L'effimera Libellula
 
Sergio De Benedictis


Al pari di quelle ballerine che sul palco volteggiano eteree e che ci inducono a chiedere dove riescono a trarre tanta forza, così ci appare la libellula nella sua libera danza su acque stagnanti in afosi pomeriggi estivi.

 

Insetti antichissimi, la cui origine si perde in ere geologiche risalenti a più di 350 milioni di anni fa. All'epoca esisteva un unico continente con clima per lo più tropicale, molto umido e caldo. Abbondavano le paludi e la vegetazione cresceva rigogliosa: tante piante significava tanto ossigeno, e gli animali del Carbonifero avevano dimensioni enormi per diluire questo gas, che altrimenti sarebbe stato tossico a tale concentrazione all'interno del corpo.

Non era da meno la nostra libellula che allora poteva vantare una apertura alare di 72 cm. Sopravvissuta all’estinzione di quasi il 95% degli esseri viventi allora sul nostro pianeta, ancor oggi ci delizia col suo volo intrecciato, senza essere molto dissimile dalla sua antenata.
L’etimologia del nome ci ricorda la posizione delle loro ali in volo: libra ovvero bilancia, mentre a riposo l’insetto le accosta lungo l’addome.

 

Le larve nascono da uova deposte per lo più direttamente in acqua ed iniziano a nutrirsi di piccoli pesciolini o girini di anfibi. La larva poi, trasformatasi in libellula, da predatrice diverrà preda, essendo un ghiotto bottino per rane e rospi.

Particolare il suo modo di nutrirsi: cattura le prede con un movimento rapido, ed invisibile ad occhio nudo, della “maschera” una propaggine della sua bocca; questa sistema mandibolare, che le permette di dilaniare la preda prima di divorarla, sembra abbia ispirato i creatori del film di fantascienza “Alien”.
Una osservazione accurata ha permesso agli scienziati di stabilire che la libellula non si limita a reagire agli stimoli provenienti dalla preda, ma elabora modelli previsionali delle sue possibili reazioni all'attacco, rendendolo efficace nel 95% dei casi.
Particolarmente astute le femmine: per far desistere partner particolarmente focosi quanto indesiderati, si lasciano cadere al suolo simulando la propria dipartita, finché il pretendente non rinuncia.
Gli inglese la chiamano “dragonfly” perché una leggenda narra che in realtà, una volta, fosse un drago molto saggio che, durante la notte, diffondeva la luce con il proprio respiro di fuoco. Proprio il suo respiro aveva creato l’arte della magia e dell’illusione. Un giorno però il drago finì prigioniero della sua stessa magia: per ingannare il coyote si trasformò in una libellula, ma nel farlo rimase intrappolato nel nuovo corpo perdendo tutti i poteri.

Tra i popoli d’oriente rappresenta un portafortuna ed i samurai incidevano la sua immagine sul proprio elmo, come buon auspicio della vittoria sul nemico e come simbolo di forza e coraggio.