| I 
        - DALLE ORIGINI AL 1731 Nella seconda metà del seicento Roma era uno 
        dei punti nodali di un sistema di Corrieri Ordinari che congiungeva 
        tutta l'Europa, la Turchia e il Levante ottomano.
 A Roma arrivavano i 
        Corrieri Ordinari di Genova, di Milano, di Venezia, di Spagna, di 
        Lione, l'ordinario e la staffetta di Napoli e il procaccio di Firenze.
 
 Le Poste Pontificie erano altresì collegate con una staffetta con 
        Mantova e Ferrara.
 
 La distribuzione o lo scambio della corrispondenza 
        trasportata dai Corrieri Esteri e diretta oltre Roma avveniva senza 
        conteggi. Giorgio Migliavacca dice che "la consegna (tra le poste 
        spagnole e quelle napoletane) avveniva il sabato notte: il 
        palafreniere della Segreteria degli Ambasciatori di Spagna in Roma 
        portava «grosse saccocce e quantità di lettere indirizzate verso la 
        città di Napoli e Regno" ai Ministri dell'Ufficio del Procaccio di 
        Napoli in Roma "senza emolumento alcuno» (nota 1).
 
 Da un'altra fonte si ha 
        la conferma del sistema di pagamento per le lettere estere: «...Conviene 
        però avvertire che le lettere, e pieghi, che resteranno nella città, 
        ove passano gli Ordinari; potranno colà esser pagate; ma se dovranno 
        passare più oltre, sarà necessario pagarle dove si scrivono fino alla 
        città, dove le lasciano gli Ordinari; altrimenti non averanno 
        recapito: come per esempio; scrivendo da Roma per Polonia, l'Ordinario 
        lascia il piego a Praga, acciò indi sia inviato a' Polonia; e 
        l'Ordinario, che lo porta a Praga deve essere pagato da Roma fino a 
        Praga: quelli poi che ricevono le lettere, devono pagare da essa città 
        di Praga fino a Polonia, perché non pagandosi gli ordinari, le lettere 
        si perdono». (nota 2)
 
 In Napoli e Sicilia le lettere "di fuori regno" 
        dovevano obbligatoriamente affrancarsi per il tragitto fino a Roma (nota 3).
 
 Ne 
        consegue che per questo tipo di corrispondenza, con porto pagato fino 
        a Roma, non vi dovevano essere formalità per lo scambio tra le diverse 
        poste.
 
 Tra la fine del 600 e i primi decenni del 700 il sistema dei 
        Corrieri Ordinari - che grosso modo possiamo identificare con gli 
        appaltatori dell'intero sistema postale - cambia e viene sostituito da 
        una gestione "statale" delle Poste e l'affitto a privati di singole 
        corse.
 
 In questa cornice storica alcune poste europee acquisiscono il 
        diritto di tenere un proprio ufficio postale a Roma, e tra questi 
        anche la Posta napoletana. L'ufficio viene aperto nel 1731. (nota 4)
  II - 
        DAL 1731 AL 1806  Con l'apertura delle Poste estere non avvengono 
        cambiamenti nella struttura postale Pontificia che gestisce le poste 
        interne, e nei collegamenti "internazionali" espletati dalle poste dei 
        vari paesi.
 Unica novità introdotta è la possibilità per le poste 
        estere di distribuire direttamente a Roma la corrispondenza che esse 
        trasportano.
 
 In questo arco di tempo avviene un sostanziale 
        cambiamento nei rapporti postali tra le varie nazioni. Si instaura il 
        metodo di esigere un compenso a peso sulle lettere trasportate, 
        compenso che si aggiunge alla tassa pagata dal mittente. La Posta 
        ricevente doveva quindi pagare a quella immittente una certa cifra, 
        calcolata in base alla distanza. Il pagamento veniva effettuato col 
        sistema dell'accredito.
 
 Il dare e l'avere veniva conteggiato a 
        scadenze fisse e la posta che risultava in debito compensava l'altra 
        con pagamento in denaro.
 
 Vito Mancini parla di "sistema di baratto e 
        sistema di compravendita" (nota 5).
 
 Io credo sia più giusto parlare di 
        accredito in quanto dal conteggio finale erano da calcolare le lettere indistribuite che ogni Posta restituiva all'altra e ne defalcava 
        l'importo dai conteggi.
 
 È da notare che in tale attività non vi era 
        nessun intervento delle poste pontificie.
 
 Ma... vi è un ma. Vi erano 
        delle poste che non cedevano le proprie lettere se non dietro 
        pagamento a pronta cassa.
 
