gli articoli

Perchè non sono diventato
un campione di golf

di Nino Barberis (in memoria ed onore)(PHILASPORT n. 82)

La conquista, al mio esordio in America, del “BS Award”, ha condizionato il futuro della mia carriera golfistica.
Alla fine degli anni ‘50, neo-dirigente della multinazionale nella quale lavoravo da dieci anni, fui inviato negli Stati Uniti per una “full immersion” di alcuni mesi, per conoscere gli uomini-chiave del Gruppo, per prendere contatto con i vari stabilimenti, insomma per avere un’idea completa del microcosmo nel quale avrei dovuto operare. Furono mesi micidiali per l’impegno psico-fisico, anche per le iniziali difficoltà della lingua, ma non privi di giornate gratificanti.
Con me, per lo stesso ambaradam, c’erano altri due colleghi, un brasiliano ed un francese, più o meno miei coetanei, anch’essi dirigenti di fresca nomina e anche loro, come me, novellini nell’ambiente.
Ci capitava spesso di essere invitati, durante i week-end, da qualche collega americano con il quale si entrava maggiormente in simpatia.
Un capo-reparto della Divisione “Prodotti Diamantati” ci invitò tutti e tre a passare la domenica a casa sua. Aveva una grande, deliziosa casa di campagna a poche miglia da Worcester, con un vasto terreno ondulato attorno, che sul lato superiore era delimitato da un bosco. Ci viveva con la moglie e due magnifici bambini, per i quali aveva fatto costruire una piccola piscina, una cosa da favola, per me, in quei tempi.
Era uno splendido mese di maggio e quella dimora mi sembrò un piccolo paradiso. Non potei evitare di fare le mie considerazioni: lui poteva permettersi tutto questo mentre io, che nella scala gerarchica aziendale ero di livello superiore aI suo, vivevo ancora in un appartamento d’affitto di tre locali e mi ero potuto permettere la televisione solo un anno prima. Avevo anch’io moglie e due figli, ma lui aveva due automobili mentre io adoperavo una macchina aziendale, con la quale avevo da poco sostituito la mia “Lambretta” personale.
Ci era stato detto che sua moglie era di origine russa e che avremmo fatto solo uno spuntino a mezzogiorno ed una cena fredda “alla russa”, con Vodka, dopo la giornata all’aperto.
Per non fare brutte figure ci presentammo con una bottiglia di Vodka di gran marca (spaventosamente cara) e al nostro arrivo trovammo un altro ospite, loro amico, che era tornato dal Canada il giorno prima: anche lui aveva portato una bottiglia di Vodka, che aveva pagato un prezzo ridicolo rispetto a quello che avevano pagato noi. Ed ora arrivo alla faccenda del golf. Tutto il terreno attorno, salvo un ritaglio riservato ad orto, era un magnifico prato, che era stato attrezzato come campo da golf, a sei buche. Nel suo piccolo aveva “tutto”: un torrentello, un laghetto, alcune dune, uno spiazzo sabbioso. Al mattino fummo invitati ad andare ad esplorare, nel bosco, la sorgente del torrentello, che il padrone di casa diceva di non vedere più da anni, ma che sembrava buttasse poca acqua. Rimuovemmo parecchi pietroni per facilitare lo scorrimento; poi ci fu rifilata una macchina tagliaerba a testa (racimolate dai vicini), per fare pulizia attorno alle buche perché nel pomeriggio ci sarebbe stato un "torneo internazionale di golf”. Dissi subito che io non avevo mai preso in mano un bastone da golf ma mi fu assicurato che era solo una cosa scherzosa, per tirare l’ora di cena.
Il mio primo contatto con la serie dei bastoni dimostrò subito la mia più completa sconoscenza del gioco: ci fu subito una risata generale quando io scelsi, per iniziare, un bastone che - mi si disse - era quello che serviva per il colpetto finale per mettere la pallina in buca.

Fig.1 - Negli anni ‘50 potevo anche sembrare un po’ così, ma escludo che le Poste americane abbiano sfruttato una mia foto per questo loro francobollo.

