  
       varietà in filatelia 
    
    
     
     
     
     
    
    
    
      
       
       
       
       
       
        
     
     
     
     
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     varietà in filatelia 
    
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     difetti e mancate rarità 
     
    di  Giuseppe PREZIOSI (da l'Occhio 
    di Arechi n. 40) 
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       Questa volta non sono stato fortunato! Le altre volte il lavaggio di tanti 
        francobolli uguali mi ha consentito di individuare difetti, varietà e 
        comunque diversità che hanno permesso l'arricchimento delle mie raccolte. 
        Stavolta, invece, un'autentica varietà si è letteralmente dissolta sotto i 
        miei occhi senza che neanche me ne accorgessi. 
        
         
       
        A saperlo!! Ma posso garantirlo, a occhi nudi e senza neanche sospettare 
        quel che sarebbe successo era praticamente impossibile prevedere che un 
        francobollo potesse svanire nell'acqua come e peggio dei gatti del 1993. 
        Solo che con la serie dei felini si era detto e ripetuto che un uso 
        sbagliato del fissativo (o come dice il "Sassone": un difetto di ancoraggio 
        degli inchiostri sulla superficie dei fogli di stampa) aveva provocato il 
        disastro (che peraltro tra le mie mani non si è mai verificato). Per questo 
        modesto, modestissimo francobollo, invece, nessuno ha mai segnalato una tale 
        possibilità semplicemente perché…. Non era possibile. E ciò peraltro riapre 
        il discorso sul tipo di carta attualmente usata al Poligrafico e sui vari 
        passaggi di stampa, gommatura e perforatura di fogli. É anche vero che 
        l'indagine può apparire obsoleta oggi che la gran massa della produzione di 
        francobolli si fa su carta speciale pretrattata, autoadesiva, su supporto 
        siliconato, ma sino a due anni fa quello che è emerso sarebbe stato di 
        grandissima attualità. 
        Il modestissimo francobollo senza immagine di cui qui tratto è uno dei tre 
        milioni e mezzo di pezzi dedicati al centenario della Targa Florio, emesso 
        il 6 maggio 2006, solo cinque anni e mezzo or sono, che appare da un lato 
        completamente bianco, mentre dall'altro ha conservato un minuscolo frammento 
        di colore che a stento ne consente l'identificazione. 
        
         
        
