Storia Postale
della Lombardia e del Veneto

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Le lettere tra Milano e Vienna
(parte I)
Francesco Luraschi (AIFSP)

Ancora oggi alcuni frammenti residui di carteggi invitano a “leggere” le lettere [1] non dal solito punto di vista filatelico/marcofilo ma come spunto per un approccio alternativo, didattico e perché no? divertente allo studio della storia: oltre a mittenti e destinatari storici minori tornano così protagoniste sia l’epistolografia sia la materialità delle lettere fatta di carta, piegature, sigilli [2].

Si è quindi voluto riesumare le lettere “morte”, intendendosi nel nostro caso quelle abbandonate a sé stesse, che giacciono nella fossa comune delle vendite online o nei fondi di collezione perché non contraddistinte da rari segni di posta nobilitanti [3].

E’il caso di una lettera scritta da Milano per Vienna nel 1841 da tale Ferretti, o più probabilmente dal suo segretario sotto dettatura, indirizzata ad un non meglio precisato Chevalier de Neuhaus. Si tratta di una corrispondenza tra pari, come dimostra l’epistolografia dell’indirizzo dove i titoli nobiliari mancano e vengono sostituiti dal Monsieur ripetuto. In compenso non si lesinano le cariche ricoperte: Consigliere di Legazione, Amministratore delle entrate dell’Ordine dei Gerosolomitani sottointeso presso la corte asburgica e che, per usare un termine moderno, si potrebbe definire lobbysta.

La modalità di compilazione dell’indirizzo non rimase univoca nel tempo e risentì delle zone geografiche: ad esempio nel XVI secolo il Sansovino nel suo trattato Del secretario suggeriva che la soprascritta sia ben fatta, perché essa è la prima ad essere letta, come ancora confermato nella seconda metà del XIX secolo ne Il grande segretario italiano, ossia modelli di lettere sopra qualsiasi argomento.

La soprascritta d’una lettera vuole essere fatta con la massima esattezza e chiarezza … Nella soprascritta si osservi l’ordine seguente: si pongano prima i titoli, poscia il nome e cognome, indi la carica …

Il testo in francese, lingua diplomatica dell’‘800 ma anche franca tra mittente e destinatario rispettivamente di madrelingua italiana e tedesca, evidenzia la confidenza tra i due: nel titolo viene usata la formula Mon Cher Chevalier e nella sottoscrizione Votre ami Ferretti oltre alla data secondo uno schema definito


La data delle lettere si mette nel principio, a destra più sopra al titolo nelle lettere di commercio, e quando a persona inferiore si scrive. Meglio è metterla nel fondo a sinistra e rimpetto alla firma co’suoi eguali: coi superiori è debito.

E’poi compito della posta, attraverso il proprio giro, accorciare la distanza fisica trasformandola in una cordiale chiacchierata tra amici seduti al tavolo di un caffè durante la quale tuttavia non mancano segni di stizza, richieste di chiarimenti, sollecitazioni al punto che in alcuni passaggi assume la forma di lettera di raccomandazione: essendo stata scritta e impostata mercoledì 19 maggio 1841 è possibile che il mittente volesse usufruire della partenza del corriere che proprio il pomeriggio di quel giorno avrebbe lasciato Milano per raggiungere la capitale dell’impero in cinque giorni [4]. L’uso della formula Mio caro Cavaliere fa pensare ad un legame cavalleresco tra i due e da questo dato parte la ricerca per risalire alla loro identità: in una pubblicazione viennese del 1837 effettivamente compare un Theodor Joseph von Neuhaus (1770-1855)

Ferdinand Georg Waldmüller (1793-1865) La famiglia Neuhaus (1827)

in qualità di consigliere di legazione dell’ordine dei giovanniti presso la corte imperiale. L’impronta dello stemma di famiglia sul sigillo quasi integro al verso ci fa identificare il mittente nel conte Cristoforo Ferretti (1784-1869) della nobile famiglia anconetana, fratello del Gabriele cardinale e segretario di stato pontificio, oltre che cugino di Pio IX. Il Ferretti ebbe una vita travagliata, nemmeno del tutto chiara ai suoi agiografi, passando nel 1807 dall’esercito austriaco a quello del Regno d’Italia napoleonico con cui partecipò alla campagna di Russia del 1812 per essere inquadrato dopo il 1815 tra le file asburgiche dove servì brevemente con il grado di Maggiore.

Nel 1848 col grado di colonnello fu per qualche mese comandante ad interim della piazza di Milano per poi essere trasferito a Genova dopo il ritiro delle armate piemontesi. Nel 1838 il Ferretti ricopriva la carica di plenipotenziario dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta per il Lombardo-Veneto ed era rappresentante a Milano dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme [5]. Venne infine nominato senatore nel Regno d’Italia nel 1860 e morì a Tremezzo sul lago di Como [6].

