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il fascino della storia, ovvero quando, per caso, capitano tra le mani frammenti affrancati con Michetti, floreale e Leoni

di Giuseppe PREZIOSI (L'Occhio di Arechi n. 46)

Quest’articolo vede la luce solo a seguito di un caso fortuito, che mi ha dato la possibilità di esaminare (e selezionare) un buon numero di frammenti. Tutto cominciò una mattina della fine di giugno 2008 quando, scendendo le scale che, dalle poste di Piazza Matteotti, a Napoli, portano in Via Monteoliveto, il mio sguardo fu attratto da una busta di plastica deposta lì, a terra, sui gradini, proprietà di uno dei tanti venditori ambulanti d’anticaglie e similia che vi sostano normalmente. Il contenuto mi sembrò promettente (si trattava di frammenti di buste con francobolli “antichi”), il prezzo dell’accumulo quasi ragionevole (20 €), la voglia di prendere tutto, polvere compresa, tanta. A casa, l’esame del lotto, a parte un paio di storici pennini “Cavallotti”, alcune bustine trasparenti e di fiammiferi (vuote), tanta polvere e degli inutili pezzi di carta, si rivelò abbastanza piacevole e interessante. Esso consisteva, appunto, in un centinaio (e forse più) frammenti di buste, provenienti, per la gran parte, dalla provincia di Salerno, dalla città di Napoli e dal Mezzogiorno, in genere, affrancati con valori vari (molti purtroppo rotti o difettosi) delle serie Michetti, Floreale e Leoni e, tutti, con date comprese tra il novembre 1924 e il dicembre 1925.
Dal punto di vista storico, il 1924 e il 1925 furono anni molto complessi per il nostro paese e per l’istaurarsi del regime fascista. Tutto iniziò il 6 aprile del 1924 quando, con circa il 65% di voti, su sette milioni e mezzo d’elettori, il partito fascista e i fiancheggiatori (i cosiddetti “ministeriali”) vinsero le elezioni politiche (le ultime che avrebbero avuto delle “liste” d’opposizione). L’istituzione del Gran Consiglio (prima che fosse convocata la nuova Camera) fa comprendere come il partito fosse destinato ad integrarsi nella vita politica del paese. Le dimissioni di don Sturzo e l’elezione di De Gasperi a segretario dei Popolari e, finanche, il discorso dell’Onorevole Matteotti, dell’ultimo di maggio (quando il parlamento aprì i battenti), sarebbero caduti nel disinteresse più assoluto se non fosse stato per l’azione stupida ed improvvida del rapimento dello stesso deputato socialista, avvenuta tra il 10 e l’11 giugno. Il rumore fu molto, la crisi delle coscienze, notevole, i deputati dell’opposizione abbandonarono la Camera (Aventino) mentre, persino i nazionalisti e le frange di destra dei popolari pensarono, o sperarono, di mettere in crisi l’esecutivo. Eppure, a meno di due mesi dal fattaccio e prima che, il 16 agosto, si ritrovasse il cadavere di Matteotti, Mussolini compì l’atto di incorporare la Milizia tra le Forze Armate dello Stato, precedendo così lo sconcerto della gran parte dell’opinione pubblica italiana. D’altra parte la disinformazione dovette essere capillare e fuorviante se, ad un mese dal ritrovamento del cadavere del deputato socialista, proclamarono la loro nuova fede personaggi del calibro di Pirandello, Puccini e Di Giacomo. Quello che si avviava verso il nuovo anno (tra l’altro Giubilare) appare un Mussolini frastornato e indeciso sul da farsi, stretto tra le proteste dell’opinione pubblica e dell’opposizione e l’insofferenza rabbiosa dei “ras” di provincia che, ancora nei saluti di fine anno, invitavano Mussolini a difendersi o dimettersi, mentre il senatore Albertini, dalle colonne del Corriere della Sera, scriveva: Si dimetta e si ponga a disposizione dell’autorità giudiziaria. Il discorso alla Camera del 3 gennaio 1925 fu la diretta conseguenza di una decisa scelta del duce…se il fascismo è stata un’associazione a delinquere io sono il capo di questa associazione!, che faceva chiaramente intendere, all’opposizione, che indietro non si tornava, agli estremisti fascisti, che lui e lui solo rappresentava il partito. L’anno 1925, a parte la continua erosione di prestigio e di consensi per i “manganellatori”, fu quello in cui, da una parte, a maggio, fu concesso alle donne l’opportunità di votare e candidarsi alle amministrative, dall’altra, ad ottobre, fu emanato il Decreto legge per l’istituzione dei Podestà di nomina reggia, che, di fatto, vanificava la legge precedente. E’ l’anno in cui si procedette alla fascistizzazione del Paese e all’eliminazione, anche fisica, (aggressione a Giovanni Amendola il 21 luglio) degli avversari. Dall’accordo di Palazzo Vidoni con gli industriali nascerà, poi, il sistema corporativo, mentre, ad ottobre, il Ministro della Giustizia, Alfredo Rocco, propose l’eliminazione dello sciopero e della serrata e la riforma del Senato, a novembre, anche la Confindustria divenne “fascista”, e il saluto romano fu reso obbligatorio nell’Amministrazione civile. Ma fu in dicembre che l’opera di “normalizzazione” raggiunse il suo apice. Il 31, infatti, fu promulgata la nuova legge sulla stampa con cui fu introdotta la figura del “direttore responsabile” (nei confronti dei prefetti) e istituito l’albo dei giornalisti. Ad un anno di distanza dall’invito alle dimissioni, i due fratelli Albertini furono costretti a cedere la proprietà del Corriere della Sera mentre la Stampa fu acquistata dagli Agnelli e il Mattino perse il direttore, Paolo Scarfoglio. Eppure il 1925 fu anche l’anno in cui furono poste le basi di alcune riforme, destinate ad incidere profondamente sulla vita degli italiani. Iniziarono, anzi erano iniziate nel settembre del 1924, le trasmissioni radiofoniche; a febbraio, fu istituito l’“Istituto Giovanni Treccani” per la pubblicazione dell’Enciclopedia Italiana; a maggio, nacque l’“Opera Nazionale Dopolavoro”, a giugno, fu lanciata la “battaglia del grano”, vinta nel 1931; a luglio, fu riordinato il sistema telefonico (i circa 150.000 abbonati italiani, su 611 reti, ovviamente solo urbane, furono suddivisi in 5 zone), ad agosto, venne istituita l’Arma Aerea; a novembre, nacque, ufficialmente, l’istituto LUCE e l’ing. Puricelli iniziò la costruzione della prima Autostrada del mondo, la Milano – Laghi; a dicembre, infine, fu fondata l’“Opera Nazionale Maternità ed Infanzia”. Nel 1925 l’Italia era in festa: il 2 agosto il re compì 25 anni di regno (da cui, la serie “Giubileo”), a fine settembre, la figlia Mafalda sposò Filippo d’Assia (morirà a Buchenwald meno di 20 anni dopo). Il nostro paese acquistò prestigio anche in campo internazionale: a febbraio ricevette dagli inglesi l’Oltregiuba (una desolata terra, confinante con la Somalia, guadagno ben misero, seppur l’unico, al di fuori del trattato di Versailles) e, sei mesi dopo l’elezione di Hindenburg alla carica di presidente della repubblica tedesca (l’astro di Hitler era ben lontano dal sorgere), si fece garante, insieme all’Inghilterra, del Trattato di Locarno che doveva assicurare, in futuro, la pace all’Europa.
