Storia Postale
del Regno delle due Sicilie

 

pagina iniziale le rubriche storia postale filatelia siti filatelici indice per autori

I moti del 1820 dalle parti di Trapani

di Giuseppe MARCHESE (N.U. Drepanumfil 2003)

Premessa

Per comprendere la dinamica della rivoluzione siciliana del 1820/21 è bene inquadrare tali eventi nel quadro più complessivo determinato dai moti liberali e carbonari del 1820/1 nel Regno delle Due Sicilie.

Con legge dell'8.12.1816, re Ferdinando IV di Napoli e III di Sicilia, assunse il nome di Ferdinando I re del Regno delle Due Sicilie.

La Sicilia, dopo secoli di vita politica autonoma, cessa di essere un regno indipendente e separato e diventa parte integrante di uno Stato con il suo centro nel napoletano e la sua capitale in Napoli.

Ciò è possibile col beneplacito di Austria, Francia, Inghilterra, Prussia, perché "la Francia vuol la Sicilia (regno delle Due Sicilie) unita per non lasciarla interamente all'arbitrio dell'Inghilterra, e l'Inghilterra vuole il regno unito per la paura che il re di quel regno non si dia interamente in braccio alla Francia."(1)

Ma è altresì certo che l'evento dell'annessione della Sicilia a Napoli fu deciso tenendo conto della poca fermezza con cui i siciliani difendevano le loro prerogative. Dice infatti il Renda: "A questo proposito, il quadro tradizionale, generalmente accolto, di una Sicilia che resista ciecamente alle prospettive unitarie della monarchia meridionale, merita di essere riveduto e corretto in misura piuttosto considerevole. Non tutti i siciliani, infatti, si dichiarano per principio contrari alla politica del ministero napoletano. Ostile senza dubbio è il baronaggio: diffidente è Palermo. Ma Palermo non è tutta la Sicilia, e la nobiltà non è la sola che rappresenti gli interessi e le tradizioni politiche dell'isola."(2)

Come conseguenza dell'unificazione a Palermo è insediato un luogotenente generale di Sicilia, nella persona di Francesco di Borbone, duca di Calabria, figlio primogenito di re Ferdinando.

Nei mesi di maggio e giugno 1820 scoppiano disordini in diverse parti della Sicilia e tutto lascia presagire che "una piccola scintilla avrebbe prodotto un grande incendio".

Il 27 giugno il principe Francesco lascia la Sicilia alla volta di Napoli. Rimane in sua vece il ministro Naselli.

Intanto scoppiano i moti carbonari a Napoli. Sotto la pressione popolare il re è costretto, il 6 luglio, a promettere la costituzione. Lo stesso giorno istituisce il vicariato generale, con i poteri dell'Alter Ego, e nomina il Duca di Calabria vicario del regno. Il 7 Luglio viene adottata la costituzione di Spagna del 1812 e il 9 luglio è istituita la Giunta provvisoria di governo a Napoli. L’1 ottobre 1820 infine il re giura fedeltà alla costituzione.(3)

In questo contesto i moti siciliani hanno un duplice aspetto. Da un lato le immediate reazioni di Messina e di Catania, poi seguite dalle città di Siracusa, Agrigento, Caltanissetta, Trapani che sono tendenzialmente favorevoli al nuovo assetto istituzionale.

Dall'altro quelle di Palermo, di varie città minori e "del contado" i quali inneggiano alla costituzione ma mettono al primo posto l'indipendenza della Sicilia e in misura minore l'applicazione della costituzione siciliana del 1812.

Altra richiesta, non espressa esplicitamente, ma consequenziale alle rivolte popolari del luglio 1820 a Palermo, è l'affrancamento delle popolazioni di inique tasse, come quella sul macinato, e dalle leggi feudali ancora esistenti in Sicilia e da tempo abolite a Napoli.

Infatti, i moti popolari scoppiati prima a Palermo e poi in diverse parti della Sicilia occidentale, mettono in luce che i rivoltosi si accaniscono contro le "istituzioni" borboniche non già per idee separatiste ma per rivendicare bisogni essenziali della parte più debole della popolazione siciliana.

