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Totocalcio

di Andrea TRONGONE (PHILASPORT n. 86/2013)

Nostalgia è di sicuro la parola più giusta quando mi viene di parlare del totocalcio. E’ una delle mie tematiche preferite, nel corso degli anni sono riuscito ad allargarla, oltre alle splendide rosse in uso dagli anni 50, anche con un po’ se vogliamo definirla memorabilia. Con molto piacere, attraverso i vari e-bay, soprattutto quando riesco a portare a casa pezzi e curiosità ad un buon prezzo, scopro che esistono tanti personaggi che ancora tengono in vita questo gioco che poi non era altro che il sogno di cambiare vita. Giocare al totocalcio era, ahimè, un modo d’essere nazionale, un modo di dire che ancora presso i più anziani (come il sottoscritto alle soglie dei 40 anni) si conserva, un costume e una passione collettiva non meno italiana degli spaghetti o del canto.
Gli adolescenti, anche quelli più patiti di pallone, sanno a malapena cosa fosse quell’antonomasia continuamente affiorante nel linguaggio («Ma che, hai vinto al Totocalcio? »), nessuno la usa più, tutt’al più oggi si dice «Hai fatto bingo!».

Cartolina anni '50

La prima schedina fu giocata il 5 maggio 1946 e la prima partita della colonna era, indovinate?!, Internazionale vs Juventus. Tranquilli non starò di certo a raccontarvi tutta la storia del totocalcio. Giusto qualche accenno.
Quello che poi più tardi sarebbe diventato il totocalcio nacque da un’idea di Massimo Della Pergola, giornalista sportivo della Gazzetta dello Sport. L’obiettivo era fare 12 poi in seguito 13, indovinando se in ciascuna delle dodici partite vincerà la squadra di casa (1), quella ospite (2) oppure sarà pareggio (x). Lo slogan era “tentate la fortuna al prezzo di un vermouth” che all’epoca era di 30 lire. In quello slogan c’era tutta l’Italia del dopoguerra, provata, sconfitta e in rovina.



Cartoline umoristiche totocalcio

Era l’anno del referendum monarchia-repubblica, pochissime le automobili in giro, i viaggi ancora in terza classe su una rete ferroviaria in buona parte dissestata. L’inizio fu stentato ma il successo arrivò ben presto, un’idea veramente unica a tal punto che il presidente Luigi Einaudi nazionalizzò l’invenzione, diventata troppo ghiotta perché lo Stato non rinunciasse a guadagnarci sopra. Così nacque il Totocalcio nel 1948 che nutrì con i suoi incassi lo sport italiano ma nello stesso tempo faceva sperare agli italiani del boom di cambiare macchina, casa, di saldare in un lampo le cambiali della 600 o del frigorifero.

Cartolina incassi totocalcio

Oggi il “13” c’è ancora, ma è un numero come gli altri e non è più il sogno di tutta una vita. Con il totocalcio in agonia scompare un pezzo d’Italia, l’Italia della domenica pomeriggio che con una schedina tra le dita sognava di cambiare la propria vita. Ora non resta che un simbolo.
Tutto un discorso per farvi vedere quattro cartoline umoristiche che poi erano un luogo comune e una mollettina ferma schedine, molto simpatica, marchiata Bertoni ovvero la ditta che ad oggi fabbrica la coppa del mondo.

Schedine e mollettina totocalcio