 E' il caso delle Poste di Francia chiaramente 
        delineato in una notificazione del 1741: «Essendosi veduto, che dal 
        non esservi reciproca corrispondenza tra gl'Offici di posta di questi 
        Regni, e dalla Francia in Roma nella consegna delle lettere, ne veniva 
        pregiudizio notabile al commercio, stanteché i Sudditi del Re Nostro 
        Signore non hanno colla regolar prestezza le lettere di Francia, le 
        quali o restano in quella Posta in Roma, o con maggior dispendio 
        devono i Particolari tenere colà persone salariate, che le piglino e 
        mettino a questa Posta di Sicilia: D'ordine di S.M., che con paterno 
        amore mira al bene de suoi Popoli, si è venuto a convenzione tra li 
        suddetti Officj di Posta di darsi reciprocamente dirette per li Dominj d'ambi li Monarchi, e pigliarle a quel prezzo, che si 
        dispenserebbero a Roma.» (nota 6).
 
 Un gran passo avanti nelle relazioni 
        postali tra gli Stati, basata su due concetti rivoluzionari in quel 
        tempo:
 
 1) le lettere venivano pagate in arrivo senza alcun onere per 
        il mittente;
 
 2) La Francia e Napoli non avrebbero preteso nessun 
        compenso per il trasporto delle lettere fino a Roma.
 
 Questa normativa 
        fa parte di un più ampio Trattato di reciproco commercio con la 
        Francia. (Fig. 
        1)
 
 E' da notare che in questo periodo, che va dal 1730 
        al 1770 circa, né a Roma alle poste napoletane, né a Napoli per le 
        provenienze dalla Sicilia, venivano trascritte sulle lettere le tasse 
        pagate, almeno ciò è quanto si riscontra sulle poche lettere di questo 
        periodo che ho avuto occasione di vedere.
 
 Anche in partenza non era 
        uso trascrivere sulla lettera la tassa pagata. Ne consegue che in 
        questo periodo è impossibile individuare la tassa effettivamente 
        pagata. (Fig. 
        2)
 
 Dal 1760 circa vennero introdotti alcuni annulli di 
        provenienza "Genova", "Romagna", "Milano", "Venezia", "Germania" per 
        facilitare il computo delle tasse all'Ufficio del Corrier Maggiore, e 
        nello stesso tempo si cominciò ad apporre la tassa sulle lettere. 
        (Fig. 
        3)
 
 Sul finire del secolo il metodo di tassazione non subisce 
        modifiche, mentre le tariffe vengono aumentate a grani 4 da Napoli a 
        Roma e a grani 9 siciliani da Palermo a Roma.
 
 In questo arco di tempo 
        possiamo quindi desumere che lo scambio delle lettere a Roma avveniva 
        secondo i seguenti metodi:
 
 a) scambio senza conteggi per le lettere 
        arrivate franche a Roma e per le lettere dirette in Francia (dal 
        1741);
 
 b) scambio "a danaro" tra le varie Amministrazioni per le 
        lettere per le quali il paese cedente avanzava crediti di posta.
  III - 
        DAL 1806 AL 1816  La 
        posta napoletana a Roma viene chiusa nel febbraio 1806 con l'invasione 
        del regno di Napoli da parte dei francesi.
 L'ufficio venne riaperto 
        nel 1808 e chiuso nel dicembre 1809.
 
 Nel maggio 1814 aperto ancora una 
        volta e chiuso definitivamente nell'Ottobre 1816.
 
 Con decreto del 24 
        Giugno 1806 Giuseppe Napoleone "re di Napoli e di Sicilia" abolisce 
        l'obbligo dell'affrancatura per le lettere di fuori regno.
 
 L'abolizione della tassa postale per l'estero è limitata alla sola 
        terraferma dovendo la Sicilia pagare alle poste napoletane il tragitto 
        interno di grani 4 da Messina e 6 da Palermo, per lettere di un 
        foglio, ma data la situazione politica si reputa difficile la reale 
        applicazione di questo decreto alla Sicilia.
 
 È da notare che il 
        precitato decreto contiene degli accenni alla funzionalità delle poste 
        napoletane e spagnole a Roma.
 
 Con decreto di Gioacchino Napoleone "re 
        delle Due Sicilie" del 7 Maggio 1810 viene ripristinato l'obbligo 
        della affrancatura per le lettere estere "passando per la strada di 
        Roma" in ragione di grani 5, 8, 10 a seconda dalla provenienza della 
        lettera. E' in pratica una tassa postale per il tragitto fino a Roma.
 
