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Uffizi di Posta in Toscana 1814-1861: Sergio Chieppi - Roberto Monticini (il postalista) Editoriale Olimpia - euro 16,00
presso monticini@ilpostalista.it

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gli uffici postali comunitativi

di Sergio Chieppi

Passata la bufera francese, e restaurata una certa tranquillità politica, nella Toscana di Leopoldo II, si dà inizio ad una vasta politica di opere pubbliche, quali le bonifiche, la costruzione e l’ammodernamento di strade, l’ingrandimento del porto di Livorno,ecc...

Seguirà una trasformazione economica e alle piccole imprese, condotte in forma artigianale, si accompagneranno quelle a carattere industriale, come la tessile, la boracifera, la siderurgica, la cartaria, ecc... Migliorano, in genere, le condizioni sociali e sanitarie e si registra un incremento demografico.

Sono queste le cause che sollecitano la richiesta di un servizio postale capillare.

Con un semplice confronto, vediamo che partendo dal 1821 con 12 uffici regi, si arriva al 1840 con 26 uffici, per salire, nel 1850, a 65. E non è un piccolo incremento e ne vedremo le ragioni. Al settore postale statale c’è da aggiungere quello degli uffici postali comunitativi (U.P.C.). E qui c’è ancora molto da chiarire.

Non bisogna dimenticare che il Dipartimento delle Poste dipendeva dal Ministero delle finanze: questa è la ragione principale che condiziona lo sviluppo dell’organizzazione postale. Il Soprintendente sì dibatte tra due problemi da una parte assicurare un bilancio con un avanzo da versare nelle casse dello Stato, e dall’altra cercare di aumentare il numero degli uffici. Da tutte le Comunità della Toscana arrivavano domande per l ‘istituzione di uffici postali e il Soprintendente, il più delle volte, era costretto a rispondere ai Gonfalonieri che le finanze dello stato non potevano permettere un ulteriore aggravamento delle spese. In quelle Comunità dove era in atto uno sviluppo economico, dove risiedevano uffici e possedimenti governativi, dopo lo svolgimento di una minu­ziosa indagine, sì poteva avanzare al Ministro delle Finanze una proposta di istituzione di un ufficio postale regio o la trasformazione di un ufficio comunitativo in regio. Altra via da seguire era l’istituzione dì un U.P.C. se il Comune era in grado di sostenere le spese dì gestione dell'ufficio e lo stipendio del distributore. Si evitava,in questo modo, un aggravio di spesa e si favoriva lo sviluppo delle comunicazioni. A volte, seguendo il lavoro del Soprintendente, mi pare di avere a che fare con un funzionario delle finanze piuttosto che con il responsabile del servizio postale del Granducato.

Le pratiche per l’istituzione di un ufficio postale erano di una lunghezza estenuante; potevano durare anche qualche anno senza che poi si arrivasse a concludere qualcosa.

Se la pratica andava, finalmente, a buon fine si doveva seguire il seguente iter burocratico:

· delibera del Consiglio comunale in merito alla necessità di istituire un ufficio postale;
· invio al Prefetto del circondano della delibera, accompagnata dalla lista nominativa dei concorrenti al posto di distributore;
·  invio della copia di detti documenti alla Soprintendenza delle Poste di Firenze;
·  richiesta del Soprintendente al prefetto di informazioni sulla condotta morale e sulla situazione economica dei concorrenti al posto di distributore;
·  ottenute le informazioni,il Soprintendente esprimeva il parere più o meno favorevole su ciascun candidato. Il parere del Soprintendente era richiesto dal allora regolamento comunale vigente.
·  infine, svolto il concorso e nominato il distributore, si comuni­cava a Firenze la presumibile data di apertura dell’ufficio, con richiesta di stampati, registri e tariffe.