Nello stesso anno, Salerno contava circa 56.000 abitanti, mentre Napoli si avviava agli 800.000 (anche grazie al riordino amministrativo che aveva soppresso, proprio quell’anno, gli ex comuni di San Pietro a Patierno, Barra, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio e avrebbe cancellato, l’anno dopo, quelli di Secondigliano, Chiaiano, Pianura e Soccavo).
Non meno travagliata di quella storica era la situazione postale. Il sovrapporsi di serie ordinarie, dal momento dell’ascesa al trono di Vittorio Emanuele III, era stato continuo anche a causa della parziale realizzazione di progetti, destinati, nelle intenzioni, a grande fortuna. A questi si era sovrapposta una devastante (anche dal punto di vista economico) guerra e la necessità di razionalizzare, modernizzare e rilocalizzare la Stamperia di Stato, già O.C.V., da Torino a Roma. E’ quindi comprensibile che le tre serie, ancora in uso nel biennio 1924-1925, abbiano iniziato a vedere la luce, tutte, prima della Grande Guerra: la Floreale, opera di Enrico ed Alberto Repettati, figlio e padre, quale prima serie del nuovo re ed espressione di un movimento artistico che tanto piaceva alla regina Elena, ma che tanto la deluse; la Leoni, pensata da Nestore Leoni per semplificare ornati troppo pesanti e funerei; la Michetti, vera espressione artistica dei nuovi tempi, creatura di Francesco Paolo Michetti, astro nascente nella corte italiana, che sicuramente di arte se ne intendeva, alter ego del suo amico e concittadino Gabriele D’Annunzio. La Michetti, insieme ai due Leoni (il terzo, da 15 c., apparve solo nel 1919) ebbe, certamente, una diffusione larghissima e ispirò persino un gioco per bambini. Si può affermare che accompagnò l’Italia in guerra, nella vittoria e nell’ascesa del fascismo. Nel periodo novembre 1924-dicembre 1925, però, aveva perso già alcuni tagli, messi fuori corso tra marzo e giugno del 1924, anche se altri sarebbero stati emessi solo nel 1926 e 1927. Infatti, oltre ai longevi 25 c., azzurro, e 50 c., violetto, (fuori corso dal dicembre 1925 insieme ai, del tutto ipotetici, 20 c. a destra, con e senza filigrana), erano in corso i valori da 40 c., bruno, 60 c., lacca carminio, 30 c., arancio, 20 c. a sinistra, arancio (dalla vita brevissima, 20 marzo – 31 dicembre 1925), 20 c., verde (emesso solo il 30 giugno 1925) e 30 c., grigio (data di emissione, 26 agosto 1925). Vivevano inoltre una seconda vita, da sovrastampati, i valori 50 su 40 c., bruno, 50 su 55 c., viola, 7,5 su 85 c., bruno rossastro I tipo, 25 su 60 c., azzurro I e II tipo (ma solo per il periodo febbraio – dicembre 1925), 20 su 25 c., azzurro, 30 su 50 c., violetto (entrambi dall’aprile del 1925) e 30 su 55 c., violetto (ma solo dal 28 agosto dello stesso anno). Ovviamente, erano in corso i quattro valori Leoni (5, 10, 15 e 10 su 15 c.), ed infine, per le affrancature di maggior importo, gli alti valori della serie Floreale (1, 2, 5 e 10 lire), (i valori da lire 1,25, 2,50, 25 c., verde e 75 c., rosso, sarebbero apparsi tra il 1926 e il 1927). Erano, infine, in regolare uso (pur se sarebbero andati fuori corso, ufficialmente, il 17 agosto del 1925) i francobolli con appendice pubblicitaria, usati scarsamente, male e con poca voglia, nei meno di 20 mesi di vita.
Anche per le tariffe, gli anni 1924-25 appartengono ad un periodo tempestoso. Furono gli anni in cui l’inflazione toccò uno dei suoi massimi, e, anche per spedire una lettera, il costo aumentò sino ad una cifra che fu, poi, raggiunta di nuovo solo alla fine del 1943. L’anno esaminato si divide in due periodi tariffari. Nel primo, dal 1 gennaio 1924 al 15 marzo 1925 (ma tutte le tariffe ricordate erano già in vigore dal 1 gennaio 1923), spedire una lettera costava 50 c. a porto e con 1 lira si poteva richiedere anche il diritto di raccomandazione. L’espresso scontava 60 c. (oltre, ovviamente, ai 50 c. della lettera semplice). Costo dimezzato, ma non per i diritti accessori, per le lettere all’interno del distretto (per intenderci, città per città… e immediati dintorni). Stampe e cartoline con sola firma pagavano 10 c., aumentati a 15 per le cartoline in distretto o con cinque parole (anni beati in cui i postelegrafonici avevano tempo e voglia di contare le parole!). Con 20 c. s’inviava un biglietto da visita, mentre, con 25 c. si poteva spedire una fattura o si scriveva ad un militare e, con 30 c., infine, si poteva scrivere quanto si voleva su una cartolina e farla recapitare in tutta l’Italia. Il secondo periodo, dal 16 marzo 1925 al 31 agosto 1926, vide la lettera aumentare a 60 c. ed il resto in proporzione (60 c. diritto di raccomandazione, 70 c., espresso, 30 c., lettera nel distretto, diretta ad un militare o fattura, 20 c., cartolina nel distretto, biglietto da visita, con cinque parole ovunque, o diretta ad un militare). Inviare stampe e cartoline, con la sola firma, costava ancora 10 c.
Stabilire le tipologie degli invii (e quindi accertare le tariffe), esaminando solo dei frammenti, è molto difficile, in alcuni casi, del tutto impossibile. Si possono formulare solo delle ipotesi ricordando che, tra tariffe comuni e inconsuete, devono essere privilegiate le prime e che l’errore deve essere preventivato (e scusato), in partenza, dal paziente lettore.

