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Note sulla spedizione dei Mille - II
Parte I Parte II
di Giuseppe Marchese e Edoardo P. Ohnmeiss

Ed eccoci infine a Palermo. Siamo al 26 maggio e ancora le “bande armate” entrano in azione, narrati dal generale Garibaldi: “Era la mezzanotte quando Cozzo, dopo di aver riunito i cinquanta coraggiosi figli di Palermo, marciava risoluto all’assalto (del forte) di Castellammare, presidiato da cinquecento uomini da molta artiglieria e colla parte del mare protetta dalla flotta borbonica. Schierata a poca distanza(1)

L’indomani i garibaldini arrivano alle porte di Palermo, accolti da un caldo benvenuto “Era la mattina del 27 maggio… si procedeva celermente… Il primo scontro avvenne alle Teste dove la strada è fiancheggiata da due giardini… Si continuò la marcia in mezzo al fuoco fino a un quadrivio dove fu costruita la prima barriera mentre i regi dal convento di S. Antonio mandandoci una grandine di proiettili tentavano d’impedirci di proseguire… Gli abitanti a quello passeggiare di fucilate abbandonarono le case e scesero sulla via adorni di coccarde ed armati di schioppi, pugnali, stocchi, pistole. Era l’alba della libertà…(2)

Garibaldi e la Sicilia esultano “Si rimaneva quindi padroni dell’Isola intiera, meno le tre fortezze (Messina, Agosta, Siracusa) suaccennate ed a tanto aveva contribuito anche molto l’adesione, quasi simultanea di tutte le città della Sicilia, alla splendida rivoluzione.

Giubilate pure, uomini e donne che contribuiste alla liberazione della Patria ! A che vale la vita dello schiavo ! Non è meglio morire ? Palermo libera e cacciando i tiranni, val ben la pena d’essere fiere di giubilarne.”

La superba capitale dei Vespri, come pure i suoi volcani, manda ben lungi le sue scosse e crollano al gagliardo suo ruggito i troni che posero le insanguinate fondamenta sulla impostura e sulla tirannide.” (3)

L’eccezionale, avventurosa azione di Garibaldi non esaltò solamente gli eroici picciotti siciliani, peraltro la sua vera spina dorsale negli scontri con i borbonici. Anche diversi giovani della nobiltà siciliana aderirono con entusiasmo alle formazioni del generale Garibaldi. Emblematico il caso del marchesino Firmaturi, il giovane discendente di una nobile famiglia, cui venne conferito dagli Angiò il feude di Chiosi, una zona collinosa vicina a Corleone.

Allorquando Garibaldi si preparò a muovere su Palermo, il giovane Firmaturi raccolse un consistente gruppo di picciotti e con essi si unì alle formazioni garibaldine. Ritroviamo la conferma di una similare circostanza nel romanzo “Il Gattopardo” dove si narra delle avventure del giovane nobile Tancredi, quando si unì alle schiere garibaldine.

Il marchesino Firmaturi scende con i suoi “Cacciatori” su Palermo e ora pensa di avere acquisito il diritto di avere voce in capitolo. Tuttavia, a quanto sembra, le cose non devono essere andate come lui sperava. Garibaldi non dava alcuna importanza ai titoli, egli era un democratico e per lui ogni uomo valeva quanto esso sapeva impegnarsi e battersi per la causa: popolani, conti o marchesi che fossero. Egli era il comandante e voleva gente che gli obbedisse, pronta all’azione e al sacrificio.

Pertanto è molto probabile che, a Monreale, i due finissero per urtarsi. Tant’è vero che il IV Battaglione si fermasse a Monreale, dove si trasforma in “Colonna Mobile”, cioè in una specie di milizia con mansioni di sicurezza.

Due settimane dopo il Firmaturi evidenzia la sua autonomia adottando l’emblema della Trinacria, tipicamente siciliana, per contraddistinguere il suo ripristinato Battaglione. Lo si constata grazie a una lettera, sempre scritta a Monreale, e destinata al Municipio della città.

