Tariffe anche Insolite



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Alcune note sulla consegna della corrispondenza
Espresso “fuori Dazio”
di Marino Bignami

Il lettore Leonardo A. ci ha inviato in visione una bella cartolina postale della R.S.I. Mazzini da Cent. 30 con integrazione di tariffa per l’inoltro espresso inviata da Mantova il 10 aprile 1945 e consegnata a Venezia Lido, quindi fuori dalla cinta daziaria di Venezia città.


La cartolina di Leonardo A. è stata affrancata dal mittente per totali £ 3,80 e ha pagato anche la tassazione per la consegna “fuori Dazio”:

Cartolina Mazzini da . cent.30 con integrazione. a…….£ 0,50

Espresso ........................................................................£ 2,50

Consegna oltre la cinta daziaria ….. 2x cent. 40…..…...£ 0,80

Trattandosi di parenti che si scrivono, molto probabilmente il mittente sapeva dell’aggravio di spesa per gli espressi di Venezia Lido ed ha voluto evitare al destinatario una tassazione e ci ha regalato un bel documento postale.

La tariffa applicata è stata il massimo del consentito dalla normativa per 2 porti da 40 cent. per la distanza e per l’uso inevitabile a Venezia della barca.

Prendo lo spunto di questo documento per ricordare la normativa della consegna espresso fuori dal Dazio cittadino come “tariffa insolita”.

Come è noto gli espressi prendono il nome dal personale mandato “espressamente” a consegnare un messaggio appena arrivato all’agenzia postale destinataria. In tempi moderni tale servizio (pagato a parte con apposito francobollo) era stato applicato alla corrispondenza e ai pacchi, mentre per i telegrammi il costo era compreso nella tariffa di trasmissione. Tale consegna espresso (spesso effettuata da fattorini del telegrafo) era prevista solamente all’interno dei confini urbani. All’esterno delle città, ma facente parte dello stesso distretto postale, per la consegna espresso era dovuto un supplemento di tariffa che poteva essere pagata dal mittente con affrancatura, oppure dal destinatario alla consegna nelle mani del fattorino postale. La normativa inoltre specificava che se il destinatario avesse rifiutato il pagamento, l’amministrazione si sarebbe rivalsa sul mittente (perché, per questo servizio extra, il fattorino andava pagato!)

Nel 1940 venne emesso un decreto che variava la normativa postale vigente e riportava i prezzi aggiornati dei servizi.

Regio decreto 23 maggio 1940-XVIII.
Tariffe postali, indennizzi per corrispondenze e pacchi smarriti, limiti di peso, dimensioni, valore ed assegno per gli oggetti e operazioni postali".


Alla voce 35 per gli espressi recitava:

“35) Espresso:

Diritto fisso, oltre le tasse normali:

per ogni oggetto di corrispondenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1,25
per ogni pacco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2,00

Per le corrispondenze da recapitarsi per espresso oltre i limiti entro i quali il recapito è obbligatorio, è dovuta dal destinatario, o, in caso di rifiuto, dal mittente, una tassa supplementare che viene determinata a seconda del costo della mano d'opera di ciascuna località senza eccedere in via normale lire 0,40 per ogni 500 metri di maggiore distanza dal limite del recapito gratuito, ed a seconda della tariffa locale per il nolo delle barche. Se il recapito per espresso deve effettuarsi in ore notturne o in cattive condizioni atmosferiche o di viabilità il diritto supplementare può essere aumentato fino al doppio
.”

La R.S.I. modificò le tariffe postali che erano state emanate nel 1940 dal Regno, infatti decretò l’aumento delle tariffe postali e di alcuni servizi dal 1° ottobre 1944 con:

Decreto interministeriale del 16 Giugno 1944-XXII, n. 606 (in G.u. n. 229 del 30 Settembre 1944-XXII).
Dal 1° di Ottobre del 1944. In vigore nelle Regioni del Nord Italia fino al 30 giugno 1945.

Ma non tutte le tariffe furono cambiate, e non allo stesso livello, in particolare alla voce di nostro interesse il capitolo Espressi riporta:

Espressi:

(oltre le tasse normali)
per ogni oggetto di corrispondenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2,50
per ogni pacco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 4,-


L’elenco delle nuove tariffe della R.S.I. termina poi con:

Art. 2.
Rimangono ferme le tariffe e le disposizioni attualmente in vigore non considerate dal presente decreto o che non siano con esso in contrasto.
Il presente decreto, da sottoporre a ratifica del Consiglio dei Ministri, sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, previa registrazione alla Corte dei Conti, ed inserito, munite del sigillo dello Stato, nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti.