I PERIODO TARIFFARIO, 1 GENNAIO 1924 – 15 MARZO 1925

I frammenti appartenenti al I periodo, quello, per intenderci, in cui la lettera viaggiava con 50 c., sono, in tutto, 9, tre dei quali si possono riferire, quasi sicuramente, alla corrispondenza ordinaria, I porto, perché non è ipotizzabile che sia stato asportato un eventuale francobollo commemorativo di pari importo, declassando, quindi, una raccomandata che scontava, appunto, una lira.

Fig. 1 Il frammento n. 1 si riferisce ad una lettera commerciale, impostata a Milano il 14.11.24, e affrancata con un 50 c. Michetti, francobollo ordinario oltre ogni dire. Emesso fin dal 1 gennaio 1908, fu pensionato il 1 luglio 1926, anche se il periodo di maggior uso fu proprio il nostro, visto l’ovvio impiego. Il valore è perciò bassissimo.

Fig. 2 Questo frammento documenta l’uso, non frequentissimo, ma normale nel periodo, del francobollo precedente con appendice pubblicitaria della Singer. La lettera, impostata a Musocco (MI) il 29.11.24, è posteriore di soli 18 giorni alla prima data d’uso conosciuta. Ciò non costituisce, però, motivo di particolare pregio poiché, anzi, la novità spinse, all’inizio, ad un uso più consistente di tali valori.