La sera del mercoledì due agosto tre Deputati della Giunta Provvisoria di Palermo giunsero a Trapani su una speronara maltese con bandiera inglese. Fu loro negato di scendere e di prendere pratica. Dopo una assemblea popolare nella casa del Comune, alcuni rappresentanti della città respinsero la richiesta d’abboccamento.

Alle sei della notte la nave ritornava a Palermo senza che i parlamentari potessero scendere a terra.(4)

In questa cornice di furori e di speranze la parte maggioritaria dei rivoltosi palermitani – sopratutto il ceto produttivo in quanto la nobiltà si teneva in disparte – decise di sottomettere a un disegno comune il resto della Sicilia.

Furono create tre colonne mobili dette guerriglie sicule che furono inviate verso Caltanissetta, Siracusa, Trapani. La colonna Galletti, diretta verso Caltanissetta, riuscì a mettere le mani sulla città; quella verso Siracusa non produsse alcun effetto; quella diretta verso Trapani venne fermata alle porte e per circa due mesi la tiene sotto assedio terrestre bloccando le comunicazioni con Palermo e col resto dell’isola. Prima di arrivare a Trapani vi erano state scaramucce a Vita e a Alcamo.

Trapani però era una piazzaforte con una guarnigione militare e ciò permise ai cittadini di mettere a difesa la città. Lo fecero con buoni risultati fermando le colonne palermitane prima a Paceco e Xitta, e poi alla Chinisia, cioè al confine odierno tra Marsala e Trapani.

Il 6 agosto Pietro Anfossi, Comandante della Valle e piazza di Trapani, palermitano, fu richiamato a Napoli.

Il giorno 17 agosto la Giunta Provvisoria di Pubblica Sicurezza e Tranquillità di Palermo elegge capo valle la città di Marsala al posto della insubordinata Trapani.

Così le fonti ufficiali. Ma ben più dettagliatamente ce li racconta Niccolò Burgio e Clavica, un diarista trapanese, in un manoscritto inedito del 1832.(5)

13.8.1820- 25.8.1820" Palermo dov’esiste una Commissione eletta di 72 consoli, dispose una spedizione all’oggetto di bloccare Trapani.

La domenica 13 agosto essa venne avvertita che la truppa ausiliaria di Palermo si era fatta vedere nelle nostre campagne dove commesse avea varie robature, e con ispecialità di cavalli, di bestiame e di mule.

Il lunedì si seppe che lo assassinamento proseguiva con maggiore calore, così si fece risolvere molti proprietari ad armarsi, e andarono ad affrontare quei fuorusciti, come di fatto si fece, e quindi prima di tramontare il sole presentarono al comandante della piazza varie teste e molti prigionieri.

La notte antecedente la terra di Paceco e di S. Lorenzo la Xitta erano state anch’esse derubate e una compagnia di bravi ericini a cavallo fu pronta ad attaccare quei masnadieri se mai fossero passati nel loro distretto.

Sorse il bramato giorno di martedì e la unione fu pronta a partire, seguita da cento soldati di linea da fermarsi a Paceco onde proteggere la ritirata in caso di bisogno.

Andarono dunque ad affrontare l’inimico che rubava, e non solamente rubava, alla rapina univa talvolta l’omicidio..... insomma teneva una condotta tale ed evidenziava la ragione la quale tale truppa nelle carceri stava ristretta.

La compagnia ericina ebbe a fronte un branco di snaturati ladroni. Ne uccise 12 e ne condussero 18 su quell’alto loro castello, e venuta la notte, fece loro sbalzare da quella rupe, in dove trovarono subito la morte.(6)

Si era mandato in Napoli un legno espressamente spedito per ottenere qualche rinforzo.

Il mercoledì 16 agosto suscitossi un fresco e favorevole vento e condusse in questo porto una fregata, un brigantino armato a guerra, una bombarda e un reggimento di fanteria.

