Ducato di Modena

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Episodi postali tra il Ducato di Modena
e le isole Jonie
di Fabrizio SALAMI (Il Foglio n. 176 del U.F.S.) - 1a parte

Le fasi di sviluppo dei rapporti postali, successivi al 1815, tra l’Italia e Corfù, sono essenzialmente tre. A un primo periodo embrionale, affidato a vascelli commerciali privati, con quell’occasionalità tipica della posta più antica che già si stava abbandonando nell’Europa dell’epoca, seguì un intervallo più organico affidato a vascelli militari austriaci e statali ionici. L’ultima fase, che potremmo chiamare definitiva, fu gestita dai Lloyd austriaci. In merito all’affidabilità del servizio, l’intermediazione di paesi terzi provocava non pochi problemi, come vedremo.
Quel che ci è rimasto della posta scambiata tra Ducato di Modena e Isole Ionie è molto poco: un carteggio familiare, prevalentemente nella parte in partenza da Corfù, collocabile tra il 1831 e il 1834; un paio di lettere in partenza scritte a Modena, dello stesso periodo e, infine, un piccolissimo insieme di lettere della metà degli anni ’50, ancora una volta partite dalle isole.
Vorrei spendere due parole sullo scambio epistolare citato: benché gli indirizzi siano stati sovente asportati, sappiamo che apparteneva a una nobile famiglia modenese, i cui rappresentanti ricoprirono anche importanti ruoli governativi. Una delle lettere in partenza era dello stesso carteggio. Non è da escludere che gli esili, più o meno volontari, successivi ai moti carbonari fossero una causa della presenza di modenesi a Corfù.
Questo articolo non è costruito inserendo lettere in un discorso organico ma organizzando il tema intorno alle lettere che conosco.
Gli “Stati Uniti delle Isole Jonie” erano un’entità formalmente indipendente sotto protettorato britannico, come decise il Congresso di Vienna nel 1815 sancendo di fatto uno status quo, poiché gli inglesi avevano già occupato le isole nel 1809. La parentesi si chiuse quando gli “Stati” passarono alla Grecia, il 21 maggio 1864. La lingua ufficiale fino al 1851 era l’italiano, per il retaggio storico di essere state una colonia della Repubblica di Venezia, mentre la moneta era quella britannica, così i bolli postali presentavano le diciture nella lingua di Foscolo e le tassazioni, dal 1827, erano espresse nella divisa della regina Vittoria.
Per la loro posizione geografica, fin dai tempi più lontani le Isole ebbero come naturale intermediario postale il Regno di Napoli che, con un ottimo porto a Otranto (1), era raggiunto in poco tempo da numerosi vascelli di varia nazionalità. Tuttavia gli interessi economici con l’Oriente erano elevati e ben presto diventarono importanti anche i porti di Ancona e di Trieste. La Storia postale non fa eccezione e perciò anche le lettere da Corfù a Modena facevano scalo in uno dei tre porti, a seconda del periodo e delle contingenze: dunque, considerando partenza e arrivo, interessavano tre o quattro stati diversi. Le norme postali che ci interessano non sono particolarmente numerose, e le vedremo nel corso dello scritto.
Trattare di corrispondenza dal Levante comporta, in maniera imprescindibile, un cenno alla Sanità, cioè al servizio di disinfezione delle lettere. Qui ci limiteremo a ricordare che nelle isole la Sanità e le poste formavano un tutt’uno (2) e che lo spurgo era eseguito tramite vapori di varie sostanze (ad esempio lo zolfo o l’aceto), generalmente all’ufficio di scambio o, più raramente, anche all’ufficio di partenza.


La via di Otranto (1831-32)

Il collegamento tra Corfù e Otranto dopo aver conosciuto una battuta d’arresto in periodo francese fu ripristinato ben presto. È molto probabile che la navigazione tra i due porti fosse assicurata da navi napoletane o joniche. Esisteva anche un servizio inglese sulla tratta Southampton – Malta – Corfù e viceversa, ma non ci sono evidenze che facesse scalo a Otranto. Il passaggio per lo Stato pontificio non ha lasciato traccia né come bolli di transito né come dettaglio dei propri diritti postali. I documenti conosciuti ci dicono poco ma l’analisi delle lettere ci fa scoprire una cosa molto interessante: l’amministrazione corfiota riconosceva i diritti di transito a quella napoletana.

fig. 1

La lettera di fig.1 fu scritta a Modena il 14 giugno 1831; non ha seguito la via d’Ancona come richiesto dal mittente, ma di Napoli (23 giugno) e arrivò a Corfù il 1° luglio. Fu tassata in partenza, secondo il tariffario del 1815, per 16 centesimi, come se fosse destinata nell’Italia centromeridionale, correggendo il precedente 20 per destinazioni estere, e in transito per 27 grana (1½ fogli). All’arrivo il porto fu calcolato su 1½ fogli, così la tassazione complessiva fu: 9 pence per i diritti jonici, come da tariffario del 1827, sommati ai 27 grana (11½ pence), per un totale di 1 scellino e 8½ pence. Sul fronte c’è un’indicazione F 1½ che, forse, è da leggere come 11½ cioè la conversione del diritto napoletano in divisa jonica.