Fig. 3 Il frammento riguarda, ancora, una lettera commerciale impostata a Fratte di Salerno – Salerno (come recita il guller a lunette, barrate verticalmente) il 13.12.24. La tariffa è coperta mediante due Leoni da 10 c. e un Michetti da 30 c., arancio. Comparso a settembre del 1922, l’uso di quest’ultimo valore non fu mai particolarmente intenso (poiché, da solo, fu utilizzato, nel periodo tariffario successivo al nostro, per affrancare le lettere nel distretto). L’accoppiata con i due Leoni è perciò da considerarsi logica, visto che, tranne i due 20 c. con l’effige rivolta a destra d’uso, ormai, sporadico e il 20 c. Floreale, addirittura introvabile, non vi era altra possibilità per affrancare una lettera. Da notare la lunghezza “super” del nostro valore, dovuta ad uno spostamento verso il basso dell’ultima battuta del “pettine” che ha portato, nel francobollo, gran parte della scritta presente sul margine inferiore. Normale, viceversa, il decentramento verso sinistra (e la pessima qualità) della dentellatura laterale.

Fig. 4 Nello stesso periodo tariffario, con 1 lira, si poteva affrancare sia la lettera, doppio porto, sia una raccomandata, primo porto. Il frammento, proveniente da una banca (il Credito Meridionale che aveva assorbito la Cattolica, cui appartiene la busta), è da considerarsi quasi sicuramente appartenente ad una raccomandata. Il porto è assolto da tre Michetti, due da 25 c., azzurro, e uno da 50 su 40 c., bruno. I primi due sono valori comunissimi che, emessi il 1.1.1908, andranno in pensione il 30 giugno del 1926 (tra l’altro il 25 c., isolato, scontò tra l’1 marzo del 1919 e il 31 gennaio del 1921 il costo esatto della lettera, primo porto). Meno frequente l’uso del 50 su 40 c. Emesso, come altri sovrastampati tra il 1923 e il 1925, per sfruttare le scorte di valori scarsamente usati, fu il primo della serie ad apparire, il 4 agosto del 1923, rimanendo in servizio sino al 31 dicembre 1925. Il nostro, con dentellatura non del tutto perfetta, si presenta anche scentrato, tanto che una parte dei trattini annullavalore di sinistra si ritrovano all’estrema destra. L’uso misto con il 25 c., azzurro, è da considerarsi frequente, ma non eccessivamente comune. La raccomandata fu impostata a Buonalbergo, Benevento il 19.11.24.

Fig. 5 Raccomandato e … bancario è, anche, il frammento di un plico impostato a Milano 4 (Via S. Dalmazio) il 22.11.24. L’importo di 1 lira è coperto mediante un pari valori Floreale che è, appunto, uno degli usi classici (e meno pregiati) di questo francobollo, che ebbe vita lunghissima, dal 1 ottobre 1901 al 31 dicembre 1926.

Fig. 6 All’epoca, spedire una lettera per città scontava metà prezzo. I due frammenti, 6 e 7, documentano, appunto, tale circostanza. Il primo, che reca il bollo di Napoli Sezioni Riunite 29.11.24 è affrancato con un 25 c., Michetti, che abbiamo già ampiamente descritto. Il valore è quasi nullo, visto l’uso solitario, frequente nel periodo. Per inciso, con 25 c., era possibile affrancare anche una fattura commerciale.

Fig. 7 Anche questo frammento, parte di una lettera spedita da Napoli Sezioni Riunite il 13.12.24, potrebbe rappresentare il porto di una fattura, ma la porzione di indirizzo in basso [LI (78), Napoli quartiere postale 78], potrebbe anche far pensare ad una lettera (oltretutto con l’indirizzo sotto il nome della città, all’americana). L’importo di 25 c. è assolto con due Leoni da 10 e 15 c., uso incrociato possibile, seppur tardivo, soprattutto per il 15 c. Il valore, per l’uso contemporaneo, è, perciò, molto basso.

Fig. 8 Questo frammento appartiene certamente ad una raccomandata spedita nel distretto. La banca mittente è il Credito Italiano che invia, probabilmente, documenti, visto il sigillo cartaceo apposto al verso, dall’ufficio di Napoli Centro (Raccomandate) il 15.11.24. Un frammento (piccolissimo) dell’etichetta di raccomandazione è visibile a sinistra del valore da 25 c. azzurro, Michetti, che costituisce parte dell’affrancatura, assolta, per il resto, con un 50 c. della stessa serie. L’accoppiata, comunissima, non avrebbe alcun valore, se entrambi i pezzi non si presentassero perforati con la sigla C.I., che, nel 50 c., è speculare (I. C. rovesciata). Questa variante conferma un’ipotesi, da più parti avanzata, che, per perforare i francobolli, gli addetti fossero soliti piegare i fogli da 100 in strisce da 10, lungo le dentellature verticali, a dritto o a rovescio, e “a fisarmonica”. In questo modo, con un sol colpo di perforatore, segnavano 10 valori per volta, riducendo la fatica ad un decimo. Da ciò, anche, la presenza di numerosi valori con impronta cieca o parziale (poiché la forza con cui si abbassava il perforatore non era sempre sufficiente a trapassare 10 pezzi). Da notare, infine, l’uso improprio, nel datario, dell’ora (24) usata a mo’ di anno (per evitare il suo continuo aggiornamento).