Nel 1944 non viene menzionato il servizio di consegna fuori dalla cinta daziaria degli espressi e considerata la precisazione dell’Art. 2 rimangono in vigore le disposizioni delle tariffe del 1940.

Prendo l’occasione per presentare anche un paio di mie lettere a cui è stata applicata ad entrambe la tariffa inferiore di 30 cent. dovuta sicuramente al trasporto terrestre.

La prima una lettera inviata a militare in servizio a Bra (Cuneo) e secondo la normativa il trasporto “fuori Dazio” è costato cent. 30 x 2, mentre l’altra indirizzata a un militare in servizio fuori Roma, al Forte Aurelio distante circa un chilometro dalla cinta daziaria, sulla Via Emilia Antica è messa a carico del destinatario per soli cent. 30 per 1Km., va rilevato però che un timbro applicato sulla tabella, ricorda che si è trattato di “RECAPITO CUMULATIVO”. Probabilmente il Forte Aurelio come “Centro Chimico” riceveva posta espresso in quantità ed il pezzo singolo era stato scontato.

12/12/ 1941 – da Milano a Bra (Cuneo) con applicati sovratassa espresso fuori dazio di cent. 30 x2 totali cent. 60.


29/7/ 1942 – da Firenze a Roma fronte e retro con sovratassa espresso fuori dazio con tabella di £.0,30 per 1 Km. per “RECAPITO CUMULATIVO”


Marino Bignami
http://www.postaesocieta.it/

03-10-2019

 

 

Riflessioni sulla trattazione del "fuori cinta" per gli espressi in RSI (1) di Martino La Selva

Mi permetto di intervenire nell'annosa carenza di informazioni certe circa il recapito degli espressi oltre il limite di consegna previsto senza aggravio per l'espletamento del servizio, perché la cartolina proposta in esame rientra nel mio modesto ambito di studio, ossia gli oggetti postali relativi al servizio espresso in RSI: gli espressi "fuori cinta" nel periodo, sono rari e suscitano curiosità ed interesse collezionistico di tanti, per cui vista la delicatezza del tema potrebbe essere utile approfondirlo, magari arricchendolo di qualche altra considerazione.

Coll'intervento colgo l'occasione sia di ringraziare l'intervenuto Marino Bignami per la sua ampia opera di divulgazione disponibile in rete, che di citare i pochi altri appassionati che nel tempo hanno provato ad addentrarsi nel ginepraio del tema: mi preme ricordare il libretto "Espresso e anche un po' urgente" di Franco Filanci e Costantino Romiti (*), utile a richiamare alcune delle normative, nonché l'accenno dell'amico Gianni Vitale nell'ambito dell'uso della serie Democratica, seppur limitato al periodo repubblicano.

Intendendo entrare nel merito del servizio (cui la cartolina si fregerebbe di avere) serve precisare che quanto provo a condividere non vuole e non deve potersi considerare uno scritto esaustivo proprio a causa dell'incertezza dei dati che di seguito cercherò al meglio di riassumere, ma piuttosto spero che possa rappresentare un'insieme di considerazioni utili al lettore, affinché egli stesso possa formarsi un'opinione a riguardo di un argomento ricco di incertezze.

La problematica verte principalmente sull'indisponibilità di dati certi circa l'ubicazione geografica delle cinte murarie (all'interno delle città che ne disponevano) e di elementi significativi per il limite di "recapito gratuito" oltre i nuclei abitati che non disponevano della cinta daziaria: c'è infatti da impazzire a cercare di ricostruire fin dove fosse pagato il servizio espresso senza ulteriori aggravi.

Persino per le grandi città, dotate di cinta daziaria, questa carenza di elementi è dovuta:

1. alla mancanza di mappe dell'epoca nelle quali rintracciare i segni del confine daziario (molto spesso questo perimetro non veniva segnalato);

2. al progressivo ampliamento del suo perimetro, che veniva gradualmente spostato in ragione dell'ingrandimento dei limiti inurbati delle città che avanzavano disordinatamente verso le periferie;

3. alla riforma settoriale del 20.03.1930, attraverso la quale per Regio Decreto furono aboliti i dazi cittadini (sostituiti con le Imposte comunali di consumo) per cui il 01.04.1930 tutte le cinte daziarie vennero abolite e, quindi, pressoché dimenticate fino all'RSI.