fig. 2

La fig.2 illustra la seconda delle uniche due lettere in partenza a me conosciute. Anch’essa scritta a Modena, l’8 aprile 1832, questa volta fu impostata a Bologna per raggiungere Corfù. Il motivo di questo strano invio è da ricercarsi nella scarsa attendibilità del servizio su Ancona, ma vi rimando al paragrafo successivo per altre notizie. Malgrado l’invio direttamente dallo Stato Pontificio, la lettera giunse ugualmente a Napoli, dove fu indicato il diritto di 10 grana. A destinazione l’amministrazione corfiota indicò al verso la tassa locale di 6 pence e quella totale di 10¼ corrispondenti alla somma dei 6 pence e dei 10 grana, pari appunto a 4¼ d. Sempre al retro si trovano sia il bollo di transito di Napoli sia quello di arrivo di Corfù.

fig. 3

Con la fig.3 passiamo alle lettere in incoming: da Corfù, 15 novembre 1832, a Modena. La lettera partì una settimana dopo essere stata scritta: al verso infatti vi è il bollo (non in foto) “Corfù 23 novembre 1832”. Sbarcata a Otranto fu disinfettata per suffumicazione e tagli e poi seguì la via di Napoli (dove si appose anche il bollo AGDP – Amministrazione Generale Della Posta), Roma e Firenze. A Corfù il mittente pagò 6 pence, mentre Napoli, in transito, addebitò 10 grana. La tassa partenopea era quella prevista fin dal 1819 per gli scambi con i paesi italiani e non era il porto per lettere provenienti da Corfù che ammontava, invece, a 8 grana. A Modena si indicarono 25 centesimi per la distribuzione ducale. Chi abbia pagato il diritto napoletano in lettere di questo tipo non è per nulla chiaro. È naturale pensare che siano stati addebitati al destinatario, però è strano che non sia stato indicato il totale (10 grana sono circa 45 centesimi, per un ammontare totale di 70 centesimi).

fig. 4

Infine vi presento la lettera, del 1831, sicuramente più ricca di spunti di ricerca e di problemi interpretativi (fig.4). La missiva, come potrete notare, è stata raccomandata e assicurata in partenza, e ciò si comprende dal fatto che le dizioni sono nello stesso inchiostro rosso della tassazione “6” pence. Il problema è che non si ha alcuna notizia dell’esistenza dei due servizi nelle isole, tanto che anche uno dei maggiori studiosi degli stati ionici afferma di non essere riuscito a scoprire documentazione al riguardo, né a Corfù né a Londra, nonostante un’assidua ricerca (3). Non si può neppure affermare che il servizio di raccomandazione sia stato introdotto dagli inglesi, poiché nel Regno Unito lo “inland registered service” fu disponibile solo dal 6 gennaio 1841 e sostituiva o affiancava i più antichi “money letters” risalenti al 1792 o “money orders” destinati alla spedizione di valori. Quel che viene subito in mente, dunque, è un antico retaggio veneziano; le notade a libro. Anche solo l’interpretazione del termine assicurata è lasciata alla mercé della fantasia. Verrebbe da pensare che la parola sia stata posta quale rafforzativo del concetto di raccomandazione oppure, se preferite, una sorta di traduzione del termine per quei paesi italiani, come il napoletano e il pontificio, – solo un caso? – dove si usava la parola assicurata per indicare ciò che noi oggi intendiamo raccomandata. Il punto fermo di tutta la discussione è che la lettera per il suo trattamento particolare, che sicuramente ha avuto, non ha pagato in partenza nessun diritto aggiuntivo giacché sei pence era la tariffa per una missiva ordinaria. A Napoli non fu indicato alcun importo, nemmeno i soliti 10 grana di transito. Inoltre, in quegli anni, lo scambio di raccomandate tra Regno di Napoli e i paesi italiani, tramite l’intermediazione pontificia, non era previsto se non con i diritti completamente pagati in partenza, anche se una scappatoia la si trovava sempre (4). All’arrivo, invece, la missiva fu trattata come raccomandata, come si può evincere dal numero di registrazione e dalla tassa di 50 centesimi che era il doppio dell’ordinario.

<vai alla 2a parte>


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(1) Anticamente esisteva anche una linea che collegava Corfù e Taranto.

(2) Costituzione degli Stati Uniti delle Isole Jonie, Cap. 7, Sez. 5, art. 2 in: D. P. Zaphiriou, Postal History of the Ionian Islands, Christie’s, ed. Robson Lowe, 1987, p. 119.

(3) D. P. Zaphiriou, Op. cit., p. 158: “In spite of my long search and much to my disappointment it proved impossible to find any official document mentioning the date that registration of mail was introduced by Ionian postal services”. L’autore presenta, inoltre, come esempio più antico del servizio una ricevuta di ritorno datata 16 settembre 1854.

(4) Si veda M. Mentaschi, Vaccari Magazine n° 18 e 19.

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