Mentre per registri, stampati tariffe non esistevano problemi, per i bolli (datario, P.D. e “Per Consegna”) a volte, si doveva aspettare anche qualche anno,perché il bilancio della Comunità non poteva sopportare la spesa, come documentato dalle delibere dei Consigli comunali. Se, invece, il Comune era in grado di sopportare la spesa, dovendo la Soprintendenza provvedere a incidere i bolli e spedirli, poteva passare qualche mese. Riportiamo due esempi:

1  Il Consiglio municipale di Castel Focognano in data 2/12/1850, scrive alla direzione di Arezzo perché Rassina non ha ancora i bolli “atti a marcare l'affrancazione e la data delle lettere”. Arena scrive al soprintendente Pistoy, il. quale, in data 21/12 invia la cassetta con i bolli datari, P.D. e “Per consegna”. La spesa è di L. 93.6.8.
2  Il Gonfaloniere di Pieve S.Stefano richiede, in data 13/2/1851, alla Soprintendenza i bolli perché l’U.P.C. “ è mancante del bollo per l’affrancazione delle lettere, e per tale oggetto, chiunque doveva dirigersi all’ufficio postale di S. Sepolcro”. La Soprintendenza invia i bolli richiesti.

E si potrebbero fare altri esempi,specialmente tra il 1850 e il 1851, perché dovendo stabilire la tassazione delle lettere in base alle distanze, a causa delle Lega Austro-Italica, il bollo serviva anche a far distinguere le distanze medesime.

Preso atto che esistono U.P.C., regolarmente istituiti, provvisti di bolli e senza bolli, proseguiamo nella ricerca: mi sono domandato come facevano i piccoli comuni,quelli poveri, a inserirsi nel circuito postale. Ecco le risposte: in una lettera-circolare inviata in data 11/10/1859, alle Comunità che non avevano un ufficio postale e quindi per rendere più regolare il servizio postale, si richiedevano le seguenti notizie:

a) numero degli abitanti;
b) quali industrie esistevano;
c) in quali giorni si ricevevano le lettere dalla capitale e in quali giorni si spedivano;
d) con quali mezzi si provvedeva al servizio postale e quali spese sopportava il Comune;
e) se le lettere erano gravate da soprattassa a beneficio di chi le recapitava.

Risultano,in sintesi, le seguenti risposte:

1 - in molti casi il Comune stipendia un procaccia;
2 - si mette una soprattassa ,di diverso importo, a favore del procaccia: 1 crazia, due quattrini, 1 soldo, 2 soldi per ciascuna lettera;
3 - si utilizza il servizio del procaccia della Comunità più vicina che ha un ufficio postale;
4 - le persone vanno all’ufficio postale più vicino. E siamo nel 1859

Ho fatto un accenno a queste situazioni perché, le medesime, mischiandosi con quelle di Comunità che avevano una distribuzione, regolarmente istituita, possono trarre in inganno. Infatti, in alcune Comunità si affidava il compito di raccogliere le lettere e di distribuirle ad un incaricato o a un negoziante; mentre non esisteva un ufficio postale si parlava di “distributore” o di “distribuzione”.

Prendiamo il caso di Antignano il farmacista Luigi Giannotti di Antignano, in data 3 marzo 1859, rivolge domanda alla Soprintendenza per ottenere la distribuzione delle lettere presso il negozio, nella stagione dei bagni.

Il Soprintendente, dopo aver ricevuto le dovute informazioni invia una proposta al Ministro delle finanze Raffaele Busacca (Governo Provvisorio) per avere l'approvazione di questo servizio postale, precisando però, “mio rimesso parere sarebbe si aprisse in Antignano non un vero uffizio di posta, con bollo proprio, ma per ora almeno, una semplice distribuzione di Posta succursale a quella dell’Uffizio di Livorno. Corrisponderebbe con Livorno a mezzo procaccia Franconi."

L’approvazione è del 18 giugno; 1’apertura viene stabilita per il 27 del mese e la chiusura al 31 ottobre. La chiusura verrà, poi, rinviata. al 31 maggio 1860.
Allora facciamo il punto della situazione su gli U.P.C.:

1 uffici postali, regolarmente costituiti, con e senza bolli;
2 uffici temporanei: succursali? recapiti postali?
3 altre situazioni, come sopra emerse.

Come si vede non è facile dipanare questa intricata matassa! E’ un lavoro di ricerca paziente, minuzioso, ma alla fine sono sicuro che avremo dati attendibili.

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