Nel giorno 17 e 18 uccisa rimase intieramente altra truppa di regnicoli masnadieri, venuta a riparo di Marsala.

Nel giorno 19 vollero saccheggiare una masseria detta la sabucia. Dieci paesani ne furono avvertiti e malgrado la positiva differenza di forze ebbero il coraggio di assalire quei ladri e sconfissero loro in modo tale che ne condussero 12 in questo castello dopo avere uccisi la metà e la brava compagnia ericina nel giorno 20 ne portò vivi 14 dopo averne scannati altri sei.(7)

Dopo i riferiti giorni sin’oggi 24 agosto la truppa ausiliaria di Palermo non si è fatta più vedere.(8)

Or che diranno i posteri di noi ? In quale Nazione si fa la guerra nella divisata maniera, si sono pur sempre trovate nelle tasche di quei assassini i passaporti in istampa che loro diedero i consoli di Palermo, allorché furono spediti. Oh vituperio eterno!

26 agosto 1820. Una delle nostre barche cannoniere, unita alla bombarda napoletana incrociando né mari di mezzogiorno ebbero la sorte di predare un brigantino napoletano proveniente da Malta col carico di grano di salme 280.

Questo legno apparteneva al principe della Trabia e al negoziante Giovanni Riso. E fa dichiarata buona preda.

13 settembre 1820. Si dispose dal comandante militare Sig. Flugì una spedizione militare composta da mille soldati di linea con due cannoni di campagna e circa 200 tra montesi (abitanti di Monte) e trapanesi e di Paceco d’ogni condizione a cavallo e circa 300 paesani. Sei barche cannoniere trapanesi, un brigantino armato e una bombarda.

Questa spedizione non ebbe l’appalto di invadere Marsala ma quello di darle un assaggio della forza. Le cannonate però le recarono danno positivo nelle fabbriche e il giorno appresso vennero due parlamentari.

15 / 22 settembre 1820. Quindici ladroni usciti da Marsala rubarono alcuni animali molto vicini alla torre della Chinisia. Nel duello che segue perirono due persone e altre due ferite. Gli altri compagni fecero ritorno a Marsala.

A Trapani si respirava un’aria quieta. La fatica giornaliera, il negozio, la conversazione, il teatro che si apriva tutte le sere.....

Nel giorno 18 attacco di alcuni marsalesi... appiccarono il fuoco a Chinisia.

Nel giorno 19 appiccato il fuoco alle nostre campagne dai marsalesi. I bersaglieri furono portati a 300.

Il giorno 20 circa 400 uomini a cavallo usciti da Marsala si lanciarono contro la truppa nei pressi di Chinisia. Vi si ebbe una furiosa battaglia con morti e feriti.

Nel giorno 22 un parlamentare marsalese assicura non essere la truppa regolare autrice di tante rubature.

1 ottobre 1820. Il generale Pepe venuto da Napoli con 10 mila uomini circa sottomise la rivolta città (Palermo) all’obbedienza ed in novembre entrò con tutta la truppa ed impossessò di tutte le fortezze.

Finiscono così le note del diarista trapanese.

L’epilogo della storia è noto. Nei primi di ottobre 1820 il generale Pepe ordinava al Flugj di portarsi verso Palermo, nei pressi di Morreale, essendo la Valle di Trapani sgombra delle “guerriglie” che avevano avuto sentore dell’arrivo delle truppe borboniche.

Il 12 ottobre 1820 il principe di Paternò, che era subentrato come Presidente della Giunta Provvisoria di Governo a quella rivoluzionaria, annunciò il ripristino dell’ordine pubblico. (Vedi figura 5)

La Storia Postale. Con i rapporti così tesi, ricorrendo addirittura alla guerra di corsa, e messa in campo della fanteria di linea con cannoni al confine tra le città di Marsala e Trapani, è evidente che la corrispondenza ne abbia risentito.

Tra le città di Palermo e Trapani, dall’agosto al settembre. Vi è interruzione totale dei collegamenti. Collegamenti saltuari nell’ottobre 1820 fino al gennaio 1821.

