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  Cronaca di Guerra: l’affondamento della Motonave Paganini
di Gustavo Cavallini

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La motonave Paganini (immagine scaricata dal web)

 

Dall'articolo: "Naufragio della «Paganini», una tragedia dimenticata" di Ennio Cicali del 25/06/2010, pubblicato in: http://www.toscanaoggi.it

"Il 28 giugno 1940, diciotto giorni dopo l'entrata in guerra dell'Italia, la motonave «Paganini» esplode al largo di Durazzo. A bordo del piroscafo, che può trasportare 58 passeggeri, oltre alle merci, vi sono oltre novecento soldati del diciannovesimo reggimento artiglieria e una sezione dell'Istituto geografico militare, entrambe di stanza a Firenze. Partiti due giorni prima per raggiungere Bari, al tramonto del 27 giugno si imbarcano sulla «Paganini» che al tramonto parte alla volta dell'Albania insieme a una nave cisterna, la «Pagano», scortati dal cacciatorpediniere «Fabrizi». Alle cinque di mattina, un'esplosione al centro della nave: le fiamme si levano subito altissime, grida, disperazione, panico.

La nave in affondamento (g.c. Moreno Ceppatelli via www.betasom.it)

In un mare di fuoco, i soccorsi sono difficili e scarsi, nonostante la vicinanza con la costa albanese. Secondo le indagini esperite dal tribunale di Tirana nel luglio 1940 l'incendio, scoppiato nella stiva n. 2 della motonave, è dovuto a sabotaggio. Le perdite umane sono gravissime, molti i soldati morti o dispersi, feriti e ustionati che hanno portato per tutta la vita i segni delle mutilazioni.

Per molti giorni non si hanno notizie, poi l'11 luglio i famigliari apprendono dai giornali della sorte dei loro cari. Il ministero della guerra invia alle famiglie le solite fredde parole di circostanza. I bollettini di guerra non parleranno mai dell'accaduto.

Il naufragio della «Paganini» è passato sotto silenzio, per quasi settant'anni non si è riusciti a sapere quasi niente. Cos'è accaduto veramente? Quanti sono i morti e i dispersi? Sono molti i misteri che hanno avvolto la fine della motonave che è costata la vita a oltre 219 soldati, secondo le fonti ufficiali, secondo altri la cifra complessiva sarebbe di 340 uomini, quasi tutti provenienti da molte zone della Toscana: Arezzo, Anghiari, Sansepolcro, Firenze, Calenzano, Greve in Chianti.

Fa da sfondo alla tragedia il pressapochismo e l'impreparazione che caratterizza l'entrata in guerra dell'Italia e la vicenda della «Paganini» ne è la riprova lampante: soldati, armi, muli, paglia e fieno, macchinari sono sistemati alla rinfusa nelle stive e ammassati in coperta, mancano le scialuppe di salvataggio e le vie di fuga non sono adeguate all'abbandono veloce della nave, i giubbotti di salvataggio non sono adeguati e molti non sanno usarli.

L'imbarco avviene nella confusione più totale: non ci sono elenchi, per anni questo particolare agevolerà le illusioni di molte famiglie. Addirittura, quattro soldati di Anghiari «fanno un salto a casa» per salutare le famiglie, perderanno la nave a loro destinata, e saliranno sulla «Paganini», per loro significherà la morte. Un altro perde la nave per andare a comprare le sigarette, prenderà il piroscafo successivo, si salverà.

Un altro mistero avvolge la fine dei naufraghi della «Paganini»: quanti furono i morti, i dispersi, i mutilati? Incertezze e carenze burocratiche hanno alimentato per anni le speranze di chi non si rassegna alla fine dei propri cari. C'è poi il mistero dei grandi invalidi: feriti straziati, privati degli arti e della vista che sarebbero stati ospitati in alcuni istituti fiorentini. Circostanza, anche questa che avrebbe alimentato la speranza di alcune madri e mogli che per anni sono state alla ricerca dei loro cari."



Come abbiamo letto, quella della Paganini è una vicenda che ha ancora lati oscuri: incidente, sabotaggio o siluramento?
Alla domanda non è ancora stata data una risposta certa.
Lasciando questo onere ad altre competenze, non ci rimane che testimoniare la vicenda con questa lettera che nella sua semplicità “riporta” la tragicità dell’evento.


I morti ed i dispersi erano quasi tutti provenienti da molte zone della Toscana: Arezzo, Anghiari, Sansepolcro, Firenze, Calenzano, Greve in Chianti.

I reparti maggiormente coinvolti nella tragedia erano presumibilmente il 7° Genio, l'84° Fanteria ed il 19° Artiglieria.
Tutti e tre alle dipendenze della Divisione Militare di Firenze: l'84° Fanteria con il 19° Artiglieria costituiscono la Divisione Venezia, il 7° Genio era alle dipendenze di più reparti distinti ed in Albania potrebbe essersi trattato del 131° Btg. Misto Genio aggregato alla divisione Centauro.
La Divisione Venezia aveva assegnato l'Ufficio Postale Militare 99, la Divisione Centauro l'Ufficio Postale Militare 131.
Gli Uffici Postali assegnati alla base di Durazzo, luogo dell'affondamento della nave, erano due: PM 402 e PM 403.

Alcune corrispondenze del periodo scritte da soldati militari aretini, dirette ai propri familiari:


Lettera del 11/6/40 diretta ad Arezzo e affrancata per c. 50.
L'ufficio postale PM 131 era dislocato a Tirana



Cartolina in franchigia del 24/7/1940 diretta ad Arezzo, dove giunse 3 giorni dopo.
L'ufficio postale PM 99 era dislocato a Korça (Coriza)