Il testo della lettera tocca diversi argomenti: innanzitutto il Ferretti si premura di tranquillizzare l’amico circa il buon funzionamento della catena comunicazionale informandolo di avere ricevuto la sua lettera spedita in data 12 maggio. Il rapporto epistolare tra i due risulta consolidato e franco, ben accetto da entrambi, l’unica preoccupazione sembra essere l’efficienza del servizio postale. Segue un enigmatico passaggio in cui il Ferretti fa sapere di essere in attesa di informazioni dal governo di Venezia circa l’ammontare della cifra necessaria per ristrutturare alcuni edifici non meglio precisati.

Una rapida ricerca online ci permette tuttavia di formulare una ipotesi: nel 1806 Napoleone aveva soppresso il Gran Priorato di Venezia i cui beni divennero di proprietà erariale fino al 5 gennaio 1841 quando l’imperatore Ferdinando I aveva costituito a Venezia il Gran Priorato di Lombardia e Venezia [7]. A questa iniziativa sovrana fece seguito la restituzione all’ordine della chiesa di san Giovanni al Tempio, del palazzo priorale con i relativi terreni e una dotazione di 2000 fiorini per il Gran Priore, all’epoca fra Giovanni Antonio Cappellari della Colomba nipote di papa Gregorio XVI.

Chiesa di san Giovanni di Malta detta anche di san Giovanni al Tempio a Venezia


E’ quindi possibile che il Ferretti si riferisse proprio alla ristrutturazione di questi edifici i cui lavori ebbero termine nel 1843, anno in cui si tenne l’inaugurazione ufficiale della sede veneziana. La lettera prosegue con l’aggiornamento su alcune situazioni spinose milanesi: il conte Guido Borromeo bramava la croce di giustizia melitense e non quella di devozione, ovvero aspirava al ceto più importante dell’ordine, e a tal proposito il Ferretti sollecitava il Neuhaus ad attivarsi presso la corte dell’Imperatore aggiungendo di non trovarvi alcun motivo contrario per negarla [8]. Quindi proseguiva chiedendo informazioni circa le istanze di assegnazione di “comanderie” alle famiglie Raimondi, Cicogna e Taverna da anni in attesa di approvazione, di cui il Ferretti caldeggiava la soluzione positiva avendo ricevuto innumerevoli lettere di sollecito dal gran maestro dell’ordine, all’epoca fra Carlo Candida [9]. Chiedeva il Ferretti al Neuhaus in via amichevole di porre fine una volta per tutte questa situazione vergognosa per la nobiltà milanese che aveva l’aria di essere una presa in giro. Il ricorso all’amministratore delle entrate dell’ordine a Vienna diede evidentemente i suoi frutti in quanto risulta che alle tre famiglie milanesi vennero effettivamente assegnate le bramate commende.

La lettera si conclude con l’indiscrezione di quella che sembrerebbe essere l’acquisto della comanderia di Francoforte da parte del principe Klemens von Metternich con il Ferretti che si vanta di essere stato lui stesso l’ispiratore dell’iniziativa che avrebbe dovuto portare alla successiva donazione all’ordine.

Dal punto di vista materiale questa lettera fu confezionata piegando il foglio fino a ridurlo al formato postale mentre in controluce si legge la filigrana J.WHATMAN [10]. Venne poi chiusa per mezzo di ceralacca rossa con impronta del sigillo personale del Ferretti: in primo piano vi è lo stemma della famiglia con la grande croce di Malta accollata allo scudo e interpolata al rosario da cui pende al centro la piccola croce melitense; ai lati di questa si notano le croci della Legione d’Onore, della Corona Ferrea, e sopra la corona comitale [11].

L’osservatore attento noterà la perizia con cui il destinatario provvide ad aprire la lettera dove venne usato un apposito tagliacarte così da salvaguardare il sigillo secondo una prassi seguita da soggetti abituati a maneggiare corrispondenza e a conservarla. Oppure se, conoscendo le abitudini postali del Ferretti, si sia mosso in tal maniera per salvaguardare il testo

Sì è detto inoltre cosa prudente [l’uso della coperta], perché senza coperta, ove la carta sia sottile, un terzo può facilmente leggere la lettera , ed oltre a ciò chi la riceve nell’aprirla può tagliare o stracciare via la firma o qualche parola che cade sotto il sigillo.[12]

Il testo risulta diviso in paragrafi secondo una modalità già in uso presso i mercanti medievali mentre il cosiddetto “rientro”, ovvero lo spostamento all’interno della prima riga di ciascuno di essi, è un particolare che si diffonde nelle lettere nella prima metà del XIX secolo.


