli dal XVII al XIX le pestilenze (colera e peste) incutevano terrore sia perché non si conosceva l’origine della causa, sia perché avevano un indice di mortalità altissimo, oltre il 50%, e colpivano vaste zone e alle volte l’intera isola.

L’epidemia di Palermo del 1624 e quella di Messina del 1743 erano ancora vive nel ricordo di tutta la collettività. Ma anche quelle del 1837 e 1854 non erano state di meno.

Addirittura quella del 1837 aveva messo a repentaglio il Governo Borbonico per l’accusa di “cospargere veleni” da parte di emissari governativi.

Per impedire il diffondersi del contagio si racchiudeva la zona in un cordone sanitario che era terrestre se la zona era all’interno della Sicilia e marittimo se l’intera isola era protetta dal cordone.

Nel 1746 venne organizzata la Sanità in Sicilia. A capo venne istituita la “Suprema Deputazione di Salute” competente in tutto il regno di Sicilia.

Quattro deputazioni “locali”, a Palermo, Trapani, Messina, Siracusa – a cui si aggiunse in seguito quella di Augusta - erano gli organi esecutivi. Le città rivierasche avevano una deputazione sanitaria.

La giurisdizione della Deputazione di Trapani arrivava fino a Licata a settentrione e gli approdi di Bonagia, San Vito, Castellammare (del Golfo) a meridione.

Le Deputazioni di Sanità avevano l’incarico di sorvegliare i propri porti, e quelli della loro giurisdizione, per impedire l’approdo di barche provenienti da luoghi sospetti o da dove si erano registrati casi di malattie contagiose. Comunicava altresì, ai porti di sua pertinenza, la cessazione della contumacia.

Avevano le Deputazioni di sanità di ordinare il cordone sanitario marittimo nel litorale di loro giurisdizione e l’apposizione delle guardie di sanità.

Le Deputazioni sanitarie disponevano di luoghi riservati a purgare la quarantena e poi di lazzaretti in cui far sostare le navi provenienti da porti sospetti di epidemia. La quarantena aveva un periodo variabile da 8 a 40 giorni.

Fig. 2 - Il bollo utilizzato dalla Deputazione di Salute del Porto intorno al 1830/40.

 

Figg. 2 a/b - Il sigillo della Deputazione di salute di Trapani apposto su due fedi di sanità.

In Sicilia, così come in Italia, era in uso un sistema di difesa dalle malattie contagiose in essere nei secoli scorsi, provenienti dall’interno o dall’esterno, che raggruppavano il un unico organismo. A capo di questa struttura vi era la “Suprema Deputazione di Salute” di Palermo che aveva ramificazione nelle quattro più importanti porti:Catania, Messina, Siracusa e Trapani. Queste erano le “Deputazioni di Sanità”, ma si preferiva chiamarle, a volte, “Deputazioni di Salute” poiché il termine “Salute” corrispondeva agli scopi della struttura.

In ogni porto, scaro o spiaggia, vi era un “Magistrato di Sanità” o un “Deputato di Sanità”.

Tutta questo insieme disponeva di “Guardie di Sanità” e veniva economicamente sostenuta dalla contribuzione dei Comuni e dal compenso che ogni intervento veniva pagato dai padroni di barca o dagli altri interessati.

Questo sistema venne abolito nel 1837, a seguito delle follie seguite alla epidemia scoppiata a Siracusa e poi espansa in tutta l’Isola.

Per stroncare gli eccessi e per rimettere in piedi il traballante trono, fu inviato in Sicilia il Marchese del carretto il quale, oltre a sedare la rivolta, eliminò le Deputazioni di salute e il sistema di difesa fino all’ora operanti in Sicilia. [2]

A sostegno del provvedimento si porta un argomento sanitario, infondato, e la comparazione col sistema inglese che non prevedeva nessun blocco per arginare l’epidemia. [3]

Suprema Deputazione di Salute riceveva notizie dal mondo esterno e li smistava alle quattro deputazioni di salute con le proprie argomentazioni, o ordini, spesso, per quegli affari importanti, firmati dal vicerè o del luogotenente del re, le massime cariche politiche dell’isola.

Le quattro Deputazioni di Sanità prendevano atto, emanavano le disposizioni, avvertivano i Magistrati Sanitari Dipendenti.

La giurisdizione della Deputazione di Sanità di Trapani si estendeva, per il Levante, a Mazzara (Mazara del Vallo), Castelvetrano, Sicoliana (Siculiana), Sciacca, Girgenti (Agrigento), Palma (Palma di Montechiaro), Licata.

Ma oltre a questi porti, diciamo collegati direttamente alla Deputazione, vi erano altri approdi che venivano informati direttamente dai Magistrati di Sanità locali. Per fare un esempio la deputazione di Monte San Giuliano disponeva gli avvisi e gli ordini per il cordone sanitario e le altre necessità sanitarie negli “scari”, ovvero approdi, della sua giurisdizione. [4]

A questo elenco mancano per la parte di Levante, Marsala (forse considerato scalo minore dopo l’interramento di quel notevole porto). Per la parte di ponente gli approdi di Bonagia, San Vito (Lo Capo), Castellammare (del Golfo) dove di era una Delegazione di Sanità sotto la giurisdizione di Monte San Giuliano (ora Erice).