Fig. 9 Quest’ultimo frammento, bollato Milano 4 (Via S. Dalmazio) 15.11.24, rappresenta un vero rebus tariffario presupponendo, ovviamente, che su di esso sia racchiusa l’affrancatura per l’intero plico. L’importo di 3 lire (assolto con un’accoppiata Floreale – e non poteva essere altrimenti – del 2 lire + 1), infatti, può coprire l’importo di una lettera 6° porto, o di una raccomandata 5° porto (e, ovviamente, 10° porto, se in distretto), o di un’assicurata, in distretto, 1° porto per 700 lire, o 7° porto per 200 lire, o anche, di atti giudiziari 3° porto (o 6° porto, in distretto). Molto meno probabile che si tratti di una raccomandata in contrassegno, 4° porto, da recapitarsi in Fermo Posta, con diritto prepagato (2,90 + 0,10) o di manoscritti espresso, 10° porto, affrancati in eccesso di 5 c. o di manoscritti raccomandati – espresso, 7° porto. Un’affrancatura di 3 lire è, in ogni modo, poco frequente, anche in un periodo in cui l’inflazione post-bellica aveva ridotto, di molto, il potere d’acquisto della nostra moneta. Della lira si è già detto tutto, del 2 lire si può aggiungere che fu emesso solo il 29 novembre del 1923 e ritirato dalla circolazione circa 3 anni dopo. L’accoppiata è, in ogni caso, nota e di medio valore.

 

II PERIODO TARIFFARIO, 13 MARZO 1925 – 31 AGOSTO 1926

Ben 27 sono i frammenti relativi al II periodo tariffario. Essi coprono uno spaccato di tariffe e usi abbastanza rappresentativo. Ovviamente, di fronte ad un numero maggiore, le possibilità di errore si moltiplicano, ma, in realtà, tutto sommato, i dubbi sono ben pochi.


Fig. 10 Il frammento, bollato a Napoli Sezioni Riunite, 8.9.25, appartiene, quasi sicuramente, ad una lettera per città e, sicuramente, del Credito Italiano. Il francobollo Michetti da 30 c., di cui abbiamo già ampiamente trattato, si presenta perforato con la sigla C.I. capovolta. Scarso il valore.

Fig. 11 Il primo dei sette frammenti che, quasi certamente, appartenevano a normali lettere fuori distretto (tariffa ben più probabile di quella per una lettera, 2° porto, in distretto o per stampe 5° porto), è affrancata con il Michetti da 60 c. lacca carminio, annullato a Milano (Partenza Centro) il 18.7.25 e appartiene ad una lettera spedita da una libreria (e quindi il dubbio che si possa trattare di stampe 5° porto). L’uso del 60 c., da solo, è normalissimo in questo periodo e, certamente, il valore è minimo. Ben altrimenti se si fosse trattato di un uso tardivo del 60 c., azzurro, peraltro in corso per un periodo limitatissimo tra il 17 dicembre 1923 e il 30 giugno 1924. Il 60 c. lacca, nato, invece, agli inizi dell’ultimo anno di guerra, cesserà di corso solo il 31 dicembre 1926 quando il suo uso era, ormai, improbabile.

Fig. 12 Annullati con il bollo, a lunette barrate, di Bari Ferrovia il 3.9.25, i due 30 su 50 c. rappresentano un uso naturale dell’accoppiata, tanto da essere definiti comuni e, quindi, di poco valore. Eppure, nell’ambito dei sovrastampati per riutilizzo, il valore da 30 su 50 c., violetto, ebbe vita brevissima, circa un anno, da maggio 1925 a maggio 1926, in pratica, durante tutto il nostro periodo tariffario. Stranamente ben centrati entrambi i valori, anche se quello di sinistra presenta, in basso, un appariscente, ma originario, difetto di dentellatura.

Fig. 13 Della stessa serie, “risparmio fino all’osso”, fa parte la successiva affrancatura, realizzata con tre 20 su 25 c., azzurri (di cui uno rotto) annullati in una località, non identificabile dal bollo, il 7.6.25. L’uso di tre valori da 20 c., per affrancare una lettera, è frequente e intenso nel periodo, meno frequente è staccarli uno ad uno. Gli uffici postali cercavano di utilizzare, appena ricevuti, i valori sovrastampati per ridurre la notevole confusione esistente. Il 20 su 25 c. ebbe, in ogni caso, vita molto breve e quasi uguale (aprile 1925 – maggio 1926) del precedente 30 su 50 c.

Fig. 14 Annullato a Salerno 1 (Corso Garibaldi) il 18.7.25, il successivo frammento si presenta affrancato mediante due 30 c. Michetti, arancio. Per il periodo d’uso di questo francobollo si rinvia a quanto già detto. Si ricorda solo che, per quanto quasi naturale, usare il 30 c., arancio, a metà del 1925, è già poco frequente. Una piccola nota sul bollo. All’epoca, la nuova sede delle poste di Salerno non esisteva ma, nei paraggi, vi era già una succursale. Salerno Centro era allocato, all’incirca, nei pressi di Santa Lucia dove oggi c’è, invece, l’ufficio di Salerno 1.