In quanto spedita in porto assegnato la lettera porta il timbro datario circolare arabescato della posta di Milano la cui impronta non stona per fattura, nitidezza e posizionamento su questa lettera estetica mentre il segno di tassa 14 (tassa per una lettera di peso inferiore al ½ lotto spedita oltre le 14 stazioni di posta) appare vergato con sufficienza sull’indirizzo. Infine in arrivo a Vienna fu apposto al verso il datario giornaliero della posta locale. Chi aprì la lettera fece in modo da salvaguardare l’impronta del sigillo per poi aggiungere in capo alla lettera Reçu le 24 Mai 1841 come pratica di registrazione archivistica.

 

NOTE

1) La “lettera” è un messaggio scritto secondo le regole del galateo, confezionato con cura, sigillato e affidato al servizio postale o a un corriere perché destinato in località lontana. Il “biglietto” o “viglietto” era sempre un messaggio scritto ma compilato senza formalità e chiuso senza sigillo, magari anche solo piegato e lasciato aperto, che veniva inviato nelle vicinanze o comunque all'interno di una località e che per il recapito non necessitava del servizio postale. In ambito di corte il “viglietto” era un documento ufficiale privo delle forme della lettera. La definizione di “biglietto” è poi mutata nel tempo: nella seconda metà del XIX secolo si definiva “biglietto” tutto quanto non era lettera, anche le cartoline postali venivano all’epoca definite “biglietti” prima dell’introduzione di questi in Italia nel 1889 mentre la lettera rimaneva tale pur se non sigillata ma chiusa in maniera accurata incollando i lembi della busta.

2) Per un approfondimento in tema di materialità delle corrispondenza epistolare: C.Fedele, La voce della posta, Comunicazioni e società nell’Italia napoleonica Voci, fogli, notizie, pp.377-472, ISSP, 1996; C.Fedele, G.Tabarroni La lettera e la storia postale Appunti per Operatori dei Beni Culturali, AIFSP, 2007; G.Riggi di Numana Il Segreto Epistolare, edizioni Cortina, Torino, 2008.

3) In ambito burocratico-postale il termine “lettera morta” indicava la lettera a cui, per motivi diversi, non era stato possibile dare un recapito. A Londra per la lavorazione di questa categoria di corrispondenza la posta istituì pure una sezione specifica, il Dead Letter Office, così come apposite buste, timbri e etichette adesive da utilizzare per la rispedizione al mittente.

4) Fino dal 1791 era attivo tra le due città un corriere settimanale in posta: oltre al carico di lettere trasportava piccoli pacchi e disponeva di un posto per un passeggero.

5) I due ordini sono ben distinti, nonostante vengano genericamente definiti entrambi “gerosolimitani”.

6) La scheda personale in cui compaiono le onorificenze del senatore Cristoforo Ferretti nel sito del Senato della Repubblica non è aggiornata. Il Ferretti aveva il rango di Balì professo: godeva quindi del titolo di “fra” e divenne ricevitore del priorato, ovvero ministro delle finanze, dopo avere rifiutato la luogotenenza dell’ordine. Almanacco imperiale reale della Lombardia per l’anno 1843.

7) Con la risoluzione dell’11 giugno 1844 l’Imperatore Ferdinando I approvava lo statuto del Gran Priorato di Lombardia e Venezia che prevedeva il suo benestare nella nomina del Gran Priore e sui membri dell’ordine di qualsiasi grado. Francesco Giuseppe sarà nominato Bali di Gran Croce d’onore e devozione dell’Ordine di Malta. A Vienna venivano valutate le effettive discendenze nobili per ottenere il grado di cavaliere, così come era sottoposta all’approvazione del sovrano la fondazione o assegnazione delle commende e per questo motivo le carte milanesi si trovavano presso la corte. La fondazione del Gran priorato va intesa come una mossa per avvicinare alla corona la nobiltà italiana attraverso un legame cavalleresco che comportava sia l’esposizione di contrassegni visivi sia l’assegnazione di signorie, tema a cui gli italiani erano molto sensibili. Nel caso dei funzionari statali di alto livello non nobili l’appartenenza ad un ordine cavalleresco costituiva l’entratura nei salotti esclusivi delle famiglie italiane nobili di sangue. Gli stipendi previsti dall’amministrazione asburgica per i propri dipendenti (12 categorie) erano calcolati sul costo della vita nelle province austriache, ben inferiore a quello italiano, e per i funzionari asburgici diveniva spesso necessario attingere al proprio patrimonio personale per avere un tenore di vita consono alla carica ricoperta.

