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LA MADONNA DEL CONFORTO
DI AREZZO

QUANDO "TI AMO" SI DICEVA CON UN FRANCOBOLLO

SANTA MARIA EUGENIA DI GESÙ

 

 

Giornata internazionale della donna  
Roberto Monticini
La Madonna del Conforto di Arezzo

"E quante volte noi vediamo lo scandalo di quelle persone che vanno in chiesa e stanno lì tutta la giornata o vanno tutti i giorni e poi vivono odiando gli altri o parlando male della gente. Questo è uno scandalo! Meglio non andare in chiesa: vivi così, come fossi ateo. Ma se tu vai in chiesa, vivi come figlio, come fratello e dà una vera testimonianza, non una contro-testimonianza" (1)

Come ogni anno, anche nel 2019, il Duomo di Arezzo ha vissuto un’intensa giornata nel giorno della celebrazione della Madonna del Conforto. Molti i fedeli che hanno voluto rendere omaggio alla Protettrice della Diocesi e, per favorire la migliore partecipazione, secondo la tradizione, è stata celebrata una Messa quasi ad ogni ora, cominciando alle 6 del mattino fino alle 23.15.

Erano presenti il Cardinale Becciu e ben 11 vescovi.

15 febbraio 1796. Ad Arezzo «miracolo» della Madonna del Conforto: alcuni popolani spargono la voce che un'immagine di Maria ha cambiato colore. Il vescovo Niccolò Marcacci avalla il «miracolo» e fa trasportare l'immagine in Duomo.

Nella seconda metà del 1700 si registrano numerosi terremoti un po’ ovunque: in Spagna, in Persia, ecc. ed anche in Italia. Il 3 giugno 1781 un tremendo terremoto devasta diversi paesi delle Marche, dell’Umbria, della Romagna e della Toscana, provocando centinaia di vittime; nel 1783 un altro terremoto colpisce Messina. È spiegabile pertanto l’atmosfera di paura e di terrore che si crea in Arezzo, ed in tutta la Toscana, quando il 1° febbraio del 1796, in piena euforia per il carnevale, si avvertono le prime scosse che si ripetono con insistenza, anche se con intensità diversa, nei giorni successivi: dal 1° al 10 febbraio sono registrate oltre 30 scosse. Inoltre, secondo la relazione dell’Abate Angelucci, si verificano altri fenomeni tellurici e terrestri: rombi paurosi, bagliori di fuoco nella notte, nubi minacciose, intorbidimento delle acque dell’Arno. Tutto questo fa presagire gravi disastri e crea un tormentoso stato di paura.1 Gli Aretini, riconoscendo nel terremoto un giusto castigo di Dio per i loro peccati, ed un amoroso richiamo ad una vita migliore, indicono processioni penitenziali con le reliquie dei Santi Patroni della Città, affollano le Chiese ed i Confessionali e, pieni di fede e di speranza, iniziando la Quaresima, intensificano penitenze e digiuni.

Presso la Porta di S. Clemente esisteva un Ospizio dei Padri Camaldolesi, detto Ospizio della Grancia, una specie di fattoria di Camaldoli, dove, in una cantina, i Padri facevano vendere il vino al minuto per favorire i meno facoltosi. In quella cantina vi era pure un fornello sul quale si accendeva il fuoco in tempo di vendemmia e in certe giornate invernali per scaldarsi e per cuocere qualcosa. È facile immaginare quanto fossero anneriti dal fumo i muri ed il soffitto! Quasi perpendicolarmente sopra il fornello era murato un quadretto di terracotta invetriata, rappresentante la Madonna a mezzo busto, con la scritta in basso “Sancta Maria, ora pro nobis”. L’Immagine era tutta annerita dal fumo, dalla polvere, dai vapori umidi del focolare e dal sudicio lasciatovi dagli insetti; contribuiva ad accrescere il fumo una piccola lampada ad olio, posta sulla mensola sottostante, che ogni sera veniva devotamente accesa.

L’Immagine raffigurava la Madonna di Provenzano, di origine senese, così chiamata perché collocata da S. Caterina Benincasa sul muro di una casupola sorta sui resti del castello dell’eroe Provenzano Salvani, signore di Siena, morto nella battaglia di Colle Val d’Elsa (11 giugno 1269) e ricordato con lode da Dante nel Purgatorio (Purg. XI, 121-138). Era una Pietà, la Madonna con in grembo Gesù deposto dalla croce. Nel 1552, durante l’occupazione spagnola di Siena, un soldataccio colpì la terracotta con un’archibugiata: rimase intatta solo la parte superiore della Madonna, il busto ed il viso. La devozione per quei poveri resti fu immensa; immagini policrome di essa si diffusero ovunque ed una giunse anche nell’Ospizio di Arezzo.

Il 15 febbraio del 1796, lunedì dopo la prima Domenica di Quaresima, alle tre del mattino, una nuova scossa di terremoto riaccende la paura, tanto che da ogni parte della città si fanno tristi presagi, quasi sia imminente la distruzione di Arezzo.

Sull’imbrunire, tre artigiani, certi Antonio Tanti, Giuseppe Brandini e Antonio Scarpini, si trovano nella cantina dell’Ospizio per comprare vino, e, davanti a quella Immagine annerita, conversano sui dolorosi fatti del giorno e dei tristi presagi per l’avvenire. Ad un tratto il Tanti esce in questa esclamazione: “Santissima Vergine, questa vorrà essere una brutta nottata!”.
E lo Scarpini continua: “Santissima Vergine, tante volte vi avrò bestemmiato, vi avremo bestemmiato tutti. Vi chiediamo perdono per amor di Dio”.
Allora Domitilla, la cantiniera, li esorta alla preghiera ed alla fiducia nella Madonna. Mentre si dispongono a pregare, il Tanti dice: “Voglio accendere il lume alla Gran Madre di Dio. L’ho acceso altre sere, lo voglio accendere anche questa sera”.

Acceso il lume e postolo sotto l’Immagine della Madonna, tutti in ginocchio iniziano la recita delle Litanie. Ad un tratto, alle prime invocazioni, uno di essi alza lo sguardo e nota che l’Immagine sta cambiando colore: dal giallo-nero da cui era ricoperta, diventa bianca e lucente. Sorpreso e commosso grida: “Guardate, guardate, la Madonna cambia colore!” (2)


 

Note

1) - PAPA FRANCESCO, UDIENZA GENERALE, Aula Paolo VI, mercoledì 2 gennaio 2019

2) - http://www.donbosco-torino.it/ita/Maria/calendario/04-05/2-Arezzo_Madonna_Conforto.html