 Ancora il 14 marzo 1811 un nuovo decreto corregge le tasse per 
        l'estero che vengono abbassate a grani 5 per lettera semplice. Viene 
        altresì eliminato il balzello suppletivo delle distanze. Vi è una più 
        chiara denominazione della tassa da pagare: «3. le lettere, dirette 
        agli Stati al di la del Regno d'Italia, escluso l'impero francese, 
        pagheranno all'atto dell'immissione un diritto di affrancatura in 
        rimborso de' dritti di transito che la nostra amministrazione generale 
        delle poste dee pagare agli uffici di posta intermedij».
 
 In questo 
        periodo di transizione, cessate le funzioni delle poste estere, le 
        Poste pontificie si inseriscono nel sistema dello smistamento delle 
        lettere estere, con qualche piccolo problema secondo la lettera 
        dell'11.6.1814 del cardinale Rusconi: «... (il) Direttore Generale 
        delle Poste del regno di Francia, é stato incaricato di spedire a 
        questo Generale Officio delle Poste Pontificie tutte le lettere della 
        Francia, e dei paesi esteri di transito per il regno di Francia.
 
 Siccome fra queste lettere, annuncia il detto Sig.Direttore, vi 
        saranno quelle dirette al regno di Napoli, Sicilia, Malta, così si 
        troverebbe obbligato il Generale Officio delle Poste Pontificie di 
        passare le medesime all'Officio di Napoli, per farle pervenire al loro 
        destino.»
 
 ...«È ben vero che presentemente le corrispondenze per i 
        paesi esteri in transito per Roma provenienti da Napoli, come quelle 
        della Toscana dirette per Napoli, Sicilia, Malta, si ricevono e 
        rispettivamente si consegnano in ciascuno ordinario, come per una 
        segreta intelligenza tra i Ministri delle Poste, senza alcun foglio, 
        che lo autorizzi...». (nota 7)
 
 Un altro problema lo pone il direttore della 
        posta di Genova. , «Devo poi far presente a Vostra Eccellenza, che 
        codesto Sig. Rusconi (funzionario della Posta pontificia) a cui ho 
        reclamato l'ammontare delle lettere procedenti dalla Francia e Spagna 
        per lo Stato Romano, e Napoli, che mi vengono tassate, e che io gli ho 
        rimesso e rimetto tuttavia, con sua lettera del 9 cadente mi rispose 
        che io potevo fare colla Francia un concambio delle lettere, che egli 
        mi rimetteva dirette per detti Regni, gravandole di tassa; io non ho 
        potuto fare a meno di replicargli, che lo Stato Romano è sempre stato 
        solito pagare ai rispettivi Uffici Esteri, che erano costa' stabiliti, 
        le lettere che vi distribuivano, senza prendere in compenso né codeste 
        lettere né quelle di Napoli, e che una tale misura mi pareva equa 
        tosto che il trasporto non si faceva da Corrieri pagati da Roma, e che 
        una tale ragione militava ancora al presente; aggiungo ora di più, che 
        codesto generale Ufficio percepisce la tassa sulle lettere del nostro 
        Stato, ed altri circonvicini, che gli invio nei pieghi del mio Ufficio 
        senza alcuna contribuzione, nel mentre che non sono 
        trasportate dai corrieri Romani; quindi non sarebbe priva di ragione 
        la domanda anche di una porzione di tassa.».
 
 La risposta, sotto forma 
        di nota interna, è del seguente tenore:
 
 «Alla Domanda del Sig.Direttore 
        delle Poste della Serenissima Repubblica di Genova fatta per il 
        pagamento dell'ammontare delle lettere procedenti dalla Francia e 
        Spagna, e dirette per lo Stato Pontificio, Napoli, Sicilia, Malta,... 
        rispose il provvisorio Soprintendente Generale delle Poste, che all'enunciato 
        debito doveva contrapporsi la spedizione di questo Generale Officio 
        che faceva, ed attualmente fa, della corrispondenza di Napoli, 
        Sicilia, Malta, per Francia e Spagna, fino a Firenze...
 
 Se il 
        Direttore della Posta di Genova affaccia in suo favore il debito, che 
        le dà la Direzione delle Poste di Francia, il medesimo ha il diritto 
        di contrapporre a tal debito il porto della corrispondenza di Napoli, 
        Sicilia, Malta, Roma, fino a Genova, diritto che diminuirà 
        sensibilmente il suo debito con la posta di Francia.
 