8) I membri dell’ordine di Malta sono divisi in tre ceti in base all’adesione: al primo ceto appartengono i cavalieri di Giustizia, possono fregiarsi del titolo di “fra”, devono avere emesso voto di povertà, castità ed obbedienza ed esprimono il Gran Maestro. Al secondo ceto appartengono cavalieri e dame definiti di onore e devozione, di grazia e devozione, di grazia magistrale tutti in obbedienza in virtù di una promessa di vivere secondo i principi cristiani e dell’ordine. Dato che i membri di questa classe non hanno emesso voti possono considerarsi una sorta di terz’ordine religioso. Al terzo ceto appartengono quanti non hanno emesso voti religiosi o promessa ma hanno una vita in regola con i principi cristiani e dell’ordine. Mentre chi è nobile entra direttamente nel secondo ceto quanti hanno guadagnato benemerenze ma non vantano titoli nobiliari entrano nell’ordine come donati per poi essere eventualmente nominati cavalieri di grazia magistrale. All’epoca di Guido Borromeo i cavalieri di giustizia potevano essere sia professi sia non professi.

9) Erano rispettivamente Ludovico Taverna, Carlo Cicogna e Giorgio Raimondi, quest’ultimo padre di Giuseppina che nel 1860 divenne seconda moglie di Garibaldi, ad essere in attesa dell’assegnazione delle commende. In ambito cavalleresco il termine commenda definisce il beneficio conferito ad un membro, che diviene commendatore, di godere delle rendite derivanti dalla gestione di beni dell’ordine: trae origine dalla pratica altomedievale dei piccoli proprietari terrieri di donare i propri beni al latifondista in cambio protezione sia fisica sia fiscale mantenendo, in cambio di un canone variabile, in tutto o in parte il frutto della terra. La donazione era la via prediletta di quanti non nobili desideravano compiere un primo passo nell’ordine attraverso la nomina di cavaliere per grazia magistrale. Nel 1840 Cristoforo Ferretti si recò a Parma per insignire l’arciduchessa Maria Luisa d’Asburgo-Lorena, già moglie di Napoleone dal 1810 al 1814, della Gran Croce dell’ordine per avere concesso tre commende erariali, in questo caso una sorta di pensione, a favore di cavalieri di giustizia professi sudditi del ducato.

10) Cartiera inglese con sede nel Kent che divenne nota nel XVIII secolo come primo produttore di “carta tessuta”, detta anche carta velina o woven paper, particolarmente apprezzata dagli stampatori più esigenti perché mancante dei segni di telaio tipici della carta a mano che provocavano imperfezioni nella stampa di opere di pregio: si otteneva ravvicinando i filoni e le vergelle così da fare apparire il telaio come una fitta armatura tessile.

11) Riguardo il sigillo: l’Ordine cavalleresco della Legione d’onore venne istituito da Napoleone Bonaparte nel 1802 per ricompensare quanti, essendo stati aboliti in periodo rivoluzionario i titoli nobiliari, si erano distinti per meriti sociali, amministrativi, economici e militari. L’Ordine della Corona Ferrea venne fondato sempre da Napoleone nel 1805, anno in cui venne incoronato re d’Italia. Nel 1816 un omonimo ordine venne istituito per parte austriaca dall’Imperatore Francesco II. Pur essendo una famiglia comitale la corona che timbra lo scudo mostra sette perle invece delle nove regolari perché prima dell’entrata in vigore della normativa da parte del Regno d’Italia non esisteva una vera e rigida codificazione degli elmi e delle corone di grado. Notizie fornite nel sito www.iagiforum.info, sito online della Commissione Internazionale permanente per lo studio degli Ordini Cavallereschi, dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano e di Famiglie Storiche d’Italia.

12) Il grande segretario italiano, ossia modelli di lettere sopra qualsiasi argomento ci ragguaglia su diversi aspetti pratici riguardanti la preparazione e manipolazione delle lettere: la carta viene rappresentata come un vestito buona, bianca, non succhia e ritagliata negli orli; il suggello Manca di rispetto chi suggella con ostie, e usar bisogna la cera di Spagna; interessanti, anche a livello collezionistico, le indicazioni circa le lettere contenenti denaro Se con una lettera spedir si vogliono ad alcuno denari, cambiali, scritture importanti od altri oggetti, s’indicheranno sulla soprascritta della lettera; man non si s’inchiuderanno nella medesima, giacché così facendo potrebbero andare facilmente smarrite; sibbene si consegneranno nel modo prescritto ai così detti uffici di consegna. E altro ancora.

Bibliografia

Meriggi Marco, Amministrazione e classi sociali nel Lombardo-Veneto (1814-1848), Il Mulino, 1983
Meriggi Marco, Il Regno Lombardo-Veneto, UTET, 1987
Visentin Mario, La funzione storica, sociale, religiosa della cavalleria e la perenne vitalità dei suoi ideali: profili storici di ordini cavallereschi in Italia, Centro di studi storici, Cologna Veneta, 1981
Petrucci Armando, Scrivere lettere Una storia plurimillenaria, Laterza, 2008
Il grande segretario italiano, ossia modelli di lettere sopra qualsiasi argomento, Venezia Trieste, Coen, 1873 (Google Books)


Francesco Luraschi
08-12-2023

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