Torna alla Storia Postale Toscana
pagina iniziale le rubriche storia postale filatelia siti filatelici indice per autori

il tragitto transatlantico

di Giorgio Magnani

Il quadro storico relativo al Sud e Centro AmericaIl 1800 fu il secolo delle grandi emigrazioni verso l’America, fu “il secolo degli addii”.
Basta osservare le fotografie che emigranti e marinai si facevano fare prima del loro viaggio: persone con facce austere, coscienti che forse non sarebbero più tornati.
Fu il secolo della rivoluzione industriale, e in particolare delle applicazioni del motore a vapore alle navi, che rese possibile il dimezzamento dei tempi di percorrenza transatlantici e determinò la fine dell’uso millenario delle navi a vela.
Fu il secolo in cui iniziò il culto e la ricerca della velocità, in tutti i campi, dalla navigazione al trasporto terrestre e all’inoltro della corrispondenza. Filippo II doveva aspettare un anno per ottenere risposta alle sue comunicazioni con le Filippine, sei mesi per quelle con l’America. Il viaggio verso l’America del Nord durava molto più di un mese, e in pratica questi tempi rimasero identici fino alla prima metà del 1800. Ma già nella seconda metà del secolo il tragitto durava 15 giorni per ridursi a 10 negli ultimi anni.

William Turner così rappresentò l’ingloriosa fine della “Temeraire”, nave da battaglia a vela della Royal Navy, trasportata alla demolizione da un piccolo e fumoso battello a vapore. Il pittore volle così rappresentare il rivoluzionario cambiamento portato dalla tecnologia.




Il 1700 e la prima metà del 1800 videro l’affermarsi della supremazia britannica, che si evidenziò nell’estendersi della “linea rossa”, e cioè di quell’insieme di paesi che da una parte all’altra del globo alzavano l’Union Jack. Conseguente a questa situazione fu l’estendersi delle linee marittime commerciali e postali inglesi, solo in parte contrastate dalle linee francesi, e dopo la metà del 1800, da quelle americane; anche se segnali evidenti ci dicono che una grande potenza si stava già affacciando alla ribalta del mondo.
Gli Stati Uniti d’America avevano sconfitto gli Inglesi, si erano ingranditi con Napoleone acquistando Louisiana e Florida, avevano battuto la Spagna e il Messico con relative acquisizioni territoriali. E poco dopo, squadre di navi da battaglia americane incrociavano su tutti i mari a difesa degli interessi economici USA. Nel 1812 una flotta americana batteva le coste sud del Mediterraneo alla caccia dei pirati barbareschi; e uno dei più importanti archivi di storia postale ritrovati a Livorno, l’archivio di Thomas Pate, testimonia la l’enorme frequenza delle relazioni commerciali del porto di Livorno con gli USA.Nei primi anni del 19° secolo le rotte transatlantiche seguivano ancora quelle tracciate da Colombo. Le navi dirette verso il Nord America navigavano verso sud fino ad oltrepassare il Tropico del Cancro per sfruttare gli alisei che spirano verso Ovest fino ad incontrare la Corrente del Golfo che provvedeva a farle risalire verso New York, Boston e il Quebec. Invece le navi dirette verso il Sud America rasentavano l’Africa per schivare la Corrente del Golfo; quelle che da là tornavano verso l’Europa sfruttavano la stessa Corrente per essere trasportate indietro. Il mezzo di trasporto si affidava agli elementi naturali, che del resto non poteva contrastare: il suo motore era costituito dalle vele e dalle correnti, se favorevoli. Le grandi tempeste invernali atlantiche impedivano di fatto i viaggi transatlantici, le bonacce li ritardavano.
Appare comica oggi, ma a quel tempo era del tutto normale la modalità con cui si effettuava la verifica della zona in cui si era giunti al termine della traversata: il capitano interrogava gli occupanti della prima barca che incontrava.
Questo succedeva perché fino a quasi tutta la prima metà dell’ottocento la determinazione della longitudine (posizione di un punto su un parallelo terrestre) rimase aleatoria. Nei secoli precedenti i Governi più importanti avevano cercato ossessivamente un metodo per determinare facilmente la longitudine sul mare, spendendo somme ingentissime, senza raggiungere risultati realmente praticabili. Un errore di un centinaio di miglia era abbastanza probabile.
Il problema era così sentito che il Governo Inglese promulgò nel 1714 il “Longitude Act”, stanziando cospicue somme per chi fosse stato in grado di trovare un sistema “pratico e utile”. Solo nel 1844 Harrison riuscì a costruire il primo “orologio marittimo” in base al quale calcolare con sufficiente approssimazione la longitudine. Ma non era esattamente un orologio da polso: pesava 40 kg. Pochi anni più tardi l’evoluzione tecnica consentì la costruzione di orologi molto più maneggevoli, e le navi della Royal Navy ne furono tutte dotate, risolvendo definitivamente un secolare problema.