      Ma procediamo con 
        ordine. Il pezzo di cui sto raccontando la storia fa parte di alcune grosse 
        partite di frammenti usati provenienti dal Nord e da me già suddivisi, per 
        formato, in blocchi da 100 per il lavaggio. Probabilmente fu lo stesso anno 
        di emissione o quello immediatamente successivo. Fino ad oggi, dopo il 
        lavaggio, la fase successiva ha previsto sempre una drastica selezione per 
        eliminare pezzi rotti o difettosi. Tra l'altro, in un mio articoletto 
        apparso sul n. 78 dell'Informazione del Collezionista, avevo addossato una 
        parte della colpa per pieghe e strappi dei francobolli alle macchine 
        bollatrici utilizzate da Poste Italiane nei CMP, ricevendo tra l'altro un 
        affettuoso rabbuffo dal Dott. Vieschi, ultimo direttore delle vecchie PPTT 
        che peraltro stimo moltissimo. 
        La mia attenzione è stata quindi sempre rivolta all'aliquota di difettosità 
        tra i francobolli e soprattutto alla tipologia dei difetti. Purtroppo, da 
        oltre 10 anni, ho notato che la qualità della carta è peggiorata, almeno per 
        quanto riguarda lo strappo lungo la dentellatura. 
        Cento anni fa a rendere disastrosa la qualità dei primi francobolli del 
        regno aveva provveduto una dentellatura approssimativa apposta su una carta 
        troppo sottile. Durante il Regno, dopo il 1929, la qualità della carta 
        migliorò di molto ed anche la dentellatura a blocco contribuì a ridurre la 
        difettosità che però crebbe per via di una certa arrendevolezza della carta 
        alle pieghe, soprattutto dei dentelli d'angolo. Dopo la II Guerra mondiale e 
        il periodo della carta scadente (che poi era grigiastra e piena di impurità 
        ma non da buttare via), con la filigrana ruota, la situazione ritornò al 
        1940, anzi la carta assunse una maggiore consistenza. Solo con il III tipo 
        della filigrana (e il I di quella a stelle) si ebbe il problema dello 
        strappo che generava francobolli difettosi dove i dentelli e la filigrana 
        coesistevano. In pratica il differente spessore della carta creava una 
        resistenza diversa alla trazione e quindi uno strappo irregolare. In un modo 
        più subdolo la situazione si è perpetuata attraverso gli altri tre tipi di 
        filigrana stelle che hanno generato, allo strappo, milioni di dentelli 
        "corti" ed "evanescenti". La carta non filigranata avrebbe dovuto risolvere 
        il problema rendendo più agevole lo strappo, visto che la tensione sulla 
        carta si sarebbe dovuta distribuire in modo uniforme. Ma fu proprio con la 
        carta non filigranata (e fluorescente), circa 45 anni fa, che cominciò un 
        nuovo tipo di problema legato alle varie "sperimentazioni" tese a conciliare 
        qualità, costi e soluzione di problemi tecnici di gommatura e stampa. In 
        questo lasso di tempo è successo di tutto: carte fragili, gessate o 
        patinate, con fluorescenza superficiale da vernice, o in pasta, con colle 
        viniliche più o meno resistenti, idrosolubili, alcool solubili o sensibili 
        alle spugnette da tavolo imbevute d'acqua (e di colla di altri francobolli). 
        Anche la dentellatura a pettine con "dentoni", riallineamenti automatici, 
        etc. ha favorito lo scadimento nella perfezione dei francobolli usati. Dal 
        2000 circa in poi, la carta ha subito ulteriori trasformazioni risultando 
        qualitativamente discutibile. Le fibre dell'impasto, in effetti, allineate 
        con un certo verso, nell'asciugarsi dopo il lavaggio, hanno mostrato la 
        tendenza a raggrinzire il francobollo creando un "effetto sigaretta" 
        diversamente marcato ma sempre visibile. Tale situazione è durata almeno 
        sino al 9 giugno del 2007 (emissione "Dolmen di Bisceglie") quando, e ignoro 
        se ciò sia stato segnalato da qualcun altro, la qualità della carta è di 
        nuovo mutata almeno per quanto riguarda i valori del cosiddetto formato 
        gigante. In effetti, al momento del lavaggio, le due carte risultano quasi 
        sempre distinguibili per via di un fenomeno di trasparenza: la carta 
        anteriore al giugno del 2007, bagnata, dà la possibilità di intravedere al 
        verso il disegno del recto. Quella posteriore alla data indicata è invece "mat" 
        ed ha certamente le fibre più spezzate, è quindi meno evidente l'"effetto 
        sigaretta". Ma non basta, anche la colla, per quanto simile non ha 
        un'identica tenacia. Quella apposta al retro dei francobolli "trasparenti" 
        lega molto di più le vignette alle buste tanto che lo scarto per difetti di 
        spellatura, anche poco visibili, è molto più elevato. Entrambi i tipi, però, 
        sembrano realizzati con due strati intimamente connessi. Il superiore è 
        molto levigato in entrambi (ancor più nel secondo), la curvatura della carta 
        perciò si presenta (molto più nel tipo "trasparente" che nel "mat") con la 
        gobba verso il lato stampato, quello cioè più levigato e quasi gessato. 
        Per quanto riguarda la facilità dei francobolli a "difettarsi" non vi è una 
        sostanziale differenza tra i due tipi di carta.  
        
              
        
               
      Archivio di Stato di Firenze (piega con strappo). 
        Basilica di Parma (piega con bollatura al verso). Dolmen di Bisceglie 
        (abrasione al recto con strappo). Filippo Lippi da € 0,45 (vistosa piega 
        orizzontale). Gentile da Fabriano (doppia vistosa piega di cui una 
        d’angolo). Festival della filatelia 2009 (Serie di dentelli verticali corti 
        o mancanti). Università L.U.M.S.A. (abrasione al recto). Turistica: Massafra 
        (Serie di dentelli orizzontali corti o mancanti). Tesoro di San Gennaro e 
        Oratorio Santissima Annunziata (porzione, anche di un solo strato, dei 
        francobolli confinanti). 
        