Dal continente è possibile che tra situazione di Palermo e l’isolamento di Trapani abbiano indotto a dirottare la corrispondenza da Messina a Siracusa da dove, con un corriere speciale, veniva recapitata, via mare a Trapani. (Figura 4)

Anche Palermo ricorre a mezzi straordinari inviando qualche lettera urgente per mezzo dei Corrieri del Lotto e anche con altri mezzi non meglio identificati, come dimostra la lettera del 24 novembre 1820 da Messina. (Figura 7)

In questa situazione l’assalto e la distruzione dell’Ufficio Postale di Vita è da ascrivere alla anomala attività delle guerriglie sicule.

Figura 1. Lettera da Trapani 16 luglio 1820 a Palermo dove arriva il 23 luglio, a causa dei moti iniziati a Palermo il 15 luglio. La lettera viene prima tassata per grani 4 (distanza fino a 100 miglia) e poi portata a grani 5 (tassa uniforme per la Sicilia secondo la norma preesistente).

Figura 2. Lettera da Palermo 24 luglio 1820, nel pieno dei moti di Palermo e prima dell’arrivo delle guerriglie nel trapanese. Si nota l’anomalo bollo di partenza posto sul fronte della busta e l’assenza del bollo di controllo e il Real Servizio di Palermo.

Figura 3. Lettera da Palermo 21 agosto 1820 a Trapani. Nel mezzo degli attacchi delle guerriglie nel trapanese. A riprova della avversità per il simbolo dell’aquilotto ad ali spiegate, simbolo della città di Palermo, vi sono dei tratti di penna per abolire sia l’aquilotto del bollo del Direttore del Lotto, sia quello in rosso, apposto per breve tempo, presso la Direzione Postale di Palermo. E’ interessante notare che l’emblema di Palermo prende il posto del bollo REAL SERVIZIO per breve tempo caduto in disuso.

Figura 4. Lasciapassare provvisorio, rilasciato dal direttore della posta di Siracusa al commesso soprannumerario Gaetano Dell’Alì, per il viaggio straordinario da Siracusa a Trapani per via di mare il 26 Agosto 1820. Il trasporto per via di mare evidenzia la difficoltà, o l’insicurezza, del trasporto via di terra. E’ probabile che la valigia contenesse la corrispondenza dal continente deviata via Messina Siracusa. Il lasciapassare porta un sigillo in ceralacca.

Figura 5. Circolare a stampa del principe di Paternò, Presidente della Giunta provvisoria di Governo intesa a far sapere ai cittadini che la normalità era subentrata e il commercio, e le lettere, possono avere il suo corso.

Figura 6. Lettera del Direttore del Lotto da Palermo 17 novembre 1820 per Trapani con i segni degli eventi e il rientro alla normalità. Il segno degli eventi si evidenzia con il bollo del Direttore del Lotto scalpellato nella dicitura interna; il rientro alla normalità si ha con l’apposizione dei bolli REAL SERVIZIO e il bollo di controllo di tipo grande del Direttore Generale Ruffo che dopo il luglio pone il sigillo solo su alcune lettere particolari. Inoltre il bollo datario di partenza è posto al retro come da uso precedente.

Figura 7. Lettera del 24 Novembre 1820 da parte del Luogotenente del re in Sicilia marchese Ruffo della Scaletta al Segreto di Trapani. Da Messina a Palermo spedita con corriere particolare o apposito (manoscritto S.P: - servizio particolare) e assenza dei bolli di partenza della Posta di Messina. A Palermo apposto il bollo di transito e quello di controllo del Direttore Generale. Da notare l’assenza del bollo REAL SERVIZIO. Nel testo si parla del sequestro e dissequestro dei beni “dè palermitani”.

 

Risvolti politici e storici

La rievocazione storica dei fatti, raccontata da storici “contemporanei” lascia molte zone d’ombra che offuscano il quadro generale.

Le “guerriglie sicule” o “gli assassini e masnadieri” chi erano veramente? Erano galeotti usciti dalle carceri o patrioti che si battevano per una giusta causa?