L'irrintracciabilità di riferimenti diventa assoluta per quanto attiene l'individuazione dei confini di recapito nelle località sprovviste di cinta daziaria, anche dette "a Comune aperto", ovvero laddove la consegna degli espressi avrebbe dovuto essere effettuata con aggravio per i destinatari ubicati all'esterno "dei fabbricati che formano la città, paese o borgo che dà nome all'ufficio" (dal 1904) ed "a 500 metri di raggio oltre il perimetro che racchiude l'insieme dei fabbricati formanti la città od il paese che dà nome all'ufficio" (dal 1920).
In tal senso si presume che le Direzioni provinciali avrebbero dovuto stabilire, caso per caso, tale perimetro nei propri territori di competenza: ad oggi, però, non mi è nota alcuna disposizioni postale in merito.
E se fosse stato stabilito, come credo, tutti gli uffici operarono nel suo rispetto? Chissà!

Appare, quindi, evidente che in assenza di perimetrazioni attendibili e nell'incertezza che tali prescrizioni postali potessero essere disattese a noi studiosi non resta che l'osservazione degli oggetti postali (ben pochi esempi noti!) a costituire il riferimento più attendibile per comprendere quantomeno come di fatto si comportassero (in applicazione delle disposizioni? in consuetudine?) gli uffici postali in occasione dei recapiti eccentrici reperiti tassati; solo secondariamente, infatti, possiamo prendere in considerazione le tariffe eccedenti, nonché la conformazione del territorio per cercare di giustificare la possibilità di una rarissima consegna "fuori cinta" a carico del mittente.

Giova ricordare che se gli espressi "fuori cinta" gravati di costo a carico del destinatario a noi giunti sono stati segnati con la classica impronta postale di riscossione, che li ha identificati incontrovertibilmente, quelli invece consegnati con l'aggravio di costo corrisposto dal mittente sono rimasti sprovvisti di annotazioni postali e, ad oggi, appaiono perfettamente anonimi (in modesto eccesso di tariffa) e, quindi, molto più difficili da riconoscere ed accertare.

Nel secondo caso (decisamente ostico da reperire!) avrebbe dovuto essere il mittente (o ben più raramente l'ufficio postale di partenza) ad essere a conoscenza della condizione prevista per il recapito degli espressi nella particolare zona di destinazione, affinché la propria corrispondenza potesse essere trasmessa in espresso senza aggravio al destinatario: se questa ipotesi costituiva un'ordinaria facoltà del mittente, eccezionalmente per gli invii in espresso di raccomandate ed assicurate vale la pena ricordare avrebbe dovuto costituire un obbligo, giacché questo tipo di corrispondenza avrebbe dovuto essere affrancata integralmente.

Per questa eventualità, più unica che rara, mi sono note due sole raccomandate in espresso di RSI, entrambe gravate della spesa a carico del mittente indirizzate alla medesima località: si tratta di due distinte lettere con mittenti e destinatari del tutto diversi, che assieme comprovano la ricostruzione tariffaria "fuori cinta" dovuta a carico del mittente.

Ragionandoci credo si possa ipotizzare con un po' di buon senso che chi spediva in espresso anticipando la spesa del "fuori cinta" doveva possedere sia una notevole conoscenza di questa eventuale spesa (scriveva ai cari rimasti a casa?), sia la manifesta volontà di agire con cortesia nell'intento di evitare l'imbarazzo per la spiacevole richiesta al destinatario: ciò considerato risulterebbe assai probabile che la corrispondenza con espressi "fuori cinta" possa essere ascrivibile solo a particolari zone che, per conformità del territorio, nonché per quanto disposto dalle Direzioni provinciali, per cui essa potrà essere concentrata in poche destinazioni rintracciabili nel tempo (da parte degli studiosi che avranno cura di annotarle) necessariamente ubicate in aree scarsamente abitate.

Inoltre vale la pena considerare che se gli espressi "fuori cinta" oggi noti consegnati in determinate località assieme costituiscono provata dell'effettivo espletamento del raro servizio in dette zone, è impossibile poter affermare lo stesso per oggetti postali di cui non si conoscano altri esempi recapitati in prossimità con le modalità ascrivibili al servizio.