Fig. 15 D’uso ancor meno frequente il 50 c., violetto, di cui abbiamo già parlato, proprio quando le rotative lo stavano demonetizzando a 30 c. Per poterlo usare, l’ignoto mittente (ignoto anche l’ufficio di partenza) dovette integrare l’affrancatura con un 10 c. Leoni. Interessante, anche, l’uso tardivo di un vecchio bollo (sembra a doppio cerchio) con la data in verticale su tre righe. Nel nostro caso, poi, l’anno (25) risulta rovesciato rispetto il giorno e il mese (21.7).

Fig. 16 Non identificabile anche la località di partenza di questo frammento (sul bollo si riesce a decifrare, a mala pena, la data (8.8.25). Interessante, invece, l’affrancatura ottenuta con una coppia del 25 c. azzurro e un sovrastampato, della serie “risparmio”, 10 su 15 c. Leoni. L’uso del 25 c., azzurro, nel periodo tariffario, è piuttosto sporadico (con una coppia non si affrancava nulla di comune) specie con il 10 su 15 c. Leoni. Emesso nel maggio dello stesso 1925, il sovrastampato Leoni provocò un vero putiferio in campo internazionale, presentando la scritta del nuovo valore in sole lettere e fu, perciò, ritirato il 1° giugno 1926. La gente non comprese, se non attribuendola al risparmio, la necessità di demonetizzare di 5 c. un francobollo, quando esisteva il corrispondente valore, dello stesso tipo, in rosso.

Fig. 17 E, in effetti, furono necessari ben 6 Leoni da 10 c., rosso, per coprire il porto di quest’altro frammento. L’ufficio sciupone fu Milano Centro e, la data, il 7.8.25. Un blocco da sei, per quanto di soli 60 c., è, comunque, infrequente e molto importante per definire le gradazioni di colore.

Fig. 18 Con 1 lira e 30 c., nel periodo tariffario che stiamo esaminando, era possibile spedire un espresso, di I porto, in tutta l’Italia. All’epoca, lo spirito di disciplina, molto accentuato fra gli italiani, faceva sì che, molto raramente l’importo fosse coperto con valori ordinari, mentre era normale ritrovare il I porto lettera (60 c.) coperto con valori Michetti (nel caso del nostro frammento un Michetti lacca carminio) e l’importo dell’espresso rappresentato dall’apposito valore da 70 c. Semmai, erano le poste ad operare qualche confusione per via delle sovrastampe adeguavalore che, per gli espressi, erano la norma. La nostra lettera fu impostata a Milano e bollata a Milano Ferrovia (Espressi) l’8.8.25 quando l’espresso da 70 c. (identico al 60, al 50 e al 25 c.) aveva poco più di 40 giorni di vita (era stato emesso a maggio ma circolava dalla fine di giugno). L’accoppiata, per quanto non rara, non è neanche tra le più comuni.

Fig. 19 L’espresso del frammento considerato è, invece, il sovrastampato da 70 su 60 c. rosso, in accoppiata con il solito 60 c., lacca carminio. Partito da Messina Ferrovia (Espressi) e diretto a Napoli, reca la data del 23.8.25, provando così l’uso contemporaneo, ed anzi successivo, al 70 c. non sovrastampato. In effetti, emesso già l’11 aprile 1925, il suo uso (reale) fu molto contenuto (2-3 mesi) e si deve arguire che, a Messina, dove certo il ricorso agli espressi era meno frequente che a Milano, la fornitura, a fine agosto, fosse proprio agli sgoccioli. Di per sé poco usato, in accompagnamento con il 60 c., lacca carminio, sfiora le soglie della rarità.

Fig. 20 La raccomandata I porto, che sconta 1 lira e 20 c., confondendosi con il doppio porto ordinario, è molto ben rappresentata tra i nostri frammenti e la tariffa poteva essere coperta, come vedremo, in moltissimi modi. Tra i più frequenti (e di minor valore) è la coppia da 60 c. lacca carminio, in questo caso utilizzati per affrancare una (sicura) raccomandata fuori distretto, spedita dal Credito Meridionale d’Oliveto Citra il 2.10.25. Da notare l’uso improprio del lineare con frazionario (dei servizi in denaro), utilizzato per bollare il targhettino, anonimo, della raccomandata.

Fig. 21 Certamente facente parte di una raccomandata anche questo frammento che reca il bollo di Lavello [Potenza] (51 – 61) (frazionario identificativo muto) 1.10.25. L’importo è assolto mediante il valore da 1 lira Floreale e due 10 su 15 c. Leoni, un’accoppiata normale nel periodo e di scarso valore. Da notare che il bollo è del tipo ad un sol cerchio, con le lunette non delimitate, ma barrate da un tratteggio sottile.