Confermai che non si aspettassero di meglio da me e la conferma arrivò subito ai primi colpi, nei quali sollevai parecchie zolle di terreno. Per un po’ tutti credettero che lo facessi apposta; poi si accorsero che quei colpi ..... mi venivano naturali. Mi venne bene un solo colpo, nel quale riuscii a far fare un bel volo alla pallina, ma tra le risate generali la pallina finì nel pollaio. Se non fossi stato autorizzato ad estrarla manualmente ed a riportarla .... in pista (visto che i regolamenti internazionali non prevedevano questo caso), sarei ancora lì a cercare di farle scavalcare la rete, con grande spavento di tacchini e di faraone.

Fig.2 - Quel piccolo terreno da golf era proprio così: era perfettamente rasato, c’erano delle siepi fiorite che lo delimitavano dal bosco; c’era un torrentello fuori dalla mia portata.

Per farla breve, quando, verso sera, i primi completarono il giro delle sei buche, io ero ancora all’attacco della seconda; ma il divertimento fu tanto, per tutti e sei i partecipanti, me compreso, protagonista del torneo.

Fìg.3 - Affrancatura meccanica del “Miami Open”: non ci hanno messo la data perché aspettavano la mia iscrizione...

La cenetta fu stupenda, con ottimi salumi, carne fredda, verdure e salsine sapientemente elaborate dalla moglie del nostro anfitrione. E come... beveraggio, solo Vodka, trangugiata “alla russa”, tutti insieme, a bicchierini completi. In sei arrivammo ad attaccare anche una terza bottiglia, oltre alle due portate da noi ospiti. Io, benché abbondantemente alticcio, pensavo con apprensione alle condizioni di quello che avrebbe dovuto riaccompagnarmi in albergo, ma mi si dette assicurazione che ci avrebbe provveduto un vicino, amico del padrone, che si era impegnato per una cena virtuosa.

Fig.4 - Questo è il “putt”, il maledetto bastone che - dicono - serve per mettere la pallina in buca. Io l’avevo preso come quello per il potente colpo d’avvio.

Era evidente che era stato allertato in anticipo, chiaro segno che situazioni del genere non erano infrequenti. Alla fine della cena ci fu la cerimonia della premiazione. Il nostro amico aveva procurato tre piccoli trofei, in grandezza decrescente con un basamento in pietra artificiale ed il classico giocatore di golf in piena azione.

Fig.5 - Giuro che quello non sono io, anche se avevo anch’io tremende difficoltà a mandare avanti la pallina, zolla dopo zolla.

Io pensavo che fossero destinati ai primi tre e mi sembrava che fosse la cosa più naturale del mondo, Aveva vinto il francese (sul quale il padrone di casa, cavallerescamente, non aveva infierito); il secondo fu lui. Con mia sorpresa mi venne assegnato il trofeo più piccolo, sul quale però era stata applicata una piccola etichetta adesiva con la dicitura “BS Award”. Alla consegna ci furono risate generali, pacche sulle spalle, allegri commenti multilingue: solo alla fine mi fu spiegato che “BS” significava “Best Sapper” (miglior zappatore). In realtà nessuno aveva arato il terreno come me; sembrava che ci fosse transitata una famiglia di talpe.

Fig.6 - Annullo golfistico scelto in un concorso tra ragazzini: prende per i fondelli un tapino, come me, che sperava di riuscire a mettere la pallina in buca in un sol colpo (“hole in one”).

Purtroppo il piccolo trofeo, che conservai per anni, è finito chissà dove. Ed è un peccato. Ogni volta che affiora un oggetto “d’epoca” innesca un’ondata di ricordi. In questo caso di persone amiche che mi hanno aiutato a trovare qualche ora di serenità e di distensione in un periodo frenetico e stressante, ma che fu fondamentale per la mia carriera.

Fig.7 - Io sono stato orgoglioso per il mio “BS Award”’ che riconosceva le mie qualità di “zappatore”. Speravo che si facesse un intero postale come questo di franchigia postale, per gli zappatori del Genio francese.

 

P.S. Guarda se uno deve far ricorso a questi ricordi personali e .... storici per fare sfoggio di qualche pezzo filatelico sul golf. Mi sono stati forniti da Valeriano Genovese, che lui il golf lo gioca davvero (e dicono non male) nonostante la sua venerabile età.

Fig.8 - “Gioca di più a golf” è I’invito di questa “rossa”. Se avessi accettato I’invito, magari il mio avvenire avrebbe potuto prendere un’altra strada...