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la storia postale del regno d'Italia
le domande dei lettori

 

 

da Senigallia a Pennabilli: 13 - 11 - 1861

Desidero mostrare una lettera (priva del testo interno) sottopostami per l’acquisto. Si tratta di una lettera da Senigallia del 13 novembre 1861 per Pennabilli e portante al retro i timbri di Pesaro 13 novembre 1861, Urbino 14 novembre 1861, Macerata Feltria 14 novembre 1861 e il lineare tra due righe Montalboddo. Come segno di tassa manoscritto 2 sul fronte e un francobollo da 20 centesimi della IV Emissione di Sardegna sfuggito all’annullo e apposto sul retro, come da vecchia consuetudine dello Stato Pontificio.

Ho alcuni dubbi sul fatto che tale francobollo sia potuto sfuggire all’annullo di ben 4 mani e temo che si tratti di un’aggiunta non coeva. Il colore del francobollo è tuttavia congruo con il periodo.

I lettori del Postalista mi sanno indicare quando è cessata la normativa di porre al retro della lettera un francobollo che rappresenti la tassa da riscuotere dal destinatario?

Grazie

Danilo

La normativa che prevedeva l'apposizione al retro di francobolli a rappresentare la tassa dovuta dal destinatario cessò con la cessazione dello Stato Pontificio ma, per consuetudine, fu occasionalmente applicata anche per un breve periodo successivo e quindi è possibile trovare lettere con la tassa al retro rappresentata da francobolli di Sardegna.
Ricordo, però, che nello Stato Pontificio la tassa veniva indicata in tale maniera solo per le lettere dirette all'interno del territorio della stessa Direzione Postale di impostazione.
Pennabilli non apparteneva alla stessa Direzione di Senigallia e quindi, anche ammessa l'improbabile circostanza che gli impiegati di quelle zone volessero continuare a seguire la prassi pontificia (nonostante si fosse ormai in pieno Regno d'Italia), la tassa non avrebbe dovuto essere in ogni caso rappresentata dai francobolli al retro.

Saluti
Enrico Carsetti

Caro Danilo i suoi dubbi sono condivisi anche da me. Non ho trovato traccia della eventuale cessazione della normativa di cui lei fa riferimento. Inoltre ricordo che i segnatasse (entrati in uso nel 1863) furono inventati per evitare che i portalettere che facevano la vuotatura delle cassette e la distribuzione direttamente nello stesso distretto si "dimenticassero" di versare in ufficio il dovuto.

Secondo me la normativa dello Stato Pontificio è cessata quando è entrato in funzione il sistema postale dei vincitori. Scrive il Gallenga: "Nella campagna del settembre 1860 le Poste Sarde avevano organizzato una immediata presa di possesso delle Poste Pontificie nell'Umbria e nelle Marche inviando loro ispettori a sovrintendere agli Uffici Postali e ad imporre l'uso quasi immediato dei francobolli degli Stati Sardi. Infatti si conoscono una lettera del 25 settembre da Pesaro, e una del 28 da Camerino. affrancate con francobolli di Sardegna, mentre le disposizioni ufficiali furono che con il 30 settembre venissero ritirati sia dagli uffici postali governativi che da quelli comunali i francobolli pontifici, ......"[1]

Per questo era stato emesso il 15 dicembre 1860 un decreto a nome di "EUGENIO Principe di Savoia-Carignano LUOGOTENENTE GENERALE DI S.M. nei regii stati", in esso era stabilito l'organizzazione, la costituzione e la composizione dell'amministrazione delle poste e di un regolamento postale provvisorio a firma del direttore generale G. BARBAVARA: il decreto integrati da altri, trattava dei vari aspetti della posta applicando a livello nazionale praticamente il regolamento in uso "nelle antiche province"; era composto da oltre un migliaio articoli e sarebbe entrato in esercizio il 1° marzo 1861.[2]

Nelle Marche come nel resto del "Regno d'Italia" la normativa "provvisoria" prevedeva che le lettere non affrancate fossero tassate in ufficio postale scrivendo sul frontespizio "la cifra in decimi di lira". La procedura era diversa secondo la qualifica dei portalettere: i portalettere aggregati agli uffici ricevevano la corrispondenza già tassata con una lista delle somme da esigere, per poi consegnare in ufficio la somma totalizzata alla fine del giro di cui avevano ricevuta. Viceversa i portalettere rurali al ritiro dovevano versare l'importo delle tassazioni da ricuperare dai destinatari (praticamente le compravano).