      Entrambi si strappano 
        molto male, con dentelli "corti" o "trasparenti". Entrambi si danneggiano 
        irrimediabilmente con una pur lieve piega che lascia una visibile traccia al 
        recto, entrambi perdono facilmente i dentelli d'angolo, entrambi portano 
        spesso con sé frammenti dei francobolli confinanti, spesso anche di un solo 
        strato della carta. Di fronte a tale situazione (e a tale discutibile 
        qualità) è già molto se lo scarto, fra difettosi e rotti, si attesta intorno 
        al 40 – 45%, un'enormità a paragone dei francobolli precedenti agli 
        esperimenti. Se proprio vogliamo fare una sottile distinzione potremmo 
        indicare una percentuale lievemente inferiore di scarto tra i francobolli 
        più recenti, rispetto a quelli del periodo 2000 – 2007 e ciò per via di un 
        numero inferiore di casi di spellatura al verso. Bisogna inoltre ricordare 
        che un'aliquota comunque alta di difetti (strappi, pieghe, spellature al 
        recto) viene generata dalle macchine bollatrice dei vari centri. 
        A questo punto però è opportuno ritornare al Poligrafico e al momento in cui 
        stamparono il già ricordato francobollo scomparso. 
        Tutto, secondo me, è cominciato quando una bobina di carta fu prelevata per 
        essere montata sui rulli di stampa e di trattamento con la vernice 
        interferenziale (quella che si vede controluce e sembra dorata) e con la 
        gommatura. Innanzitutto dobbiamo partire dal presupposto che la carta abbia 
        un diritto e un rovescio e che, per un errore di inserimento, la carta sia 
        stata montata invertita per cui la parte levigata è finita a rovescio ed ha 
        ricevuto la colla, quella più ruvida è stata sottoposta alla stampa (a 
        questo punto senza nessun fissativo del colore, è evidente). Che ciò sia 
        vero è provato da parecchi indizi: innanzitutto la curvatura delle fibre è 
        verso la parte levigata che non è quella su cui è rimasto attaccato il 
        minuscolo frammento di colore che ha permesso il riconoscimento 
        dell'emissione, la parte levigata, poi, presenta una leggera perdita di 
        patina superficiale su brevi tratti di superficie, fenomeno visibile solo 
        controluce ed imputabile alla colla. La risposta alla lampada di Wood e 
        piuttosto scarsa, il che farebbe propendere per una leggerissima 
        fluorescenza in pasta (se fosse stata "in vernice" la fluorescenza si 
        sarebbe presentata giallognola brillante sul lato di stampa). 
        A questo punto lo scenario è piuttosto complesso. O dobbiamo immaginare che, 
        contemporaneamente, la carta sia stata inserita a rovescio e il fissativo 
        superficiale del colore non sia stato dato forse perché la macchina non 
        rispondeva al tipo di carta (rovescio) su cui era stata effettuata la 
        stampa, oppure via sia un passaggio che mi sfugge. Di certo possiamo 
        affermare che la gommatura è una fase (quella pre finale) del processo di 
        stampa e che i grossi rotoli di carta devono essere inseriti con un certo 
        verso, sempre lo stesso, nelle rotative. Il che poi porta ad una successiva 
        considerazione: che l'errore potrebbe essere stato commesso in cartiera al 
        momento dell'arrotolamento della carta sul cilindro portante. 
        Il nostro pezzo è raro? Potrebbe esserlo sapendo con esattezza quante bobine 
        di carta sono necessarie per la stampa di tre milioni e mezzo di pezzi 
        formato gigante o anche quanti fogli da 25 francobolli si ricavano da una 
        bobina; certo alcune migliaia (se si ipotizzano 4000 fogli saremmo in 
        presenza di 100.000 pezzi con le stesse caratteristiche ossia il 2,86% 
        dell'intera tiratura). 
  È evidente che la dispersione di una varietà praticamente invisibile allo 
        stato di nuova appare altissima, mentre molto bassa è la percentuale dei 
        pezzi usati finiti nelle mani di collezionisti esperti. 
        Viste le domande che il caso pone e le scarse risposte che le mie modeste 
        letture hanno potuto fornire, c'è qualcuno tra i miei trenta lettori che può 
      suggerirmi spiegazioni? 
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