Le emigrazioni italiane che fra la metà e la fine del 1800 si diressero verso il Sud America si concentrarono in Argentina, Uruguay e Perù. Prima i brigantini a vela, poi le prime navi a vapore, navi progettate per “insaccar miseria“, secondo a terribile espressione del De Amicis, portarono i nostri compatrioti verso queste lontane destinazioni.
Si determinò così con queste zone un notevole interscambio di corrispondenza con l’Italia.
Lettere da altre paesi del Sud America sono molto più rare, ed in genere, rispetto alla massa della posta transatlantica diretta in Europa, le destinazioni italiane sono infrequenti: forse meno del 2%, e questa percentuale dà l’idea del ruolo del tutto marginale che aveva il nostro Paese nello scacchiere internazionale.

La tipologia delle navi

I galeoni, poi i brigantini e i clipper furono le ultime navi commerciali a vela; le prime navi a motore avevano la stessa struttura delle navi a vela con modifiche che con il tempo diventarono sempre più evidenti.

Il Galeone: non riusciva a stringere il vento, in pratica procedeva con il vento in poppa o al lasco.
Il clipper: nave velocissima, era in grado di stringere il vento molto di più del galeone.



La nave a pale


La nave U.S.A. Savannah nel 1819 per prima attraversò l’Oceano Atlantico con l’aiuto di un motore a vapore che azionava due ruote a pale, utilizzandolo in modo saltuario. Per un paio di decenni i transatlantici erano sostanzialmente delle navi a vela su cui veniva inserito un motore usato in genere senza continuità. Ma già pochi anni dopo tutte le navi che operavano sulle rotte transatlantiche, pur non abbandonando definitivamente le vele, utilizzavano prevalentemente il motore a vapore.
Da notare come le stampe dell’epoca mettono in risalto lo spirito di avventura dei naviganti: si vedono navi che affrontano mari procellosi, e numerose sono le rappresentazioni di naufragi. La successiva grande rivoluzione fu determinata dall’affermazione definitiva dell’elica rispetto alle ruote a pale; poiché la supremazia dell’una rispetto all’altra era controversa, l’Ammiragliato inglese organizzò una speciale sfida di tiro alla fune fra una nave a pale ed una ad elica, vincolandole di poppa. Vinse quella ad elica.

La gestione della posta
Le rotte con il Sud e Centro America

La posta transatlantica verso l’Italia fu trasportata per lo più da Compagnie agenti per conto dell’Amministrazione Postale Inglese, (con sbarchi a Falmouth, Plymouth, Liverpool e Londra), e di quella Francese, (con sbarchi a Marsiglia, Bordeaux e Saint Nazaire); passava quindi attraverso la Francia venendo raccolta a Genova e di qui inviata a destinazione. Meno frequentemente la posta fu trasportata dalle navi italiane, tedesche, belghe e portoghesi, con successivi inoltri via terra. Uffici Postali Inglesi e Francesi sorsero in tutti i porti più importanti del Centro e Sud America, quelli Italiani solo a Buenos Aires e Montevideo.
La corrispondenza di questo periodo veniva in genere spedita con porto da pagare a destino e quindi veniva tassata al porto di sbarco. L’entità delle tassazioni dipendeva dalla condizione in cui si trovava la Compagnia di Navigazione che effettuava il trasporto, e cioè se agiva sotto contratto postale o meno, e dalle Amministrazioni Postali interessate.

