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MAORI
Storie e Leggende, Costumi e Religioni
di Cateno NISI (da www.filateliareligiosa.it/)

Aotearoa, ossia “Il Paese della lunga Nuvola Bianca”: denominazione che i Maori, popolazione polinesiana, diedero alla Nuova Zelanda allorché nell’VIII secolo giunsero alle due isole. Per i Maori era titolo di vanto l’essere discendenti da quei coloni dai quali avevano appreso l’arte della navigazione e dei combattimento in mare.
I Maori, dalle attività primitive della caccia e della pesca, successivamente, si dedicarono all’agricoltura e, fiduciosi della protezione degli dei, offrivano sacrifici ponendo doni sul Tuhau (altare) al fine di ingraziarsi Tane (dio delle foreste), Rongo (dio della pace e della patata dolce), Tangaroa (dio del mare), Haumia (dio delle radici di felce), nonché Hine-Moana la fanciulla Oceano che aspettava dopo l’Ara Wanui per consegnare al dio Tane Mahuta colui che abbandona il mondo.
Le guerre tribali si susseguivano ed i prigionieri pendevano dalle parole del Mou (capo) che pronunciava: <Ka mate, Kainga, Ka Kai> (uccisi, cucinati, mangiati).
Raramente i prigionieri, anche delle stesse tribù, venivano risparmiati; nel caso di parentela la loro condizione era la schiavitù senza riscatto.

La storia indica nel X secolo l’avvenuta scoperta delle due isole da parte di popolazioni polinesiane provenienti dalle Isole Marchesi e lo si deve a Kupe (esploratore di cui si mette in dubbio l’esistenza) che con sette canoe condusse i Moriori da Hawaiki alle isole dette ‘La Terra della lunga Nuvola Bianca’ e la scoperta fu salutata con il grido <Ao-Tea-Roa>.

Vi è una molteplicità di leggende che in ordine alla scoperta della Nuova Zelanda - come accennato - si identificano in ogni parte delle due isole: si racconta che Tane Mahuta, il potente dio del bosco e padre di tutte le creature che amano la luce e la libertà, si alzò, pigiò le mani contro il corpo della madre e con forza premé i piedi sul padre.

I genitori si strinsero l’un l’altro in un abbraccio; Tane mobilitò tutte le forze di cui era dotato finché i corpi enormi della Terra e del Cielo non furono divisi. Altri passi della ‘evoluzione’ portarono a terribili movimenti della natura: tutto ciò provocò la nascita di Ao-tea-rea.

All’insegna dell’elemento uomo si svolgevano le vicende della vita, mentre per la continuità della specie mancava Uha (donna); com’era prevedibile ci si rivolse a Randi (Padre Cielo) poiché Randi era il vero creatore: prima di lui si risaliva al Nulla ed alla Notte. Sulla religione molte le dottrine, una più significativa formulava che il Mondo e l’Universo sono la creazione di un Essere superiore, chiamato IO, il quale concretizzò la sua opera tramite la prima coppia Rangi-Papa (Cielo e Terra) e che vi fossero anche dodici cieli minori abitati da dei e semidei più o meno ‘perfetti’ a seconda della distanza che li divideva da Io. Quelli che man mano si allontanavano da Io si sarebbero abbrutiti ed avrebbero perduto il regno celeste.
Il male veniva raffigurato da un serpente, e qui la fantasia raggiungeva il limite dell’impossibile poiché in Nuova Zelanda non esistono serpenti.
Tutto si attuava nell’osservanza delle tradizioni e nella volontà espressa dagli avi che avevano attinto direttamente dagli dei. I capi preparavano un popolo di guerrieri poiché in battaglia le lotte erano frequenti: gli dei lo volevano!
Gli assalti venivano accompagnati con canti – elevati in onore dei Sommi Spiriti - e le guerre erano sempre giustificate. Tutto era lecito, anche il tradimento nei confronti degli ospiti, se tale metodo poco corretto potesse giovare alla tribù.
Si combatteva con più tipi di mazze come la ‘Tewhatewa’ e la ‘Taiaka’ lunghe un metro e mezzo, mentre quelle corte, le ‘Patu’, presentavano profonde tacche che producevano effetti micidiali. Il possesso di asce quadrangolari di nefrite fa pensare che i guerrieri si sfidassero al combattimento corpo a corpo poiché così erano stati addestrati sin dalla più tenera età ed il tipo di lotta ravvicinata era storicamente considerata un’istituzione.
I combattenti si schieravano in assetto di guerra e se il comandante del drappello veniva ucciso, i guerrieri abbandonavano il campo.
La guerra tra le tribù era una consacrazione religiosa e un’acquisizione di potere. I Maori della Baia delle Isole infliggevano continue perdite alle tribù meridionali e forse questi accadimenti erano accettati con rassegnazione dai vinti.