 Questo medesimo 
        diritto gli da motivo di rappresentare a quella Direzione di Francia 
        che non è giusto che la medesima tassi le lettere per lo Stato 
        Pontificio, Napoli, Sicilia, Malta, al saggio medesimo come le tassava 
        allora quando faceva il trasporto di tali lettere a sue spese per 
        intiero fino a Roma, non trasportandole ora che fino a Genova.».
 
 «Molto meno sussiste... che il compenso dell'Officio Pontificio non 
        possa aver luogo, facendosi il trasporto da Firenze fino a Roma, ed il 
        ritorno da Roma a Firenze, delle anzidette corrispondenze di Napoli, 
        Sicilia, Malta, Roma da Corrieri che non gli appartengono, giacché 
        questo trasporto, e ritorno, si fa da questo generale Officio per metà 
        con quello di Firenze, per ciò che spetta al Porto... e per intero per 
        ciò che spetta al ricevimento e rinvio delle corrispondenze ...».(nota 8)
 
 Questa corrispondenza porta ad alcune conclusioni.
 
 1) La soppressione 
        delle Poste estere a Roma porta la conseguenza che Francia e Spagna 
        fanno giungere le loro lettere a Genova e chiedono un pagamento a peso 
        a queste poste. Le poste di Genova consegnano alle poste pontificie, a 
        Firenze, chiedendo una tariffa a peso che compensi la precedente 
        richiesta francese. Le poste pontificie consegnano alle poste 
        napoletane di Roma il pacco delle lettere di Napoli, Sicilia, Malta 
        chiedendo un compenso a peso. Allo stesso modo vengono trasportate le 
      lettere nascenti da Napoli, Sicilia, Malta e dirette in Francia.
 
 2) Le 
        lettere venivano pagate dalle rispettive direzioni generale delle 
      Poste a scadenze fisse.
 
 3) Erano ammesse le rese delle lettere indistribuite, da riportare a credito delle amministrazioni 
      interessate;
 
 4) Dopo la soppressione delle 
        Poste estere a Roma quelle 
        Pontificie hanno la possibilità di sviluppare il proprio servizio di 
        Corrieri per collegare il Pontificio e il Napoletano con le altre 
        città d Italia. Le Poste pontificie proposero che le lettere 
        provenienti da Milano, e di tutta la Germania fossero trasportate a 
        cura dei Corrieri di Milano a Firenze, così come a Firenze arrivavano 
        le lettere di Francia e Spagna trasportate dai Corrieri di Genova; per 
      quelle di Venezia il trasbordo avveniva a Pesaro.
 
 Da queste 
      destinazioni venivano trasportate da Corrieri delle Poste Pontificie.
 
 E siamo all'epilogo.
 
 Dopo lunghe e complesse trattative gli Stati si 
        arresero chiudendo a Roma gli uffici postali. Ma non sempre furono 
        nobili i motivi addotti per tale chiusura. Ecco la motivazione 
        principale secondo una nota del 4.11.1815 dell'ambasciatore francese a 
      Roma:
 
 «Ma quando ho visto il sovrano di Roma, un Pontefice venerabile 
        per le sue virtù, per le lunghe sofferenze subite, limitarsi a 
        chiedere che egli potesse, nella sua capitale, far sorvegliare da 
        persone sicure i nemici che sono alle porte del suo palazzo, ho 
        creduto che avendo l'onore di rappresentare il Re, dovevo cedere ai 
      sentimenti nobili e generosi di cui Sua Maestà è stata sempre animata.
 
 L'attenzione del Re non poteva essere che i cattivi approfittassero 
        della maggiore attività del suo servizio postale per far conoscere più 
        rapidamente le loro calunnie, far eseguire con maggior sicurezza i 
      loro complotti, far affrettare l'esecuzione delle loro perfidie.
 
 Nella 
        relazione che inviai dissi quel che poco dopo accadde, che il Papa si 
        trovava seduto sopra un vulcano; che era circondato da nemici; che ne 
        aveva alle porte di Roma; e avrei potuto aggiungere che ne aveva nel 
      suo palazzo, nel sacro collegio.» (nota 9)
 
 Dunque si chiedeva la chiusura 
        delle poste estere solo per controllare meglio le mosse, o gli 
        scritti, di quelli che erano considerati nemici personali del Papa, 
      insomma per questioni di potere, solamente di potere.
 
 Non vi poteva 
        essere maggiore contrasto tra ingiusta motivazione per un giusto 
      provvedimento.
  (1- Continua)  Vedi  (Fig. 
        1), (Fig. 
        2), (Fig. 
      3). |