Sostengo che affermarlo sarebbe quantomeno avventato, giacché è noto che proprio durante la seconda guerra mondiale risultino numerosi i casi di importi di affrancatura non corretti, sia in carenza che in eccesso, cui ancora oggi è impossibile dare una comprovabile motivazione: in assenza di ulteriori riscontri un'affrancatura inspiegabilmente abbondante non dovrebbe poter bastare ad asserire che il recapito sia stato eseguito "fuori cinta".

Più nel dettaglio ad oggi non mi sono note corrispondenze in espresso "fuori cinta" per la destinazione dell'isolotto del Lido di Venezia, che altrimenti avrebbero potuto confermare l'ipotesi assunta ad aritmetica giustificazione dell'importo aggiunto alla tariffa affrancata, ma piuttosto sono note numerosi oggetti postali lì destinati senza alcun aggravio né per il mittente, né per il destinatario.

Considerando il Lido di Venezia nel momento storico di riferimento, in esso si può trovare traccia di una discreta attività umana nel suo modesto territorio (ospedale, linea tranviaria, grandi alberghi, piccolo aeroporto...), con conseguente presenza di numerosi abitanti e turisti, che al tempo potevano utilizzare ben due ricevitorie postali di prima classe ed una agenzia postale: con questa ipotizzabile mole di corrispondenza in arrivo sarebbe quantomeno ragionevole attendersi il reperimento di qualche altro esempio, mentre ad oggi - per quel che io sappia - nulla di simile è noto per tutta l'intera laguna.

L'acclarata popolosità della zona dovrebbe, quindi, far ragionevolmente escludere che questa non fosse ordinariamente servita dal recapito degli espressi con personale di questi tre uffici postali, così come le dimensioni e la viabilità dell'isolotto non sembrano tali da poter avere delle zone particolarmente eccentriche nella distribuzione degli espressi, tali da giustificare un "fuori cinta".

Fermo restando che nello specifico la consegna degli espressi "fuori cinta" proprio nella città di Venezia, avrebbe dovuto godere di un'organizzazione speciale per via della sua eccezionale conformazione del territorio, sembra più plausibile che per la completa assenza di ulteriori riscontri certi di oggetti consegnati a Venezia in espresso "fuori cinta" si adoperi maggiore cautela nell'attribuire l'ipotizzata ricostruzione tariffaria.

Affermo ciò sia per amor del vero e della ragionevolezza, nonché per il rispetto al pregio di una delle tariffe più oggettivamente ostiche da reperire in ambito collezionistico di RSI.

In conclusione trovo giusto ribadire che queste mie considerazioni costituiscono mere opinioni personali fondate sui pochi dati disponibili e sulla limitata esperienza a riguardo e, come tali, esse potranno essere o meno condivise: nulla toglie, ad esempio, che nel tempo possano persino essere reperiti ulteriori riscontri che le sconfessino: nel caso sarà mia cura confrontarmi ed, eventualmente, aggiornarle nell'interesse della più attendibile ricostruzione tariffaria della cartolina proposta.

Martino La Selva
Espressi dall'08.09.1943 a tutto l'RSI

23-10-2019

 

ANCORA SULLA CONSEGNA FUORI CINTA DEGLI ESPRESSI di Marino BIGNAMI

Ulteriori osservazioni (in questo caso pro) sui dubbi sollevati da Martino La Selva sull'attribuzione della consegna "fuori cinta" della cartolina per il Lido di Venezia dell'aprile "45.
(intanto mi scuso dell’errore di data precedente)
Certo è che la Storia postale non è una scienza esatta come vorrebbe La Selva, anche se nel passato il servizio postale era ben regolamentato, ma ben si sa, quasi niente é stato senza errori. Nel caso specifico si può chiedere a Martino: come si può spiegare l'eccesso di tariffa applicata? Ragionevolezza vuole che, se osserviamo l'indirizzo del destinatario, obbiettivamente dobbiamo concludere che il Lido è lontano da Venezia città, quindi la spiegazione più semplice e logica è che si tratti del costo del trasporto fuori dalla zona di distribuzione obbligatoria (previsto dalla normativa) . Bisogna anche osservare che l'importo del trasporto fuori cinta era in ogni caso intascato dal fattorino come espresso, cioè persona mandata appositamente per la consegna supplementare che la posta non poteva (o non voleva assumersi), si può osservare che lo stesso trattamento era applicato anche ai telegrammi.
In sostanza l'amministrazione postale si rifaceva alla vecchia norma della possibilità per un privato di trasportare liberamente la posta dove il servizio postale NON ERA eseguito. Nel regolamento in questione la normativa indicava dei massimi di tariffa da applicare (a beneficio del fattorino) per la consegna; ma le variabili erano tante e la discrezionalità delle agenzie postali era vasta, fino al raddoppio delle tariffe infatti enumera: tempo meteorologico, difficoltà varie, eventuali barche, strade interrotte, orario notturno ma anche il costo locale della mano d’opera ecc. infatti recitava:

"Per le corrispondenze da recapitarsi per espresso oltre i limiti entro i quali il recapito è obbligatorio, è dovuta dal destinatario, o, in caso di rifiuto dal mittente, una tassa supplementare che viene determinata a seconda del costo della mano d'opera di ciascuna località senza eccedere in via normale lire 0,40 per ogni 500 metri di maggiore distanza dal limite del recapito gratuito, ed a seconda della tariffa locale per il nolo delle barche. Se il recapito per espresso deve effettuarsi in ore notturne o in cattive condizioni atmosferiche o di viabilità il diritto supplementare può essere aumentato fino al doppio.

Bisogna ricordare che nello stesso periodo operava (su licenza delle Poste) anche la CORALIT organizzazione privata di ciclisti a staffetta che viaggiavano di notte con lasciapassare tedesco per il trasporto della posta (normalmente affrancata e pagati a parte per il servizio) fra le città della val Padana, perché l'aviazione militare alleata che dominava il cielo con gli aerei mitragliava e sganciava bombe su tutto ciò che si muoveva nella Valle (treni, autocarri, automobili ecc ) e impediva di fatto il servizio postale ( e mancava anche il carburante!). E nel Lido? Era l'inizio di aprile forse faceva ancora freddino per andare al mare e pochi senza ombra di dubbio i bagnanti. La cartolina è partita il 10 da Mantova, ma quando é arrivata a destino il 15, il 16 ? In quel periodo il fronte di guerra era in subbuglio e in movimento da circa un mese (ricordiamo il 25 aprile “45 molto vicino!) e il Lido di Venezia sarà stato senz’altro semideserto se non deserto ed è probabile che le due agenzie postali che richiamava Martino fossero chiuse, come anche gli alberghi e l'aeroporto (aperti in tempi normali forse solamente d’estate) . Chi può escludere che la consegna della cartolina non sia avvenuta di notte per evitare gli aerei alleati?

A questo proposito mostro un biglietto postale che non ho voluto mostrare nel mio precedente intervento perché come dice Martino, non c'e la sicurezza matematica della consegna fuori cinta se non è scritto chiaramente sul documento. Come si può notare l'unica indicazione é una modesta scritta £ 2 in matita blu.

Il biglietto parte da Roma Ostiense Posta Aerea il 30-03-1943 per Marsala villa Annina Santa Venera. Faccio ricerche su Google Maps e trovo che la località, Contrada Santa Venera, dista circa 3,5 Km da Marsala.

Se teniamo presente ciò che é scritto nel regolamento sopra riportato, vediamo che la cifra segnata £ 2 corrisponde più o meno alle indicazioni raccomandate dalle norme. Ergo, ragionevolmente ho concluso (anche se La Selva non é d’accordo) che posso archiviare il mio documento come consegna fuori dalla cinta daziaria o per lo meno dove una volta finiva la città di Marsala.

Marino Bignami
http://www.postaesocieta.it/

18-11-2019

 

Riflessioni sulla trattazione del "fuori cinta" per gli espressi in RSI (2) di Martino La Selva

Innanzitutto ringrazio Marino Bignami che, avendo trovato tempo e pazienza per tornare ad intervenire a riguardo, mostra di avere a cuore l'argomento: un partecipato confronto costituisce preziosa occasione per chi si diletta nel voler approfondire certi aspetti della storia postale.

Vista la complessità del tema (l'espletamento del recapito espressi oltre la cinta daziaria) che rischia magari di annoiare i meno specializzati, mi propongo di rispondere nel rispetto dell'attenzione e della pazienza dei lettori e del buon Bignami, cui torno rispettosamente a contrappormi.