Per recapitare le lettera d’urgenza vi era un sistema di “Corrieri Seri” [5] organizzato dalle Università (Città). Tale organizzazione dei Corrieri si riscontra fin verso il finire del 1500 e aveva la sua ragione d’essere a motivo:

1. per la rapidità d’inoltro;
2. per la mancanza di collegamenti delle correrie (linee postali) del possessore della privativa postale.

Gli avvisi e gli ordini delle Deputazioni di Sanità vertevano primariamente su:

a. avvistamento di legni o navi barbareschi, con la conseguente minaccia di epidemie;
b. avviso di epidemie in atto fuori Regno (Sicilia) e conseguente rifiuto di approdo per navi provenienti da quel porto o quella regione.

Tutte comunicazioni di urgenza che necessitava di una immediata comunicazione ai paesi e città rivierasche.

Vi era un’altra organizzazione addetta al recapito delle lettere a breve distanza. Questo sistema di corrispondenza viene precisato da Vincenzo Fardella, a pagina 148 del suo articolo “Il cordone sanitario del Litorale Orientale Trapanese", pubblicato nel 1983 sulla rivista la Fardelliana: “Dette lettere coi rapporti settimanali venivano recapitate alla Deputazione di Monte S. Giuliano a mezzo delle stesse Guardie, che andavano a piedi da un posto all’altro. Così, ad es., il Custode di Guidaloca le trasmetteva al “Capo Posto di S, Vito questo le trasmetteva al collega di Cofano, il quale le trasmetteva “Al Capo Posto di Bonagia”; quest’ultimo le passava al capo posto di S. Cusumano che le consegnana al “Bordonajo......”.

Questo sistema della corrispondenza portata “a staffetta” era adottato quando vi erano notizie scritte da portare alla Deputazione Sanitaria di pertinenza.

Negli altri casi, cioè di avvistamento di legni sospetti, o di violazione del cordone sanitario marittimo, i custodi di sanità usavano il metodo di segnalare l’occorso “di giorno con fumo e di notte col fuoco” e l’avviso veniva ripreso da ogni torre di guardia posta sul litorale.

 

Attività della Deputazione di Sanità

Le attività della Deputazione, per quello che consta dai documenti comprende:

a) navi provenienti da luoghi infetti;
b) navi che si oppongono o rifiutano la contumacia;
c) navi in contumacia;
d) il cordone sanitario marittimo;
e) controllo di navi in approdo;
f) avviso di avvistamento di navi corsare;
g) controllo sull’esercizio della pesca.

a) navi provenienti da luoghi infetti

Questa incombenza era, in tempi di normalità, la più importante. In ogni parte del mondo nascevano focolai di epidemie e si doveva impedire alle navi partite da quei luoghi o da quei porti l’approdo, o quanto meno fargli osservare la contumacia o quarantena entro appositi spazi sicuri e poi in seguito denominati “lazzaretti”.

Nel 1630 si segnala che sono luoghi infetti la Franza (Francia e l’Italia (non si specifica lo Stato) da tenere in contumacia in luogo appartato con guardia. [6]

Nel 1676 si avvisa che il morbo non è cessato a Malta e si consiglia prudenza nell’accoglierli. [7]

Il 12 febbraio 1707 la Città di Venezia promulga Bando “à Scutari terra nell’Albania ottomana distante 20 miglia dalla Veneta Albania con tutto il suo territorio: Cattaro, Castelnuovo, Risano, Perasto, & ogn’altro luogo della Veneta Albania, unitamente con Ragusa, e tutta la sua giurisdizione per haversi dilatato in detta terra di Scutari, Stati e Ville sudette con qualche strepito il mal contaggioso con timore di maggiori progressi.” E ordina “e di non ammettere à commercio nessuna Imbarcazione; ancorche portasse dalli Stati, Terre e Luoghi di sopra espressati Patente limpia, senza prima essere ammessa dalle Deputazioni di Sanità, ò di Palermo, ò di Messina, ò di Trapani, ò di Siracosa”. [8]

Nel 1737 è la volta di Smirne in quanto: “la Deputazione di Sanità di Messina de’ 20 agosto sù la notizia, che in Smirne trovasi scoverto il mal contagioso portando questo avviso una nave francese del Capitano Giacomo Audibert procedente da detta Smirne fra giorni 24 la quale fu da Deputazione di Sanità intimata la espulsione c’ha detto Ill. Senato informato ch’essendo stata intimata Deputazione di Sanità s’è determinato d’espellere affatto tutte le imbarcazioni procedenti da detta Smirne, e sue vicinanze, dovendosi tutte reputare per infette”. [9]

Lo stesso anno 1737 notizie di Zante in quanto: “una lettera scrittaci il Console di S. M. residente nel Zante colla notizia delli progressi che nella turca Albania, e sue adiacenze sta facendo il mal contagioso, …..si è stabilito di proseguire nelle cautele di già determinate colla totale espulsione delle navi procedenti da luoghi infetti, e loro vicinanze, e come meglio per detta in dorso la quale provvidimo.” [10]