Fig. 22 Ancora una raccomandata, spedita da Laurito [Salerno] il 30.7.25 (si veda il finale “ata” della scritta in alto) e ancora il valore da 1 lira Floreale insieme al 15 e al 5 c.Leoni per coprire l’importo. Anche in questo caso il bollo è un frazionario muto ma le lunette, barrate, sono contornate. Da notare l’uso un po’ tardivo del 15 c. Leoni peraltro concomitante al gemello sovrastampato.

Fig. 23 Per completare l’esame dell’uso della lira Floreale, accoppiata con altro valore, si propone, ora, il frammento proveniente, ancora, da Laurito in data 9.6.25. In questo caso la lira è insieme al 20 c. arancio, rivolto a sinistra. Strano valore, questo Michetti, nato per completamento di tariffa, visto il più che raro uso da singolo, e con l’effige rivolta a sinistra, per sopperire al prossimo esaurimento dei 20 c. con l’effige speculare. Emesso il 20 Marzo del 1925, fu valido fino alla fine dell’anno. Il suo uso, infrequente, è, però, da considerare quasi logico con la lira Floreale a coprire il I porto delle raccomandate, ma l’accoppiata è inconsueta e non priva di valore.

Fig. 24 Anche l’unione tra la lira e il 20 c. verde è inconsueta, soprattutto perché il 16.10.25, data di bollatura del frammento a Lucito [Campobasso] (15 – 56) (un altro frazionario senza indicazione di provincia, con le lunette contornate e tratteggiate spesse), di 20 c., in circolazione, ce n’erano ben 5. Oltre al nostro verde (emesso il 30 giugno dello stesso anno e fuori corso alla fine del 1926) c’era il ricordato arancio, condannato a scomparire (chissà poi perché), i due arancio “a destra”, ormai da ricordare solo “per memoria”, e il 20 su 25 c., azzurro della serie “risparmio”. Immaginiamo lo sconcerto di questi piccoli uffici che si vedevano consegnare, ad ogni fornitura, valori di pari importo ma di colore differente, mentre francobolli d’identico colore avevano ben diverso valore.

Fig. 25 Come gli impiegati riuscissero a non confondersi e ad affrancare in modo giusto le missive resta un mistero … miracolo della solerzia di un tempo. Il frammento proposto è, infatti, tappezzato da ben 6 valori da 20 c., arancio. La lettera fu spedita da Salerno (Distribuzione Racc.) il 29.7.25. L’uso del blocco da 6 del valore da 20 c. è certamente inconsueto e di buon pregio.

Fig. 26 Di minor pregio, perché più “ovvia”, è la striscia di quattro del valore da 30 c…. bruno arancio, annullata a Salerno il 16.9.25. Peccato, anche, che il secondo valore dall’alto sia stato danneggiato al momento della separazione.

Fig. 27 Della stessa categoria “ovvia e di poco valore”, se non fosse per lo scarso uso fatto dei sovrastampati, è il frammento con 4 pezzi del 30 su 50 c., che faceva parte di una raccomandata (sicura dall’annullo) spedita da Avezzano (Racc. e Assicurate) il 2.9.25. L’importanza del centro, all’epoca, (già capoluogo di circondario e colpito dal terremoto della Marsica) faceva sì che l’ufficio possedesse addirittura un bollo specifico per le raccomandate. Da notare che uno dei valori, per la precisione nella 97^ posizione del foglio, presenta una piccola varietà, certamente occasionale: “n” di Cent. incompleta in basso.

Fig. 28 Della serie “francobollo inutile si usa per primo fino ad esaurimento” sono i successivi quattro frammenti che presentano tutti una coppia del 50 c., violetto, in quel periodo più idoneo ad essere sovrastampato. Col bollo Salerno 1 (Corso Garibaldi) e la data dell’11.8.25, la coppia è stata usata con due 10 su 15 c. Leoni su una raccomandata del Credito Meridionale.

Fig. 29 Porta la data del 10.8.25, da Castelbottaccio [Campobasso] (15 – 25) (solito bollo senza indicazione di provincia e lunette riquadrate con quattro tratti per parte) la raccomandata affrancata con i due 50 c. e un 20 c., arancio. Quest’accoppiata è meno comune di altre coeve.

Fig. 30 Certamente più comune, e quindi di minor valore, l’accoppiata tra i due 50 c. e due Leoni da 10 c. Il frammento, certamente di una raccomandata, reca l’annullo, privo dell’indicazione provinciale, di Laureana Cilento [Salerno] (57 – 95), 22.7.25.

Fig. 31 Più interessante, e quasi rara, è l’ultima accoppiata tra i due 50 c. e un 20 su 25 c., azzurro utilizzata su un frammento di lettera commerciale, quasi certamente raccomandata, bollato con l’annullo grande, a doppio cerchio, lunette riquadrate e barrate, di Milano (Accettazione Racc.) in data 2.9.25.