Essa ci offre una nitida impronta del timbro del Battaglione, impressa sia all’interno sia all’esterno della missiva firmata, per conto del Firmaturi, dal capitano del citato Battaglione.

Dopo la conquista di Palermo, il gruppo di Firmaturi venne integrato quale IV Battaglione nei “CACCIATORI DELL’ETNA”. A Garibaldi piaceva chiamare così le formazioni di volontari che lo seguivano nelle sue Campagne. Ricordiamo i “Cacciatori delle Alpi”, operativi nel Nord Italia contro gli austriaci e i “Cacciatori dell’Italia Centrale”, che il generale intendeva portare alla conquista di Roma. Entrambe rinomate formazioni risorgimentali del 1859/60. (Fig.8) Le gesta dei mille e dei siciliani proseguono a Milazzo, ma già sono arrivate due spedizioni di rinforzo dal continente comandate da Giacomo Medici e Enrico Cosenz. La prima parte dell’epopea termina il 28 luglio con la resa di Messina.

Verso la fine di agosto del 1860 tutte, sembra che le difficoltà siano state superate. Il Battaglione Firmaturi fa ora parte delle forze armate che sottostanno ai Savoia. Lo stemma sabaudo va a sostituire la Trinacria e il Battaglione Firmaturi entra a far parte della 15a Divisione.

E così ancora una volta la Sicilia è stata una pioniera nella sua lotta contro il prepotere borboniche e anche il faro precursore per la guida verso l’Unità d’Italia.

Termina l’opera degli insorti e subentrano i poteri costituiti. Il prodittatore di nomina regia, il plebiscito, l’annessione, la leva obbligatoria, la repressione contro i contadini a Bronte… tanti tasselli di una storia che continua a non piacere a molti.

Forse, se non si tiene conto di una qualità che mancava nella nostra vita, la libertà, di contro l’assolutismo regio, lo stallo dentro un sistema che non ammetteva deroghe ai privilegi…

La nostra opinione rimane soggiogata a quanto uno sparuto gruppo di uomini compirono guidati da uno squattrinato e vecchio generale, che con caparbia risolutezza rifiutò onori e prebende sempre in rotta di collisione col potere, col re sabaudo, con Cavour, con la Farina, con tutti i cortigiani di palazzo.


(1) Giuseppe Garibaldi, I Mille, pagina 72, Edizione nazionale degli scritti di Garibaldi, volume III, L. Cappelli Editore, Bologna, 1933.
(2) Giuseppe Capuzzi, La spedizione di Garibaldi in Sicilia - memorie di un volontario, pagina 112/4, Antares Editrice, Palermo 2003
(3) Giuseppe Garibaldi, I Mille, pagina 96/8, Edizione nazionale degli scritti di Garibaldi, volume III, L. Cappelli Editore, Bologna, 1933.



Frontespizio di una lettera da Alcamo 26.12.60, con la quale si spedisce il suggello con l’impronta della trinacria.
Come si nota l’emblema nazionale della Sicilia è ormai sostituito con lo stemma sabaudo.


Lettera da Monreale 31 luglio 1860 intestata 4° battaglione cacciatori dell’Etna e Guerriglie Siciliane
a firma del Comandante il Battaglione Chiusi Firmaturi.


Lettera intestata del Comando della Colonna Mobile di Monreale a firma del Maggiore Comandante Chiusi Firmaturi.


Frontespizio della lettera firmata dal Firmaturi. In alto, a destra, si nota l’indicazione S.M. che sta per Servizio Militare.


Interno della lettera precedente.


Con questa lettera il Capitano Aiutante Maggiore, del Battaglione FIRMATURI,
annuncia l’arrivo di due ufficiali del Corpo e chiede per detti un adeguato alloggio.

 

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