D’altra parte la Giunta Provvisoria di Governo di Palermo dette il suo avallo alle guerriglie quando nominò Marsala capo Valle provvisoria e quindi non siamo davanti a una illegittima esecuzione di ordini.

Ma Caltanissetta “messa a ferro e fuoco” dalla colonna Galletti non lascia adito a dubbi sulla determinazione delle “guerriglie sicule”. E non pare che gli ordini emanati dalla Giunta Provvisoria di Palermo siano state in contrasto con l’azione delle colonne.

Inoltre, da parte di Trapani vi é il rifiuto di accogliere i parlamentari in città. Ed è probabilmente questo rifiuto a indurre la Giunta di Palermo ad adoperare la forza.

Inoltre, il ricorso alla “guerra di corsa” ci costringe purtroppo a considerare che vivevamo in un secolo in cui la forza delle armi era prepotente e la vita umana era una merce facilmente sostituibile.

Ad ogni buon conto rimane il dubbio su questa pagina di storia siciliana e se vi furono dei tentativi di mediazione tra le “guerriglie sicule” e i trapanesi prima di giungere alla guerra.

 

Conclusione

La fine della storia è nota. Persero i trapanesi e i palermitani, persero i messinesi e tutti quelli che pensavano al cambiamento o al miglioramento delle loro condizioni di vita.

Il re ritornò a Napoli, scortato dall’esercito austriaco e cancellò con la forza delle armi la Costituzione di Spagna, la sospirata Autonomia, le istanze popolari e il resto.

Fino ai prossimi moti, al 1837 e poi al 1848.

 

NOTE:

(1) Lettera del Medici a Francesco da Vienna 12 febbraio 1815. Archivio di Stato Napoli, Affari di Sicilia, busta 660.

(2) Francesco Renda, Risorgimento e classi popolari in Sicilia 1820-1821. pag. 12 Feltrinelli 1968.

(3) “Il re giurò con noi nel tempio di Dio il dì 20 ottobre del passato anno in presenza del popolo, dell’armata, del parlamento e dei ministri di tutta l’Europa....” in: Panteon dei martiri della libertà italiana, Torino 1861, pag. 164.

(4) Questa e le altre note che seguono sono riprese dall’opuscolo di Salvatore Farrugia Russo “I 4 mesi del 1820 – luglio – agosto - settembre - ottobre. Storia degli avvenimenti nella città a Valle di Trapani.” Biblioteca Fardelliana Trapani.

(5) Il manoscritto è custodito alla Biblioteca Fardelliana di Trapani.

(6) Le notizie del Farruggia non concordano nel numero ma dicono “Il giorno 15 agosto una squadra di bravi montesi nelle campagne di S. Marco arrestò ventiquattro briganti, i quali furono tradotti in quella città ove procurarono di evadere, questo tentativo portò di seguito che dessi ebbero istesso dei briganti che furono affrontati dai cittadini Trapanasi, a riserba si soli quattro briganti, che furono trasportati in Trapani e nelle carceri del forte Colombaia".

(7) Le parole crude del diarista Niccolò Burgio e Clavica sono sintomatiche degli umori di allora. E’ da notare che lo stesso era in sacerdote.

(8) Salvatore Farrugia porta un numero impressionante di morti: “Il giorno quindici agosto i cittadini trapanesi fecero una seconda spedizione, marciarono contro i briganti, questa seconda spedizione fu numerosissima, cento briganti caddero morti. Il giorno sedici una terza spedizione di bravi trapanasi sostenne vigorosamente un terzo attacco, ed i briganti ebbero la fortuna dè due giorni precedenti, apparte di quelli che rimasero uccisi, ve ne furono di quelli che si resero, e vennero trasportati in Trapani e nel Castello.” Dato che di contro i difensori di Trapani non riportarono alcun morto si può ritenere “propagandistico” l’episodio sopra riportato. Salvatore Farrugia Russo ibidem pagina 84.

 

pagina iniziale le rubriche storia postale filatelia siti filatelici indice per autori