Fig. 32 Quasi certamente di una raccomandata nell’ambito del distretto o di una fattura raccomandata è il frammento affrancato con tre Michetti da 30 su 50 c., bollati a Napoli N.21 (Largo Garofalo) l’1.8.25. Da notare che Largo Garofalo (all’angolo tra via Filangieri e vicolo Cavallerizza), così chiamato per via del palazzotto gentilizio dell’omonima famiglia, divenne, nel dopoguerra, Piazza Giulio Rodinò [di Miglione (1)] ma, ancora oggi, vi è ubicato l’ufficio postale di Napoli 1. Interessante è anche l’intestazione della busta appartenente alla rappresentanza per la Campania, Molise e Basilicata dell’Ansaldo, con officina e garage in Napoli alla Via Alabardieri (una traversa di Piazza dei Martiri a Chiaia), poco distante dall’ufficio postale. Infrequente è, comunque, l’uso multiplo dei 30 su 50 c. Michetti, sovrastampati.

Fig. 33 Ad una raccomandata II porto appartiene, invece, il frammento, annullato a Livorno (Sezioni Riunite) il 21.8.25 e affrancato con tre Michetti da 60 c., lacca carminio. L’involucro, di natura commerciale, rende irreale l’eventualità che si possa trattare di stampe raccomandate – espresso V porto o di manoscritti raccomandati V porto che, egualmente, scontano una tassa di 1 lira e 80 c. Peccato! Non potendosi arguire un utilizzo raro dei 60 c. lacca carminio, questi, peraltro mal centrati, valgono pochissimo.

Fig. 34 L’ultimo frammento esaminato vuole solo essere un monito per coloro che, con troppa leggerezza, distruggono archivi per recuperare francobolli di ben poco valore, allo stato di sciolti. Tutti gli amici comprendono che i miei sforzi sarebbero stati ben minimi (e mi sarei ritrovato con un gruzzolo ben maggiore) se, invece di descrivere frammenti avessi potuto illustrare delle buste intere. I dubbi sulle tariffe non si sarebbero neanche posti, le descrizioni sarebbero state più stringate, la valutazione certa. Per la storia postale (vera ancella della storia, come ho cercato di dimostrare) e che riesce a trasportarti in un mondo fatato, ma reale, dove sembra rivivere il tempo che fu, la conservazione del documento integro è premessa indispensabile. Non si può ricostruire un vaso greco da un solo frammento, si può solo immaginare la sua bellezza. Il frammento fa parte, sicuramente, di una raccomandata, come chiaramente indicato, e proviene da Diamante (Cosenza) 30 MAR 25, solo 14 giorni dopo l’entrata in vigore delle nuove tariffe. L’annullo, peraltro interessante, a doppio cerchio, senza delimitazione delle lunette, ma con sbarre spesse e lunghe nelle stesse, fu apposto su un valore da 1 lira Floreale e un 10 c. Leoni. Affrancatura di ben scarso valore, ma il dubbio, amletico, resterà, ormai, per sempre. Si tratta di una raccomandata accettata con sottoaffrancatura di 10 c. (approfittando della non comune dimestichezza con le nuove tariffe e fidando che il Verificatore avesse ancora tollerato la carenza), e in questo caso il reperto sarebbe stato ben interessante, denunciando il costume dell’epoca di voler risparmiare anche pochi centesimi, oppure nel tagliare la busta è andato perduto un altro 10 c. Leoni? Non lo sapremo mai.

 

Per saperne di più.

Questo breve scritto (mi auguro non noioso) non avrebbe mai potuto vedere la luce senza poche, ma fondamentali, opere (e un po’ di ricerca).
Per la parte storica, mi permetto di suggerire il sito Internet http://www.cronologia.it/storia.
Per la geografica, il volume dell’ISTAT, Comuni e loro popolazione ai censimenti dal 1861 al 1951, Roma, 1960; e la classica “Guida Rossa” del T.C.I., Napoli e dintorni, Milano, 1931.
Per la parte filatelica i tre pilastri per le ricerche di storia postale dell’epoca:
FILANCI F., Floreale & C. La serie che non c’è, Poste Italiane, Roma I.P.Z.S., 1996;
FRANCAVIGLIA M., ERMENTINI B., I Michetti. Storia e vicende di una grande ordinaria di regno, Unificato – CIF, Milano, 1999; FRANCAVIGLIA M., ERMENTINI B., La serie Floreale. La prima ordinaria del regno di re Vittorio Emanuele III, Unificato – CIF, Milano, 2002. [E speriamo che Francaviglia possa completare la fatica con i volumi relativi alla serie Leoni e a quella Parmeggiani]. Sempre da tenere a portata di mano il Catalogo Enciclopedico Italiano (in questo caso il volume relativo al Regno e alle occupazioni).

1) Giulio Rodinò di Miglione (1889 – 1950) fu tra i fondatori, con don Sturzo e De Gasperi, della Democrazia Cristiana. Giovanissimo parlamentare, fu Ministro della Guerra, tra il maggio e il giugno del 1920, uno dei periodi più difficili per quel ministero nel primo dopoguerra. Fu, poi, vicepresidente del Consiglio nel II governo Bonomi nei primi mesi del 1945. Fondò, negli stessi anni, la Democrazia Cristiana napoletana.

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