Convengo subito con lui nella volontà di chiarire che la storia postale non è e non può considerarsi una scienza esatta: domando scusa se l'abbia involontariamente lasciato intendere, per cui spenderò due parole per sincerarmi.

Il motivo che mi spinge ad approfondire (e ad insistere nel confrontarmi) non è certamente quello di voler costringere l'argomento in più rigorosi canoni, più adatti alla scienza che alle vicende umane come la posta. Che ognuno collezioni quel che sa, vuole e può ed a buon diritto se ne rallegri, da solo in compagnia, in piena e sacrosanta libertà!

Personalmente mi cimento nello studio, nel collezionismo e nello scrivere per dilettevole esercizio d'intelletto, che ho cura di spingere oltre la supina accettazione senza comprendere, oltre quanto possa essersi sedimentato nella cultura, nella tradizione, nella storiografia, etc.. spronandolo a provare ed a verificare -finanche a contestare!- quanto si possa già dar per conosciuto o si creda assodato, incoraggiandolo secondo un percorso nuovo -perché personale-, che dirige verso l'incerto su piste non battute e, quindi, da calcare passo dopo passo, sperimentando la "mia" ricerca della più probabile verità storica.

Se è vero che la storia postale sia lungi dall'essere una scienza esatta, potrebbe -anzi sarebbe più ardito e nobile scrivere: "dovrebbe"!- meritare d'essere meglio indagata, procedendo con la razionalità e l'oggettività proprie del metodo scientifico.

La scientificità, che non trova attinenza e corrispondenza nella storia postale, a mio avviso ha, dunque, concreta, opportuna e necessaria applicazione nel metodo con cui la si dovrebbe indagare.

Spero così di aver risolto l'eventuale equivoco iniziale, per poter quindi passare all'ulteriore disamina della cartolina originaria del confronto con lo stesso rigore, cui poc'anzi facevo riferimento.

Con spirito richiamo che la prova spetterebbe a chi afferma, secondo il principio giuridico per cui l'onere probatorio spetterebbe a Bignami laddove egli asserisce che la cartolina sia stata gravata anche del costo aggiuntivo per il recapito in espresso "fuori cinta".

Se ho ben compreso, riassumendo le sue argomentazioni sono state: la conformità della somma algebrica dell'importo complessivamente affrancato e il fatto che l'isolotto di Venezia Lido sia distante dal perimetro urbano della città lagunare.

Mi appresto ad analizzarle per ordine per verificarne la effettiva fondatezza.

Bignami ben afferma che non vi sia altra spiegazione all'evidente eccesso di tariffa, se non si considera l'eccedenza relativa alla corresponsione del pagamento in anticipo del servizio di consegna "fuori cinta": questa sua osservazione è corretta e la condivido, per cui senza imbarazzo ammetto che io non vi trovi spiegazione oltre un mero sempre possibile, ma indimostrabile, errore accidentale.

L'assenza di giustificazione per l'importo affrancato nel periodo storico di riferimento costituisce una circostanza già altrimenti riscontrata e riscontrabile, o si tratta di un'evenienza eccezionale, tale da destare interesse e meritare attenzione, nonché lo sforzo di provarne a giustificarne la tariffa?

In sostanza: in RSI si sbagliava o meno ad affrancare?

Chi si occupa di storia postale del periodo ha ampia esperienza dei disservizi postali del periodo, che andarono dalle periodiche scarse forniture dei valori postali (che imposero soluzioni emergenziali più o meno autorizzate), del malfunzionamento dei sistemi di trasporto dei dispacci (scarseggiava il personale, i camion, il carburante, gli pneumatici, le biciclette, etc..) e del permissivismo nei confronti dei portatori di interessi filatelici (affrancature largamente tollerate).

Se nel periodo non è, quindi, difficile incontrare altre affrancature di cui non si riesce a trovare effettiva spiegazione, se ne può ragionevolmente dedurre che non vi sia un impellente motivo ad insistere di sforzarsi nel tentativo di giustificare i francobolli in più nella cartolina: l'eccedenza immotivata di affrancatura non può, quindi, essere una prova della volontà del mittente. Ecco, quindi, che la prima argomentazione del Bignami può essere ricondotta ad un mero indizio.

Ora prendo in esame la seconda, ancor più determinante: Venezia Lido era servita da consegna "fuori cinta" degli espressi?