A ciò si aggiunge “un nostro biglietto de’ 24 settembre (1737) caduto sulla notizia avuta, che il mal contagioso stà facendo progressi in tutto il Levante Ottomano, ….e comunicato l’avviso del detto mal contagioso, che si va di giorno in giorno avanzando, e che si può temere di peggio per la comunicazione, che i turchi hanno fra loro senza veruna cautela si è stabilito, che non guardando alcuna eccezione di luogo debba reputarsi tutto il Levante Turco per infetto, e però si è ordinata la totale espulsione de’ Bastimenti che procedono da quelle parti, stimando il Senato, che una tal regola si dovesse anche osservarsi per tutto il littorale del Regno.” [11]

Nell’ottobre 1738 è l’Europa Orientale e sud Orientale ad avere guai “Essendo stato rimesse all’Ill. Senato di questa Capitale, una deliberazione della Repubblica di Venezia su li progressi fatti dal mal contaggioso nelle parti d’Ungheria, Schiavonia, o cò dubj della Croazia; acciò avesse dovuto detto Ill. Senato informare, ci ha con sua consulta de’ ottobre corrente rappresentato, come essendo convenuta Deputazione di Sanità si è stabilito d’osservarsi, quanto saggiamente per li sudetti luoghi è stato regolato dal Magistrato di Venezia, ordinandosi l’espulsione dè bastimenti, che potessero avere comunicazione cò medesimi luoghi, e portar merci, persone, ed animali provenienti dalli stessi luoghi.” [12]

E via di seguito. Le notizie che sommariamente si raccolgono da documenti non ci consentono di esaminare con precisione del fenomeno e se il “morbo contagioso” sia originato da Cholera morbus, peste, febbre gialla o altro, ma ci fa intravedere una situazione diffusa di difficoltà nelle comunicazioni e di una costante attenzione alle navi proveniente da località sospette.

Non si capisce, in questo contesto, se la discriminatoria per le barche provenienti da paesi “barbareschi” (o Nord Africa) ovvero dal “Levante Ottomano” siano derivate da effettiva leggerezza nel conservare la “pubblica salute” ovvero sia ingenerata da altre argomentazioni. Per inciso pare non dia nessun fastidio l’azione della Gran Bretagna che in tema di salute pubblica non attua nessun sistema di quarantena.

 

Fig. 3 - Lettera da Trapani 4 febbraio 1783 con la quale si comunica: “...d’aver questa (Messina) ripristinato il libero commercio colla Calabria per essere stati ammessi a pratica i francesi salvati dal naufragio, e li Pagani intricati pella recupera della robba, sciolse quella l’incarico e Deputanione di Sanità, acciò abolisca la contumacia di giorni 14 e ogni altra cautela che si era imposta alli procedenti della Calabria....”

 

b) navi che si oppongono o rifiutano la contumacia.

La parte più difficile, dolorosa, per molti aspetti inumana, dell’attività delle Deputazioni di Sanità, riguarda il rifiuto dell’accoglienza, obbligare le navi sospette ad allontanarsi, senza possibilità di ottenere viveri e aiuti.

E’ vero che questa drastica pratica veniva adoperata in casi estremi di:

a) ammalati sospetti a bordo;
b) provenienze da luoghi definiti colpiti dal contagio.

Per le navi che avevano la sventura di incappare in questi provvedimenti era la tragedia. Non morte certa, ma imminente pericolo di vita.

A queste navi respinte dalla società civile erano aperte molte strade per salvarsi la vita.

1) rifugiarsi in una delle isole minori per sopravvivere.

Nel XVII e XVIII secolo le isole preferite erano Lampedusa, Pantelleria e Favignana. Le prime due fino a quando furono colonizzate, mentre Favignana aveva un contingente di soldati spagnoli e italiani che probabilmente si limitavano a difendere i forti, avendo saltuari contatti con barche sbandate o di corsa.

La permanenza in queste isole garantiva l’immediata sopravvivenza ma non eliminava il problema principale. Se la barca aveva un ammalato a bordo o l’ammalato guariva oppure doveva essere sostiuito con altro di analogo “pelo”. Della serie “i guai non sono ancora finiti”.

2) diventare corsari o pirati e finire in terra d’Oriente o del Levante dove la detta pratica non era osteggiata dai vari Bey.

Non si hanno notizie certe di questa pratica “a salvamento di vita”, ma ci sono tracce nella storiografia inerente la guerra di corsa e trovare parecchi casi di “cristiani” diventati “musulmani” e corsari, sotto la bandiera dei Bey di Tunisi o Algeri.

3) Falsificare la fede di sanità, cosa molto incerta, e cercare di approdare in un porto più accomodante. Era possibile raggiungere Malta oppure il Levante Ottomano per avere almeno un rifugio provvisorio.

Questa eventualità è accennata solo come ipotesi. Non ho trovato traccia nei vari lavori nella storiografia marinaresca di questo possibile marchingegno. Conoscendo l’animo umano appare alquanto probabile l’uso delle carte false.

Ma veniamo a qualche esempio che i documenti ci tramandano.