Infatti il regolamento recitava:

Art. 153. Ciascun Portalettere sarà provvisto di un registro sul quale il Capo segnerà volta per volta il numero delle lettere che gli consegna e il loro valore (lettere tassate o in porto assegnato), e sul quale ritirerà la ricevuta del denaro consegnato, nonchè delle lettere inesitate da lui restituite.

Art. 155. I Portalettere devono rimettere quotidianamente i conti al loro Capo, pagando nelle sue mani il valore delle lettere distribuite, e questi dovrà farsi rendere minutamente ragione della non fatta consegna di quelle a lui restituite, le quali tutte saranno corredate a tergo di analoga annotazione.

Art. 372. I portalettere rurali debbono pagare anticipatamente all'Uffizio postale il valore della tassa delle corrispondenze a loro rimesse, del quale vengono rimborsati dai destinatari.

Inoltre il regolamento era severissimo con i portalettere riguardo i francobolli e le tassazioni; fra l'altro diceva:

Art. 164. E' proibito ai Portalettere:
1° Di consegnare lettere a credito;
2° Di fare il servizio senza la propria cassetta o bolgetta;
3° Di distribuire lettere mancanti del bollo di arrivo, o con francobolli non annullati;
4° Di distribuire o far distribuire le corrispondenze nella propria abitazione e nello stessa ufizio di posta;
6° Di leggere o lasciar leggere da altri i giornali o le stampe che devono distribuire;
7° Di lasciar leggere l'indirizzo delle lettere da persone cui non ispettino, tranne il caso che l'indirizzo stesso fosse poco intelligibile o scritto in lingua straniera, esclusa la francese;
8° Di fumare in servizio o vestire altri abiti che quelli di divisa, come pure di trasportare fardelli cassette od altro che sia estraneo alle incombenze postali;
9° Di accompagnarsi per via con alcuno quando sono in servizio, come pure di trattenersi a discorrere o di fermarsi nei caffè nelle osterie od altri pubblici stabilimenti;
1O° D'incaricare altre persone della distribuzione delle corrispondenze loro affidate;
11° Di chiedere mance sotto qualunque titolo;
12° Di riprendere una lettera stata aperta dal destinatario, quantunque risuggellata con arte;
13° Di far consegna delle lettere a persone, alle quali non siano destinate, salvo il caso previsto dall'art. 157.
Sono eccettuate le lettere mancanti del recapito, aperte per conformità di nome, le quali potranno riprendersi suggellate a cura di chi le avesse aperte, e corredate della firma di esso, colla dichiarazione "Aperta per conformità di nome e cognome".

Per questo penso che l'aggiunta sia "non coeva" Cordiali saluti M. Bignami

[1] Clemente Fedele, Mario Gallenga, Strade, corrieri e poste dei Papi dal medioevo al 1870.
[2] Franco Filanci, Enrico Angellieri, Poste italiane 1861-62 Gli anni dell'esordio.

Marino Bignami

riguardo alla lettera con cent. 20 di Sardegna, che è un banalissimo trucco, l'ho avuta in visione recentemente e con una richiesta di prezzo estremamente bassa, da persona che se avesse avuto il sentore dell'originalità, non avrebbe avuto remora ad aggiungere almeno due zeri finali.
Comunque la normativa per il divieto dell'applicazione dei francobolli al verso, per le lettere in porto assegnato, risale al 1 ottobre 1860 contemporaneamente all'introduzione ufficiale dei francobolli sardi nelle Marche ed Umbria/Sabina.
La normativa sull'applicazione al verso venne disattesa dagli addetti postali stante la radicata abitudine al metodo pontificio e l'amministrazione sarda lasciò correre, in fondo il francobollo lo pagavano...
Questo uso mi risulta sia noto anche nel dicembre 1860.
Cordialmente


Paolo Vaccari

 

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