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Una tessera in più nel mosaico telegrafico Vaticano
di Marino BIGNAMI

Su Storie di Posta n° 20 Valter Astolfi ha pubblicato un bell’articolo dal titolo “da Stato Pontificio at Vaticano” in cui descrive minuziosamente (con documenti dell’epoca) le vicende telegrafiche Vaticane dal 1853, inizio del servizio, alla presa di Porta Pia.

Segue un capitolo intitolato “Il periodo oscuro dal 1870 al 1929” per l’assenza di documentazione telegrafica dalla data di Porta Pia, alla data del noto concordato fra Vaticano e il Regno d’ Italia, firmato dal Cardinale Gasparri e Mussolini.

Il periodo oscuro dice l’Astolfi, è illuminato da sole due lettere in posta ordinaria, con un vistoso bollo a data con la scritta SEGRETERIA DI SUA SANTITA’ inviate da Roma ferrovia e regolarmente affrancate a tariffa italiana. L’autore ipotizza che in quel periodo per avere rifiutato le “Guarentigie” offerte dallo Stato italiano, nessun legame di tipo postale e telegrafico regolasse i loro rapporti, infatti Astolfi più avanti scrive:

Come si può leggere, detta legge prevedeva l'istituzione di un ufficio postale e di un ufficio telegrafico all'interno delle mura vaticane, ma per il fatto che essa venne rifiutata non se ne fece nulla.

La domanda che ne segue è pertanto la seguente: di conseguenza, come si comportarono tutti coloro che risiedevano all'interno del Vaticano per comunicare con l'esterno?

Come ho già detto, questo problema si protrasse per circa sessant'anni!

Non sono in grado di rispondere in maniera documentata a questo quesito perché non sono riuscito a trovare nessun accordo in tal senso tra autorità italiane e Santa Sede (ma è molto probabile che non esista perché, come ho già detto, non esistevano rapporti bilaterali tra le due parti e quindi non potevano essere stipulati accordi di qualsivoglia tipo). Pertanto, per spedire posta o telegrammi, i residenti all'interno delle mura vaticane, a partire dal Sommo Pontefice, potevano solo comportarsi come tutti gli altri sudditi di S.M. il re d'Italia e cioè recarsi a un ufficio postale del regno!

Al riguardo, posso solo mostrare un paio di esempi di carattere postale dai quali, appunto, risulta che per quanto riguarda la posta, la Segreteria di Stato di Sua Santità si appoggiava, come un qualsiasi altro suddito, all’ufficio postale di Roma, in particolare a quello di Roma ferrovia.

Non ho trovato esempi similari per quanto riguarda il telegrafo ma è presumibile che anche per i telegrammi succedesse la stessa cosa; non posso però affermarlo con certezza.

Insomma, il Papa e tutti coloro che vivevano in Vaticano erano diventati dei normali utenti delle Regie Poste Italiane. E, questo per quasi sessant'anni!

A questo proposito mi sono ricordato che fra i miei telegrammi avevo un documento telegrafico inviato dal Cardinale Gasparri su incarico del Papa ad una famiglia di Milano; con mia sorpresa ho rilevato che era stato ricevuto in data 6 dicembre 1916 nel periodo definito dall’Astolfi “oscuro”.


Analizzando il documento è aumentata la sorpresa perché inviato con l’intestazione di “Stato” vale a dire con prerogative ufficiali e invio gratuito come riportato nelle “Guarentigie”. Nella prima parte della striscia incollata all’interno dove viene riportata la provenienza del messaggio c’è la scritta “SSS ROMA”. Per quanto ho rilevato su altri documenti inviati come telegramma di Stato la sigla di provenienza è classificata come STATO o “SS”, altre volte tale scritta può essere manuale tracciata anche in arrivo. Forse le tre esse di questo telegramma significano: Stato Santa Sede? Infatti la classificazione di questo documento è stata prima manoscritta e poi impressa a timbro vicino al bollo rosso a data di consegna.

Ho rilevato anche che è stato regolarmente vistato dalla censura dal “Cens. N° 42 (come previsto dalle leggi di guerra). Forse l’incertezza sollevata dall’autore dell’articolo era legittima e forse qualche accordo era stato fatto. Con questo penso di avere contribuito con un piccolo tassello luminoso messo nella parte “oscura” del mosaico telegrafico descritto da Valter Astolfi.

Marino Bignani
10-12-2019

Un'altra tessera in aggiunta

Scandagliando il Web ho scoperto un altro telegramma del Pontefice inviato nel 1914 ad una famiglia di Torino; ecco un’altra piccola tessera che illumina ulteriormente la parte oscura del mosaico, ma non solo, come sempre Filanci è venuto in aiuto con ulteriori notizie; infatti, nel sesto volume del Novellario, edito di recente nel capitolo Telegrammi, è riportato un paragrafo che affronta e chiarisce definitivamente la “zona oscura” dell’Astolfi. Descrivendo la franchigia telegrafica l’autore riporta la seguente notizia:

In base alla legge 13 maggio 1871, n° 214, o delle Guarentigie, che regolò i rapporti tra Italia e Santa Sede fino alla stipula dei Patti lateranensi, la franchigia interna fu estesa anche al papa. "L'ufficio telegrafico pontificio - specificava l'art. 12 - sarà collegato colla rete telegrafica del Regno a spese dello Stato. I telegrammi trasmessi dal detto uffizio con la qualifica autenticata di pontefici saranno ricevuti con le prerogative stabilite pei telegrammi dello Stato e con esenzione da ogni tassa nel Regno." A differenza della posta, l'offerta del telegrafo, per di più in franchigia, venne utilizzata dalla Santa Sede (5)".

Un rimando a piè di pagina riporta anche la fonte:

- 5) Cesare Virili, La legge delle Guarentigie e lo Stato pontificio. su La Filatelia n. 9-10, marzo-aprile 1891, riproposto da Il corriere filatelico n. 2, febbraio 1929.

Luce è fatta!

 



Invito ancora i collezionisti di telegrammi a controllare se sono in possesso di altri invii telegrafici vaticani datati prima del concordato e segnalarli.

Marino Bignani
07-06-2021

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