La vicenda del Capitano Carlo Kook e della sua nave capitata a Trapani nel mezzo di una burrasca è sintomatica del pericolo di avere un ammalato a bordo. Ecco quanto descrive la Deputazione di Salute di Trapani: [13]

“Ancorato in questo porto il giorno 25 del cadente la Nave Federico Ador del Capitano Carlo Kook svedese senza sapersi da dove procedeva, quale non potè riconoscersi da questo Capitano di Porto per la traversia e tempesta di tal giorno e dovendo l’indomani il Capitano stesso aversi fatto buon tempo abbassare alla casa della Sanità, per prestare la sua ubbidienza posesi alla vela frodando i Regj dritti di questo porto ma in arrivare sopra le secche di Nubbia, pocho lontane dal porto medesimo temendo di arenare domandò agiuto mettendo la bandiera ammazzonata, e venendo da parte del Comandante di questi Reali Sciambecchi qui esistenti portare le lancie de’ medesimi in agiuto di detta nave, s’imbarcò con loro questo Capitano di porto in unione dello Interpetre , e arrivato sopra luogo in dovuta distanza per via di detto interpetre riscontrò la procedenza da Palermo di detta nave, onde presa la patente con lunga molla di ferro per riscontrarla cominciando il confronto de marinari e l’interrogatorio.

Il Capitano per via di detto interpetre rispose aver un marinaro ammalato, di cui non sapea la malatia. Onde tornato a terra il Capitano di porto per tutto riferire a questo Magistrato di Sanità, per non rischiare l’introduzione de’ marinari di una di dette lancie a quel ritardo che indurre potea l’infermità di detto marinaro alla pratica di detta nave, a che non volevano assoggettarla.

Il Comandante sudetto, ritornò a terra, e si ricevette per profumi la detta patente per comm. e del consule mandolle a loro battello, con dodici marinari con detto interpetre per agiuto di detta nave, ciò che il Capitano in arrivare rifiutò, e facendo vela si condusse di bel novo in questo porto e il doppo pranzo venne a terra alla casa di sanità con alcuni marinari, e col Piloto della Capitale tale Rocco Perez a cui offertaci la pratica quando s’avesse assogettato all’interrogatorio e confronto de marinari a tenore de reali statuti, e alla revisione dell’infermo o pure di darseli la patente toccata da questo Maestro Notaio senza pratica per il motivo di sudetta dichiarata infermità di detto suo marinaro. Rispose il medesimo non volere la pratica ma la patente senza toccata e senza pagare i regij diritti di Porto.

Cioche non potendosi accordare riguardo i generali statuti per cui s’ordina doversi praticare detta toccata per notizia dei luoghi ove fusse per portarsi tal bastimento, si come per doversi effettuare l’esazione dei reali dritti di porto che non potea tralasciarsi.

Detto capitano se ne ritornò a bordo, per cui motivo per custodirsi la comune salute ed impedirsi qualche furtivo disbarco di tal nave se le pose a vista una guardia di sanità, credendo secondo ogni giustizia che detto capitano s’avesse a tanto in appresso pratticare....

Ma proseguendo sempre in porto per tutto ieri la sera fece vela forse per il suo destino posato nell’annessa patente di Palermo diretta per la città di Girgenti e Lisbona spedita nella Capitale a 19 di detto mese.

Trapani li 2 ottobre 1776"

Quindi, l’indomani, la Nave Federico Ador e il suo equipaggio lasciarono, insalutati ospiti, il porto di Trapani, lasciando come pegno la patente della Nave.

Se un analogo caso di ammalati sospetti a bordo dava adito ad accoglienza, era tutto il porto che ne faceva le spese, a quanto ci comunica, per lettera, il viceré Duca delaviefuille:

Avendo approdato nel Porto della Città di Milazzo quattro navi cariche di frumento provenienti da Patrasso, e altri luoghi di Levante, una delle quali patronizzata da Domenico maglione Romano, ed altra patronizzata da Domenico Maria Pachini Livornese, essendosi scoperta nella seconda la malattia di numero sette persone dell’equipaggio, colla morte di due marinaj, c’à posto nell’obbligo di far uso delle maggiori cautele …..che in simili circostanza convengono, e per far cingere di doppio cordone per terra, e di feluche armate la città, e litorale di Milazzo, finchè dileguata restasse (come si spera) ogn’ombra di sospetto….che fino a nuovo ordine non dobbiate ammettere nessun Bastimento, o Barca procedente direttamente da Milazzo, e dalle spiagge del suo territorio, ma all’arrivo di esse si debbano tosto rimandare in detta città di Milazzo colla scorta di una barca di guardia, guidata da qualche soggetto d’onore per farla di nuovo approdare nel porto di Milazzo, come pure farete immantinente sfrattare qualunque delle suddette quattro navi, quante volte per accidenti di tempesta approdassero in qualunque marina di questo Regno. Usando in caso di renitenza la forza delle armi. Panormi die 4 Decembris 1747”. [14]

Alle volte sorge il sospetto che qualche cosa non quadra quando si legge il resoconto dei Giurati di Siculiana:

Questa mattina al far del giorno comparvero due grossi bastimenti da parte di ponente con vele (laire) a tre alberi navigarono verso terra sino vicino alle pietre cadute, e voltando la prora ritornarono in dietro vicino a questo scaro ove soglionsi mettere li Bastimenti che prendono carico, e dove anche erano ancorate altri due Bastimenti, un Inglese, ed altro Messinese, posero la lancia in mare con numero duodici uomini, che si avvicinò a terra, subito fattesi avanti le guardie della Torre fu dalla medesima richiesta la nazione loro, d’onde venivano, e che volevano, si rispose essere Greci per come si vidde della bandiera venendo dal Levante ottomano, e domandavano provvisione d’acqua, e toccata di Patente, offerendo denaro per ottenere ciò, dalle guardie fu loro risposto di ritornare a bordo, ed attendere il Maestro notaro e custode di sanità a quali appartiene ciò; ritornati a bordo ed abbassato alla marina il detto Maestro Notaro colli Custodi di Sanità e datosi dalla Torre il segnale con (……..) e cannone per venire all’obbedienza, non è stato possibile, anzi detti due bastimenti restano ancorati in questa spiaggia tre miglia distante da terra, e fuori tiro di cannone, in grado, che si dubita sogliono sbarcare di notte, giacchè hanno fatto vedere una gran premura di voler scendere a terra. Onde da noi si sono disposte le guardie, e Milizia urbana allo scaro, per impedire furtivo e notturno disbarco e nel tempo stesso diamo avviso alle VV. SS. Ill.mi si per quello riguarda la custodia della salute pubblica che per altro accidente de’ nemici, giacchè alla bandiera Greca procedente dal Levante ottomano, e sospetta per contagio, e riguardo ai nemici si è fatto concetto da un Padrone di schifazzo trapanesi in questo scaro, che i detti due bastimenti vi siano non solo greci, ma bensì turchi, e francesi, che perciò preghiamo alle VV. SS. Ill.mi e Giurati di passarne avanti la notizia, e far soddisfare all’espresso il dritto del suo viaggio, mentre esibendoci prontissimi in servirli ci raffermiamo… Lettera dei Giurati di Siculiana 24 agosto 1795.

Cosa può avere indotto i marinai dei due sconosciuti bastimenti greci a chiedere “provvisione d’acqua, e toccata di Patente” in cambio di denaro ? La risposta è ovvia. Le guardie della torre si misero al sicuro chiedendo l’intervento del “Maestro notaro e custode di sanità”.

Durante la terribile pestilenza di Messina diverse navi uscite da quel porto, ormai attaccato dalla peste, fecero perdere le proprie tracce. Ne seguì un’accorata circolare del viceré Corsini che temeva la comparsa di queste navi in altra parte della Sicilia.

Alle deputazioni sanitarie di Messina, Catania, Siracusa, Trapani

Gravissimi sono i pericoli, e li timori che rendono mal sicura la salvezza di questo Regno, se non si esieguono con la più esatta vigilanza, ed accorta attenzione le diligenze, e precauzioni, che sono state ordinate in varie nostre disposizioni. Crescono però a dismisura i sospetti, imperciocchè oltre il Contagio, che fin’ora ha fatto stragge in Messina, e suoi casali, ed in qualche altra Terra di quel distretto, odesi già attaccata la vicina Calabria nella fossa di S. Giovanni, e Casali di Reggio. S’intende altresì sottoposta allo stesso flagello la Morea, e l’isola di Cefalonia. Tutt’i Porti del Mediterraneo, e lo stesso mare minacciano uguali rovine, riputandosi sospetti per le navi vaganti uscite dal Porto di Messina, o procedenti dal Levante colla peste a bordo, le quali essendo stati scacciati dalli porti, ove temerariamente an tentato introdursi, seco portano spavento e terrore, ed essendosi date in preda alla disperazione, ignorasi il luogo ove si fossero rifugiate, o dove per frode, ed inganni si fossero ricoverate……….Palermo die sexto augusti 1743[15]

 

c) Navi in contumacia

La contumacia non impediva il traffico marittimo ma lo rallentava imponendo alle navi che venivano da luoghi sospetti di “Mal contagioso” un periodo di attesa, in posti protetti, o isolati, in modo da osservare se vi erano segni di malattie contagiose. La durata della quarantena veniva dichiarata dalla Suprema Deputazione di Salute e fatta osservare nei porti siciliani o, in tempi di straordinarie virulenze, nelle quattro Deputazioni di Sanità.

Come per il seguente ordine:

V. Sia proibito affatto a tutte le Università maritime del Regno ammettere a contumacia qualunque sorta di Bastimenti procedenti da luoghi sospetti, essendosi soltanto ad esse accordato il poter dar prattica alli Bastimenti procedenti da questo Regno, ed ìsole adjacenti tenute, e,riconosciute limpie, e non soggette a contumacia, giacchè tutte l’altre Barche procedenti da luoghi sospetti del Regno, o pur provenienti da fuori Regno da quelle parti soggette a contumacia, dovranno essere esaminate, e riconosciute le loro patenti da una delle quattro Deputazioni cioè di Palermo, Trapani, Siracusa e Catania, senzacche l’altre Università per qualunque pretesto possano ingerirsi a tal esamina e se per borrasca, o temporale di mare approdasse qualche Barca nè loro porti, scari, o riviere la facciano severamente custodire dalle guardie, per evitar qualunque commerzio, e ne diano subito raguaglio a Noi per questa via, sotto la pena di onze quattrocento, nel caso di ritardato avviso ed altre.pene arbitrarie ogni qualvolta controverranno in tutto, o in parte alla presente disposizione. Datum Panormi decimo quinto Januarii 1745. Circolare a stampa a firma del Vicerè Corsini.[16]

Le modalità della quarantena erano uniformi per tutto il Regno di Sicilia. Per Trapani un qualche esempio:

Essendosi già estinto il contagio nella città di Arta e Iannina come ancora nella Bossina...S.E. è divenuta a ridurre al solito periodo di giorni ventotto la precedente comtumacia di giorni quaranta per detto motivo imposta all’Isole e continente Veneto del Levante.” [17]

La Deputazione di Salute di Trapani aveva l’obbligo, in casi del genere, di comunicare ai porti della giurisdizione le disposizioni emanate dalla Deputazione Generale di Salute di Palermo.