L’arrivo dei Pakeha (Europei) e dei mercanti americani, seguiti dai cacciatori di foche e di balene, sconvolse la vita sociale delle tribù.
La ‘distribuzione’ delle armi da fuoco agli autoctoni provocò continue lotte di potere creando disordini ma anche compromessi con gli uomini venuti da lontano. Prima dell’arrivo dei ‘bianchi’, le guerre dovevano procurare donne, giada schiavi e mana (potere spirituale – condizione sociale) , dopo, grazie alle armi moderne, si accentuò il desiderio di ottenere il bottino senza fare ricorso all’onore ed ai valori tradizionali del popolo.
Con l’arrivo degli stranieri, i Maori furono contagiati di malattie virali che provocarono la riduzione di un quarto della popolazione ma è anche vero che furono introdotti prodotti agricoli – tra cui la patata – ed animali – tra cui il maiale – che influenzarono la vita degli indigeni che si diedero all’agricoltura ed al commercio dando luogo, in parte, allo sviluppo edilizio delle due isole.
In seguito al <Trattato di Waitingi> del 6 Febbraio 1840, la Nuova Zelanda divenne colonia di S.M. Britannica ma nel 1845, a seguito di speculazioni dei coloni che volevano acquisire territori forse sacri, scoppiò la guerra contro gli Inglesi: i Maori ne uscirono vincitori anche se dovettero ritirarsi per costruire dei Pa (collina fortificata) ed unire maggiormente le loro forze. Le fortezze erano cinte da palizzate che tenevano conto di una serie di fossati, bastioni e labirinti; piattaforme alte nove metri, nonché riserve d’acqua contenute nelle zucche. Inoltre la cattura di armi e di un cannone inflissero numerose perdite agli Inglesi, finché durarono le munizioni, poi dovettero ritirarsi.
Questo sistema difensivo divenne poi materia di studio per le Accademie militari inglesi.
Nelle vicende descritte si inserì il Cristianesimo anche se i Maori lo integrarono con culti messianici (Pao Marire o Ringatu).
Cambiò il culto dei Maori?
A prescindere che le tribù intendevano “credi diversi”, alcuni Hapu (clan) avevano in parte rinnegato Tane, abbracciando Tu. Il primo dio, considerato il più potente, era ritenuto il vero <Padre> delle creature, Signore dei boschi, degli uccelli, dei navigatori, del creato.

Il secondo era Tu il ‘Dio della Guerra’, aveva dei limiti nei confronti di Tane; non poteva essere sacro e potente come Tane, Signore di tutti gli alberi e degli uccelli.
Al contrario dei Cristiani che potevano implorare lo stesso Dio, i Maori assecondavano i ‘Mou’ che da veri capi sostenevano che ogni tribù dovesse contare sui propri dei poiché un dio comune avrebbe potuto accogliere le preghiere dei nemici.

I costumi maori suscitarono nei navigatori europei alcune perplessità ma anche accoglienza e meraviglia: tutto era regolato da un cerimoniale da manuale; la Whanau (famiglia) era alla base della società. Un parentado si estendeva dai nonni agli zii, ai cugini e viveva nella stessa casa ed i cugini erano considerati fratelli, gli zii e le zie come padri e madri. Le decisioni del Kaumatua (capo famiglia) erano prese in modo patriarcale ma dopo aver sentito le opinioni del <gruppo>.
Il battesimo nulla aveva da invidiare o da imparare dai riti cristiani: il neonato veniva cosparso di acqua corrente di ruscello e la cerimonia prevedeva la recisione del cordone ombelicale e l’attribuzione del nome.
Oggi i Maori, contrariamente ad altri popoli, hanno aderito alla religione cattolica per il 15% ed hanno la Diocesi Metropolitana a Wellington oltre le Diocesi Suffraganee di Aukland, Christchurch, Dunedin Hamilton e Palmerston North.