Emigranti italiani fondarono a Buenos Aires una compagnia che chiamarono Italo Platense, che trasportò la lettera che segue, che fu tassata per 40 cc. come avveniva per la posta trasportata da navi mercantili.
Note due sole lettere con il timbro rosso ITALOPLATENSE.




La posta trasportata da navi postali italiane

La gestione della posta transatlantica da parte delle Autorità Italiane iniziò nel 1856 con un contratto fra la Compagnia Transatlantica e il Governo Sardo che prevedeva il collegamento fra Buenos Aires e Genova con altri scali intermedi fra cui Rio de Janeiro, da cui provengono le lettere che seguono. La corrispondenza trasportata dalle sue navi fu tassata per L. 1,1 e multipli.
Sono caratterizzate dalla presenza del bollo in cartella Vapori transatl. La seconda lettera fu trasportata quando la Compagnia era ufficialmente fallita e quindi compì il suo ultimo viaggio in clandestinità; è l’unica a me nota di questo viaggio.



Alla Compagnia Transatlantica seguì la Compagnia Lavarello, che iniziò le sue traversate trasportando la lettera che segue. La corrispondenza trasportata dalla Lavarello fu tassata con 90 cc. per ogni 15 gr. per il porto assegnato a partire dal 1873, per diventare L.1 nel 1875; veniva coperto sia il costo del trasporto transatlantico che quello interno italiano. Fu caratterizzata dai timbri “Da Montevideo coi Postali Italiani” e “Da Buenos Aires coi Postali Italiani” posti a Genova, con esclusione dei primi due viaggi, quando venne usato il vecchio timbro “PIROSCAFI POSTALI FRANCESI ”.


Buenos Aires il 20/06/74: prima spedizione postale della Compagnia Lavarello, vapore Espresso. Il bollo “PIROSCAFI POSTALI FRANCESI” fu cancellato con un tratto a penna. Una delle due lettere conosciute.

Un mese dopo la lettera che segue fu trasportata con il vapore Sud America e ricevette lo stesso timbro in origine destinato alla posta trasportata dai piroscafi francesi, stavolta scalpellato; si conoscono due lettere con questa caratteristica.



Finalmente fu pronto il timbro definitivo “Da Buenos Aires coi postali Italiani”, che fu applicato il 16/08/74 sulla lettera che segue proveniente da Montevideo, non essendo pronto quello appropriato,“Da Montevideo coi Postali Italiani”.



Si conoscono due lettere con questa caratteristica.

Il 18/11/1874 il bollo “Da Montevideo coi Postali Italiani”, colpì la lettera spedita da Montevideo come da bollo blu “MONTEVIDEO 19 OCT 74”, affrancata con francobollo da 10 cc. dell’Uruguay per coprire il porto interno.

Prima data conosciuta del bollo “Da Montevideo coi Postali Italiani”.



La lettera che segue fu trasportata dal vapore Nord America della Lavarello. Sbarcò a Genova il 3 Gennaio 1878; affrancata per nove porti locali (cinque italiani) fu tassata con il francobollo
da L. 5 isolato. Unica a me nota proveniente da Buenos Aires con questo francobollo di tassa isolato.

Nel 1874 l’Agenzia postale italiana di Buenos Aires fu dotata di francobolli soprastampati ESTERO con cui le lettere dirette in Italia con la Lavarello potevano essere rese franche fino a destino.
L’uso di questi francobolli, in genere raro, decadde il 1° Maggio 1878 con l’adesione dell’Argentina all’UPU. Rarissimi sono gli annullamenti con il timbro a piccoli punti applicato a Buenos Aires, mentre i francobolli erano più frequentemente annullati con il bollo “Da Buenos Aires coi Postali Italiani” o “Da Montevideo coi Postali Italiani”, come la lettera che segue.