Lettera da Trapani 4 febbraio 1783 con la quale si comunica ai porti di giurisdizione “di dover ridurre la contumacia di giorni sette prescritta ai bastimenti a vela procedenti da Malta al solo doppio costituto, cioè al doppio interrogatorio da farsi nel giro delle ore 24 e di dover comunicare l’anzidetto a tutte le Università del suo marittimo dipartimento pell’esecuzione.”

In seguito alla rappresentanza di V. S. Ill.ma sull’arrivo in codesta spiaggia della feluga del Padrone Giuseppe Santoro, questo Supremo Magistrato di Salute vuole per mezzo mio, che per essere la detta feluga procedente in libera pratica da Mazzara, V. S. Ill.ma faccia disbarcare in contumacia, e colle debite cautele il carico di tutte le mercanzie, a tenore della lettera permissiva del Senato, e Diputazione alla Salute di Trapani a V. S. Ill. ma diretta (aggiunta di mano del mittente) sempreche siano generi insuscettibili.

Tanto eseguirà. E riverendola con ogni distinto ossequio mi soscrivo. Di V. E. Ill.ma La Placa

Palermo 6 agosto 1813 “Lettera del Supremo Magistrato di Salute

Lettera da Palermo 11 ottobre 1813 con la quale il Supremo Magistrato di Salute (di Palermo) comunica: “fissarsi a giorni sette la contumacia per le procedenze delle nostre Isole, menonchè di quelle della Pantelleria, soggette a giorni quattordici, restando fermo lo sfratto per le procedenze dell’Isola di Lampedusa.”

Il diniego della pratica per Lampedusa fa ritenere che in quell’Isola, ancora non colonizzata, vi sia stato uno sbarco di corsari algerini o tunisini. All’epoca non cercavano pane nella grande madre Europa, ma solamente prede, così come “li cristiani” in quella parte d’Africa ancora da colonizzare.

Infine l’abolizione della contumacia che viene decisa dalla Suprema Deputazione di Sanità dopo aver avuto rassicurazioni dello stato di salute del sito sottoposto a quarantena.

Nei casi di leggera quarantena si poteva ricorrere ad imbarcare una Guardia di Sanità il quale garantiva, accompagnato da una esplicita lettera, la tranquilla traversata della Sicilia. Questo metodo evitava di ricorrere al fermo della quarantena. Ecco un esempio di lettera emanata dalla Suprema Deputazione di Salute di Palermo: “Dovendo partire dal porto di questa capitale in pratica la tartana francese nominata “La Vergine della Guardia” di capitano Bartolomeo Murati francese per trasferirsi in codesta, è stata accordata da questa Suprema Diputazione Generale della Salute la persona di Andrea Viola guardiano di sanità, all’oggetto che arrivando in codesta la suddetta tartana francese ed il riferito Andrea Viola guardiano di sanità assicuri con giuramento sotto pena della vita naturale di non aver nel viaggio toccato luoghi sospetti, nè praticato con bastimento alcuno, né trovata, e presa roba di mare, godendo tutte le persone della suddetta tartana francese buona salute, si dovessere subito in codesta ammettere a libera pratica, senza soggettarla a star per ore ventiquattro in contumacia. Comunico tutto ciò da parte di questa Suprema Diputazione Generale di Salute alle SS. VV. per loro intelligenza e puntuale adempimento. Palermo 24 aprile 1771”. [18]

Questo sistema era verosimilmente praticato in tutto il Regno ma non si è trovata traccia di comunicazioni al riguardo da o per la Deputazione di Sanità di Trapani..

Fig. 4 - Lettera da Trapani 23 ottobre 1805. Nel testo: “...che all’arrivo in codesto porto o in altri porti o scari della di Lei Comarca della feluga messinese di Padron Francesco Bruno, lo faccia arrestare in contumacia con darne subito stretto conto per le ulteriori supreme risoluzioni. E ciò in seguito di un Real Dispaccio. Tanto esattamente eseguirà con dar celermente gli ordini corrispondenti alle Università marittime del di lei ripartizione..... Il suddetto padrone e suo equipaggio in luogo sicuro e disabitato senza farlo commerciare con veruna persona......” La lettera porta il sigillo a secco della Deputazione e il bollo a umido della stessa.”

 

d) il cordone sanitario marittimo.

Il cordone sanitario a terra consisteva nel disporre delle guardie armate sulle spiagge del litorale in modo che impedissero l’approdo di navi indesiderate o che avevano qualche motivo per approdare furtivamente.

Il sistema presupponeva l’avvistamento dei legni sospetti, mentre per il forzato allontanamento intervenivano le torri di guardia, nei limiti della gittata dei loro cannoni, e altre guardie che erano richiamati dai segnali convenzionali o dagli spari.