Sin dalla prima infanzia le ragazze venivano iniziate da un Tohunga (sacerdote) alla ‘Whare Pore’ (tessitura) e nei lavori cantilenavano frasi che incitavano al lavoro ed alla perfezione.
L’arte della manifattura di tessuti ottenuti dalle cortecce e dalle fibre di lino, dimostra in modo inequivocabile un’avanzata tecnica artigianale.
Dagli indumenti di pelle di cane si passò ai mantelli di piume di kiwi e successivamente ai lavori con fibre di lino. Alcuni reperti in tal senso dimostrano l’alta tecnologia raggiunta ed è sufficiente constatare l’ordito ed i calami trattenuti da 114 punti di cucito. Nei Centri di Cultura e Commerciali, ancora oggi, si possono constatare le varie attività del popolo maoro.
A Rotorua vi è il più grande centro di operatività artigianale e commerciale dove si può ammirare la vera e propria civiltà dei Maori. Vengono offerte agli ospiti la visione di Peruperu (danze di guerra), Poi (danze di donne) e canti folkloristici seguiti dall’immancabile cena che viene allietata dagli stessi visitatori che propongono poi le canzoni più rappresentative dei propri Paesi.
A Rotorua vi è anche il ‘Park Termal’ di Whakarewarewa con i suoi geyser ed il Pohutu, il geyser più grande di tutta la Nuova Zelanda, nonché le Grotte di Waitomo famose in tutto il mondo per le Gloworms (filamenti luminosi che a milioni, come lucciole, illuminano il buio delle caverne).
A Whaka (Rotorua), la Legge cimiteriale prescrive la sepoltura dei defunti almeno due metri sotto terra ma sono esclusi i Maori poiché la terra calda non lo consente loro cosicché i loro morti riposano sopra la terra.
Molti i musei dedicati alla storia, all’archeologia, alla etnologia maora a Christchurch, Wellington, Milford Sound, Queenstown, Aukland.

Quest’ultima località, meglio conosciuta come la ‘città delle vele’, pur raggiungendo appena il milione di abitanti, solo Los Angeles, è la città più estesa al mondo. Poggiata su 64 coni vulcanici spenti, la città si estende per km 5.580 e per 80 km è attraversata dalla Highway Street. Ha un ricchissimo Museo Storico ed Etnografico dei Maori e tratteggia in più lingue i loro vari usi e costumi fin dall’epoca preistorica. Interessante è notare la cura della persona, presso questi popoli: le acconciature dei giovani si diversificano in più <regole> tenendo conto del rango di appartenenza.
Barba corta, capelli raccolti in ciocca in cima alla testa, pettine decorato appeso alla ciocca ed una cintura intorno alla vita.

Il tatuaggio era praticato da esperti: da quello modesto sul viso delle donne a quello più appariscente sul loro seno, sul labbro superiore e sulle cosce.
Per gli uomini, il tatuaggio teneva conto del valore dimostrato in battaglia con l’uccisione e con l’aver mangiato guerrieri nemici. Sino all’inizio del secolo scorso, i Maori tagliavano la testa al nemico ucciso e la conservavano come trofeo di vittoria. Del resto in molte regioni dei cinque continenti, cannibalismo e caccia alle teste erano considerati mezzi magici di trasfusione della forza vitale.
Ancora oggi il tatuaggio, anche se con minore vistosità, accompagna i Maori nelle feste tradizionali.
Le donne erano escluse dall’effettuare tatuaggi il cui compito era affidato al Thounga te Moko (esperto nell’arte) ed era un’operazione che richiedeva abilità ed i Moko sono da considerare <itineranti>, dato che si spostavano da un luogo all’altro per eseguire i lavori su commissione.
Nel periodo dell’incisione il soggetto era Tapu (sacro) e veniva alimentato con uno speciale imbuto per evitare che si potesse annullare il lavoro che, tra l’altro, durava diversi mesi.
L’incisione teneva conto del valore del guerriero, dei nemici uccisi e di quanti ne aveva mangiati. I disegni sono rimasti quasi immutati anche se i tatuaggi in altre parti del corpo non vengono più praticati.
Oggi i Maori siedono, con quattro rappresentanti, al Parlamento di Wellington (eletti per tre anni) con funzioni legislative sicché la scienza del tatuaggio si è affievolita e, sotto certi aspetti, è quasi finita.