La lettera che segue, trasportata dal Vapore Nord America della Lavarello, reca i francobolli soprastampati ESTERO annullati con il bollo riquadrato “PIROSCAFI POSTALI ITALIANI”, mentre il bollo “Da Buenos Aires coi Postali Italiani” colpisce il fronte della lettera.



Una cosa buffa di questa lettera testimonia lo spirito sparagnino dell’epoca: il francobollo tasse da 50 cc. è il risultato dell’assemblaggio di due francobolli diversi: una frode compiuta utilizzando le parti di due francobolli non colpite da annullamenti e già usati. Possiamo immaginare il tempo, l’attenzione che l’impiegato postale impiegò per guadagnare 50 cc.

La posta trasportate dalle Amministrazioni Inglese e Francese

Rare sono le lettere franche fino a destino, almeno fino al 1878, come la seguente, trasportata dalle Messageries Maritimes affrancata con francobolli francesi di due emissioni diverse.



Analoga è la lettera seguente, franca fino a Penne, affrancata a Buenos Aires negli uffici del Locale Post Office che annullò i francobolli con l’ovale B 32.



Le lettere non affrancate spedite per mezzo delle Amministrazioni Inglesi e avviate in Italia attraverso la Francia furono colpite dai bolli di scambio (Accountancy markings) applicati in Inghilterra, stabilenti il valore del rimborso che l’Amministrazione Francese doveva a quella Inglese che aveva effettuato il trasporto transatlantico. Dal 1843 al 1856 indicavano il numero dell’articolo della Convenzione in base a cui veniva calcolato il rimborso; sono quelli caratterizzati dalla scritta “Art. + numero”: nel caso della lettere che segue questo numero è 13. Il costo del trasporto era 3 scellini + 4 d per oncia britannica.



Dal 1857 al 1875, i bolli di scambio furono caratterizzati dalla sigla “G.B.”, e indicavano il prezzo in franchi che l’Amministrazione Francese doveva a quella Inglese, come nella lettera che segue proveniente da Valparaiso.



La lettera seguente invece non porta il timbro di scambio, probabilmente perché non fu trasportata da una nave postale Inglese, pur provenendo da Lima e quindi dalla via di Panama. Tassata per 11,50 L., reca il più grande blocco a me conosciuto del francobollo di tassa da 2 L.



Un bollo di scambio lineare su due o tre righe “PANAMA TRANSIT” applicato a Londra caratterizzò il passaggio per la Via di Panama dal 1848. Il costo del trasporto era 5 scellini e 4 d. per oncia britannica. Dal 1849 al 1881 un timbro simile fu applicato a Panama.
L’Amministrazione Postale Italiana rimborsava a quella Francese quanto da questa pagato a quella Inglese, oltre il costo del trasporto in Francia, applicando una tassa pari alla somma di detti costi (oltre al costo del trasporto interno Italiano, che fu pari a 20 cc. dal 1-1-1865 al 31- VII - 1889).
Dal 1867, in attuazione della Convenzione entrata in vigore fra Francia e Italia, fu introdotto un’altro bollo di scambio, con numeri diversi in funzione degli anni di applicazione e della provenienza: F.* 56 (1869-1875, provenienza Plata); F.* 57 (1873-1874, Prov. Brasile); F.* 58 (1869-1874, prov. Pacifico per la Via di Panama); F.* 60 (1874, prov. Plata); veniva applicato sulla corrispondenza trasportata da postali Francesi.

La posta trasportata da navi mercantili

Questa posta, trasportata da navi che sbarcavano a Genova, fu colpita dal timbro “VIA DI MARE / (A)” fino a circa il 1848, come la seguente:



Il brigantino Maria Teresa impiegò 105 giorni per il tragitto da Montevideo a Genova! Il Timbro VIA / DI MARE / (A) indicava la provenienza dal Sud America; fu tassata con 40 cc. per coprire il porto interno, essendo stato regolato con il capitano della nave il costo del trasporto transatlantico.
Intorno al 1870 la corrispondenza fu tassata ancora con 40 cc. e fu colpita dal caratteristico timbro “con Bastim Mercant” posto a Genova.