Se la sua conformazione territoriale (un isolotto fuori centro!) sembra giustificarlo, giova invece ricordare che l'organizzazione per la distribuzione della corrispondenza per Venezia era diversa dalle altre città per evidenti ragioni relative alla natura lagunare del suo territorio: la stessa norma che regolava il sistema di recapito “fuori cinta” menziona la Serenissima in qualità di eccezione, stabilendo che per essa la zona di recapito gratuito degli espressi, ossia senza ulteriore aggravio, era stabilita in modo speciale, ossia secondo un criterio che purtroppo ad oggi è ignoto per irreperibilità di informazioni storiche a riguardo. Non conoscendo tale organizzazione di recapito, è ovviamente impossibile oggi verificare la congruità dell'importo (80cent.) eccedente l'affrancatura sulla cartolina in ragione alla distanza di consegna.

In assenza delle specifiche norme locali, dovrebbero almeno poter essere esaminati altri documenti “fuori cinta” della zona, sui quali ragionare assieme per poter dedurre la consueta applicazione della relativa soprattassa di consegna eccentrica. E dove sarebbero questi documenti a supporto?

A questo punto diventa imprescindibile chiedersi quanta altra corrispondenza in espresso “fuori cinta” sia nota per Venezia Lido. È ragionevole supporre che se la località fosse stata effettivamente ritenuta eccentrica per il recapito degli espressi dovrebbero potresti riscontrare altri casi di questa speciale consegna in espresso, con pagamento assolto dal mittente o dal destinatario. Anche con semplici mezzi tecnologici domestici, pure chi non si è curato di costruirsi un proprio archivio di scansioni potrà comodamente avere accesso alle immagini disponibili in internet degli espressi in arrivo nell'isolotto in esame.

Dalla mia modesta ricerca, estesa persino a periodi storici di Regno e Repubblica, l'esito è stato nullo: per quel che io sappia, ad oggi non si conoscono altri oggetti recapitati in espresso presso Venezia Lido gravati dei costi aggiuntivi di recapito “fuori cinta”, mentre al contempo sono facilmente reperibili diversi di consegna in espresso senza alcun aggravio.

Si potrà convenire che le due coincidenti circostanze (irreperibilità di altri "fuori cinta" ed assenza di segni di aggravio negli espressi) per questa località dovrebbero essere sufficienti per farla escludere dal novero delle zone che sarebbero state gravate dalla riscossione della sovrattassa.

Ciò considerato, quindi, le due argomentazioni (congruità aritmetica dell'importo affrancato e di eccentricità della destinazione) appaiono infondate sia perché sprovviste di riscontri oggettivi e sia perché in aperta contrapposizione alle evidenze riscontrate e tutt'ora riscontrabili: ne deduco che la cartolina non possa considerarsi oggetto di sovrattassa "fuori cinta" e che, con garbo ed immutata stima, Bignami sia caduto in errore nell'affidarsi ad argomentazioni risultate infondate.

Bignami ribadisce la necessità di attenersi alla spiegazione più semplice e logica, proprio come nel “rasoio di Occam”, che costruisce uno dei fondamenti del metodo d'analisi investigativa scientifica: siamo tutti un po' scienziati quando ragioniamo con criterio.

In senso più ampio, ossia al di là dello specifico caso della cartolina in esame, l'occorsa contrapposizione di tesi mette in risalto la necessità di procedere con "metodo scientifico" nell'esplorare, intendere, ricercare, analizzare ed ipotizzare in ambito della storia postale, che -come Bignami saggiamente ricorda- è tutt'altro che una scienza esatta.

Un'appassionata indagine, infatti, costituisce un invito a stimolare e forgiare la sensibilità dell'osservatore e conduce al miglior risultato, ossia ad elementi utili persino a superare la più classica opinione in stile peritale, comunemente presente nei "certificati che non certificano", solitamente preceduta della formula magica: "..a mio parere".

Ricordando che proveniamo da decenni di informazioni difficilmente accessibili alla stragrande maggioranza dei collezionisti, credo che oggi ogni appassionato abbia la responsabilità, nonché il dovere, di documentarsi, di crescere in cultura e sensibilità e di ragionare attenendosi primariamente a dati accertabili.

Martino La Selva
Espressi dall'08.09.1943 a tutto l'RSI

15-12-2019



(*) - Franco Filanci, Costantino Romiti, Espresso e anche un po' urgente, Poste Italiane 2001