A titolo di esempio si riporta: “Per avvisi si tengono che il morbo contagioso non habis cessato nell’isola di Malta e tuttavia va continuando et dovendo invigilare per la salvezza universale di questo Regno, acciò Dio non lo permetta, si potesse introdurre, e dovendosi in ciò usare ogni esquisita diligenza, dare dell’ordini precisi, che si sono dati in materia della custodia delli lochi littorali, ci ha parso in virtù di queste ritoccarli, acciò si consigli hoggi più che mai; e perchè non restino solamente le Università marittime del dispendio che si fa per questa presenza di tanto beneficio a tutto il Regno, habbiamo (Ravisato) l’altre Università mediterranee a contribuire di mese in mese la ratha che ragionevolmente ci ha parso doversi somministrare per questo effetto, secondo le loro (fode) alli lochi littorali, che più comodamente si ha potuto concertare, et assegnato per le spese di questa Università ha fatto, (e farà) dal giorno saranno poche dette guardie innante, per insino ad altro ordine Nostro le Università che vengono notate......[19]

Anche nel caso di focolai di infezione localizzati, si allertano le guardie del litorale per prestare attenzione alle navi di quella determinata bandiera, mentre per i casi straordinari si ricorreva a un rafforzamento del dispositico, come per la peste di Messina del 1743:

Con nostro biglietto abbiamo disposto lo che siegue: Per l’esecuzione del cordone sanitario del Val di Mazzara diretto dal Vicario Generale principe di Lampedusa, abbisognano le milizie urbane, prevengo perciò V. S. disponga circolarmente gli ordini convenienti diretti alle Università tutte del Valle sudetto, per approntare l’espressate milizie alla disposizione di esso Vicario Generale nella forma, che il Senato, e Deputazione di Sanità di questa Capitale ha proposto, cioè del due e mezzo di fanteria per ogni cent’uomini atti all’armi e del mezo per cento di cavallaria, o conforme da V. E. si troverà più opportuno……. Panormo die decima quarta julii 1743”. [20]

Fig. 5 - Lettera da Trapani 30 luglio 1804 che riporta: “E’ quì pervenuta da Tunisi la polacca del capitano Vincenzo Assante di Napoli, la quale ha recato l’avviso che nel giorno 28 dello spirante mese da quel porto una squadra barbaresca composta dei seguenti legni: tre sciabecchi, una galera, due mezze galere, due galeotte, e un felugone, per come gliene diede l’incarico quel console olandese. Per prevenire qualche tentativo di sbarco sulle coste del nostro Regno, stimo opportuno di rendere intesa l’E. V. Affinchè in tale sinistra occorrenza possa spedire le forze armate dei paesani alla difesa della spiaggia...”

 

e) controllo di navi in approdo.

Le navi che dovevano scontare la quarantena stabilita dalle Autorità erano prima spostate in luogo isolato e in seguito presso i lazzaretti che man mano venivano adibite allo scopo.

Alla sorveglianza che le navi e l’equipaggio restassero isolati erano preposti le Guardie di Sanità.

Tutto ciò aveva un costo, che gravava sull’equipaggio stesso.

Fig. 6 - Lettera da Trapani 23 Gennaio 1798 che comunica ai porti della giurisdizione la decisione della Generale Deputazione di Palermo: "... intorno all’avviso dato al Regio incaricato in Firenze d’essersi scoverto il contaggio nell’Isola di Corsica, che si suppone portatovi da un legno barbaresco la M.S. (Maestà Sua) ha risoluto, e vuole, che per le indicate circostanze non si ammettano nè Reali Domini le provenienze di Corsica, e Sardegna...."

 

f) avviso di avvistamento di navi corsare.

Le barche corsare non erano soltanto di origine “barbaresca” ma anche di navi di nazioni in guerra con la Spagna o la Sicilia. Lo scopo primario era quello di salvaguardare la vita dei “regnicoli” delle zone costiere e a ciò provvedevano i giurati del luogo. Ma ve ne un altro secondario connesso alle possibili epidemie di persone provenienti da un luogo infetto. In questo caso la Deputazione si faceva carico di comunicare l’evento indesiderato.

Altro motivo di allarme era il commercio che i marinari avevano col barche provenienti da barche di commercio o di corsa del Levante ottomano. Ciò portava a una maggiore cautela dato che spesso in quei posti la salvaguardia della salute non era ritenuta indispensabile.

Altro motivo di allarme era il caso di naufragio sulle coste siciliane di legni del Levante Ottomano e delle sue possibili conseguenze.

Fig. 7 - Lettera da Palermo 22 ottobre 1766 a firma del vicerè Fogliani che dice “...ci partecipate l’occorso seguito tra la galeotta turca e le due tartane trapanesi, l’incendio della antenna vela, della medesima, che avete fatto seguire colle debite cautele e le provvidenze date nel littorale per guardarsi se il mare gettasse cadaveri o robba....”

 

g) controllo dell’esercizio della pesca.

Il controllo veniva effettuato in casi di imminente pericolo, non solo per epidemia in atto all’interno dell’isola, ma anche per minacce esterne che si potevano propagare nell’Isola.