Le provenienze


Alcune provenienze sono molto meno frequenti di altre: così le lettere da Montevideo sono molto meno frequenti di quelle provenienti da Buenos Aires, ma meno rare di quelle provenienti dal Cile, fra le quali la seguente trasportata dal vapore Ville de St. Nazaire, caratterizzata dalla presenza del timbro ottagonale “VALPARAISO 15 NOV 73 PAQ FR. N° 2”: costituisce una rarità della posta marittima francese. Infatti la corrispondenza dalla costa del Pacifico verso l’Europa venne trasportata essenzialmente da vapori inglesi. La linea francese durò solo due anni, dal marzo1872 al febbraio 1874.



Mi sono sconosciute lettere dal Paraguay.



Le lettere che in questa epoca provengono dal Perù furono trasportate da Compagnie Inglesi, come la seguente che fu impostata ad Arica, tassata per il doppio porto con una quartina da L.1, (una delle due integre a me note), e un francobollo da 60 cc.
Molto interessanti sono le lettere provenienti dall’area caraibica, perché la corrispondenza era soggetta a frequenti trasbordi e cambi di Compagnia da un’isola all’altra. La lettera che segue fu trasportata da Maracaibo a Londra dalla nave TEUTONIA della linea tedesca HAPAG. A Londra fu colpita dal timbro “SHIP LETTER” che aveva il significato di lettera trasportata da nave mercantile, senza contratto postale.
In questa zona erano operanti anche Compagnie che emisero francobolli di posta privata, molto rare, come quelli che si trovano sulle lettere trasportate dalla nave del capitano Todd che segue; questo Capitano organizzò un servizio fra la costa del Venezuela (Porto Cabello e La Guayra) e l’isola di St. Thomas, avamposto della collana delle isole caraibiche verso l’Atlantico



e quindi snodo nevralgico da cui partiva tutta la posta diretta verso l’Inghilterra e l’Europa.



Molto scarsa fu la corrispondenza con il Messico; la seguente lettera fu trasportata dal vapore Ville de Bordeaux della Compagnie Génerale Transatlantique via St. Nazaire, quindi via di terra fino a Genova.



La rarità

Sicuramente è molto più difficile reperire la corrispondenza transatlantica a rispetto a quella interna italiana: è anche vero però che questi documenti dovettero apparire ai destinatari come cose straordinarie, da conservare con grande cura e rispetto. Così la loro disponibilità non è poi così scarsa. Ogni collezionista sa che la rarità non va sempre d’accordo con il prezzo, nel senso che la richiesta del mercato è spesso guidata, oltre che dalla richiesta, dalla disponibilità che i commercianti hanno di questi documenti. Ad esempio la lettera trasportata “Da Montevideo coi Postali Italiani” tassata con il 5 L. tasse isolato è certamente un pezzo unico, largamente pubblicato, centrale di questo tipo di collezione: però la provenienza non è poi così infrequente, e l’alta tassazione dipese semplicemente dal fatto che riguardava una busta pesante, 5 porti Italiani. La rarità è quindi più di tipo filatelico (5 L. tasse isolato su lettera dal Sud America, rarissima tassazione), che storico postale.


La distribuzione della corrispondenza in funzione della sua origine

Il grafico che segue è fondato sostanzialmente sulla mia collezione e non ha quindi né pretese statistiche né di poter fotografare compiutamente la reale distribuzione delle provenienze della corrispondenza. Direi però che, avendo controllato per anni quello che appare nelle aste internazionali, il grafico corrisponde in linea di massima alla realtà.
Si vede quindi a colpo d’occhio come la provenienza incide sulla rarità, indipendentemente dall’affrancatura.




figura 27 distribuzione della corrispondenza per provenienza


Antique Map Ocean Liner Routes


1850 il porto di New York


pagina iniziale le rubriche storia postale filatelia siti filatelici indice per autori