Nel 1745 per impedire l’espandersi del colera in Messina e la costa calabra si pose il cordone sanitario marittimo e limitazioni alla pesca nel tratto di mare tra Taormina e Milazzo. [21]

Nel 1818 ricevuto l’avviso che “dalla rada di Tunis, sia uscito uno sciabecco con bandiera del Regno delle due Sicilie, nominato San Michele Arcangelo di Capitan Ignazio Titone di patente brutta....” si impone: “Per le dette barche da pesca, si permette la pesca in tempo di notte, senza omettersi l’uso della bolletta, e colla riserba però, che tali barche venissero scortate sempre, ed accompagnate da una barca per ogni sito...” [22]

Nel 1835 Ferdinando II emette un decreto per l’esercizio della pesca per i timori “per cautelare la pubblica salute in questi Reali Dominj nelle circostanze del Cholera – Morbus che sembra estendersi giornalmente, essendo penetrato anche in qualche punto d’Italia....

In tale decreto si impongono numerose limitazioni alla pesca, di tempo (durata entro le 24 ore); limiti di crociera (trattenersi alla distanza per poter essere vedute); di formalità atte alla identificazione (le barche da pesca dovranno essere tutte numerate ed essere munite di una patentiglia in stampa); di limitazioni all’arrivo (presentarsi agli Ufficj Sanitarj); controllo sanitario (faranno salire a bordo una Guardia Sanitaria...(che) fintantochè non sarà permesso il disbarco resterà a bordo...); controllo in mare (i legni in crociera potranno visitare sotto le riserbe sanitarie ogni barca da pesca...). [23]

Malgrado tutte queste precauzioni nel 1837 il Cholera – Morbus fa la sua apparizione in Sicilia.

Fig. 8 - Avviso a stampa emanato a Trapani il 28 agosto 1831 con la quale si avvisano gli Agenti Sanitari di vigilare affinché i Pescatori evitino di mettersi in contatto con bastimenti. Questa pratica, si conclude, “può esporre a gravi pericoli in questi allarmanti circostanze...”

 

Fig. 9 - Estratto della Deliberazione della Commissione Provvisorio di Pubblica Salute emessa da Palermo il 23 dicembre 1818 con la quale si rafforza il cordone sanitario “da Capo Santo Vito a Capopassero” e si dispongono nuove regole cui devono sottostare le barche da pesca.

 

 

NOTE

[1] Cartolina Collezione Tonino Perrera, per gentile concessione.

[2] “Violato al 1837 nel Magistrato Sanitario l’ultimo avanzo d’indipendenza, e così dato varco al cholera di decimare il popolo Siciliano, aprivasi quell’ampia carriera di misfatti e cui freme l’umanità.” Argomentazioni esposte dal Comitato misto l’8 Maggio 1848.

[3] Questa ordinanza contiene quanto all’umana prudenza è dato scorgere, per guardarsi dal morbo, e quanto si pratica da tutte le altre nazioni d’Europa; ridicola essendo la credenza, che pur da taluni si ha, che il male stesso possa nascondersi negli uomini per molti giorni; ma nel tempo medesimo riapre essa ordinanza, svincola, e facilita le comunicazioni sociali, ed il commercio, ed arresta una quasi dilapidazione di fondi e di risorse, che possono essere ben meglio impiegati a sollievo della miseria, o preesistente, o dai colpi del morbo prodotta. ordinanza dell’alto commissario di sua maestà da Noto 23 Settembre 1837. Archivio di Stato Catania – Giornale dell’Intendenza borbonica di Catania Agosto 1837.

[4] Vincenzo Fardella, Il cordone sanitario del litorale orientale Trapanese ed i collegamenti postali dal 1815 al 1840, in “La Fardelliana” maggio-dicembre 1983 n. 2/3

[5] La prima indicazione del nome si riscontra su documenti del 1600 “e perché il presente Corriere viene serio…”. La parola veniva da “seriamente” derivata dal significato “appositamente”. Quindi il corriere serio è un corriere apposito, cioè particolare o straordinario.

[6] Bando da Palermo Die XV ottobris 1630.

[7] Bando a Stampa da Palermo senza data (1676).

[8] Bando a stampa Panormi die 25 Febbrarii 1707.

[9] Bando a stampa Panormi die 10 settembris 1737.

[10] Bando a stampa Panormi die 19 settembris 1737.

[11] Bando a stampa Panormi die 25 settembris 1737.

[12] Bando a stampa Panormi die 1 ottobre 1738.

[13] Lettera della Deputazione di Salute di Trapani del 2 ottobre 1776.

[14] Circolare a stampa del viceré Duca delaviefuille.

[15] Circolare a stampa a firma del viceré Corsini del 6 agosto 1743.

[16] Datum Panormi decimo quinto Januarii 1745. Circolare a stampa a firma del Vicerè Corsini.

[17] Lettera da Trapani 30 Giugno 1767.

[18] Lettera del Supremo Magistrato di Salute di Palermo, diretta al Senato di Sciacca.

[19] Bando a Stampa da Palermo (senza data ma 1676).

[20] Manifesto a stampa del viceré Corsini del 1743.

[21] Bando del 22 agosto 1745. in Vincenzo Fardella, Il cordone sanitario del litorale orientale Trapanese ed i collegamenti postali dal 1815 al 1840, in “La Fardelliana” maggio-dicembre 1983 n. 2/3.

[22] Circolare della Commissione Provvisoria di Pubblica Salute del 23 dicembre 1818.

[23] Decreto a stampa da Palermo 20 agosto 1835. In Vincenzo Fardella, Il cordone sanitario del litorale orientale Trapanese ed i collegamenti postali dal 1815 al 1840, in “La Fardelliana” maggio-dicembre 1983 n. 2/3.

 

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